Per i lettori: finalmente ce l'ho fatta! Questo capitolo ha richiesto un sacco di tempo e l'ho cancellato e riscritto un'infinità di volte. Ancora adesso non sono completamente soddisfatta, ma spero ugualmente che vi piaccia. 
Buona lettura!

XV

In seguito a recenti indagini e accertamenti, è emerso che Sirius Black, ricercato di categoria prioritaria, è stato ingiustamente detenuto e... 

Con la presente si comunica alle autorità competenti che le ricerche dell’evaso Sirius Black sono sospese, in quanto... 

È stato recentemente accertato che Sirius Black, evaso dal carcere di massima sicurezza di Azkaban, non è colpevole dei crimini che gli sono stati attribuiti. In ragione di questo...

Sara abbandonò la testa sulla scrivania. Era la terza volta che scriveva e poi cancellava il comunicato per le autorità babbane a proposito dell’innocenza di Sirius Black. Il Ministero Babbano e Scotland Yard dovevano essere informati, ma Sara non riusciva a trovare le parole giuste. Probabilmente non era nello stato d’animo adeguato per scrivere quel comunicato, in quel momento provava talmente tante emozioni contrastanti che la maggior parte delle sue energie era concentrata a dipanare quella matassa.

Era certamente felice di aver finalmente scoperto la verità su Sirius e sull’assassinio di Lily e James, era soddisfatta di aver portato a conoscenza del mondo magico questa verità, ma c’era dell’altro. Queste belle sensazioni erano venate di amarezza e di rabbia. Continuava a chiedersi ossessivamente perché nessuno le avesse mai raccontato nulla di tutto questo. Se avesse saputo forse avrebbe potuto dimostrare prima l’innocenza di Sirius. Forse.

Per di più si sentiva vuota e senza scopo, come se avesse esaurito la missione per cui si era preparata durante tutti quegli anni. Non sapeva che cosa fare, che direzione far prendere alla sua vita. Si era aspettata, forse erroneamente, un segno, un cambiamento di qualche tipo, qualcosa che le desse un suggerimento. Ma a due giorni dal processo si trovava nella più completa impasse.

Passandosi le mani sul volto, Sara cercò di recuperare un po’ di lucidità e di concentrazione per terminare il comunicato, ma un leggero bussare alla porta la distrasse nuovamente.

-          Avanti – disse stancamente. Dalla porta fece capolino Olga, la più giovane componente della sua squadra, nonché l’unica altra donna. Per lo meno non erano di nuovo giornalisti decisi a strapparle un’intervista sul caso Black.

-          Ciao capo, scusa se ti disturbo. Hai un momento? Dovrei parlarti…

Olga pareva estremamente seria e vagamente a disagio. Sara la invitò ad entrare e la fece accomodare in una delle due sedie sistemate davanti alla scrivania.

-          Ascolta, non ho voluto parlartene prima perché sapevo che avevi altre cose per la testa ma… Beh, prima o poi devo dirtelo quindi tanto vale che sia prima.

Olga pareva veramente in imbarazzo, si torceva le mani in grembo e guardava ovunque tranne che verso Sara, come se dovesse comunicarle qualcosa di spiacevole.

-          Olga, c’è qualcosa che non va? – chiese la donna sinceramente preoccupata.

-          No, no va tutto bene. Davvero. Solo che quello che devo dirti non ti piacerà – la ragazza prese un respiro profondo prima di continuare, poi disse – Sara, sono incinta e io e Adam abbiamo deciso di sposarci.

Dopo di che la ragazza trattenne il fiato attendendo una reazione. Sara rimase per qualche istante pietrificata. Quella si che era una notizia ed era anche un bel problema. Olga aveva appena raggiunto il grado ottimale di competenza nel suo lavoro ed ecco che doveva essere sostituita. Sara non si sarebbe mai e poi mai sognata di lasciare in servizio attivo una donna incinta, era troppo pericoloso. Un conto era rischiare la vita di un’Auror, un altro era rischiare quella di una madre e di suo figlio.

Cercò di ricomporsi abbastanza da non essere scortese, poi disse:

-          Allora credo di doverti fare le mie congratulazioni - la voce era amichevole, ma l’espressione del viso mal si accordava con le parole.

-          Lo so, Sara. So cosa pensi del matrimonio e dei figli per un Auror, però ti giuro che non era programmato. È successo e basta. Non vorrei crearti problemi, ma mi pareva corretto informarti.

Rendendosi improvvisamente conto di essersi comportata da egoista, Sara scosse il capo e rispose:

-          Non ti preoccupare. È solo che è stata una notizia… improvvisa. Ma non c’è nessun problema. Posso assegnarti al lavoro d’ufficio fino a quando non nascerà il bambino e poi, quando deciderai di tornare, se deciderai di tornare, il tuo posto sarà qui ad aspettarti.

-          Allora non… non sei arrabbiata?

Sara si alzò dalla sedia e aggirò la scrivania per andare ad abbracciare Olga. In fondo la sua squadra era come una famiglia.

-          Non sono arrabbiata, sono molto felice per te! Davvero! – disse con il sorriso più ampio che le riuscì di mettere insieme.

Olga, visibilmente sollevata, ricambiò l’abbraccio poi uscì dall’ufficio per tornare al suo lavoro. Sara tornò a sedersi e si prese la testa tra le mani. Aveva desiderato dei cambiamenti? Eccoli serviti su un piatto d’argento.

*^*^*^*^*

-          Perché dovrebbe essere un problema ammettere Sara a far parte dell’Ordine? Tutti voi avete appena ammesso che un’Auror nella sua posizione potrebbe fornire un apporto fondamentale!

-          Lily, non abbiamo idea se possiamo fidarci di lei. È molto vicina al Capo del Dipartimento degli Auror e al Ministro. Come facciamo a credere a quello che dice? Come possiamo sapere che non passerà informazioni su di noi al Ministero?

-          Ma andiamo Kingsley! – replicò Remus mentre Lily scuoteva la testa arrabbiata – Ha appena scagionato Sirius Black, ricercato numero uno da due anni, quando Caramell sosteneva che era il basista dei dieci Mangiamorte evasi. Non penso che Caramell avesse questo in programma quando ha deciso di sollevare te dal caso. Non credi che sia perlomeno infastidito?

-          Chi può sapere con certezza perché la White abbia agito in questo modo? – riprese Kingsley senza smuoversi dalla sua posizione – Magari vuole convincerci a fidarci di lei per poi consegnarci al Ministro.

La discussione andava avanti su questi toni da almeno un’ora, dal momento in cui Silente, al termine della riunione, aveva sollevato la questione se coinvolgere Sara White nell’Ordine della Fenice.

Quando aveva saputo delle intenzioni di Silente, Sirius aveva sentito immediatamente nascere una folle e irragionevole speranza che lei, dopo tutto, potesse non odiarlo in modo irreparabile. Subito a seguire era venuto il panico: se davvero l’avesse rivista, come avrebbe dovuto comportarsi? Tuttavia non sembrava che l’arrivo di Sara a Grimmauld Place si sarebbe concretizzato molto presto. Quella discussione tra il partito pro e il partito contro poteva durare all’infinito.

Solo poche ore prima, Silente era arrivato a Grimmauld Place per discutere con Lily, Sirius, James e Remus e li aveva riuniti nel salotto al primo piano. Aveva annunciato loro l’intenzione di chiedere, durante la riunione di quella sera, se l’Ordine fosse d’accordo ad ammettere Sara White. Lily e Remus erano stati immediatamente entusiasti dell’idea, mentre Sirius era troppo stordito dalla sequenza di eventi degli ultimi due giorni per reagire in modo coerente anche a questa notizia.

Di comune accordo avevano deciso che sarebbe stato meglio, almeno all’inizio, tenere nascosti all’Ordine i precedenti di Sara e Sirius. Avrebbero semplicemente comunicato che Sara e Lily si erano conosciute ad Hogwarts, senza specificare quanto profonda fosse stata la loro amicizia.

