A notte fonda Sara e Frank cominciavano a disperare di trovare qualcosa in quel giornale. Sara lottava per non cadere in preda al panico, non aveva quasi più nessuna pista da seguire. Svanendo l’ipotesi del giornale, l’unico lumicino in fondo al tunnel restava il dito di Minus che avevano riesumato. Lei e il collega avevano diviso il quotidiano in due blocchi, ciascuno si era occupato di un blocco e poi se li erano scambiati per evitare che qualcosa sfuggisse all’attenzione dell’uno o dell’altro. Al termine di questo estenuante compito, interrotto soltanto dal fruscio delle pagine e dal crepitio delle sigarette che Sara fumava in continuazione, Frank si era assopito sul divano. Sara però non riusciva a riposare.

Ricompose il giornale e ricominciò a leggere. Provò a mettersi nei panni di Sirius, chiuse gli occhi e richiamò quella terribile sensazione che la invadeva ogni volta che metteva piede ad Azkaban. Provò a immaginare come doveva essere provare quel gelo straziante per tredici anni consecutivi senza potersi allontanare, senza un momento di respiro. Si vide rinchiusa in una cella di tre metri per due, senza alcun contatto con l’esterno e senza alcun contatto con l’interno, completamente isolata. Sola. Intrappolata. Senza avere nulla da fare, senza alcun modo di occupare il tempo, in un luogo in cui il tempo stesso diventava qualcosa di terribilmente indefinito.

Che cosa avrebbe fatto con un giornale?

Lo avrebbe sicuramente accolto con gioia, come la manna dal cielo. Lo avrebbe divorato da cima a fondo, avida di informazioni sul mondo esterno. Oppure lo avrebbe letto poco per volta per far durare la novità più a lungo possibile. Sì, forse avrebbe fatto così. Si sarebbe goduta ogni dettaglio, ogni parola, ogni fotografia.

In quest’ottica Sara riprese il giornale dall’inizio, lesse ogni riga come se non avesse saputo nulla del mondo per anni e anni, osservò ogni fotografia per cercare qualcosa di strano, qualcosa che tredici anni prima sarebbe parsa strana, insolita, improbabile, addirittura impossibile. Osservò con minuzia certosina ogni particolare, ogni numero di pagina, ogni replica della data impressa all’angolo dei fogli, persino le cornici delle fotografie. Per guardare meglio le immagini, Sara estrasse da un cassetto pieno di cianfrusaglie Babbane una lente d’ingrandimento.

Arrivando alle ultime pagine ricominciò a cadere preda dello sconforto, non aveva ancora trovato niente. Tra le notizie di minore importanza lo sguardo vagò per un attimo sulla fotografia di una famiglia. Erano i Weasley.

Subito non li aveva riconosciuti, ma poi aveva notato il viso allegro di Arthur e una schiera di ragazzi molto somiglianti tra loro. Il trafiletto parlava di un premio che avevano vinto ad una lotteria. Sara avvicinò la lente alla foto e cominciò ad analizzarla: al centro c’erano Arthur e quella che doveva essere sua moglie; ai lati dei genitori stavano due ragazzi, uno alto con i capelli lunghi e un orecchino piuttosto evidente e l’altro più basso e nerboruto, con le spalle muscolose di chi fa un lavoro di fatica; in primo piano c’era quello che Sara riconobbe come un giovanissimo Percy Weasley, due ragazzi vivaci e identici e ancora un ragazzo lentigginoso con il braccio sulle spalle dell’unica ragazzina.

Era un bel quadretto, sembrava una famiglia felice e nulla di più, ma Sara si soffermò a lungo su quella foto. Era così diversa dalle foto della sua famiglia: era difficile vedere fotografie con tutta la sua famiglia riunita e, nei rari casi in cui accadeva, erano foto stiracchiate, piene di facce imbronciate e di musi lunghi.

Ad un tratto una macchia scura attrasse lo sguardo della donna. C’era qualcosa sulla spalla del ragazzo in primo piano. Sara aguzzò la vista e si avvicinò al giornale con la lente. Era… sembrava un animaletto… un topo forse.

Un topo?

Sara ebbe un sobbalzo allo stomaco e le si asciugò la bocca. Guardò di nuovo il giornale. Era proprio un topo, grassoccio, con occhietti piccoli e acquosi. Sembrava proprio… ma Sara non osava pensarci. Alzò lo sguardo e si abbandonò contro lo schienale della poltrona. Lo stomaco le si attorcigliò lasciandole una sensazione di vuoto al centro dell’addome. Il cuore le martellava nel petto e dovette concentrarsi per non smettere di respirare.

