Per i lettori: ok, siamo agli sgoccioli. I tre capitoli che ho intenzione di pubblicare oggi sono gli ultimi tre che ho pronti. Dopo dovrete attendere qualche giorno che la mia mente metta insieme i prossimi capitoli e che le mie dita abbiano il tempo di scriverli al PC. Nel frattempo godete

Sara e Frank erano in laboratorio ormai da ore. Sara aveva raccolto campioni da ogni macchia di sangue sui vestiti di Sirius Black e ne aveva analizzato il DNA. La velocità delle apparecchiature magiche le aveva permesso di eseguire tutte le prove in poco tempo e nessun campione corrispondeva al patrimonio genetico di Peter Minus, questo significava che non c’era la minima traccia di Peter Minus addosso a Sirius. Quel sangue, come avevano ipotizzato inizialmente, doveva essere di Black.

Parker intanto aveva proseguito le analisi sul dito seguendo minuziosamente il protocollo e aggiornando Sara su ogni sua mossa. Rimaneva l’ultimo passo: le verifiche per gli incantesimi di trasfigurazione. Era il momento cruciale.

-          Ok, qui ho finito – disse Frank rompendo il silenzio – Mancano gli incantesimi di trasfigurazione.

-          Bene – disse Sara sforzandosi di sembrare distaccata – come hai intenzione di procedere?

Mentre Frank elencava le procedure, la donna trattenne il respiro. Al termine dell’elenco le enumerò mentalmente. Ok. Non mancava nulla. In quel modo avrebbe dovuto scoprire che Minus era un Animagus… ammesso che quegli incantesimi avessero effetto su un osso vecchio di quindici anni. Sara non riusciva più a restare in quella stanza, doveva uscire. Lasciò Frank alle prese con le analisi e si rintanò nel suo ufficio. Se avesse scoperto qualcosa, il ragazzo l’avrebbe avvertita immediatamente. Si sedette alla scrivania cercando di riordinare le idee ed elaborare la successiva linea d’azione. Non aveva molte prove a sostegno della sua tesi, ma doveva farsele bastare. Se non fossero state sufficienti per dimostrare l’innocenza di Sirius, Sara sperava per lo meno che bastassero a sollevare qualche dubbio. L’unico problema sarebbe stato superare le resistenze del Ministro: ammettere un errore di quelle proporzioni significava un bombardamento mediatico senza precedenti.

Mentre rifletteva, Frank si precipitò correndo nell’ufficio spalancando la porta:

-          Presto! Devi venire a vedere! E’… è incredibile! – strillò il ragazzo eccitatissimo.

-          Hai scoperto qualcosa? – chiese Sara alzandosi di scatto e cercando di trattenere un sorriso di sollievo.

-          Penso di si! Vieni, avanti!

Sara si precipitò in laboratorio. Lì Frank si posizionò dall’altro lato del tavolo rispetto al suo capo e puntò la bacchetta verso il dito, pronto a scagliare l’incantesimo.

Sara era talmente agitava che non riusciva a proferire parola, così gli fece un cenno d’assenso con la testa e dalla punta della bacchetta del ragazzo partì un fascio di luce blu e argento che andò a colpire quel che restava del dito di Peter Minus. Lo scheletro fu avvolto dalla luce azzurrina, quindi sembrò scomparire. In realtà non era affatto sparito, si era soltanto rimpicciolito assumendo dimensioni minuscole.

-          Che ne pensi? – domandò Frank con gli occhi accesi dal brivido della scoperta.

-          Tu che ne pensi? – disse di rimando Sara. Doveva stare molto attenta a sbilanciarsi in congetture, non poteva in alcun modo influenzare Frank.

-          Bè, chiaramente non è un osso umano e sono certo che non si tratta di un osso animale trasfigurato in umano, ma il contrario. Infatti se lasci passare un po’ di tempo torna alla forma umana originaria.

Mentre Parker diceva queste cose la stessa luce azzurrina avvolse le minuscole falangi riportandole alle dimensioni e alla forma precedente.

-          La cosa più probabile è che Minus fosse un Animagus – continuò il ragazzo parlando più in fretta del normale.

-          Direi che mi sembra l’unica spiegazione possibile – disse Sara con cautela.

-          Vediamo se il ragionamento fila – proseguì Parker che ormai sembrava aver preso gusto nella conduzione dell’indagine – Sappiamo che è improbabile che Black abbia ucciso Minus perché sulla scena e sui suoi vestiti c’era troppo poco sangue. Sappiamo che Black era o avrebbe dovuto essere il Custode Segreto dei Potter. La spiegazione più plausibile è che Minus abbia finto la sua morte tagliandosi il dito e trasformandosi per fuggire. Ma perché fuggire?

-          Avevamo ipotizzato due possibilità – intervenne Sara che a quel punto sentiva di dover contribuire – Minus, a conoscenza del tradimento di Black, si è finto morto ed è fuggito per paura. Oppure Minus si è finto morto e ha provocato la strage per coprire la sua fuga perché lui era in realtà il Custode Segreto dei Potter.

-          Però non avrebbe avuto senso nascondersi per tutto questo tempo se non era colpevole – osservò Frank – E’ più probabile che fosse lui il traditore...

Sara quasi non osava respirare, più idee Frank tirava fuori, minore sarebbe stato il suo intervento e se un giorno qualcuno avesse scoperto del suo legame con Sirius, questo sarebbe stato fondamentale in tribunale.

-          Questo però non si collega alla storia del giornale – aggiunse Parker ignaro di quello che stava passando per la mente di Sara – Continuiamo a non sapere quale sia stato l’input che ha spinto Black alla fuga.

In quel momento Sara si rese conto che Frank non avrebbe mai notato quel topolino sulla spalla del figlio di Arthur Weasley neppure se avesse sfogliato quel giornale per giorni interi, così decise che era venuto il momento di recitare. Occorreva un’interpretazione da Oscar, anche se non era mai stata molto brava a mentire.