Così, mentre gli altri discutevano animatamente, Sirius si teneva fuori dal dibattito, fingendo che l’esito della discussione non gli interessasse. In realtà aveva l’impressione che, se avesse potuto raccontare quello che sapeva di Sara, che persona fosse in realtà, molti scettici si sarebbero convinti. Ma Silente era stato categorico. Mantenere il riserbo.

Dopo aver ascoltato l’opinione di tutti coloro che avevano voluto esprimerla, Silente alzò una mano per tacitare le proteste:

-          Signori, mi sembra di comprendere che non tutti siano d’accordo sul metter a parte la signorina White dei nostri piani. Fino a quando tutti non saremo d’accordo non possiamo muovere passi in questa direzione. È essenziale che tra i membri dell’Ordine ci sia la massima fiducia – ignorando alcuni mormorii di dissenso, Silente proseguì – per questo vi propongo questa soluzione. Faremo in modo che Ninfadora affianchi la signorina White nel suo lavoro allo scopo di raccogliere maggiori informazioni sul suo conto.

Un silenzio assorto e pensoso accolse la proposta, silenzio che fu interrotto dalla stessa Tonks:

-          Per me va bene, ma come suggerisce di avvicinare Sara White?

-          Sono certo che riflettendo troveremo un modo – replicò Silente sorridendo con gli occhi da sopra gli occhiali a mezza luna.

*^*^*^*^*

Dopo aver rinunciato a scrivere il comunicato per Scotland Yard, Sara aveva iniziato a riflettere sul problema. Non poteva lasciare che Olga continuasse a lavorare, ma non poteva neppure caricare Frank e Roger di ulteriore lavoro. L’unica soluzione era addestrare qualcuno che potesse sostituire Olga temporaneamente. E chissà che non potesse diventare un membro permanente della squadra.

Dopo aver preso la decisione, fu un attimo comunicare le sue intenzioni al Capo e alla squadra stessa. Entro sera l’intero Dipartimento era a conoscenza della modalità per presentare la richiesta.

Sara non era mai felice quando doveva addestrare qualcuno. Fino a pochi anni prima era stata Auror Guida, adibita all’addestramento delle reclute dell’Accademia in aggiunta alle mansioni ordinarie, ma, appena aveva potuto, aveva lasciato quell’incarico. Era sempre in difficoltà quando doveva rapportarsi alle reclute. Da un lato non avrebbe voluto essere dura con loro, dall’altro però sapeva che, affinché imparassero qualcosa, non aveva alternative che mostrarsi dura e implacabile.

Sara diceva spesso che il compito di un Auror Guida era assicurarsi che le reclute arrivassero vive al termine del primo anno. Un solo errore poteva costare la vita anche ad Auror esperti, per le reclute era ancora peggio, perché uscivano dall’Accademia convinti di sapere tutto e invece non sapevano assolutamente niente del mestiere.

Adesso si trattava solo di avere pazienza, aspettare i colloqui e sperare che si presentasse qualcuno anche solo vagamente competente.

*^*^*^*^*

Quella stessa sera, a Grimmauld Place, Tonks si presentò a cena con un’aria quanto mai soddisfatta. Sirius si chiese vagamente a cosa potesse essere dovuta ma, prima che potesse fare domande, la ragazza informò tutti che aveva trovato un modo per avvicinare Sara White.

-          È una notizia fresca di oggi pomeriggio. Pare che Olga, la collaboratrice di Sara, sia incinta e per questo verrà assegnata al lavoro d’ufficio. Sembra anche che la White abbia chiesto al Capo di poter inserire qualcuno nella squadra in sostituzione di Olga. Se Silente è d’accordo pensavo di propormi per il posto. Sarebbe il modo perfetto per saperne di più su di lei!

La notizia suscitò in Sirius il solito miscuglio di sensazioni contrastanti. Una parte di lui era affamata di informazioni su Sara, voleva sapere il più possibile e non gli importava la fonte delle notizie. Un’altra parte di lui invece detestava profondamente l’idea di imbrogliare Sara. Non se lo meritava. Non le aveva dato fiducia, quando invece ne avrebbe avuto tutto il diritto. Aveva dovuto scoprire la verità nel modo più difficile, districandosi tra menzogne e sotterfugi. E adesso continuavano a ingannarla, a usarla senza dirle esattamente come stavano le cose. Non era giusto, non era corretto. Sirius credeva che ogni bugia e ogni raggiro in più, assottigliassero sempre di più le probabilità che Sara decidesse di unirsi all’Ordine. Ma nessuno, a parte Remus e Lily, sembrava condividere la sua opinione. Tutti volevano prove per potersi fidare di Sara, ma come avrebbe potuto lei fidarsi di loro?

*^*^*^*^*

Erano passate solo poche ore dall’annuncio che l’Auror Capo White stava cercando qualcuno per la squadra e la donna si era presa giusto il tempo di andare a casa per una doccia e una dormita. Impalata sulla porta del suo ufficio, una tazza di caffè in una mano, gli occhiali da sole scivolati sulla punta del naso e la bocca aperta per lo stupore, Sara osservava la scrivania: era letteralmente seppellita sotto plichi e plichi di carta.

-          Shiraaaa! – strillò Sara ancora ferma sulla porta.

La ragazza arrivò con tutta la rapidità che le consentivano i tacchi vertiginosi e si fermò accanto a Sara con un sorriso.

-          Che cos’è tutta questa roba? – domandò alla ragazza sgranando gli occhi.

-          Sono le domande per il posto nella tua squadra! – rispose semplicemente Shira.

-          Tu… tutte quante?

-          Si, tutte quante – confermò semplicemente sventolando una mano - Le ho trovate sulla mia scrivania questa mattina e ho pensato di metterle qui.

Orripilata, Sara congedò Shira e poi si mise a cercare una superficie libera su cui appoggiare il suo caffè. Sembrava che Shira avesse utilizzato ogni spazio a disposizione.

A malincuore Sara si sedette e attaccò la prima colonna di domande. Il volume di carta era così spropositato perché ogni Auror aveva inserito le valutazioni di Hogwarts e dell’Accademia, le relazioni sui casi risolti, attestati, note di merito, referenze e raccomandazioni. Lei si era limitata a chiedere un curriculum con nome e cognome e qualche informazione di base!

Olga, Frank e Roger, che dovevano aiutarla a vagliare le domande per decidere chi ammettere al colloquio, la trovarono che si aggirava per l’ufficio suddividendo le domande.

-          Qual è il criterio di suddivisione? – domandò Roger sollevando davanti agli occhi la prima pagina del plico più vicino a lui.

-          Sto dividendo le domande in base al numero di pagine. Quelle oltre le dieci pagine non le prendo nemmeno in considerazione.

-          Eppure sembrano essere le più divertenti – disse Frank, che armeggiava intorno alla colonna più voluminosa – Senti questo: ottima conoscenza delle procedure ministeriali, MAGO di massimo livello in Trasfigurazione, Incantesimi, Pozioni, Difesa contro le Arti Oscure, Erbologia, Divinazione, Babbanologia, Astronomia, Cura delle Creature Magiche, Antiche Rune, Aritmanzia. Diplomato all’Accademia degli Auror con il massimo dei voti. Giudicato dal professor Purdy il miglior studente che abbia mai avuto.

-          Se è tutto vero ha preso perfino più MAGO di Sara – commentò Roger.

-          Come mai non abbiamo conosciuto prima questo genio? Dove è stato tutto questo tempo? – disse ironica Olga – Comunque possiamo sempre chiedere informazioni a questo professor Purdy…

-          Che è morto l’anno scorso dopo lunga e onorata carriera – disse Sara.

Dopo che la risata generale si fu placata, tutti si misero al lavoro ed entro l’ora di pranzo avevano selezionato una trentina di domande che sembravano promettenti: niente meriti esagerati, buone competenze, ottimi risultati negli studi e sul campo, pochi fronzoli. Sara avrebbe preferito scegliere una donna per l’incarico, per mantenere inalterati i rapporti all’interno della squadra, ma se non fosse stato possibile avrebbe dovuto accontentarsi.

Con l’aiuto dei ragazzi e di Olga, il lavoro di lettura delle domande si era rivelato molto più piacevole e molto più breve del previsto. Nel pomeriggio inviarono una lettera ai candidati migliori, per comunicare l’orario del colloquio, che si sarebbe tenuto il giorno seguente.