Quello era… ma forse era assurdo da credere… eppure non poteva essere che così.

Se avesse avuto ragione, se quello fosse stato davvero Peter Minus, avrebbe potuto essere stata quella la molla. Sirius conosceva bene Peter, lo aveva visto trasformarsi milioni di volte, sarebbe bastata un’occhiata per riconoscerlo e sarebbe bastato ancora meno per decidere di evadere e andare a cercarlo.

Per la terza volta Sara tornò a guardare la fotografia della famiglia Weasley. Sì era proprio un topo e assomigliava molto al topo in cui si trasformava Peter Minus e che lei aveva visto alcune volte. E poi… La rivelazione arrivò come una secchiata d’acqua gelida: a quel topo mancava un dito! Ecco la prova che quello era Peter Minus, ecco la prova che Peter Minus era vivo!

Sara fu tentata di svegliare Frank, ma poi si trattenne. Frank non sapeva che Minus era un Animagus e non doveva sapere che Sara era a conoscenza di questo “dettaglio”. La donna si alzò e andò in cucina per riflettere con calma. Si preparò una tazza di caffè quindi cominciò a passeggiare per la stanza, sorseggiando il caffè bollente e pensando in modo frenetico.

Peter Minus era vivo, o almeno lo era fino a due anni prima.

Questo significava che Sirius non l’aveva ucciso.

Mio dio… Sirius Black era… innocente.

Quando Sara prese coscienza di questo, la parola “innocente” cominciò a rimbombarle in testa, una vampata di calore proveniente dalle parti dello stomaco la assalì come un’onda e lei fu costretta ad appoggiarsi ad una parete per non svenire. Anche se non aveva voluto ammetterlo neppure con se stessa, dall’inizio dell’indagine aveva sperato di trovare qualcosa che scagionasse Black… Sirius… ma ora che aveva la prova davanti agli occhi ne era comunque sconvolta. Era davvero innocente, non aveva ucciso nessuno e nessuno gli aveva creduto!

Una valanga di emozioni travolse la donna, euforia, felicità, disperazione, panico, frustrazione, senso di colpa. Due calde lacrime rotolarono sulle guance di Sara, ma non doveva piangere, non se lo poteva permettere e non doveva scordarsi che Frank era ancora nella stanza accanto.

Si impose la calma, cercò di fare un respiro profondo ma questo le si bloccò al centro del petto provocandole quasi un dolore fisico. Non poteva farsi vedere da Parker in quello stato.

Appoggiò la schiena alla parete ricoperta di mattonelle di terracotta e si lasciò scivolare fino a toccare il pavimento. Si strinse le ginocchia con le braccia e abbandonò la testa su di esse.

Calma.

Respira, Sara. Inspira. Espira. Calma, devi restare lucida e concentrata.

Mentre cercava di convincere i suoi nervi a reagire nel modo giusto iniziò a riordinare le idee.

Minus era vivo, non era stato ucciso. Ma allora la strage di tutte quelle persone? Con tutta probabilità era stato Peter a provocarla per fingersi morto e coprire la sua fuga. Ma per quale motivo aveva bisogno di fuggire? La risposta venne da sé: perché era colpevole, era colpevole di tradimento. Aveva tradito gli amici che gli avevano dato fiducia e lo avevano scelto come Custode Segreto. Per di più questo aveva causato la fine di Voldemort, quindi Minus sarebbe stato braccato sia dai Mangiamorte che dai suoi vecchi amici. Quale geniale piano fingersi morto e darsi alla macchia sotto forma di topo! D’altronde non era registrato da nessuna parte come Animagus, così come non lo erano Sirius e James.

Tutto combaciava perfettamente.

Ora l’unico problema era come sfruttare queste informazioni che lei non avrebbe dovuto avere.

Un’altra ondata di panico la prese alla gola. Sirius era innocente e lei non aveva mezzi per dimostrarlo. O meglio, un modo c’era. Poteva rivelare al suo Capo e al Ministro che lei conosceva Sirius Black e Peter Minus, che sapeva che erano Animagi e raccontare loro tutta la storia. La sua carriera sarebbe finita, ma questo era il lato meno importante. Il lato più importante era che probabilmente non le avrebbero creduto, avrebbero pensato che era impazzita o peggio che era una complice di Black e l’avrebbero arrestata.

No, non era una soluzione. Non sarebbe servito a niente fare tutto quel lavoro per poi finire in prigione.