-          Aspetta un momento! – esclamò come se avesse ricordato qualcosa di importante.

Schizzò verso l’ufficio e portò la copia della Gazzetta del Profeta sul tavolo del laboratorio. Cominciò a sfogliarlo freneticamente, come se stesse cercando qualcosa che non sapeva esattamente dove si trovasse, intanto pregava che Parker non si accorgesse che stava mentendo.

Quando ritenne di aver fatto abbastanza scena, spiegò il quotidiano alla pagina che ritraeva la famiglia Weasley.

-          Guarda! – esclamò indicando la fotografia – Questo sulla spalla del ragazzo non è un topo? – chiese la donna.

Il giovane si avvicinò la fotografia al naso e strizzò gli occhi per vedere meglio.

-          Oh mio Dio! – esclamò a sua volta – E’… è un topo… e… e gli manca un dito! – concluse quasi strillando – Credi che possa essere Minus? – chiese poi abbassando la voce.

-          Bé, perché no? Coincide tutto! Quello che abbiamo visto potrebbe essere benissimo essere il dito della zampa di un topo. Se davvero è Minus, sarebbe stato facile sparire da Godric’s Hollow senza dare minimamente nell’occhio.

Mentre Sara finalmente esprimeva ad alta voce tutto quello che aveva pensato quella mattina, Parker lesse rapidamente l’articolo che accompagnava la fotografia.

-          Ascolta – disse interrompendo le riflessioni della donna – qui dice che la famiglia si era presa una vacanza grazie al premio e che i ragazzi sarebbero tornati a Hogwarts il primo settembre. Tutti hanno sempre pensato che Black fosse diretto a Hogwarts per cercare Harry Potter… e se invece fosse andato a Hogwarts per cercare Minus dopo aver visto la foto?

-          Parker sei un genio! – strillò Sara al settimo cielo.

Aveva sperato con tutto il cuore che fosse Frank a scoprire che Minus era un Animagus, ma non avrebbe sperato tanto neppure nei suoi sogni più ottimistici. Ora avevano tutte le prove necessarie per sollevare un discreto polverone.

Sara lasciò a Frank il compito di scrivere un dettagliato rapporto sulle analisi e i test eseguiti. Lei invece aveva in mente un paio di verifiche che poteva effettuare in giornata.

Per prima cosa uscì dal Dipartimento degli Auror e si diresse con passo spedito verso l’ufficio di Arthur Weasley. Mentre bussava energicamente si augurò di trovare il signor Weasley da solo anche se sapeva che divideva il piccolo ufficio con un altro impiegato, un certo Perkins. Una voce gioviale dall’interno la invitò a entrare e Sara aprì la porta.

-          Buon giorno, scusi il disturbo – salutò la donna entrando.

Quel giorno sembrava girare tutto per il verso giusto. Nell’ufficio non c’era nessun’altro. Arthur sembrò lievemente sconcertato dalla sua visita, tanto che rischiò di scivolare dalla sua sedia.

-          Si sente bene? – domandò Sara chiudendosi la porta alle spalle.

-          Perfettamente – rispose Weasley invitandola con un gesto ad accomodarsi – Prego, mi dica cosa posso fare per lei?

-          Devo chiederle un’informazione… personale – disse Sara avvicinandosi alla scrivania ma restando in piedi – Uno dei suoi figli ha mai avuto un topo come animaletto?

Arthur Weasley impallidì visibilmente. Che il signor Weasley sapesse qualcosa?

-          Sì… sì mio figlio Percy ha avuto un topo di nome Crosta, che poi è passato a mio figlio Ronald. Ma perché me lo chiede? – rispose l’uomo in evidente imbarazzo.

-          Mi dispiace ma questo non posso dirglielo. Ancora una cosa – aggiunse Sara – come siete entrati in possesso del topo?

-          Lo abbiamo trovato che gironzolava per il giardino di casa – rispose Weasley.

-          Quando all’incirca? – incalzò Sara avida di informazioni.

-          Mio figlio Ron era nato da poco più di un anno e Percy aveva circa cinque anni. Quindi sono passati quindici anni più o meno. Ma non capisco…

-          E’ ancora con voi, Crosta? – continuò la donna senza dargli il tempo di concludere.

-          No, è… - e qui il signor Weasley esitò - …è fuggito, qualche anno fa.

Senza aggiungere altro Sara ringraziò e uscì dall’ufficio. Anche i tempi combaciavano perfettamente.

Ora c’era un’ultima cosa da fare. Sara a avvertì Frank che sarebbe stata fuori per il resto della giornata e si fiondò alla sua auto. Non aveva mai guidato così prima, teneva l’acceleratore premuto fino in fondo e aveva attivato tutti i dispositivi magici di cui la sua auto disponeva per andare più veloce, sgusciare meglio nel traffico e passare il più possibile inosservata. Quando partì dal Ministero era tarda mattinata, guidò per l’intero pomeriggio e arrivò a Hogwarts che ormai il sole era quasi completamente tramontato.

Sara lasciò l’auto al villaggio e raggiunse il castello a piedi. Mentre camminava riordinò mentalmente le idee. Aveva bisogno di parlare con Silente per avere conferma delle sue ipotesi. Ora anche quello che il Preside le aveva detto giorni addietro assumeva un senso nuovo. Quando lei aveva domandato se Sirius avesse tradito i Potter, Silente aveva risposto in modo ambiguo, probabilmente aveva sperato di darle un indizio.

Il pesante cancello, che si apriva sul viale di accesso di Hogwarts, si presentò davanti a Sara dopo una curva. Quel cancello le ricordò tutte le volte che Sirius l’aveva riaccompagnata a scuola dopo aver passato la giornata insieme.