Il giorno dopo, all’ora stabilita, una lunga fila di Auror nervosi e con le mani sudate si dipanava dall’ingresso della sala riunioni del Dipartimento.

Capire se una persona fosse adatta o meno a un incarico in dieci minuti di colloquio non era impresa semplice, soprattutto se i candidati si comportavano tutti come tanti soldatini di latta, rigidi e impersonali.

Sara, dopo le prime domande di rito sugli studi, l’esperienza lavorativa e gli interessi, faceva a tutti alcune domande specifiche sulle indagini. Per la maggior parte le risposte erano desolanti. Possibile che non ci fosse un solo Auror dotato di un po’ di fantasia?

Quando Ninfadora Tonks si presentò al colloquio, un campanello d’allarme suonò nella testa di Sara. Da quando l’aveva vista scambiarsi occhiate furtive con Shakelbolt fuori dall’aula del tribunale, non aveva smesso di arrovellarsi sulla questione. Finalmente, leggendo la scheda personale di Tonks, Sara capì perché quel nome le fosse familiare: era la figlia di Andromeda, la cugina di Sirius e lui aveva nominato spesso la cugina e suo marito, Ted Tonks.

Era un caso che lei si presentasse per quel posto proprio in quel momento? O c’era sotto dell’altro? Ma la domanda vera era: se c’era sotto dell’altro, come fare per scoprirlo?

La ragazza sembrava molto nervosa, mentre si sedeva al centro del tavolo della sala riunioni, esattamente di fronte a Sara, che la osservava con un sopraciglio sollevato.

-          Buon giorno, sono Ninfadora Tonks – si presentò.

-          Buon giorno – rispose Sara – Se per lei va bene salterei i convenevoli. So dalla sua scheda che il suo operato al Ministero è ottimo. Vuole dirmi perché ha scelto di presentarsi per questo incarico?

Sara si preparò a sentire la solita tiritera. “Vorrei questo incarico per imparare”. “Vorrei questo incarico per crescere professionalmente”. “Ho sempre desiderato lavorare con la sua squadra”. La solita broda da leccapiedi.

-          Trovo che sia una opportunità unica per imparare aspetti nuovi del mio lavoro e…

-          Eccoci – mormorò Sara a mezza voce mentre Tonks continuava il suo discorso.

Probabilmente la ragazza notò lo sguardo esasperato dell’Auror Capo, perché a un tratto si interruppe.

-          …a dire il vero, ci sarebbe anche un'altra ragione.

Il tono della ragazza incuriosì Sara, che si voltò verso Frank e Roger, posizionati alla sua sinistra, con uno sguardo interrogativo. Con un gesto della mano invitò Tonks a continuare.

-          Ho fatto una scommessa con un collega dei Tiratori Scelti. Non credeva che avrei avuto il coraggio di presentarmi per questo lavoro.

-          Il coraggio? – domandò Sara incredula – E’ una sostituzione per maternità, non una condanna a morte.

-          No, non è una condanna a morte… magari ai lavori forzati.

Frank e Roger scoppiarono a ridere di gusto, mentre Olga si limitò a sorridere voltandosi dall’altra parte.

Alcune ore dopo, terminati i colloqui, Sara decise di parlare separatamente con Olga, Roger e Frank per conoscerne le opinioni.

-          Non saprei davvero – disse Parker grattandosi un sopraciglio – Sembra strano dover scegliere qualcuno per sostituire Olga. E so perfettamente che non riusciremo a trovare qualcuno che lavori bene quanto lei.

-          Non possiamo aspettarci un clone di Olga – replicò Sara stringendosi nelle spalle – però qualcosa dobbiamo fare. C’è troppo lavoro e in tre non riusciremmo a portarlo a termine.

-          Proprio dovendo scegliere, esclusi gli uomini, la più adatta mi sembra l’Auror Tonks. La Willis è troppo insicura e la Bedfield troppo arrogante. Tonks potrebbe essere abbastanza sveglia da imparare in fretta.

Roger e Olga avevano espresso pareri simili e avevano individuato in Tonks la migliore candidata. Sara dal canto suo era disposta a correre il rischio si ammettere in squadra la cugina di Sirius, pur di sapere se questo desiderio di lavorare in squadra era frutto del caso.

Presa la decisione, Sara compilò tutti i moduli necessari e li portò al Capo, che era barricato nel suo ufficio dietro una scrivania carica di scartoffie. Quando la vide entrare, sollevò lo sguardo.

-          Altra carta, meraviglioso – commentò sarcastico, indicando a Sara la pila dove depositare i documenti – A proposito, White. Quest’anno non potrà scamparsela.

-          Di cosa sta parlando? – domandò la donna, senza capire.

-          Le reclute. Negli ultimi anni si è rifiutata di ammettere le reclute nella sua squadra, ma quest’anno dovrà sceglierne almeno due. Sono stato chiaro?

Sara non poté fare a meno di pensare “Attenta a quello che vuoi ragazzina, perché tu certamente lo otterrai”. Altri cambiamenti in arrivo. Evviva.

Uscita dall’ufficio del Capo, con la testa piena di preoccupazioni su quanti problemi le avrebbero dato le nuove reclute, Sara si diresse a passo di marcia verso il cubicolo di Ninfadora Tonks. Si affacciò oltre la parete e disse seccamente:

-          Cominci domani. Ti aspetto qui alle sei.

Senza aggiungere altro si allontanò con un mezzo sorriso dipinto sul volto. In fondo un po’ di divertimento nel maltrattare le reclute si poteva trovare.

*^*^*^*^*

-          Ce l’ho fatta!

Fu la prima cosa che Ninfadora strillò entrando nella cucina di Grimmauld Place quella sera.

-          Comincio domani alle sei.

-          Del mattino? – domandò Sirius incredulo mentre rimestava in un paiolo posto sul fuoco.

Ora che la sua innocenza era stata provata e riconosciuta, Molly aveva deciso che non c’erano più ragioni per essere depresso, taciturno, intrattabile e poco collaborativo; così l’aveva messo al lavoro. Dal canto suo, Sirius non trovava più quella casa così deprimente, ora che non era più una prigione, e l’idea di renderla meno cupa era davvero allettante.

-          Si, alle sei del mattino – confermò Tonks – Me lo aspettavo. Dicono che il primo test per i nuovi arrivati sia una prova di resistenza.

-          Con Miss-dormo-due-ore-per-notte-e-sono-fresca-come-una-rosa? Sarà un gran divertimento – commentò Kingsley sarcastico.

-          Proprio non riesci a fartela piacere Sara, vero? – intervenne Lily, che stava sbucciando delle patate.

-          Non è che non mi piaccia – rispose l’Auror – È un’ottima Auror, ma non riesco a fidarmi. Stiamo mettendo Tonks nelle sue mani come se niente fosse. Potrebbe essere in combutta con il Ministro, potrebbe addirittura essere una Mangiamorte e avere chissà quale piano.

-          Kingsley, ancora! Ne abbiamo già parlato. Sara non può essere una Mangiamorte – disse Lily accalorandosi.

Sirius rimase voltato a fissare il paiolo in cui stava mescolando, cercando di mantenere la sua espressione imperscrutabile, lasciando che Lily e Remus si occupassero della difesa di Sara. 

*^*^*^*^*

Mentre cercava per l’ennesima volta di spiegare a un cocciuto collega che le impronte digitali di un incensurato non potevano in alcun caso trovarsi nei fascicoli del Ministero e che quindi le impronte trovate sulla sua scena del crimine erano, per il momento, inutili, Sara osservava Ninfadora Tonks con la coda dell’occhio. L’Auror era intenta a pulire meticolosamente i banconi del laboratorio e Sara poteva vederla attraverso le vetrate.

Da quando, quasi una settimana prima, Tonks aveva iniziato a lavorare con la squadra, Sara aveva cercato di mettere alla prova i suoi nervi, la sua pazienza e il suo orgoglio, come faceva sempre con le reclute.