Prima ancora che ne fosse del tutto consapevole, il suo inconscio aveva già iniziato ad elaborare una strategia. Sara fece un respiro profondo, che questa volta prese la via giusta, si alzò dal pavimento della cucina e si diresse verso il divano su cui era addormentato Frank.

Lo svegliò senza troppi complimenti, dicendogli che c’era del caffè in cucina e di raccogliere la documentazione mentre lei faceva una doccia.

Quando entrò nel bagno si chiuse la porta alle spalle e si guardò allo specchio. Che razza di persona era? Una che non si fida della parola del suo ragazzo e preferisce credere ai giornali? Come aveva potuto aspettare tutto questo tempo per farsi venire dei dubbi? Come aveva fatto a non capire che Sirius nono avrebbe mai potuto fare una cosa del genere?

Sarà avvertì un groppo enorme salirle alla gola e altre due lacrime scivolarono dagli occhi fino al mento. Distolse lo sguardo dallo specchio e si ficcò un pugno in bocca per impedirsi di singhiozzare rumorosamente. Per coprire il suono della sua disperazione aprì l’acqua della doccia al massimo. Cercando di smettere di piangere, si svestì e si insinuò sotto l’acqua.

Non poteva comportarsi così.

Doveva resistere, essere forte e fare il suo lavoro fino in fondo.

Ora si sarebbe schiarita le idee, poi sarebbe tornata da Parker e avrebbe finto che non fosse cambiato nulla dalla sera prima.

Doveva riuscirci. Non poteva cedere alla depressione, non ancora.

Doveva farlo per Sirius.

Era il minimo che potesse fare.

Recuperare la consapevolezza di avere un dovere insindacabile ebbe il potere di calmarla. Le lacrime presero a confondersi con l’acqua della doccia e pian piano si fermarono. La ritrovata lucidità le consentì di pensare con razionalità. Mentre si lavava i lunghi capelli castani, le balenò in mente un espediente che forse avrebbe potuto sfruttare per dimostrare le sue teorie e sorrise sotto i baffi. Poteva funzionare.

Era prima mattina ma lei non riusciva resistere, doveva andare al Ministero, verificare gli ultimi dettagli, non poteva aspettare un minuto di più. Uscita dal bagno trovò Parker pronto, con la giacca indossata e fasci di documenti tra le braccia, come se avesse saputo che lei non vedeva l’ora di uscire.

Frank precedette Sara fuori dalla porta, la donna chiuse a chiave l’appartamento e lo condusse fino all’auto. Il tragitto verso il Ministero fu trafficato e a Sara non era mai parso così lungo. Il suo cervello non la voleva smettere di lavorare.

Sirius era innocente.

Innocente.

Innocente!

INNOCENTE!!!

Sara aveva voglia di mettersi a urlare, ballare, piangere, cantare, ma doveva trattenersi ad ogni costo.

Sirius era innocente e lei aveva finalmente trovato la verità, le risposte alle sue domande, le risposte di cui aveva un disperato bisogno da quindici lunghi anni. Ogni volta che lo ripeteva nella sua testa sentiva un fuoco accendersi in mezzo al petto e scaldarla dall’interno. La gioia di aver scoperto la verità sarebbe stata perfetta se non fosse stata velata dal rimpianto per quello che avrebbe potuto essere e non era stato e dal senso di colpa per non aver creduto al suo cuore. Perché il suo cuore aveva avuto ragione. Fin dal primo istante aveva urlato “FALSO! È tutto falso! Non è così che sono andate le cose! Non può essere la verità!”, ma lei non aveva avuto il coraggio e la forza di ascoltarlo, aveva dato retta alla stampa, all’opinione pubblica, al Ministero e aveva soffocato quella voce interiore. Quella voce aveva continuato ad urlare per un po’, poi lentamente si era messa solo a parlare, poi a sussurrare, fino a che il sussurro non era diventato altro che un bisbiglio sporadico. Quanto avrebbe voluto aver ascoltato quella voce!

Ma il passato era passato. Ora bisognava concentrarsi sul presente. Il problema non era solo il modo in cui sfruttare le informazioni, sarebbe stato complicato anche farsi ascoltare dal Ministro.

Mentre Sara parcheggiava l’auto nel posteggio riservato al Ministero, rifletté che era meglio pensare ad una cosa alla volta. Lei e Frank scesero dall’auto e camminarono con passo deciso fino ad un’entrata secondaria, riservata ai dipendenti, che dava direttamente sul parcheggio. L’addetto ai controlli li lasciò passare senza problemi e, mentre Sara si dirigeva verso il suo ufficio, Frank andò all’obitorio a recuperare il dito riesumato.