Ma non era il momento di perdersi in sentimentalismi. Aveva ancora molto lavoro da fare.

Sara percorse il viale quasi correndo e arrivò davanti al portone quasi senza fiato. La donna rimase per un attimo ferma sui gradini di pietra per riprendere fiato. Nell’ingresso intanto parecchi ragazzi sciamavano in varie direzioni, verso la Sala Grande o verso i rispettivi dormitori, ma nessuno sembrò far caso a lei. Per entrare Sara attese un momento di calma, quindi si avventurò tra i corridoi per andare ad avvertire Gazza del suo arrivo e farsi annunciare a Silente.

Giunta davanti all’ufficio del custode, Sara bussò, prima delicatamente poi con più forza ma non ottenne alcuna risposta. Forse poteva attendere lì, oppure poteva andare direttamente da Silente. Mentre rifletteva sul da farsi, avvertì una presenza ai bordi del suo campo visivo e voltandosi vide Minerva McGrannitt avanzare verso di lei. Sulle prime sembrò che la professoressa non l’avesse riconosciuta, poi quando fu più vicina osservò meglio Sara e sbiancò.

Sara si domandò che cosa nel suo aspetto avesse l’effetto di far impallidire le persone. Prima il signor Weasley ora lei. Che accidenti avevano tutti? La professoressa si avvicinò a passo di carica e, quando fu davanti a lei, disse:

-          Desidera?

-          Buona sera, mi dispiace disturbare. Sono Sara White – esordì Sara.

-          So bene chi è lei. Che cosa ci fa qui? – domandò la McGrannitt nel suo tono più asciutto.

Sara aveva cercato di essere cortese il più possibile, ma visto l’atteggiamento decise di adeguarsi al tono e rispose seccamente:

-          Devo vedere il professor Silente – poi aggiunse – Subito.

Senza rispondere Minerva McGrannitt si voltò e si avviò lungo il corridoio. Sara intuì che doveva seguirla e allungò il passo per raggiungerla. Quando si trovarono davanti alla statua di pietra che introduceva negli appartamenti del Preside, la professoressa pronunciò la parola d’ordine e precedette Sara sulla scala a chiocciola. Una volta raggiunta la sommità, bussò piano e, quando ricevette un segnale dall’interno, aprì la porta.

-          Professor Silente, c’è la signorina White – annunciò utilizzando sempre lo stesso tono secco.

-          Prego, si accomodi signorina – disse Silente in un tono molto più cordiale.

Sara superò la McGrannitt che uscì dall’ufficio e si chiuse silenziosamente la porta alle spalle.

-          Buona sera Professore – salutò la donna stringendo la mano che il Preside le porgeva – Mi dispiace disturbarla ancora.

-          Non si preoccupi, è un piacere vederla – rispose Silente tornando a sedere sulla sua poltrona – Cosa posso fare per lei?

Sara fece un respiro profondo e cercò le parole per iniziare.

-          Da quando ho iniziato le indagini ho sempre avuto le sue parole che mi ronzavano in testa. Non riuscivo a capire che cosa avesse voluto dirmi, così mi sono spaccata la testa per cercare una soluzione. Quando ho preso in mano il fascicolo sulla strage di Godric’s Hollow non ho dovuto neppure scavare troppo a fondo per trovare le prime cose strane e in base a queste mi sono fatta un’idea. Visto che lei non fa più parte del Winzengamot – proseguì la donna – posso raccontarle quello che ho scoperto senza timore che annullino il processo.

-          Sarò ben felice di ascoltare le sue scoperte – disse Silente sistemandosi sulla sua sedia come se si preparasse ad ascoltare una storia interessante.

Sara cominciò a raccontare ogni cosa dall’inizio. Raccontò le sue scoperte in ordine cronologico, spiegando dettagliatamente il come e il quando. Alla fine riassunse la sua ipotesi su come dovevano essersi svolti i fatti.

Senza rendersene conto, mentre parlava si era alzata in piedi e aveva cominciato a camminare avanti e indietro davanti alla scrivania del Preside. Quando ebbe finito il racconto, il cielo fuori dalla finestra era scuro e punteggiato di stelle. Sara si fermò davanti a Silente e concluse:

-          Allora ho ragione oppure devo essere rinchiusa nel reparto per malattie mentali del San Mungo?

Silente le fece cenno di sedere, quindi si sistemò gli occhiali sul naso. C’era un sorriso lieve che gli attraversava il volto che Sara non riusciva a decifrare.

Era compiacimento o scherno?

Mentre parlava aveva cercato di mettere in primo piano l’Auror Capo e lasciare in disparte la donna, ma ora l’attesa del verdetto le faceva quasi mancare il fiato. Sara sapeva che dalla risposta di Silente sarebbe dipesa ogni cosa. Cosa avrebbe fatto se il Preside le avesse riso in faccia?

-          Le faccio i miei complimenti, signorina White – disse infine – Si è avvicinata talmente tanto alla verità dei fatti che non ho praticamente nulla da correggerle.

I polmoni di Sara ricominciarono a ricevere ossigeno e la sua testa si svuotò completamente. Non riusciva ad articolare nessun pensiero razionale. C’erano soltanto una serie di immagini sconnesse che le passavano davanti agli occhi ed erano talmente rapide che riusciva a coglierne solo qualche dettaglio, ma non il senso generale. Sapeva che avrebbe dovuto essere felice, perché aveva trovato la verità, aveva ragione e ora avrebbero dovuto crederle, ma non riusciva a provare altro che un sordo stordimento.

Ad un certo punto si rese conto che avrebbe dovuto dire qualcosa e qualcosa nel suo inconscio le fece ricordare che lei era una perfezionista.

-          Ha detto che non ha praticamente nulla da correggere nella mia teoria, però qualcosa c’è. Cosa ho sbagliato? – domandò Sara.

