La traversata del lago, che separava la costa dall’isola su cui si ergeva Azkaban, fu piuttosto rapida anche se funestata dagli schizzi di acqua gelida e dal vento che si era alzato improvvisamente. In quel luogo sembrava che non ci fosse mai il sereno e che il calore del sole non riuscisse ad attraversare i muri della prigione e neppure a scaldare le acque del lago.

Sara supponeva che si trattasse dell’effetto dei Dissennatori, erano così tanti nella prigione che il loro influsso malefico raggiungeva tutta la zona circostante. Quando lei e Frank scesero dalla barca che li aveva portati sull’isola si trovarono davanti ad un edificio enorme ed imponente. La facciata era liscia e grigia, le uniche variazioni erano costituite dalle piccole fessure che costituivano le finestre delle celle.

L’ingresso era un enorme arco, chiuso da una cancellata in ferro battuto, da un pesante portone di legno rinforzato e infine da una terza porta di ferro. Le guardie erano tutti Dissennatori tranne l’addetto all’ingresso che restava sempre rintanato nella stanza accanto al portone.

Quel giorno era di turno un uomo sulla quarantina, con i capelli striati di grigio ma lo sguardo ancora giovane e attento. Quando Sara e Frank si avvicinarono alla cancellata uscì da una porta situata nell’angusto spazio tra il cancello e il secondo portone. L’uomo teneva la bacchetta tesa davanti a sé pronto ad attaccare.

-          Chi siete? – domandò aspro.

-          Sara White e Frank Parker, Auror del Ministero – rispose Sara estraendo dalla tasca un distintivo di riconoscimento e invitando Parker a fare lo stesso.

La guardia si avvicinò per dare un’occhiata più accurata poi abbassò la bacchetta. Tornò nella stanza senza dire una parola e, dopo qualche istante, il cancello iniziò a muoversi sui cardini producendo un terribile stridio. L’uomo li invitò a entrare e chiuse il cancello alle loro spalle azionando un meccanismo situato nella portineria.

-          Che cosa volete? – chiese bruscamente la guardia. Di certo lavorare ad Azkaban non metteva di buon umore.   

-          Abbiamo bisogno di vedere il registro delle visite – disse Sara senza andare troppo per il sottile.

-          E’ lì, il primo a destra – rispose la guardia indicando uno scaffale sulla parete.

In quel momento un ondata di gelo si riversò nella stanza facendo voltare Sara e Frank verso la porta che dava verso il carcere. Un Dissennatore riempiva interamente il vano della porta e raggelava l’ambiente con il suo respiro rauco.

-          Via da qui, è tutto a posto! – urlò la guardia puntando la bacchetta da cui esplose una nuvola argentea – Sta diventando sempre più complicato tenerli a bada – disse poi l’uomo rivolto verso Sara.

-          Proverò a farlo presente al Ministero – disse la donna rilassandosi mentre il Dissenatore si voltava per andarsene.

Frank intanto aveva estratto dallo scaffale il registro delle visite e aveva cominciato a sfogliarlo. Sara si avvicino al collega e iniziò a scrutare le pagine del registro. Per ogni anno c’erano solo alcune pagine, evidentemente le visite non erano molto numerose. I due Auror individuarono presto il periodo che cercavano.

-          Dunque – cominciò Frank – questi sono i giorni precedenti alla fuga di Black – disse indicando alcune righe vuote.

-          L’unica visita è questa – continuò Sara sfiorando il punto del foglio dove erano annotate data, ora e motivo della visita – quattro giorni prima dell’evasione.

Sara seguì con il dito la riga fino ad arrivare alla firma del visitatore. Quando riuscì a decifrare la calligrafia restò senza parole: Cornelius Caramell. Allora l’ultima persona che era stata ad Azkaban prima che Black fuggisse era il Ministro. Sara e Frank si fissarono per un attimo, poi chiusero il registro e contemporaneamente si voltarono verso la guardia.

-          Se fosse successo qualche evento strano, insolito sarebbe segnato da qualche parte? – chiese Sara alla guardia.

-          Sì ma qui, al di la delle ultime evasioni, non è successo nulla da un sacco di tempo.

-          Quindi gli unici eventi degni di nota sono le visite? - domandò Frank.