Una volta giunta all’ufficio, Sara aprì il primo cassetto della scrivania e ne estrasse una chiave argentata. Quindi si diresse verso il fondo del Dipartimento degli Auror, fino ad arrivare a una porta grigia con su scritto “Laboratorio”. Infilò la chiave nella toppa ed entrò.

Quella era in assoluto la parte del Ministero che Sara preferiva ed era un sollievo trovarsi lì; non era solo il Laboratorio, era il Suo Laboratorio. Era stata lei a spingere per avere quelle attrezzature, per metà Babbane e per metà magiche. Aveva introdotto un modo nuovo di indagare, molto più scientifico, un modo che nel mondo Babbano era usato da tempo, ma che nel mondo magico stentava a prendere piede. Questo suo nuovo modo di indagare aveva costretto le alte sfere del Ministero a occuparsi di problematiche del tutto nuove e per questo avevano dovuto redigere nuove leggi e aggiornare il personale. Era stata la stessa Sara a tenere corsi di aggiornamento per i colleghi, sia più giovani che più anziani.

Molti non avevano celato il loro scetticismo, ma nonostante le prime perplessità i metodi di Sara avevano sempre dato ottimi risultati, tant’è vero che dopo un po’ i colleghi avevano dovuto arrendersi all’evidenza: i suoi metodi funzionavano davvero.

Solo allora, dopo quasi nove anni di lotte, alcuni Auror avevano iniziato a interessarsi al laboratorio, a richiedere a Sara e alla sua squadra delle consulenze tecniche e a utilizzare le loro scoperte in tribunale.

Mentre Sara preparava il tavolo del laboratorio con alcuni strumenti, Parker tornò dall’obitorio con in mano il contenitore. Entrambi indossarono i guanti e si prepararono a cominciare i test. Quando aprirono la chiusura ermetica della scatola di metallo furono colpiti da una zaffata di puzza di decomposizione. Del dito di Minus rimaneva poco più dell’osso immerso in un liquame maleodorante, ma tanto bastava per le loro indagini.

Frank indossò una mascherina e ne porse una anche alla donna. Sara la indossò, non le serviva più il naso per quell’indagine. Ormai aveva i fatti.

Insieme i due Auror presero ad analizzare il dito e ad annotare le loro osservazioni in un rapporto ufficiale. Innanzi tutto il taglio, come avevano osservato dalla fotografia, era netto, preciso, chiaramente reciso con un incantesimo. Parker scattò alcune foto che in tribunale sarebbero servite come confronto con il manichino usato per la prova.

Fatto ciò Sara prelevò un campione di tessuti che ancora resisteva attaccato all’osso e lo mise da parte per effettuare il test del DNA. Poteva essere utile in futuro avere il patrimonio genetico di Minus nel database. Per un attimo Sara fu assalita dal dubbio… e se quello non fosse stato il dito di Minus? Come poteva verificare, la madre era morta e non c’erano altri campioni con cui effettuare un confronto. Non aveva il coraggio di chiedere al Capo il permesso di riesumare la salma della madre di Peter Minus. Non c’era motivo di dubitare dell’identità del dito dopo tutto. Se qualcuno avesse sollevato il problema avrebbe sempre potuto fare il confronto dopo.

Convinta di questo, Sara pose il campione di tessuto su un vetrino e lo inserì in una delle tante macchine, colpì due volte l’apparecchiatura con la bacchetta e quella cominciò a sibilare, a ronzare e a sbuffare fumi colorati. Bene, ora avrebbe lavorato da sola.

Ora era il momento di verificare se il suo espediente avrebbe funzionato davvero.

-          Allora Parker – esordì Sara appoggiandosi ad uno dei banconi con aria di aspettativa.

-          Allora cosa? – domandò il ragazzo ancora vagamente assonnato.

-          Vediamo cosa sai fare. Lascio a te le redini della situazione – replicò la donna.

Il ragazzo assunse un colorito lievemente terreo e la guardò come se non sapesse di cosa parlava.

-          In… in che senso mi lasci le redini?

-          Voglio metterti alla prova, vedere cosa riusciresti a combinare se fossi da solo in una situazione analoga – spiegò Sara.

-          Capo, non mi sembra il momento adatto per fare dei test – provò a suggerire Parker – E’ troppo delicata questa indagine.