Il Preside ridacchiò impercettibilmente, poi rispose:

-          Lei mi ha detto che suppone che Sirius sia evaso da Azkaban per andare in cerca di Peter Minus e che, sapendo che era con un giovane mago, fosse venuto a Hogwarts a cercarlo. In realtà non è del tutto vero. Sirius era venuto a Hogwarts per proteggere Harry da Minus.

Sara rimase per un attimo interdetta. Poco a poco le parve che qualcuno le stringesse un pugno di ferro attorno allo stomaco.

Come aveva fatto a non pensarci! Harry era stata la vera e propria molla che aveva spinto Sirius a evadere. Non il desiderio di vendetta, ma la preoccupazione per il suo figlioccio.

Sara si vergognò di se stessa, come aveva potuto non ricordarsi dell’amore e della venerazione di Sirius per Harry. Ne avevano parlato spesso e ogni volta Sirius le aveva detto che avrebbe fatto qualunque cosa per Harry, sempre e in qualunque situazione.

Harry Potter era nato in piena notte, in un ospedale Babbano di una cittadina vicina a Godric’s Hollow. Sirius e Sara stavano insieme da circa un anno ed era stato l’anno più bello e intenso che lei avesse vissuto.

Quella notte Sara era nella sua stanza, a casa dei genitori, cercava invano di dormire dopo l’ennesima litigata con sua madre. L’argomento del momento era proprio Sirius. Naturalmente sua madre non sapeva che era un mago, né che aveva cinque anni più di lei, ma le continue uscite di Sara e la sua aria felice l’avevano insospettita e aveva capito che si trattava di un ragazzo. Messa alle strette Sara aveva dovuto confessare e sentire il nome del ragazzo della figlia aveva dato alla signora White un duro colpo. Non aveva idea di chi fosse e questo significava che non era il figlio di una delle famiglie altolocate di Londra, di conseguenza non poteva essere una buona compagnia. Sara era stufa di essere costretta a difendere ogni sua azione come se fosse sotto processo, ma con sua madre non c’erano alternative. Così per evitare una lite ogni volta che usciva di casa aveva cominciato a inventarsi scuse su scuse: la palestra, la piscina, lo studio a casa di un’amica, aveva persino raccontato che andava una volta a settimana dall’estetista. Di tanto in tanto però doveva dire la verità e allora erano dolori.

Stesa sul letto, con gli occhi piantati sul soffitto e le braccia incrociate dietro la testa, Sara stava architettando la scusa da raccontare il giorno successivo, quando ad un tratto sentì qualcosa picchiettare alla finestra. Si alzò di scatto dal letto e si avvicinò circospetta per dare un’occhiata. Qualcuno tirava dei sassolini contro il vetro… e poteva essere soltanto una persona.

Senza neppure guardare giù, Sara si precipitò all’armadio e si vestì di corsa, indossò le scarpe e afferrò la borsa che giaceva abbandonata ai piedi del letto.

Una volta pronta strisciò fuori dalla sua stanza, che si trovava nella mansarda, scese le scale e oltrepassò la porta della stanza dei suoi genitori trattenendo il fiato. Era molto tardi e tutti dovevano essere a dormire, ma i problemi di insonnia erano all’ordine del giorno in famiglia, per questo era meglio essere prudenti. Arrivata al piano terra la ragazza entrò in cucina e uscì dalla porta sul retro, chiudendosela alle spalle.

Il giardino era buio e umido, si sentivano ancora alcuni grilli emettere il loro verso. L’unica luce proveniva da qualche sporadico lampione sparso lungo i sentieri. Quando svoltò l’angolo della casa, Sara si trovò davanti Sirius.

-          Ciao! – salutò in un sussurro buttandogli le braccia al collo.

Si erano visti solo quel pomeriggio, ma a Sara era parso un secolo. Lui le diede un leggero bacio sulle labbra, ma non si dilungò troppo in convenevoli. Era evidente che aveva qualcosa da dirle.

-          Che succede? – chiese la ragazza sempre sussurrando.

-          Sta per nascere! – esclamò lui al settimo cielo.

-          Davvero?! – esclamò Sara – Quando? Lily è già in ospedale?

-          Sì, mi ha avvertito James. Ti va di accompagnarmi? – chiese Sirius.

-          Naturalmente!

I due si incamminarono velocemente verso il cancello d’ingresso, uscirono dal portoncino laterale e salirono sulla moto di Sirius, parcheggiata ad attenderli. Sara era felice come se le stesse per nascere un nipote, non vedeva l’ora di conoscere il figlio di Lily e James.

Il volo fu rapido e l’aria frizzante della notte svegliò Sara più di qualunque caffè. Quando la moto cominciò a planare per scendere a terra, la ragazza si strinse a Sirius. Era il momento di ogni volo che temeva di più, ma Sirius era un pilota abile e atterrò leggero come una piuma sull’asfalto di un grande piazzale.

L’ospedale era illuminato a giorno, non c’era finestra oltre la quale non brillasse una lampadina. Sirius parcheggiò la moto nell’angolo più lontano dall’ingresso, quindi insieme si avviarono verso la scintillante porta a vetri. Camminavano rapidi e in silenzio, era chiaro che entrambi erano nervosi, neanche fosse stato figlio loro quello che doveva nascere.

Non appena entrati fermarono un infermiera di passaggio e le chiesero indicazioni per il reparto di ostetricia. I due ragazzi imboccarono un corridoio, poi un altro, infine una scala che percorsero saltando i gradini tre a tre. Giunti in cima si guardarono attorno smarriti, cercando la direzione giusta nel dedalo di corridoi, quando a un tratto si sentirono chiamare da una voce familiare.

-          Da questa parte! – disse la voce di Remus Lupin.

Sara e Sirius si voltarono e videro l’amico in piedi in una sala d’aspetto ingombra di sedie e vecchie riviste.