Il primo giorno avevano trascorso la mattinata in laboratorio, dove Sara le aveva spiegato le procedure e le analisi di base che eseguivano sui diversi campioni. In pausa pranzo Tonks era tornata alla sua scrivania e Sara l’aveva vista scrivere furiosamente su un quaderno; probabilmente prendeva appunti per non dimenticare niente.

Al pomeriggio le aveva affidato il compito più noioso che le era venuto in mente: l’inventario dei materiali. La giovane però non aveva battuto ciglio, si era messa di buona lena a lavorare e alle nove di sera si era presentata da Sara con l’inventario completo tra le mani.

Il giorno seguente, convocata di nuovo alle sei del mattino, Tonks fu messa alla prova sulle analisi che Sara le aveva spiegato il giorno prima. Ancora si applicò al compito affidatole senza chiacchiere, senza proteste e facendo tutto molto bene.

Sara la osservava con un mezzo sorriso, domandandosi se tutto questo zelo fosse reale o simulato. Ma il trial non era finito qui. Nei giorni seguenti Sara le affidò prima il compito di riordinare tutte le carte dei casi risolti, ma non ancora archiviati, poi le affidò la pulizia del laboratorio.

Terminato di discutere con il collega cocciuto, Sara si avvicinò alla porta del laboratorio. Era il momento di lasciarle intendere che aveva superato la prova.

-          Tonks.

-          Sì? – disse la ragazza emergendo dalle profondità di un armadietto con uno straccio in mano.

-          Vieni a pranzo con noi?

La ragazza si aprì in un sorriso e annuì.

*^*^*^*^*

La biblioteca di famiglia stava dando a Sirius qualche grattacapo. Era situata in una delle grandi stanze al primo piano della casa, al di sotto di quella che era stata la camera da letto dei genitori. La stanza era polverosa e buia, ma probabilmente sarebbe bastato dare una bella pulita ai vetri colorati delle finestre per renderla immediatamente più luminosa. Tutte le pareti erano tappezzate con pesanti scaffalature di legno scuro e ogni spazio, anche il più piccolo, era occupato da libri, vecchi giornali e dai quaderni che suo padre aveva compilato diligentemente per tutta la vita.

In piedi al centro della stanza, Sirius si stava grattando la testa, incapace di decidere cosa fare di tutta quella roba. I volumi, un tempo di gran pregio, erano malconci e richiedevano interventi radicali per poter essere salvati. D’altra parte mettere le mani tra quei libri poteva riservare brutte sorprese. Molti erano dedicati alle Arti Oscure e spesso suo padre aveva camuffato gli scritti più compromettenti utilizzando copertine di noiosi libri di storia o Antiche Rune.

Sirius teneva pochissimo a preservare gli averi della famiglia Black e, in un momento di scoramento, aveva addirittura proposto di buttare via tutto quanto, ma non ne aveva avuto il coraggio. Quando l’aveva accennato, Hermione era rimasta tanto scandalizzata e terrorizzata da finire quasi in lacrime alla prospettiva e anche Remus era visibilmente impallidito. Per mesi Sirius aveva rimandato la decisione, ma adesso era il momento di decidere e lui non aveva nessuna voglia di mettere le mani in quel disordine muffito.

-          Speri che fissandoli a lungo, questi libri scompaiano?

La voce di James raggiunse Sirius dal vano della porta. Evidentemente non l’aveva sentito entrare.

-          Sto cercando di decidere come fare per farli sparire senza che Remus se ne accorga. Dici che potrei buttarli un po’ per volta nel cassonetto in fondo alla strada? Magari nottetempo, col favore delle tenebre…

James sorrise ma non rispose e prese a sua volta a guardare i libri allineati alle pareti.

-          Probabilmente – disse dopo qualche tempo – una volta ripuliti potresti ricavarci qualcosa vendendoli. Se proprio non li vuoi tenere, almeno puoi cercare di guadagnarci.

-          L’idea di mettere in circolazione tanti testi sulle Arti Oscure non mi entusiasma, ma probabilmente hai ragione. È sempre meglio che darli alle fiamme, devo solo aspettare un momento più propizio. Eri venuto qui per parlare di libri? – domandò poi Sirius.

-          In realtà ero venuto a chiamarti, è arrivata Tonks. Vuoi sentire gli ultimi aggiornamenti?

Sirius si irrigidì impercettibilmente ma James, che lo conosceva bene, se ne accorse ugualmente.

-          Non credo sia nulla di sostanziale, ma pensavo ti avrebbe fatto piacere avere… notizie di prima mano.

Anche Sirius conosceva bene James e non gli sfuggì la sfumatura sarcastica della sua voce.

-          Dimmi la verità – disse voltandosi verso l’amico – tu la pensi come Kingsley?

-          No! – si schermì James sollevando le mani – Però – aggiunse dopo un attimo di esitazione – sono preoccupato per te.

-          Per me? – esclamò Sirius – Non temere, se non sono ancora diventato matto, non lo diventerò più, credimi!

-          Non è questo, è solo… Sirius, non vorrei che restassi deluso. Io e Sara non siamo mai andati molto d’accordo, è vero, però me la ricordo bene e la donna di cui sento parlare in questi giorni mi sembra incredibilmente diversa.

-          Hai paura che mi faccia delle illusioni e che resti scottato – disse Sirius semplicemente.

-          Sì.

Non che Sirius non avesse preso in considerazione la cosa. Lui stesso ci aveva pensato e ripensato. Ma aveva deciso che preferiva restare terribilmente deluso, piuttosto che continuare questa estenuante altalena. Sospirando, Sirius si voltò nuovamente verso i libri.

-          Domani comincerò a dare un’occhiata a tutta questa roba. Ora andiamo a sentire le ultime novità.

*^*^*^*^*

Mentre sbocconcellavano panini, preparati dalle abili mani di Lucilla, il telefono cellulare di Sara prese a squillare. Anche il Ministero aveva dovuto cedere e adeguarsi alle tecnologie Babbane di comunicazione, molto meno vistose di gufi e civette e sicuramente più pratiche degli aeroplanini di carta, che andavano a meraviglia per le comunicazioni interne, ma creavano spiacevoli inconvenienti per le comunicazioni esterne, soprattutto se ti raggiungevano in una strada affollata o mentre eri in coda al supermercato.

-          White… Sì… No, ho finito… Dove? …e quanto tempo fa? D’accordo. Arriviamo subito.

Quando ebbe interrotto la comunicazione e ingoiato l’ultimo boccone di panino, Sara spiegò brevemente il contenuto della telefonata.

-         Omicidio, la vittima è un mago ma vive in un quartiere Babbano. Voi tornate al Ministero – disse rivolta a Olga e Roger – Andremo io, Parker e Tonks. Prima scena del crimine con la nuova squadra – disse poi a Tonks – nervosa?

-         No – rispose sinceramente la ragazza.

-         Bene. Hai problemi con i cadaveri in avanzato stato di decomposizione?

-         No – disse ancora, questa volta un po’ meno sinceramente.

Sara non mancò di notare l’occhiata che Tonks aveva lanciato ai resti del suo pranzo, forse rimpiangeva di averlo consumato. Bé, qui non si trattava più di metterla alla prova, bisognava lavorare sul serio.

Dopo aver fatto tappa al Ministero per prendere le necessarie attrezzature, Sara, Frank e Tonks si avviarono verso uno dei tanti quartieri residenziali ai bordi di Londra. Le automobili di Scotland Yard erano ferme davanti ad una piccola abitazione a due piani, assolutamente identica a tutte le altre nella via, insieme ad una ambulanza e ad un veicolo dei Vigili del Fuoco.

-          Fantastico – commentò Frank – Abbiamo un sacco di compagnia.

Fermarono l’auto a pochi passi dalle altre e, non appena scesi, furono accolti da un agente che sembrava più anziano, più nervoso e più irritabile di tutti gli altri.

-          Voi siete “gli esperti”? – domandò senza salutare e senza presentarsi, con una voce roca e sarcastica.

-          Si, siamo gli esperti – disse Sara, inducendo l’uomo a spostare gli occhi da Frank a lei – E io sono il capo degli esperti – aggiunse per mettere le cose in chiaro.

-          Lei?