-          Sì, direi di sì.

-          Bene, grazie della disponibilità. Arrivederci! – tagliò corto Sara.

Aveva una fretta indiavolata di tornare al Ministero per parlare con il Ministro. Frank la seguì mentre si dirigeva a passo di marcia verso la barca. Salirono a bordo e Sara avviò la barca con un colpo di bacchetta. La traversata fu effettuata a velocità doppia rispetto all’andata e quando giunsero sulla costa Sara riconsegnò la barca alle guardie appostate al molo senza dire una parola.

Mentre viaggiavano a tutta velocità per tornare a Londra, Sara si augurava che Caramell ricordasse qualcosa, un particolare qualunque che la aiutasse a venire a capo di quel mistero. Era una sensazione nuova dover fare affidamento sul Ministro. In tanti anni di servizio aveva imparato a considerarlo più che altro una seccatura inevitabile.

Mentre guidava, continuava a ripercorrere nella sua mente i vari elementi dell’indagine: non c’era abbastanza sangue sui vestiti di Black perché avesse ucciso Minus, non c’era abbastanza sangue sull’asfalto perché Minus fosse saltato in aria, quindi tutto faceva pensare che Minus non fosse morto, almeno non in quel momento. E il dito, il dito tagliato da un incantesimo e non dall’esplosione faceva pensare che Minus fosse fuggito.

Bisognava accertare se era fuggito per paura di Black o perché era lui il colpevole della strage.

Ma la strada saltata in aria? Poteva essere una copertura di Minus per incastrare Black e fuggire indisturbato.

Sara sapeva che, come Sirius, anche Peter era un Animagus e, se davvero era fuggito, probabilmente aveva usato questo suo potere per nascondersi. Però non poteva usare questa informazione senza tradire il suoi coinvolgimento e a quel punto le avrebbero tolto il caso. Proprio ora che cominciava a venirne a capo. Eppure ci doveva essere un modo per dimostrare che Minus era un Animagus.

-          Stavo pensando… - iniziò Sara mentre entravano in città – Potremmo chiedere l’autorizzazione a riesumare il dito di Minus.

-          Cosa?! Ma ormai saremo fortunati se troviamo un osso, cosa speri di scoprire? E poi non ci daranno mai il permesso – esclamò Frank.

-          Ti prego di non essere così disfattista. Non lo so cosa spero di scoprire, ma è l’unica cosa di Minus su cui possiamo indagare. Possiamo verificare intanto se il dito è stato veramente tagliato da un incantesimo – suggerì la donna – E poi potremmo effettuare un po’ di test, magari ci aiuteranno a scoprire come è fuggito.

-          Si può tentare, ma credi che il Ministro ci autorizzerà? – acconsentì Parker.

-          E chi ha parlato di chiederlo al Ministro!

Sara parcheggiò l'auto non distante dal Ministero, in una strada secondaria poco frequentata. Quando entrambi furono scesi la chiuse prima con la chiave, poi con un incantesimo anti-furto.

-         Meglio andarci cauti – disse a Frank con un'alzata di spalle.

Era l'ora della pausa pranzo e quando entrarono nell'Atrium lo trovarono gremito di dipendenti che stavano uscendo per andare a fare uno spuntino. Sara aveva deciso di saltare il pranzo, Frank era libero di decidere come preferiva, ma sapeva che per niente al mondo avrebbe barattato gli sviluppi di quella storia per un panino.

Il Dipartimento degli Auror raramente si svuotava per ora di pranzo, erano tutti piuttosto impegnati, soprattutto in quel periodo di evasioni di massa, strane sparizioni e misteriosi omicidi. Sara tendeva sempre più a credere alla teoria di Silente secondo cui Voldemort era tornato. Il Ministro continuava a fingere che andasse tutto bene, ma per quanto ancora avrebbe potuto reggere questa finzione?

-         Vieni Parker, andiamo a parlare col Capo – disse Sara guidando Frank verso l'ufficio del loro superiore.

-         De... devo venire anch'io? - domandò Parker con una nota di panico nella voce.

-         Sì, è ora che impari a trattare con il Capo, se dovesse succedermi qualcosa saresti tu a sostituirmi – replicò Sara continuando a camminare tranquillamente.