-          Quali notizie? – domandò Sara ansiosa, quando l’ebbero raggiunto.

-          Sembra che vada tutto bene – disse Remus con un sorriso incoraggiante – James naturalmente è con Lily, l’infermiera ha detto che possiamo aspettare qui.

Quando Sara si voltò verso la sala d’attesa, notò che non erano soli. Anche Peter Minus li aveva raggiunti e ora sedeva in un angolo, con lo sguardo fisso fuori dalla finestra.

Mentre Sirius continuava a confabulare con Remus, Sara si avvicinò a Peter e lo salutò. Quindi si sedette di fronte a lui.

-          Come va? – chiese la ragazza tanto per fare un po’ di conversazione.

-          Bene – rispose lui laconico.

-          Sei sicuro di sentirti bene? – domandò ancora la ragazza scrutandolo in volto.

-          Sì – rispose Peter voltandosi verso di lei.

Quando Minus si voltò verso di lei, Sara vide che era pallido, tirato, più magro dell’ultima volta che l’aveva visto. Tutto questo parve a Sara molto strano, ma non conosceva Peter abbastanza da poter giudicare.

Della compagnia, Peter Minus era quello con cui la ragazza aveva legato di meno. Era così timido, riservato ancor più di Remus, parlava poco e quando parlava era per approvare qualcosa che avevano detto gli altri. Non aveva quasi mai scambiato con lui parole che non fossero di circostanza oppure mediate da un discorso generale. Almeno non da quando stava con Sirius; le uniche vere conversazioni le avevano avute ben prima del matrimonio di Lily.

Dopo qualche minuto, Sirius e Remus smisero di parlare e i quattro amici si prepararono ad una lunga attesa. Di tanto in tanto qualcuno si alzava per sgranchirsi le gambe o per uscire a fumare una sigaretta, ma nessuno sembrava aver voglia di fare conversazione.

L’attesa proseguì per due ore, che ben presto divennero tre, poi quattro. Infine, da una porta in fondo al reparto, uscì James che teneva in braccio un fagottino avvolto in una coperta azzurro cielo.

-          E’ un maschio! – comunicò al colmo della gioia.

I tre ragazzi gli corsero incontro, mentre Sara rimase qualche passo indietro. Quello era il momento dei Malandrini, lei avrebbe avuto tutto il tempo dopo di fare la conoscenza del nuovo arrivato.

Quando James alzò lo sguardo estasiato da suo figlio a Sara, la ragazza si sentì autorizzata ad avvicinarsi. Dalle coperte spuntava solamente un visetto arruffato e addormentato incorniciato da folti capelli neri. Sara non poté far altro che sorridere.

-          Come avete deciso di chiamarlo? – chiese Sirius con un sorriso molto simile a quello di Sara.

-          Harry – rispose James senza staccare gli occhi dal bambino – Harry James Potter.

Dopo qualche istante un’infermiera li richiamò all’ordine e James e Harry tornarono da Lily, lasciando gli amici ad attendere nuovamente.

Qualche tempo dopo il bambino fu trasferito nella nursery e la madre venne sistemata in una stanza. Mentre Lily riposava, Sirius, James e Sara rimasero davanti al vetro della nursery a osservare il piccolo Harry come se non avessero mai visto un neonato in vita loro.

-          Sirius – fece il neopapà ad un tratto.

-          Sì?

-          Vorresti essere il padrino di mio figlio? – chiese James, staccando per un attimo lo sguardo dal bambino e fissandolo negli occhi dell’amico.

Sirius si voltò e deglutì poi, con il sorriso più grande e luminoso che Sara avesse mai visto, rispose:

-          Sarà un onore.

Era mattina inoltrata quando Sirius riaccompagnò a casa Sara. Prima di salutarsi, si fermarono davanti al cancello a scambiarsi ancora qualche parola.

-          E così – cominciò la ragazza – sarai il padrino di Harry – non aveva potuto fare a meno di mettere una sfumatura amara in quella osservazione e questo la disturbava.

-          Così pare – rispose Sirius appoggiato alla moto.

Aveva l’aria di non essere del tutto presente, come se avesse la mente ancora davanti a quel vetro nella nursery, e per un attimo Sara provò un moto di gelosia nei confronti di quel neonato che aveva il potere di distogliere i pensieri del ragazzo da lei.

-          E’ una bella responsabilità – commentò scacciando dalla mente questi pensieri funesti.

-          Sì, lo è. Spero di essere all’altezza – rispose lui pensieroso.

-          Lo sarai sicuramente – disse Sara incoraggiandolo con un sorriso. Se essere il padrino di Harry lo rendeva così felice lei sarebbe stata al suo fianco.

-          Questo non lo so – continuò Sirius – Ma so per certo che farò tutto quanto è in mio potere per proteggerlo e per stargli accanto.

Solo a distanza di quindici anni Sara comprendeva appieno il significato di quelle parole. Sì, Sirius avrebbe fatto sempre qualunque cosa per Harry. Tant’è vero che il pensiero di lei non era stato sufficiente per indurlo a evadere, mentre la preoccupazione per Harry sì. E quando era uscito di prigione non era andato a cercare Sara, ma Harry.

*^*^*^*^*

La convocazione straordinaria della riunione dell’Ordine della Fenice colse tutti di sorpresa. Era passata da un pezzo l’ora di cena a Grimmauld Place e i più mattinieri stavano quasi per prepararsi ad andare a dormire, quando il Patronus di Silente apparve nella cucina annunciando l’imminente arrivo del Preside.

Oltre agli abituali occupanti del Quartier Generale, ben presto si materializzarono Tonks, Kingsley, Mundugus e tutti gli altri. Minerva McGrannitt e Severus Piton mancavano all’appello, probabilmente non avevano potuto lasciare il castello. Quando Silente arrivò, l’assemblea era riunita, pronta a ricevere le notizie, buone o cattive che fossero.