-          Sì, io. E lei è il capo dei “non esperti”, presumo – disse Sara senza premurarsi di aspettare una risposta – Mi aspetto la piena collaborazione da parte di tutti i suoi agenti… e anche da parte sua.

-          Si aspetti pure quello che vuole – replicò l’altro – Quello che avrà però potrebbe essere un’altra faccenda.

Avere a che fare con la Polizia aveva sempre degli svantaggi, quando si incontravano individui del genere poi era ancora peggio. Cercando di mantenere la calma, Sara disse:

-          Perché non comincia raccontandoci com’è andata?

-          È andata che i vicini hanno telefonato a noi per lamentarsi della puzza malefica che esce da quella topaia. È stato Wilson a raccogliere la chiamata. Wilson! Wilson, vieni qui!

Un agente piuttosto giovane e timoroso si avvicinò titubante.

-          Racconta agli “esperti” com’è andata – disse con una roca risata, prima di allontanarsi.

Sperando che l’agente Wilson fosse più malleabile, Sara ripeté la sua domanda e il ragazzo cominciò:

-          La prima segnalazione è arrivata ieri, ma il centralino non l’ha smistata immediatamente ritenendo che non ci fossero ancora gli estremi per un intervento. Poi questa mattina hanno telefonato in tre, le famiglie che abitano nelle due case adiacenti e la famiglia nella casa di fronte, lamentandosi dell’odore insostenibile che si sentiva passando davanti al giardino della casa. Queste tre segnalazioni sono state inoltrate ai Vigili del Fuoco, che hanno mandato Tolber e Mills a controllare. Loro poi hanno avvertito noi, che siamo arrivati circa tre ore fa.

-          Tolber e Millis hanno trovato il corpo? – chiese Frank

-          Sì – confermò l’Agente

-          Hanno toccato qualcosa? – domandò poi Sara.

-          Solo l’erba del prato che hanno calpestato, hanno detto che non c’era bisogno di avvicinarsi troppo per accertarsi della morte.

-          E voi avete toccato qualcosa?

-          Siamo entrati in casa in tre, per perquisire l’abitazione e accertarci che non ci fosse nessun’altro e per cercare un documento di identità. Quando abbiamo cercato l’identità del morto nel database abbiamo ricevuto una telefonata dalla Direzione Generale, che diceva di aspettare il vostro arrivo. La vittima è Elton Guilford, 47 anni, celibe. Vive qui con la sorella che al momento risulta essere fuori città.

Sara e Frank si scambiarono un’occhiata, ci sarebbe stato da divertirsi. Cinque perfetti estranei erano entrati sulla scena del crimine, l’avevano perquisita ed erano rimasti lì per ore. Sarebbero stati fortunati a trovare qualcosa.

Allontanandosi di qualche passo dall’Agente, Sara affidò a Frank il compito di ascoltare e raccogliere le dichiarazioni di tutti quelli che erano entrati sulla scena e poi contattare la sorella della vittima. Lei e Tonks invece si fecero guidare fino al corpo.

Al di là di una bassa cancellata in ferro battuto, c’era un piccolo giardino molto curato che si estendeva per qualche metro ai due lati del vialetto, che conduceva all’ingresso principale. Sotto le finestre del piano terra, una aiuola piena di folti cespugli cercava, senza molto successo, di nascondere parte delle crepe nel muro della facciata. Già a distanza di parecchi metri, si poteva percepire l’intenso odore caratteristico della decomposizione e Sara, mentre attraversava il giardino, vide Tonks mettersi una mano davanti alla bocca.

Il corpo era disteso fra il muro e i cespugli, a destra della porta d’ingresso, completamente nascosto alla vista. Era in avanzato stato di decomposizione, il che lasciava intendere che fosse lì da parecchi giorni, ma il Guaritore dell’obitorio avrebbe potuto essere più preciso.

Sara si inginocchiò accanto al corpo e iniziò ad ispezionare la zona, mentre Tonks attendeva istruzioni. C’erano diverse impronte di scarpe nel terreno fangoso, ma sembravano troppo confuse per poterne ricavare qualcosa, in ogni caso valeva la pena tentare. Il corpo invece era davvero troppo malridotto per poter ricavare altro che sommarie informazioni.

-          Chiama il Guaritore Faith al San Mungo e dì che possono venire a prenderlo – disse Sara rivolta a Tonks – Poi chiama gli Obliviatori, che si occupino di questi qui – aggiunse accennando con il capo ai poliziotti – E fai il calco di queste impronte. Io vado a dare un’occhiata all’interno.

L’interno dell’abitazione era angusto ma ordinato, arredato con gusto anche se in modo semplice. la prima porta a sinistra dava su una cucina, immacolata tranne che per un piatto contenente gli avanzi di un pasto. Diverse mosche svolazzavano sul piatto, doveva essere lì almeno da tanto tempo quanto la vittima.

La porta a destra invece si apriva sul salotto, dove la situazione era decisamente diversa e mostrava inequivocabili segni di colluttazione. Una tazza era in pezzi sul pavimento, il tappeto chiaro era macchiato di quello che probabilmente era stato the, ma la chiazza era asciutta. Alcuni fogli strappati della Gazzetta del Profeta erano sparsi sul pavimento. La finestra, che si apriva sopra il punto in cui avevano rinvenuto il cadavere, era aperta e le tendine bianche svolazzavano verso l’esterno.

Forse l’uomo stava bevendo un the e leggendo il giornale quando era stato sorpreso dal suo assassino; ma a giudicare dalle impronte all’esterno avrebbero potuto anche essere più assassini. La tazza si era rotta perché gli era scivolata dalle mani per lo spavento? Oppure aveva cercato di opporre resistenza?

Dal momento che il corpo della vittima si trovava all’esterno e la colluttazione era iniziata all’interno, era probabile che avesse opposto una qualche resistenza, almeno che avesse tentato di fuggire. Sara si voltò a guardare la porta che aveva appena varcato. La pare interna, quella rivolta verso la stanza, era graffiata e ammaccata.

Sara immaginò la scena: una o più persone che entrano di soprassalto nella stanza, Guilford che lascia cadere la tazza e il giornale. Forse ha con se la bacchetta, forse no, ma il suo primo istinto è quello di lanciarsi verso la porta, la sua unica via d’uscita. L’assassino però blocca la porta e Guilford la colpisce e la graffia nel tentativo di aprirla. Preso dal panico l’uomo cerca scampo verso la finestra aperta.

Date le condizioni del corpo, non era facile stabilire subito la causa del decesso ma se l’assassino era un mago, doveva trattarsi di Maledizioni Senza Perdono. Forse Guilford era già morto prima di raggiungere la finestra ed era stato gettato in giardino in seguito; forse invece era riuscito ad uscire, ma non era andato molto lontano.

La cosa che più preoccupava Sara era l’assoluta indifferenza degli assassini riguardo alle tracce che si erano lasciati dietro. Il corpo innanzi tutto era relativamente facile da trovare, le impronte nel fango poi erano molte e ben visibili sebbene confuse e Sara era certa che, se le avesse cercate, avrebbe trovato numerose impronte digitali nella stanza.

Perché queste persone (ormai Sara era convinta che fossero più di uno) non si erano preoccupate di cancellare le tracce? Avevano avuto tanta fretta di andarsene? Per quale motivo? Guilford viveva con la sorella e lei era fuori città. Piuttosto era come se non si curassero di essere scoperti, come se sapessero che le forze dell’ordine non avevano alcuna possibilità di catturarli, come se si sentissero al di sopra delle conseguenze delle loro azioni. Il delitto in se aveva qualcosa di strano.

Sara non sapeva molto sulla vittima, ma si fece un’idea su come potesse essere la vita dei Guilford facendo un giro per la casa. A giudicare dalle fotografie, poche e datate, in cui erano ritratti molto giovani, nessuno dei due si era sposato né aveva figli. La casa era ordinata ma certo non abitata da chi navigasse nell’oro. In cucina aveva intravisto una radio e, benché vivessero in un quartiere babbano, non c’era traccia di televisore, solo moltissimi libri e giornali.