-         Non puoi parlare sul serio – esclamò Frank bloccandosi.

-         Ho l'aria di una che scherza? - gli chiese Sara fermandosi a sua volta.

Frank non ebbe il coraggio di replicare e si limitò a seguire la donna nell'ufficio del capo. Giunti davanti alla porta Sara bussò energicamente e, ricevuto il permesso, si fece avanti.

-         Buon giorno capo – salutò cercando di non avere un tono troppo ansioso – Volevamo aggiornarla sugli sviluppi.

Sara si era imposta di parlare con calma, di fornire un quadro completo ed esaustivo, senza precipitare la richiesta di riesumazione, che sapeva essere piuttosto strana. Il Capo ascoltò con attenzione il resoconto che Sara espose con alcuni interventi di Parker. Alla fine Sara prese fiato e formulò la richiesta:

-         Dopo aver valutato attentamente lo stato delle cose ritengo che potrebbe essere di grande aiuto poter riesumare il dito di Peter Minus per effettuare dei test diretti e non solo delle comparazioni con fotografie vecchie di quindici anni.

-         Lei sa cosa mi sta chiedendo? - domandò il Capo con gravità.

-         Sì, mi rendo conto che la cosa implica una marea di scartoffie e che se lo venisse a sapere la stampa si tufferebbero su questa storia come un branco di pescecane, però le chiedo di avere fiducia in me adesso così come ha avuto fiducia nell'affidarmi questo caso. Se glielo chiedo non è per divertimento, o perché non so che cos'altro fare. Ho le mie ragioni fondate di voler effettuare determinate analisi.

Dopo l'arringa Sara trattenne il fiato mentre il Capo rifletteva sul verdetto, le rughe sulla fronte che diventavano sempre più profonda. Prima che l'uomo parlasse parve che fosse passato un secolo, ma infine disse:

-         D'accordo. Ha vinto. Le farò avere l'autorizzazione. Ma guai a lei se mi mette nei pasticci!

-         Non si preoccupi! Saremo la discrezione personificata – assicurò Sara con un sorriso di soddisfazione rivolto a Frank – Quando potremo procedere?

-         Penso che domani in giornata dovrebbe essere tutto sistemato – disse il Capo rassegnato.

-         Domani? Non si potrebbe fare oggi? - azzardò Sara – Anche nel tardo pomeriggio andrebbe bene, ho intenzione di lavorare fino a tardi – aggiunse poi vedendo lo sguardo tendente all'inferocito del Capo.

-         Vedo che ha fretta di concludere – commentò l'uomo.

-         Bé voglio venirne a capo il più presto possibile. Converrà con me che le cose hanno preso una piega strana.

-         Va bene, va bene! Vedrò quello che posso fare, ma non le prometto niente.

-         Grazie mille, Capo! - esclamò Sara alzandosi dalla sedia su cui era stata seduta fino a quel momento – Andiamo Parker – disse poi rivolta al ragazzo ancora seduto.

Frank si alzò di scatto e seguì la donna fuori dall'ufficio guardandola con aria ammirata.

-         Finiscila di guardarmi come se fossi un fenomeno da baraccone. Sarebbe ora che anche tu imparassi un po' di dialettica.

Parker non trovò di che rispondere, così si limitò a fissare lo sguardo da un'altra parte.

-         Ora se vuoi puoi andare a pranzo – riprese Sara – Temo che lo sfoggio di dialettica con il nostro beneamato Ministro dovrà restare privato. Ti racconterò appena avrò finito.

-         D'accordo, ci vediamo nel tuo ufficio tra mezz'ora? - acconsentì Frank.

-         A dopo.

Sara si fermò un momento a guardare le spalle di Frank che si allontanavano. Spesso si chiedeva se fosse stata una buona insegnante e se gli avesse dato veramente gli strumenti necessari per cavarsela con le sue sole forze. Ma quello non era il momento adatto per recriminare, aveva un compito da svolgere.

Sara si voltò e percorse il corridoio che conduceva all’ascensore. Gli uffici del Ministro si trovavano al Primo Livello e non aveva voglia di fare le scale.