Sirius, seduto al solito posto, con James di fronte a sé e Remus accanto, si domandava cos’altro potesse essere successo quel giorno da richiedere una riunione straordinaria a quell’ora. Qualcosa nel suo istinto gli diceva che si stava per arrivare a una soluzione, stavano accadendo troppe cose tutte insieme. Dentro di sé era dilaniato come sempre, l’incertezza era terribile, ma forse era preferibile non sapere piuttosto che sentirsi condannare una seconda volta. In parte il racconto di Arthur, che aveva detto che Sara era andata a chiedergli del topo Crosta, aveva fatto sperare Sirius, ma non osava più farsi illusioni.

L’impazienza lungo la tavola era palpabile, ma l’ingresso di Silente pose fine al chiacchiericcio generale. Il Professore entrò con tutta calma e si sistemò a capotavola prima di iniziare a parlare. La sua espressione era indecifrabile, Sirius non avrebbe saputo dire se fosse preoccupato, arrabbiato o divertito. Per trovare una delucidazione, alzò gli occhi verso James, che però gli restituì uno sguardo altrettanto interrogativo.

-          Signori – esordì Silente rivolgendosi al suo personalissimo pubblico – perdonatemi per avervi convocato a quest’ora tarda, ma la comunicazione che devo farvi è molto importante.

Nessuno fiatava, in attesa. Sirius quasi non osava respirare, perché Silente ci metteva tanto ad arrivare al sodo?

-          Oggi è stata da me la signorina White e, come credo sappiate già, è stata anche dal signor Weasley. Per quanto abbia assicurato alla signorina White che avrei mantenuto la massima riservatezza sulle confidenze che ho avuto l’onore di ascoltare, sono certo di non venir meno a questa promessa riferendovi la nostra conversazione.

A questo punto Silente riportò per filo e per segno quanto gli aveva detto l’Auror.

Mentre il Preside parlava, Sirius sentì un piccolo fuoco accendersi nel petto. Questo fuoco, man mano che il racconto proseguiva, diventava sempre più caldo e avvolgente e l’uomo non aveva il coraggio di muoversi, di parlare, di guardare un punto diverso dal volto di Silente. Temeva che un movimento anche impercettibile avrebbe fatto svanire quello che sembrava essere il più bello e incredibile dei sogni. Non poteva crederci! Sara aveva davvero capito che lui era innocente! Aveva risolto quel mistero senza altro aiuto che non quello del suo intuito e, forse, gli avrebbe regalato la libertà. Era una cosa troppo incredibile da credere.

Sirius riuscì a tornare parzialmente in sé quando si sentì rivolgere direttamente la parola da Silente, che disse:

-          E così Sirius, sembra che tu sarai presto un uomo libero.

Sirius non aveva parole per rispondere. Si limitò a sorridere, ma non era il solito sorriso amaro e sarcastico. Era un sorriso vero, il primo che riuscivano a strappargli da quando era arrivato a Grimmauld Place. Lui non poteva vederlo, ma la trasfigurazione che quel sorriso portò sul suo volto lo fece ringiovanire di dieci anni.

A questo punto, nella cucina di Grimmauld Place, si scatenò una festa improvvisata. Mundugus estrasse dalle pieghe del suo mantello alcune bottiglie di whiskey, il signor Weasley andò in dispensa e tornò con le braccia cariche di burrobirre e Molly si mise immediatamente ai fornelli per un banchetto improvvisato.

Sirius percepì solo parzialmente le parole di congratulazioni, gli abbracci e le pacche sulle spalle che arrivavano da ogni parte. Si riscosse soltanto quando James lo afferrò per le spalle e gli disse, prima di abbracciarlo:

-          Amico mio! Non sai quanto sono felice!

Anche Sirius era felice, come non lo era da un sacco di tempo, forse come non lo era mai stato. Non soltanto sorrideva, ma gli veniva da ridere. Doveva ridere, era in arretrato di tredici anni. Ancora non riusciva a crederci, non sapeva capacitarsi di quello che stava succedendo, ma all’improvviso decise che si sarebbe goduto quel momento fino in fondo.

-          Anch’io sono felice! – disse infine.

*^*^*^*^*

Sara rientrò al Ministero che la mezzanotte era passata da un pezzo. Percorse i corridoi e le scale fino al suo ufficio saltellando come una ragazzina in un prato di margherite, ignorando gli sguardi sconcertati dei pochi che incontrò sul suo cammino.

Giunta al Dipartimento degli Auror trovò Frank Parker barricato nel suo ufficio, ancora intento a trascrivere rapporti e relazioni ufficiali. Il ragazzo la accolse con un sorriso ampio quasi quanto il suo e, senza perdersi in troppi convenevoli, si misero entrambi al lavoro.

Passarono la notte a riordinare il materiale e a preparare una relazione dell’indagine da presentare l’indomani prima al Capo e poi al Ministro. Sara era felice, per la prima volta da mesi era davvero felice, soddisfatta del suo lavoro e delle sue capacità. Il lavoro notturno non le era mai pesato,  ma quella notte fu ancora meno difficile del solito e al mattino non si sentiva affatto stanca. Anzi, era piena di energie e non vedeva l’ora di portare a compimento la sua opera.

Più ci pensava più era convinta che nessuno, neppure la persona a lei più avversa, avrebbe potuto dubitare delle conclusioni che aveva tratto. Nessuno avrebbe più potuto dubitare dell’innocenza di Sirius Black.

-          Bene Frank – disse abbandonandosi contro lo schienale della sedia su cui era seduta ormai da ore – Direi che siamo pronti per andare dal Capo.

-          Andiamo allora.