Il signor Guilford e sua sorella non parevano condurre una esistenza che potesse attirare compagnie pericolose, eppure il signor Guilford era finito cadavere nel suo stesso giardino. Perché? Che cosa aveva fatto? Cosa volevano da lui?

Dopo aver completato il giro della casa, Sara tornò al piano di sotto e trovò Frank e Tonks che avevano da poco terminato i loro compiti.

-          La sorella di Guilford, - iniziò Frank - Margaret Guilford, 43 anni, nubile, era a Newark-on-Trent in visita da un’amica. È stata avvertita e sta arrivando. Un Auror andrà a prenderla in stazione e la porterà direttamente al Ministero.

-          Bene – disse Sara – Si sa qualcosa dal San Mungo?

-          Si, il Guaritore Faith arriverà tra poco per portare il corpo all’obitorio – rispose prontamente Tonks, che pareva sollevata di essersi potuta allontanare dal fetore del giardino – Gli Obliviatori sono arrivati e sono già al lavoro – aggiunse poi – dovrebbero riuscire a fare allontanare i poliziotti babbani in poco tempo. Il calco delle impronte è asciutto, catalogato e imbustato.

-          Ottimo – disse Sara – Possiamo continuare, a partire da questa stanza.

Il lavoro era lungo ma necessario. Tutti e tre si disposero a cercare tracce, prelevare impronte, scattare fotografie, in ciascuna delle stanze della casa, concentrandosi soprattutto sul salotto. Lì trovarono ancora alcune impronte di scarpe, stavolta più nitide, sul pavimento di legno lucido. Le impronte erano tante, ma bisognava distinguere quelle dei Guilford e dei poliziotti da eventuali impronte estranee. Per il resto non rinvennero granché.

Il lavoro procedette spedito e silenzioso, interrotto solo dai barellieri del San Mungo giunti per prelevare il corpo e portarlo all’obitorio dell’ospedale. Sotto al cadavere trovarono la bacchetta dell’uomo, dunque Sara vide confermata la sua ipotesi, aveva cercato di difendersi in qualche modo.

A pomeriggio inoltrato, una telefonata avvertì Sara che Margaret Guilford era arrivata al Ministero.

-          Frank, ce la fai a finire da solo? Vorrei che Tonks mi accompagnasse a parlare con la sorella della vittima.

Mentre il ragazzo assicurava che non ci sarebbero stati problemi, Sara vide una strana espressione sul volto di Tonks, ma non riuscì a capire se si trattasse di sospetto o sollievo. Nell’attesa che la ragazza raccogliesse le sue cose, Sara uscì in strada e si accese una sigaretta. La via era quasi deserta, tranne che per le auto del Ministero e un anziano signore a passeggio con il cane. I mezzi babbani se n’erano andati da tempo e la zona era tornata piuttosto silenziosa.

Voltandosi verso l’estremità opposta della strada, dove si trovava un piccolo parco giochi con alcuni alberi, Sara ebbe la sensazione di scorgere qualcuno, l’ombra di un uomo alto e imponente, ma fu questione di un attimo talmente fugace che poteva tranquillamente esserselo immaginato.

-          Eccomi, sono pronta – disse Tonks arrivando alle sue spalle, mentre la donna cercava ancora di vedere in lontananza.

Non era il momento di farsi prendere dalla paranoia, non c’era proprio nessuno in quel parco giochi.

Le due Auror si diressero verso l’auto di Sara e partirono per tornare al Ministero. Tonks era taciturna, appariva pallida e vagamente contrariata.

-          Ti sei occupata di molti omicidi, fino ad ora? – chiese Sara dopo qualche minuto, per spezzare la tensione.

-          A dire la verità, non molti. Grazie alle mie capacita di Metamorfomago mi hanno utilizzata più spesso per le missioni operative che per le indagini.

-          Sì, immagino che possa essere una qualità molto utile per certe operazioni. Come trovi il cambiamento? – chiese poi Sara, visto che Tonks continuava a restare in silenzio.

-          È radicale, ma interessante. Mi piace questo modo di lavorare, così meticoloso e analitico. Da la sensazione di avere le cose sotto controllo.

-          Purtroppo le cose non sono quasi mai sotto controllo – disse Sara amaramente – ma ci piace fare del nostro meglio.

Dopo qualche altro istante di silenzio, Tonks aveva ancora la stessa enigmatica espressione. Sara quindi decise di tentare un’altra strada, pensando che avesse male interpretato la sua decisione.

-          Non ti ho allontanata dalla scena del crimine perché penso che tu non sia in grado di lavorare da sola o perché voglio tenerti sotto controllo. Semplicemente vorrei che perfezionassi anche questo aspetto del lavoro. Trattare nel modo giusto con i parenti delle vittime è fondamentale.

La ragazza parve vagamente più rilassata e disse:

-          In effetti non mi è capitato spesso. Suppongo che non sia semplice.

-          Si impara, col tempo.

-          Si dice che tu sia particolarmente abile in questo – aggiunse Tonks con ritrovata sicurezza – Sembra che i parenti delle vittime abbiano la tendenza a fidarsi di te e a parlare liberamente.

-          Già – disse Sara ridacchiando – però posso attribuirmi ben poco merito per questo! Mi è sempre successo, anche da ragazzina. Perfino persone che conoscevo pochissimo venivano da me a raccontarmi tutti gli affari loro, senza farsi problemi e soprattutto senza che io avessi mai chiesto niente.

Nel frattempo erano arrivate al Ministero. Sara parcheggiò l’auto nel sotterraneo e scesero in fretta per raggiungere l’entrata che dal parcheggio portava all’Atrium. Nell’avanzare tra le auto di ordinanza del Ministero e quelle dei dipendenti, Sara si gettò un’occhiata alle spalle ed ebbe nuovamente l’impressione di vedere l’ombra di qualcuno, questa volta più concreta.

Si fermò e si voltò di scatto, con la bacchetta sguainata di fronte a sé. Tonks, pochi passi più avanti, si girò a sua volta e, con una certa sorpresa, si affiancò a Sara.

-          Che succede? – domandò tenendo la mano pronta a raggiungere la bacchetta.

-          Tu hai visto nessuno, quando siamo scese dalla macchina? – domandò Sara a bassa voce, continuando a scrutare il buio del parcheggio sotterraneo.

-          No – rispose Tonks, scuotendo la testa – Perché?

-          No… niente. Uno dei problemi di questo lavoro è che alla lunga ti rende paranoico.

Sara ripose la bacchetta e si impose di calmare il battito, che ormai era alle stelle. Insieme entrarono al Ministero e raggiunsero il Dipartimento degli Auror, dove Margaret Guilford attendeva seduta su una scomoda panchina nel corridoio di accesso. Era una donna alta e asciutta, con i capelli neri tagliati molto corti e un’espressione severa. Sedeva con la schiena dritta appoggiata contro il muro e teneva tra le mani un fazzoletto, che doveva aver utilizzato fino a poco prima.

-          Signora Guilford?  Sono l’Auror Capo White e questa è l’Auror Tonks. Le hanno già comunicato che…

-          Sì – interruppe la signora con tono secco – Elton è stato trovato morto nel giardino di casa nostra.

-          È così. Venga, parliamo nel mio ufficio.

Sara e Margaret Guilford, seguite da Tonks, si diressero verso l’ufficio. Sara sedette su una delle due sedie poste davanti alla scrivania e offrì l’altra alla signora, mentre Tonks rimase in piedi.

-          Mi dispiace molto per suo fratello e mi dispiace di averla convocata qui.

-          Non c’è problema, immagino che vogliate… qualche informazione – rispose la signora fissando un punto imprecisato della giacca di Sara.

-          So che ha fatto un lungo viaggio prima di arrivare, gradisce un caffè o un the? – disse Sara alzandosi e aggirando la scrivania per raggiungere il cassetto dove teneva due bricchi. Li estrasse entrambi e li colpì con la punta della bacchetta. Uno prese a riempirsi di caffè bollente e un di the.

-          Un the andrebbe benissimo, grazie.