L’ascensore era occupato, così Sara si dispose all’attesa appoggiandosi a un muro. L’ascensore arrivò al piano sferragliando e le porte scorrevoli si aprirono con uno scampanellio. L’uomo che Sara vide all’apertura era tra le persone che la indisponevano di più al mondo e ultimamente la semplice irritazione che di solito provava nel vederlo tendeva a trasformarsi nel primo stadio dell’odio.

-          Signorina White – disse l’uomo uscendo dall’ascensore e parandosi davanti alla donna.

-          Signor Malfoy, quale onore averla qui – rispose Sara con mal celato sarcasmo.

-          Il piacere di visitare il Ministero è tutto mio – disse Malfoy con voce melliflua.

-          Dovrei passare – tagliò corto Sara.

-          Le consiglio di stare attenta, signorina White – disse Lucius Malfoy cambiando improvvisamente tono di voce – Potrebbe scoprire il pericolo che si cela nel rivangare certe verità.

-          Se cerca di farmi paura ha sbagliato persona – ribatté la donna voltandosi di scatto e fulminandolo con uno sguardo di fuoco – Non ho certo intenzione di nascondermi.

-          Adoro le persone come lei – replicò l’uomo avvicinandosi a Sara – Ci rendono tutto più facile.

Detto questo Lucius Malfoy si allontanò senza darle il tempo di replicare. Sara si infilò nell’ascensore e premette il pulsante con rabbia.

Detestava non poter avere l’ultima parola.

*^*^*^*^*

Al Quartier Generale dell’Ordine della Fenice si era appena conclusa una riunione e Sirius aveva passato l’ultima ora a subire le battutine di Piton. Cercava, per rispetto dei componenti dell’Ordine e per mantenere il quieto vivere, di reagire il meno possibile ma la cosa diventava ogni giorno più complicata.

In quel momento Piton si trovava dal lato opposto della grande cucina rispetto a Sirius e discuteva di qualcosa con Kingsley. Dal resoconto che aveva fatto sembrava che la sua missione di controllare il giovane Malfoy procedesse a gonfie vele.

Per quel che riguardava Harry e la sua pericolosa connessione con Voldemort invece non c’erano novità sostanziali. Le lezioni di Occlumanzia erano appena iniziate e Piton non sembrava particolarmente ansioso di condividerne il contenuto.

Sirius era così concentrato a guardare in cagnesco Piton che non si accorse di Lily, che gli pose una mano sulla spalla.

-          Lo so che è insopportabile – disse la donna facendolo sobbalzare – E’ assurdo, ma è ancora invidioso di te e James.

-          Non vedo che cosa potrebbe invidiare della mia vita – rispose amaramente Sirius.

-          Direi soprattutto il fatto che tu sei sempre stato un leader – suggerì saggiamente Lily.

-          Allora! Chi si ferma per pranzo? – strillò la signora Weasley per coprire il chiacchiericcio.

Sirius pregò in cuor suo che Mocciosus avesse altro da fare che godere dei meravigliosi pranzi di Molly.

-          Severus lei è dei nostri? – chiese Arthur.

-          Grazie, ma devo tornare a Hogwarts – rispose Piton congedandosi con un piccolo inchino.

Sirius fu tranquillo solo quando sentì lo scatto del portone che si chiudeva alle sue spalle. Allora si concesse di lasciarsi andare su una sedia con un sospiro di sollievo. Mentre tutti si affaccendavano per aiutare Molly a preparare il pranzo, Sirius si sentì autorizzato a riprendere il filo dei pensieri che l’inizio della riunione aveva interrotto.

I ricordi erano un ottimo lenitivo per quei giorni così terribilmente vuoti. Gli piaceva soprattutto richiamare alla mente i momenti felici, provava un piacere quasi perverso nel ricordare quei giorni e paragonarli a quelli che trascorreva a Grimmauld Place a fissare il muro grigio della cucina. Sapere di aver sciupato irrimediabilmente la cosa più bella che gli fosse capitata nella vita era una ferita ancora aperta e rigirare continuamente il coltello in quella ferita era doloroso, ma lo faceva sentire vivo.