Il Dipartimento ormai era popolato dal turno di giorno e Sara si stupì di come tutto fosse estremamente normale. Come poteva essere tutto come prima dopo quello che lei aveva scoperto? Mentre si dirigeva con il collega verso l’ufficio del Capo avvertì alla bocca dello stomaco quel misto di ansia e eccitazione che la prendeva sempre quando arrivava alla conclusione di un’indagine e quindi al processo. La calma però era fondamentale.

-          Buon giorno Capo! – salutò allegramente la donna entrando nell’ufficio – Veniamo a comunicarle importanti novità.

-          Buon giorno signorina White, signor Parker. Prego accomodatevi – li invitò il Capo.

L’uomo conosceva a sufficienza Sara per sapere quando si preparava a sferrare il colpo finale e lei sapeva che l’avrebbe lasciata esporre senza interruzione. Questa era la prova generale per il discorso che avrebbe fatto al Ministro.

Una volta sistemati davanti a sé i plichi contenenti la documentazione, Sara cominciò la sua relazione. Parlò per una mezz’ora abbondante senza interruzioni né esitazioni, aveva ripetuto quel discorso nella sua mente decine di volte per tutta la notte. L’espressione del Capo era spesso imperscrutabile, ma in quel caso Sara lo vide chiaramente passare dalla curiosità allo stupore fino allo sconcerto. E ne aveva ogni ragione.

Sara aveva un unico dubbio. Tutte le informazioni che aveva raccolto inducevano a credere che Peter Minus non fosse stato ucciso, ma che avesse simulato la sua morte. Queste congetture però perdevano valore senza un movente. Doveva rivelare al Capo quello che le aveva detto Silente? Che Sirius Black avrebbe dovuto essere il Custode Segreto dei Potter?

-          Signorina White, questo è il caso più grosso in cui mi sia imbattuto da quando occupo questa poltrona e sono contento di averlo affidato a lei. Si è dimostrata all’altezza delle aspettative – disse il Capo mentre Sara ancora rifletteva.

L’Auror Capo non poté fare a meno di sorridere, mentre il suo orgoglio guadagnava un migliaio di punti in pochi secondi, però doveva parlare. In tribunale quelle ipotesi non avrebbero retto senza il movente. Si voltò verso Frank, che la guardò con le sopraciglia sollevate; anche lui probabilmente stava pensando alla stessa cosa.

-          La ringrazio Signore, ma non è tutto – si risolse a dire Sara.

-          No?

-          C’è un particolare, di cui sono venuta a conoscenza solo di recente…

Raccontare quella storia senza nominare Silente e glissando tutte le domande su come avesse fatto a saperlo fu piuttosto complesso, ma Sara riuscì a completare il discorso senza tradirsi. Alla fine il Capo rimase in silenzio con un’espressione indecifrabile sul volto.

Sara temette di aver travalicato i limiti e sentì lo stomaco sprofondare a livello del pavimento. Aveva rovinato tutto? Ora come avrebbe fatto a spiegare che sapeva certe cose? Oddio, perché non ci aveva pensato prima?

-          Si, lo sapevo – disse infine il Capo.

-          Come?! – esclamò Parker, mentre Sara, paralizzata dall’orrore, era incapace di fare altro che sbattere le palpebre ripetutamente.

-          Il Ministro Caramell, dopo l’omicidio di tutte quelle persone, ricevette da Silente in persona l’assicurazione che Sirius Black era il Custode Segreto dei Potter. Tuttavia può essere che abbiano cambiato piano senza informare nemmeno Silente.

Sara avvertì il click che faceva scattare l’interruttore della rabbia. Caramell, persino Caramell, lo aveva saputo prima di lei. E il Capo, che sapeva a sua volta, non le aveva detto niente!

Ritrovando la parola Sara disse:

-          Hem… vediamo se ho capito. Caramell lo sapeva, Lei lo sapeva e non avete pensato di dirmelo quando mi avete affidato le indagini?

-          Era una informazione riservata.

-          Riservata? Così riservata da non poterla comunicare ad un Auror Capo? Non è poi così riservata se sono riuscita a saperlo comunque! Quante altre cose non so? – domandò Sara con il tono di voce che saliva pericolosamente. Possibile che non ci fosse fine alle sorprese in questa storia?

-          Nient’altro... – rispose titubante il Capo – Non che io sappia.

-          Come faccio a crederle adesso? – chiese Sara abbandonandosi su una sedia, non più così furiosa ma quasi rassegnata.

Cominciava a domandarsi se qualcuno, in tutta quella vicenda, fosse stato completamente sincero con lei e se ci fosse almeno una persona a conoscenza di tutti i dettagli. Sembrava un puzzle senza fine e lei si stava stancando di fare l’indovina.

Parker notò lo stallo tra Sara, al colmo della frustrazione, e il Capo, che sembrava non avere intenzione di dire altro, e decise di prendere in mano la situazione. Iniziando a raccogliere il materiale, disse:

-          Immagino che adesso la cosa migliore da fare sia presentare il caso al Ministro Caramell. Capo, lei viene con noi?

Sara spostò lo sguardo dal volto del Capo a Frank e senza dire altro lo aiutò a raccogliere fogli e fotografie. Era arrabbiata, era frustrata, era stanca, sfiduciata, esasperata. Aveva una gran voglia di mandare tutti al diavolo e ritirarsi in un eremo su una montagna.

-          Probabilmente ha ragione – disse il Capo – avremmo dovuto dirglielo.

Sara non aveva più voglia di discutere. Si limitò ad annuire e ribadì la richiesta di Frank, di presentare il caso al Ministro. Bisognava mettere da parte le divergenze e fare fronte comune per convincere Caramell.

I tre Auror uscirono insieme dall’ufficio e si diressero verso “gli appartamenti” di Caramell spostandosi con passo quasi marziale. Vedendo quell’insolita processione, nel Dipartimento cominciò a diffondersi il sentore che stesse per accadere qualcosa di grosso, anche se nessuno poteva immaginare quanto grosso.