Sorseggiando rispettivamente caffè e the, Sara e Margaret Guilford parlarono a lungo del fratello Elton. Era fidanzato? No. Lavorava? Si, per una casa editrice di riviste di magia. Aveva molti amici? No, non molti. Frequentazioni assidue? No, affatto. Problemi con qualcuno? Litigi? Discussioni? Con maghi? Con babbani?

-          Ascolti, mio fratello era una persona tranquilla, riservata, sedentaria. Amava i libri più di ogni altra cosa. Immagino che abbia visto casa nostra. È piena di libri da scoppiare. Non ha mai fatto altro che leggere, scrivere e lavorare. Il suo amore per i libri è stato tale che non è mai stato capace di tenersi l’amore di una donna per più di qualche mese. Non ha mai dato fastidio a nessuno. Elton era un filosofo: piuttosto che scontrarsi con qualcuno si arrovellava per mesi per cercare una soluzione alternativa. Io lo capisco, per me è stata la stessa cosa con la musica. Ho studiato musica per tutta la vita e non ho mai fatto altro: pochi amici, pochi svaghi, ma mi andava bene così e anche Elton era contento della sua vita così com’era.

Sara ascoltò con attenzione il discorso appassionato della sorella di Elton Guilford, senza interrompere. La prima impressione che aveva avuto, che quel delitto fosse strano, senza apparente movente, si faceva sempre più forte.

-          Signora Guilford – disse Sara con partecipazione – lei conosceva Elton meglio di chiunque altro e io mi fido della sua impressione. Tuttavia un delitto deve avere un movente e, per adesso, dobbiamo tenere aperte tutte le porte. La sua abitazione dovrebbe essere libera entro poche ore. Vorrei che controllasse se manca qualcosa, per ora non possiamo escludere che si sia trattato di furto.

-          A casa nostra non c’è nulla che valga la pena rubare, ma controllerò. Mi sembra tutto assurdo – disse la donna, dando il primo segno di cedimento emotivo dall’inizio della conversazione – Nessuno avrebbe potuto avercela con Elton. Chi poteva volerlo morto?

Sara ancora non aveva una risposta, ma assicurò alla signora che avrebbe fatto il possibile per scoprirlo. Accompagnandola all’uscita, Sara incaricò due Auror di accompagnarla a casa, di perquisire l’abitazione e di restare fino al giorno successivo a sorvegliare la casa.

-          Se avesse bisogno di qualcosa, se le venisse in mente qualche informazione mi chiami pure a qualsiasi ora del giorno e della notte – disse Sara porgendole un biglietto.

-          Grazie, è stata molto gentile.

Quando Margaret Guilford si fu allontanata, scorata da due Auror, Tonks, che fino a quel momento si era tenuta in disparte, si avvicinò a Sara.

-          Avevano ragione – disse Tonks.

-          Chi?

-          Quelli che dicevano che la gente si fida di te spontaneamente. Questa in mezz’ora ti ha raccontato la storia della sua vita e quella del fratello. Io avrei dovuto stare per ore a fare domande e a interpretare silenzi reticenti.

Sara scrollò le spalle e tornò verso l’ufficio.

-          È stata una giornata lunga – disse senza voltarsi – Vai a casa, ci vediamo domani alle otto.

*^*^*^*^*

-          E questo è quanto – disse Tonks, seduta al tavolo della cucina di Grimmauld Place, quando ebbe finito di raccontare la sua giornata.

Sirius aveva ascoltato attentamente, con i nervi a fior di pelle, temendo ogni istante di sentire qualcosa che Sara aveva detto o fatto e che potesse essere male interpretato. Ma niente, assolutamente niente, era stata irreprensibile per tutto il giorno e nessuno, nemmeno Kingsley, sarebbe riuscito a trovare qualcosa che non andava.

Sirius non poté trattenersi e sorrise. Voleva che Sara entrasse a far parte dell’Ordine. Voleva vederla, aveva bisogno di parlarle e se ne fregava altamente se qualcuno trovava strano che lui sorridesse.

-          Tu che impressione ti sei fatta? – domandò Arthur Weasley a Tonks – Ora che la conosci meglio, cosa ne pensi?

-          Sono sempre convinta che potremmo fidarci. Mi sembra a posto, lavora con passione e non ha detto una sola parola che possa essere intesa come sostegno al Ministro o peggio a Voldemort.

-          Bene, questo dovrebbe sistemare gli scettici – disse Lily guardandosi intorno – A proposito, dov’è Kniglsey?

-          Questa sera non si è ancora visto – rispose la Molly – Tonks tesoro, ti fermi a cena con noi? Ho fatto il pasticcio di carne.

Tonks impallidì leggermente prima di rispondere.

-          Ti ringrazio Molly. Mi fermo a cena, ma non credo di farcela a mangiare carne, non dopo la scena del crimine di oggi.

*^*^*^*^*

Il giorno seguente, al Dipartimento degli Auror, Sara, Frank e Tonks passarono la giornata a interrogare amici, conoscenti, colleghi, vicini, negozianti, tutti coloro che avevano in qualche modo avuto a che fare con la vittima, senza peraltro ricavare niente di decisivo.

Tutti dicevano più o meno le stesse cose. Era un gran lavoratore, una persona a modo, nessuna discussione, mai nessun contrasto. No, non conoscevano nessuno che potesse avercela con lui. No, ultimamente non si era comportato in modo strano.

Olga invece aveva il compito di trovare un senso a tutte le impronte digitali rinvenute nel salotto e nel resto della casa, ma anche da quel lato non c’erano molte novità. La maggior parte delle impronte appartenevano a Elton e Margaret Guilford, alcune ai poliziotti che avevano perquisito l’abitazione e le poche impronte estranee non avevano corrispondenza nei database del Ministero.

Quell’indagine non stava andando da nessuna parte.

Seduta alla scrivania, davanti alle deposizioni di tutte le persone interpellate, Sara si passò le mani tra i capelli. Non vedeva appigli, non trovava nessun indizio da seguire. Zero assoluto.

Per di più non era riuscita a sbarazzarsi della sensazione di essere seguita, quell’ombra nel parcheggio e nel parco giochi la tormentavano dal giorno precedente. Forse si trattava soltanto di uno scherzo della sua immaginazione, forse era solo stanca. Oppure qualcuno la stava pedinando? Chi poteva avere interesse a spiarla, a controllarla?

Per schiarirsi le idee, Sara decise che sarebbe andata a trovare Margaret Guilford e questa volta ci sarebbe andata da sola.

Quando raggiunse la sua auto nel parcheggio, controllò scrupolosamente l’eventuale presenza di ombre non meglio identificate, ma non trovò traccia di pedinatori. Dopo aver interrotto tutti gli incantesimi di protezione che abitualmente gettava sulla macchina, Sara si mise al volante e si diresse verso l’abitazione dei Guilford. Nonostante cercasse di tranquillizzarsi, continuando a ripetersi che non c’era nessuno a seguirla, non poté fare a meno di controllare ossessivamente lo specchietto retrovisore, ma nel traffico di Londra era difficile capire se qualcuno ti stesse seguendo o se stesse semplicemente andando dalla tua stessa parte.

Attraversando il vialetto d’ingresso, Sara notò che il giardino davanti alla casa della signora Guilford recava ancora i segni del recente passaggio di Polizia e Auror. I due Auror di guardia erano sistemati in un auto dall’altro lato della strada e le fecero un cenno, vedendola arrivare.

Sara bussò lievemente e Margaret Guilford aprì la porta quasi immediatamente.

-          Ah, è lei! – disse a mo di saluto – Prego si accomodi.

-          Mi dispiace disturbarla, speravo di poterle fare ancora qualche domanda – disse Sara entrando.

-          Si, certo. C’è qualche novità? – domandò la donna, poi aprendo la porta della cucina disse – Se non le spiace la faccio accomodare qui. Non ho ancora avuto il coraggio… bè, non ho ancora avuto modo di riordinare il salotto.

Seduta al tavolo della cucina, con una tazza di the davanti, Sara si domandò quanto dovesse sentirsi sola Margaret senza il fratello e con la paura che qualcuno tornasse anche per lei. Era fondamentale scoprire il movente dell’omicidio, per stabilire se anche lei fosse effettivamente in pericolo.