La mente di Sirius si estraniò completamente e viaggiò a ritroso fino al giorno in cui si era acceso quel fuoco che aveva illuminato gli anni più intensi che avesse vissuto. Dapprima non era stato un fuoco divampante, era stata più una piccola fiammella che però con le dovute cure era cresciuta fino a diventare una luce calda e rassicurante, come il raggio di un faro in mare aperto. Se Sirius avesse dovuto identificare il momento esatto in cui aveva visto il primo barlume avrebbe detto sicuramente che era stato il giorno del matrimonio di Lily e James.

Quella mattina era piuttosto nervoso. La chiesa cominciava a ospitare un leggero brulichio di invitati e lui si sentiva osservato. James stava scambiando qualche parola con il parroco in sagrestia e l’aveva abbandonato agli sguardi indagatori di amici e parenti. Sapeva che Lily e James avevano deciso di sposarsi in quel momento, che pareva essere stranamente tranquillo, perché temevano di non avere altre occasioni, però non riusciva a togliersi dalla testa l’idea che stessero precipitando le cose. Erano ancora talmente giovani.

Personalmente non avrebbe tollerato la responsabilità di una famiglia con tutto quello che stava succedendo. Era già complicato cercare di proteggere se stessi. Mentre osservava James tornare sorridente verso di lui, una vocina interiore, che assomigliava terribilmente a quella di Remus, gli suggerì che forse il fastidio che questo matrimonio gli procurava era dettato anche dalla consapevolezza che da quel giorno in avanti il suo migliore amico avrebbe avuto altro a cui pensare anziché a lui. Questa cosa non poteva che rattristarlo. Gli sarebbero immensamente mancate le avventure e le scorribande con i Malandrini e i Malandrini non potevano esistere senza la partecipazione di James.

-          Allora amico mio… - esordì James avvicinandosi e sfregandosi le mani con aria di soddisfazione – E’ tutto pronto?

-          Direi di sì. Lo sposo c’è, gli anelli ci sono, gli invitati stanno prendendo posto. Manca solo la tua Signora – rispose Sirius sforzandosi di sorridere in modo naturale.

-          Colgo una appena velata nota di sarcasmo nelle tue parole – disse James acutamente.

-          No, che dici – cercò di giustificarsi con noncuranza l’altro.

-          Dico che non ti è ancora andata giù che io mi sposi. Pensi che sia pazzo a farlo proprio in questo momento e al mio posto ti saresti fatto tagliare le gambe piuttosto che sposarti.

-          Ma non è assolutamente vero! – esclamò Sirius senza peraltro suonare convincente.

-          Non ti preoccupare, non te ne faccio mica una colpa. Lo so che tu non sei come me. Tu non faresti una cosa del genere. Io sì.

Mentre cercava le parole con cui rispondere Sirius si voltò a osservare la navata e lo sguardo gli cadde sulla porta d’ ingresso.

-          Oh no! – gemette voltandosi nuovamente verso James.

-          Che c’è? – chiese lo sposo preso alla sprovvista dall’espressione disperata dell’amico.

-          Guarda chi è appena entrata – suggerì Sirius.

James scrutò verso l’ingresso mentre Sirius indagava il suo volto. Quando individuò quello che cercava disse:

-          E’ Sara White. E quindi?

-          E quindi dovrò passare la giornata a evitarla per non trasformare il tuo matrimonio in un ring di pugilato – replicò Sirius piccato.

-          Te ne sarei molto grato.

-          Non ti preoccupare, non ho intenzione di rovinarti questo momento.

Sirius distolse lo sguardo dall’espressione di rimprovero di James e riprese a scandagliare i banchi della chiesa. Ad un tratto si sorprese a cercare Sara con gli occhi. La trovò, era defilata, appoggiata  ad una colonna con apparente non curanza. Sirius notò che non era affatto male, così elegante nel suo vestito azzurro, ma sempre con la sua aria come se non le importasse di quello che pensavano gli altri attorno a lei.

Sara si voltò verso l’altare e, per un attimo, i loro sguardi si incrociarono. Sirius fece un lieve cenno di saluto e avvertì un sobbalzo allo stomaco, come se avesse saltato un gradino in una scala, quando lei rispose al saluto. Il ragazzo si voltò in fretta e si disse che forse, quel giorno, non sarebbe stato così difficile andare d’accordo con Sara White.


   


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