-          Non ti lascio mica qui in balia di te stesso, sarò qui a controllare che tu non faccia disastri, anche se ho piena fiducia nelle tue capacità. Avanti, non avrai paura?

Frank guardò Sara come se fosse appena scesa dalla Luna con una scala a pioli, ma siccome non aveva intenzione di farsi dare del vigliacco cominciò a lavorare. Sara tirò un sospiro di sollievo interiore poi, mentre si sedeva più comodamente per osservare l’operato del collega, iniziò a pregare. Non lo faceva da tempo ma la situazione lo richiedeva. Pregò che Parker facesse tutto, ma proprio tutto quello che gli veniva in mente per analizzare quel dito. Pregò di essere stata una buona insegnante negli anni passati. Pregò che Frank ricordasse gli schemi logici che aveva elaborato come filo guida in questo tipo di indagini.

-          Raccontami quello che fai e pensa ad alta voce – suggerì Sara – Parlare aiuta a schiarirsi le idee.

-          D’accordo – acconsentì Parker e iniziò a riflettere ad alta voce – Innanzi tutto sappiamo che il contenitore in cui era contenuto il dito di Peter Minus era chiuso ermeticamente e non è mai stato forzato. Sappiamo quindi che il reperto non è stato contaminato da interventi esterni. Il grado di decomposizione collima con le tempistiche della strage di Godric’s Hollow. Il taglio con cui il dito è stato reciso è netto, probabilmente è stato effettuato con un incantesimo. I bordi dell’osso sono frastagliati ma non pare un effetto del taglio quanto un effetto del tempo.

-          Molto bene – lo incoraggiò Sara alzandosi e avvicinandosi al tavolo su cui Frank stava lavorando – Continua.

-          Per prima cosa verifichiamo che non siano presenti incantesimi di invecchiamento o ringiovanimento.

Il ragazzo prese dal tavolo accanto uno strumento costituito da un contenitore centrale circondato da piccole clessidre argentee, sollevò con cautela lo sportello del contenitore e vi inserì il dito. Chiuse lo sportello e con un piccolo movimento circolare della sua bacchetta azionò lo strumento che prese a emettere piccoli sbuffi di vapore azzurrino.

Nel frattempo un suono avvertì Sara che l’analisi del DNA era completata. L’Auror si avvicinò allo strumento e salvò i dati in un computer che aveva personalmente modificato perché le componenti elettroniche potessero resistere in un posto pieno di magia come il Ministero. Quel computer avrebbe potuto resistere anche a Hogwarts. A quel punto stampò una copia dei risultati e la inserì nel fascicolo dell’indagine.

-          Ecco fatto – disse Frank – Lo strumento non ha rilevato traccia di incantesimi di invecchiamento o ringiovanimento, ne presenti ne pregressi.

-          Bene, procedi pure – commentò Sara.

-          A questo punto passo a verificare la presenza di incantesimi di protezione.

Il ragazzo ripose lo strumento con le clessidre e ne prese un secondo costituito da un intrico di tubicini di vetro. Sara respirò profondamente, stava perdendo il controllo dei suoi nervi, ma doveva stare tranquilla. Frank stava seguendo alla lettera il suo protocollo, se avesse continuato così sarebbe arrivato per forza di cose dove Sara voleva. Doveva solo tenersi occupata per un po’.

Per non mettere fretta a Parker, andò nel suo ufficio e raccolse da sotto la scrivania la scatola che conteneva gli effetti personali di Sirius, ne estrasse la busta con gli abiti e la portò in laboratorio. Una volta rientrata osservò per un attimo Frank che armeggiava con lo strumento, riempiendo ogni tubicino con una diversa pozione. Il giovane lavorava con precisione, con alacrità ma senza trascurare nulla.

Sara si sistemò su uno dei banconi che costeggiava le pareti e, dopo aver indossato dei guanti in lattice, estrasse dalla busta gli abiti di Sirius. Questa volta li guardò con occhi diversi dalla precedente. Ricordava perfettamente quella vecchia giacca di pelle nera, così come ricordava il momento in cui era stata acquistata. 

Giugno era ormai agli sgoccioli, i risultati degli esami erano stati comunicati agli studenti e Sara aveva passato tutti gli esami senza problemi. Man mano che si avvicinava il momento di tornare a Londra, Sara sentiva crescere una certa ansia. Più passava il tempo più le pareva strano quello che era capitato e aveva fantasticato talmente tante volte che non riusciva più a distinguere completamente le fantasie dalla realtà.