Incontrare il Ministro fu più complicato del previsto. Dovettero superare l’ostinato ostruzionismo di Percy Weasley che si rifiutava di lasciarli passare asserendo che il Ministro non voleva essere disturbato per nessuna ragione. Era probabile che Caramell si aspettasse quella visita ed era altrettanto probabile che stesse cercando di ritardarla il più possibile. Alla fine il Capo fece valere la sua autorità sul segretario personale del Ministro e i tre furono ammessi al cospetto della massima carica nel mondo della magia.

-          Buon giorno signor Ministro – salutarono gli Auror quasi all’unisono.

-          A cosa devo questo onore? – domandò Caramell con un tono che faceva intuire che non lo considerava affatto un onore ma una seccatura inevitabile.

-          Abbiamo importanti notizie da comunicarle – annunciò il Capo, che aveva tutta l’aria di spassarsela un mondo – Signorina White, lascio a lei l’ingrato compito.

-          Grazie Capo. Dunque Ministro – esordì la donna facendo mostra di una calma che non aveva.

Era ancora arrabbiata col Capo, ma almeno sapeva di poter sfruttare tutte le possibili argomentazioni per convincere il Ministro. Decise di giocare subito pesante e calò un poker d’assi.

-          Abbiamo portato a termine le indagini sul caso Black e la conclusione è che Sirius Black è innocente.

Fu come se Sara avesse sganciato una bomba in faccia al Ministro. Caramell passò dal suo colorito naturale al rosso, quindi al violaceo poi impallidì fino ad assumere un colorito terreo. Sul suo volto non si vedeva solo stupore, ma vero e proprio orrore.

-          Ma… ma… non è possibile! Come può essere innocente! Siete usciti tutti di senno! – strillò Caramell.

-          Ministro, se vuole concedermi la possibilità di spiegare posso dimostrarle come questo possa non essere così impossibile – disse Sara cercando di ricondurlo alla ragione.

Caramell parve comprendere che non aveva alternativa e cercò di ricomporsi. Sara approfittò del momento per cominciare a raccontare, per la seconda volta nell’arco di un’ora, lo svolgimento delle indagini. Mentre la donna parlava, Frank gli mostrò i documenti, le prove, le fotografie che avvaloravano la loro tesi, ma il Ministro era congelato in una maschera di indignazione.    

Quando Sara arrivò al termine del discorso non era certa che Caramell avesse capito il senso di quanto era stato detto. Il Ministro sembrava del tutto incapace di proferire parola, così toccò al Capo rompere il silenzio.

-          Ministro, converrà con noi che, alla luce di quanto detto, Sirius Black non può essere colpevole.

-          Inaudito – bisbigliò Caramell nuovamente rosso in viso – Inaudito! – strillò poi più forte – E voi queste le chiamate prove? Vi sembra il modo di condurre un’indagine?

-          Signore – intervenne Sara prima che l’uomo continuasse – Non vedo in quale altro modo avremmo potuto agire a quindici anni di distanza e mi sembra che abbiamo raccolto prove a sufficienza.

-          A sufficienza? – ripete il Ministro – Sono supposizioni! Come potete dire che Peter Minus era il Custode Segreto dei Potter, non avete alcuna prova. Non c’è modo di dimostrarlo. Io stesso ho avuto precise assicurazioni da Albus Silente che Sirius Black era il Custode Segreto!

-          Su questo punto devo essere d’accordo – ammise Sara cercando di non perdere il sangue freddo – Ma se in questo caso non possiamo avere la certezza, possiamo essere certi oltre ogni ragionevole dubbio che Sirius Black non ha fatto saltare in aria Minus. La mancanza di sangue, il taglio del dito così netto, la fotografia sul giornale non sono supposizioni, sono fatti. Se non possiamo essere certi della colpevolezza di Peter Minus abbiamo motivi sufficienti per dubitare seriamente della colpevolezza di Sirius Black.

Terminato questo discorso Sara si lasciò sfuggire un’occhiata verso il suo Capo che, con uno sguardo, la incoraggiò a continuare.

-          Ministro quello che le chiedo è di sottoporre questo caso al giudizio di una giuria.

-          Non riunirò il Winzengamot per questa pagliacciata! Diventerei lo zimbello dello stato – urlò Caramell alzandosi dalla sedia.

-          Signor Ministro – continuò Sara impegnandosi per non urlare a sua volta – non credo che si tratti di una pagliacciata. E poi se non ricordo male non è mai stato concesso un regolare processo a Sirius Black. Lo avete sbattuto dietro le sbarre senza dargli la possibilità di difendersi. Che cosa penserebbe la gente di questo?

Dall’espressione di Caramell, Sara comprese di aver toccato un nervo scoperto. La mancanza di un processo era un’irregolarità cruciale nell’arresto di Sirius Black.

-          E sia allora! – sentenziò infine Caramell – Avrà il suo processo signorina White, ma non si aspetti di vincerlo.

Senza indugiare oltre Sara e Frank raccolsero i documenti e con il Capo si avviarono verso la porta. Mentre stavano per uscire, Caramell li fermò:

-          Farò riunire il Winzengamot domani mattina alle nove – comunicò con tono di sfida.

Mezza giornata era un tempo quanto mai ristretto per preparare un’udienza come quella, ma Sara non osò protestare, avrebbe dovuto accontentarsi.

-          Maledizione! – esclamò Parker una volta tornati nell’ufficio di Sara – Il processo domani! E’ una follia come possiamo preparare le deposizioni entro domani.

-          Ce la faremo Frank, tranquillo.

Nemmeno Sara era convinta di quello che stava dicendo. Aveva un mare di cose da fare e troppo poco tempo per farle accuratamente come avrebbe desiderato, ma occorreva adattarsi.

Poche ore, poche ore soltanto e avrebbe conosciuto il verdetto della giuria. Su quel caso e sul suo futuro.



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