La signora Guilford aveva l’aria stanca e sciupata di chi non ha dormito quasi per niente, ma ricevette Sara con estrema cortesia e rispose a tutte le sue domande. In realtà non c’erano molte domande nuove che potesse porle, ma voleva sapere qualcosa in più su Elton Guilford.

-          Mi duole di non poterle dire molto di più di quanto le abbia detto ieri.

-          Non si preoccupi, ogni dettaglio può essere utile. Volevo chiederle una cortesia – aggiunse Sara sperando di dare un senso a quella visita – potrei dare ancora un’occhiata alla stanza di suo fratello?

-          Ma certo – rispose la donna alzandosi e facendole segno di seguirla.

Salirono la stretta scala fino al piano di sopra e Sara entrò nella stanza, che aveva già visitato il giorno precedente. Anche qui, le pareti erano ingombre di mensole cariche di libri, un letto singolo occupava l’angolo della stanza più lontano dalla porta e un piccolo armadio si trovava invece subito a destra.

Rimasta sola, Sara si avvicinò alla scrivania sotto la finestra e si sedette. Era un buon posto per lavorare in tranquillità, luminoso e silenzioso perché la finestra affacciava sul retro dell’abitazione, lontano dalla strada. Una pila di quaderni immacolati era posizionata a destra, mentre quaderni e fogli scritti erano impilati a sinistra. Il cassetto centrale conteneva penne e boccette di inchiostro, una agenda e una cartellina rossa.

Sara estrasse l’agenda e la cartellina. Nella prima erano annotati meticolosamente appuntamenti e scadenze in una calligrafia piccola e ordinata. Nella cartellina invece erano contenuti scontrini e ricevute insieme a un rendiconto di entrate e uscite. Forse esaminando l’agenda e le spese della vittima si poteva ricavare qualcosa.

Sara si alzò e scese al piano di sotto, dove trovò Margaret ad attenderla. Mostrandole l’agenda e il resto chiese il permesso di portarli al Ministero, anche se in realtà non avrebbe avuto bisogno di domandare.

-          Spero di poterle dare al più presto qualche notizia – disse Sara riponendo i nuovi reperti nella sua borsa – Nel frattempo stia tranquilla, qui di fronte ci sono due Auror a sorvegliare la casa. Non deve preoccuparsi.

Congedandosi, si domandò quanto fosse effettivamente in pericolo quella donna e se si potesse fare qualcosa di più ma in quel momento non c’erano ragioni sufficienti per predisporre maggiore sorveglianza e il Dipartimento era già abbastanza a corto di personale.

Era quasi ora di pranzo e la strada era un po’ più animata del giorno precedente. Diverse mamme con bambini si dirigevano probabilmente verso le rispettive case, qualche signora con la spesa si affannava trasportando sacchetti, alcuni anziani erano seduti su una panchina a chiacchierare e nessuno sembrava prestare attenzione alla casa in cui, solo il giorno prima, era avvenuto un omicidio. Gli Obliviatori avevano fatto un ottimo lavoro, come sempre.

Il quadro era quello di una perfetta tranquillità, ma Sara si guardò intorno inquieta. Gli occhi tornavano magneticamente al punto in cui aveva visto quell’ombra, tanto che decise di andare a dare un’occhiata al parco giochi.

Camminava lentamente, per non attirare l’attenzione. Il parco giochi era un piccolo spiazzo erboso circondato da alberi, con alcune altalene, uno scivolo e una buca piena di sabbia. In quel momento era deserto e dava l’idea di essere il posto più sicuro del mondo.

Con un sospiro, Sara si voltò per tornare alla sua auto e fu in quel momento che lo vide. Lo stesso uomo alto e imponente che spariva nel vicolo tra due case poco più avanti.

Questa volta ne era certa. Non l’aveva immaginato!

Con la mano nella tasca interna della giacca stretta sulla bacchetta, Sara corse in quella direzione, stavolta incurante dei passanti che si erano voltati a guardarla. Arrivò al vicolo appena in tempo per vedere il bordo del mantello dell’uomo sparire dietro l’angolo, ma non fu tutto. Nei brevi istanti in cui fu in vista, Sara scorse un lampo rosa shocking.

Era Tonks! Non poteva essere che lei. Quel colore di capelli era assolutamente inconfondibile. Col cuore che martellava, Sara si lanciò all’inseguimento. Possibile che la ragazza fosse in combutta con il pedinatore? Allora anche lei era stata messa lì a controllarla!

Quando raggiunse il termine del vicolo, non c’era nessuno in vista. Maledizione!

I due Auror che stavano di guardia alla porta dei Guilford arrivarono trafelati.

-          Auror White! Tutto a posto?

-          Sì, non preoccupatevi – disse Sara senza fiato – Mi era sembrato… ma mi sono sbagliata…

Non poteva dire nulla, come faceva ad essere sicura che anche quei due non fossero in combutta con il pedinatore?

Più in fretta che poté, Sara tornò alla sua auto e guidò come una pazza fino al Ministero. Era furiosa. Furiosa con se stessa per non aver capito che Tonks la stava prendendo in giro e furiosa con chiunque la stesse controllando. Perché? Che cosa volevano da lei?

Arrivata al Dipartimento trovò Tonks seduta tranquillamente alla sua scrivania, anche se un po’ scompigliata. Probabilmente si era smaterializzata poco dopo che l’aveva vista e aveva avuto il tempo di tornare in ufficio e sistemarsi alla scrivania.

Quando la vide arrivare, con gli occhi fiammeggianti, la ragazza si fece piccola sulla sedia e assunse un’aria colpevole; probabilmente aveva capito che c’era qualcosa che non andava. Sara si avventò su di lei e la fece alzare trascinandola per un braccio. Sempre tenendole stretto il braccio, la spinse verso il suo ufficio dove sbatté la porta con uno schianto e la chiuse a chiave.

-          Sara… io non capisco…

Senza darle il tempo di dire altro, Sara la afferrò per un braccio, glielo torse dietro la schiena e la bloccò sulla scrivania tenendola ferma con il proprio peso.

-          Stammi a sentire, mi hai preso per deficiente? Credi che non ti abbia vista, insieme a quel tizio che mi segue? Ora, se vuoi uscire viva da qui mi dici per conto di chi mi state controllando e perché.

-          Ma io… credimi non… davvero non capisci… – Tonks parlava con voce soffocata mentre ancora era bloccata contro la scrivania – Io non volevo… davvero però…

-          Però cosa? – sibilò Sara sempre più furibonda – Forse non mi hai capito. Dimmi SUBITO per chi lavori e che cosa volete da me. ADESSO!

Sara tremava di rabbia. Come osavano, chiunque fossero? Lasciò andare il braccio della ragazza, arretrò di due passi ed estrasse la bacchetta. Quando Tonks si alzò trovò la bacchetta di Sara sospesa all’altezza del naso e alzò le mani in segno di resa.

La mano che teneva la bacchetta era ferma, le nocche bianche tanta era la forza con cui stringeva l’impugnatura. Col volto contratto dalla rabbia, Sara faceva davvero paura e la ragazza si decise a parlare.

-          Silente. È stato Silente a chiedermi di mettermi in contatto con te.

-          Metterti in contatto?! Mi state SORVEGLIANDO! Che storia è questa? – Sara cercava di trattenersi dall’urlare, per evitare che tutto il Dipartimento sentisse.

-          È la verità!

-          Non raccontarmi idiozie, continui a credermi stupida? Ho parlato personalmente con Silente pochi giorni fa, perché avrebbe dovuto chiedere a te di controllarmi?

-          Mi… mi dispiace – balbettò Tonks tenendo d’occhio la punta della bacchetta di Sara – Io non sono autorizzata… non posso davvero… non posso dirti di più ma…

-          FUORI!!! – questa volta Sara gridò a pieni polmoni – Esci dal mio ufficio, non farti più vedere nella mia squadra e, se riesci, non farti più vedere al Ministero perché sappi che d’ora in poi la tua vita qui sarà impossibile.

Tonks uscì di corsa, pallida e stravolta, e appena la porta si fu chiusa alle sue spalle, Sara crollò in ginocchio sul pavimento con il volto nascosto tra le mani.



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