Aveva raccontato a Bex dell’appuntamento con Sirius appena era tornata a Hogwarts e l’amica era rimasta a bocca aperta.

-          Siete andati a Londra?! – esclamò quando lei glielo raccontò.

-          Sì, con la sua moto volante – spiegò di nuovo Sara – E’ stato carino, non ti pare?

-          Carino? – fece Bex lievemente sconcertata – Sì, certo. Carino. Ma… ma avresti potuto cacciarti nei guai!

-          Lo so, ma non è successo – rispose laconica Sara, tutto quello stupore la irritava. Come se lei non potesse permettersi di uscire con un ragazzo. Solo Rebecca doveva avere il monopolio della popolazione maschile?

-          Bè, continua! Voglio sapere ogni cosa! – la incalzò Rebecca vedendo che lei non parlava.

Sara obbedì e raccontò ogni cosa: la discussione appena si erano visti, il viaggio in moto, la mattinata tra i negozi, il pranzo, raccontò del pomeriggio a Diagon Alley tralasciando però le confidenze che Sirius le aveva fatto sulla sua famiglia. Infine le raccontò del bacio che si erano scambiati davanti al cancello e della promessa che lui le aveva fatto di andarla a prendere alla stazione.

Rebecca era estremamente sorpresa e non si faceva scrupolo di nasconderlo.

-          Sono sconvolta! Nel senso – si corresse vedendo l’espressione scocciata di Sara – sono felice per te ma mi sembra molto strano questo improvviso cambiamento di comportamento da parte di Black.

-          Si chiama Sirius – la corresse Sara senza pensare, guadagnandosi un’occhiata melodrammatica dalla sua amica.

-          Insomma, non puoi darmi completamente torto – continuò Rebecca imperterrita ignorando lo sguardo di rimprovero dell’amica - Anche tu fino a qualche settimana fa la pensavi allo stesso modo. Cosa è cambiato? Non vorrei che ci fosse qualcosa sotto…

-          Bé, non è stata proprio una cosa improvvisa – cercò di giustificare Sara – Ti ho raccontato cosa è successo al matrimonio di Lily e James, e poi non è che tutto a un tratto si sia trasformato nel principe azzurro. Continuiamo a battibeccare come abbiamo sempre fatto.

-          Perché lo difendi? – chiese Bex a bruciapelo.

-          Non lo sto difendendo! – esclamò l’altra alzando leggermente il tono della voce.

-          Sì invece, comunque io ti auguro con tutto il cuore che le cose vadano bene e che lui non ti sta prendendo in giro. Però ti dico anche di stare attenta e di non farti troppe illusioni.

Dopo questa conversazione con Rebecca, Sara si era ripetuta mille volte che non poteva essere come diceva la sua amica, che Sirius non la stava prendendo in giro e che doveva fidarsi del suo istinto. Ma nonostante questo era tormentata dai dubbi.

Bex poteva aver ragione?

Era davvero una stupida illusa a pensare che Sirius Black fosse interessato a lei?

Doveva mandargli un gufo per dirgli il giorno in cui sarebbe arrivata a Londra o sarebbe stato meglio lasciar perdere?

Era assurdo davvero aspettarsi che lui si facesse vivo per vederla?

D’altra parte lui era più grande di cinque anni, era un adulto, aveva la sua vita, mentre lei era solo un’adolescente confusa.

Questi pensieri la tormentavano al punto che la gioia di aver passato tutti gli esami non scalfì di un millimetro la sua ansia. Il giorno prima di partire decise di mandare quel gufo a Sirius. Era mattina prestissimo, ma lei non riusciva più a dormire. Seduta sul letto a baldacchino con tutte le tende tirate, accese la bacchetta per illuminare l’ambiente, sporse un braccio verso il comodino e afferrò la scatola dove teneva la carta da lettere. Non voleva correre il rischio di svegliare Bex nel letto accanto.

Aprì la scatola e la prima cosa che vide fu il biglietto su cui Sirius aveva scritto il suo indirizzo. Sara prese un foglio bianco e cominciò a scrivere. Doveva soltanto comunicare un giorno e un orario, ma riscrisse il biglietto sei volte prima trovare la forma giusta.

Caro Sirius,

come mi hai chiesto, ti scrivo per dirti che arriverò a Londra domani nel tardo pomeriggio. Mi dispiace di non averti avvertito con maggiore anticipo, se non puoi venire alla stazione non c’è problema.

A presto,

Sara

Quando rilesse il messaggio Sara lo trovò patetico, ma non aveva intenzione di scriverlo un’altra volta, non sarebbe comunque stata capace di ottenere un risultato migliore. Piegò il biglietto e lo chiuse in una busta su cui copiò l’indirizzo di Sirius.

Una volta finito era arrivata un’ora sensata per alzarsi e prepararsi per la colazione. Così sgusciò fuori dal letto, si vestì con le prime cose che capitavano e andò alla voliera dei gufi.

La mattina seguente era il primo luglio, il giorno del rientro a casa. Sara si svegliò ancor più presto della mattina precedente, le sembrava di avere delle rane che le saltavano nello stomaco, ma allo stesso tempo pareva anche qualcosa di volatile. Ecco, delle rane alate. Le pareva di avere delle rane alate nello stomaco.

La sera precedente non aveva avuto per niente sonno, così aveva già fatto tutti i bagagli. Si alzò cercando di non fare rumore e si diresse verso il bagno. Fece una lunga doccia, si lavò i capelli e, per una volta, anziché lasciarli asciugare selvaggiamente cercò di pettinarli dando loro un aspetto presentabile. Si vestì con una cura maggiore del solito e si truccò persino un po’.

Quando tornò in camera Bex la vide e sorrise maliziosamente, siccome però erano presenti anche le loro compagne di stanza si astenne dal fare commenti. Sara le aveva chiesto di non fare parola con nessuno di questa cosa, non voleva essere sulla bocca di tutte le ragazze di Hogwarts come quella che stava dietro al famoso Sirius Black, né voleva essere compatita se lui avesse deciso che in fondo quella ragazzina non gli interessava poi più di tanto.

Quando finalmente le due amiche si trovarono sole, Sara chiese nervosamente:

-          Come sto? Mi trovi ridicola?

-          Sei splendida! – disse con sincerità Rebecca osservando i pantaloni neri attillati e il top anch’esso nero decorato con perline coloratissime.

I pantaloni erano molto più attillati e il top molto più scollato degli standard abituali di Sara, ma Bex la rassicurò: stava benissimo. Le ragazze indossarono la divisa scolastica sopra gli abiti Babbani e si avviarono verso la Sala Grande.

Il viaggio di ritorno fu il più lungo e noioso che Sara ricordasse, non riuscì a mangiare neppure una briciola da tanto il suo stomaco era contratto dall’ansia e poi era già pieno di rane alate, non servivano anche le cioccorane a peggiorare le cose.

Man mano che il treno si avvicinava a Londra, Sara era sempre più dilaniata: non vedeva l’ora di scendere, ma voleva anche ritardare il più possibile il momento in cui avrebbe scoperto se Sirius si era presentato o no. Non era poi così sicura di volerlo sapere. E se lui non ci fosse stato?

Una vocetta razionale dentro di lei le disse “se lui non ci sarà archivierai la storia nel novero delle delusioni e andrai avanti come se nulla fosse”. Sì, quella voce aveva ragione. Non c’era nulla da perdere.

Mentre entravano in stazione Sara si alzò dal sedile e si spostò in corridoio.

-          Respira – disse la voce di Bex alle sue spalle – Stai tranquilla, quando scendi dal treno saluta le altre come faresti di solito, non ti guardare intorno come un’indemoniata e mantieni un minimo di controllo.

Sara non poté fare a meno di sorridere di quei consigli. Bex ne sapeva molto più di lei di ragazzi.

-          Ci proverò – fu tutto quello che riuscì a rispondere.

Ad un tratto il treno si fermò davanti alla banchina del binario 9 e ¾ e tutti gli studenti si misero in coda per scendere. Quando Sara raggiunse il marciapiede di pietra grigia, le bastò un occhiata per valutare la folla di persone che attendevano l’arrivo del treno. Quella stessa occhiata le bastò per capire che Sirius non c’era.

Si sentì una colossale stupida, ma che cosa si aspettava? Si diresse come un automa verso la carrozza bagagli e recuperò il suo baule.

-          Mi dispiace – disse Bex sempre alle sue spalle.

-          Non fa niente – mentì Sara, ma decise subito di smettere di parlare.

La sua voce suonava molto strana. Non stava per piangere, vero? O no, non avrebbe concesso a nessun ragazzo la soddisfazione di piangere per lui, tantomeno a Sirius Black. La delusione in un lampo si trasformò in rabbia, verso se stessa e verso Sirius che l’aveva presa in giro.

Come le aveva consigliato Rebecca, andò a salutare le compagne e i compagni di scuola fingendo allegria e promettendo cartoline che non avrebbe spedito neppure sotto tortura, quindi si avviò verso il tornello. Una volta passate dall’altra parte Bex chiese:

-          Che fai adesso?

-          Andrò a prendere l’autobus per andare a casa. Che bello – disse con voce funerea – non vedo l’ora di tornare a casa da mia madre. Ci sentiamo vero?

-          Certo! Questa sera, così mi racconti com’è l’atmosfera casalinga – rispose Rebecca incoraggiante.

Insieme si avviarono verso l’uscita della stazione, spingendo un carrello su cui erano caricati i due bauli. Quando attraversarono la porta a vetri, videro che il sole era ancora alto, ma cominciava a colorarsi di rosso. E così erano cominciate le vacanze, davvero un bell’inizio.

-          Ciao!

Sara sentì lo stomaco fare quattro capriole e poi scomparire del tutto. Se l’era immaginato? Si voltò di scatto a sinistra, da dove aveva sentito provenire la voce.

Sirius era lì, appoggiato al muro, che fumava una sigaretta con gli occhiali da sole che coprivano quegli splendidi occhi azzurri. Sara si voltò verso Rebecca per cercare di nascondere il sorriso ebete che le era apparso sul viso e l’amica sollevò le sopraciglia facendole segno di andare da lui.

Sara si voltò un’altra volta, cominciava a girarle la testa, e con passi rapidi si diresse verso Sirius. Lui gettò via la sigaretta con gesto noncurante e, quando lei gli fu di fronte, si chinò a baciarla su una guancia.

Sara era completamente inebetita:

-          Ciao! – disse con una voce un po’ troppo stridula – Hem… non… non mi aspettavo di trovarti qui.

-          No? Perché? Te l’avevo detto che sarei venuto a prenderti – disse Sirius semplicemente.

Visto che lei sembrava incapace di proferire parola, il ragazzo aggiunse:

-          Sono venuto con l’auto di Remus. Vieni, carichiamo il tuo baule.

E senza aspettare una risposta si avviò verso Rebecca. Sara lo seguì e quando l’ebbero raggiunta li presentò. Quando Sirius strinse la mano di Rebecca e lei sorrise dicendo “piacere”, Sara provò l’impulso di schiaffeggiarla per il sorrisetto che aveva stampato in faccia, ma riuscì a trattenersi appena in tempo. Indicò a Sirius il suo baule, poi si rivolse a Bex.

-          Allora ci sentiamo…

-          Sì – rispose Rebecca continuando a sorridere – Ci sentiamo… domani!

Sara si allontanò dall’amica e seguì Sirius fino alla vecchia macchina di Remus, caricarono il baule nel bagagliaio e, quando chiusero lo sportello, si trovarono uno di fronte all’altra. Sara non poté fare a meno di sorridere.

-          Cosa c’è da ridere? – domandò Sirius.

-          Non sto ridendo, sto sorridendo – replicò Sara.

-          Allora cosa c’è da sorridere? – insisté ancora lui.

-          Non credevo che saresti venuto davvero, tutto qua – confessò la ragazza abbassando gli occhi verso le scarpe da ginnastica.

-          Come ti ho già detto prima, ti avevo detto che sarei venuto a prenderti. Non sono certo uno che si rimangia le promesse – rispose Sirius piccato.

Nonostante lo stallo della conversazione nessuno dei due sembrava volersi muovere, con la coda dell’occhio Sara vide Rebecca che, mentre attraversava il piazzale per raggiungere l’auto di suo padre, li osservava con interesse. Pensando a cosa avrebbe fatto la sua amica, Sara fece una cosa che la stupì di se stessa: prese l’iniziativa. Si sollevò in punta di piedi e, appoggiandosi al braccio di Sirius, lo baciò sulle labbra. Se il ragazzo fu sorpreso dell’iniziativa non lo diede a vedere e decise di collaborare, passò il braccio attorno alla vita di Sara e la strinse un po’ di più verso di sé.

Quando si separarono Sara distolse lo sguardo e vide Bex che le faceva segno di vittoria con i pollici prima di salire in auto e andarsene. Con orrore Sara si accorse che anche Sirius l’aveva vista.

-          L’hai vista anche tu, vero? – domandò chiudendo gli occhi orripilata.

-          Sì – confermò Sirius scoppiando a ridere.

-          Hem… mi dispiace. E’ un po’ fuori di testa, però è una brava ragazza – continuò Sara osservando l’auto che si allontanava.

-          Non importa, immagino tu le abbia raccontato della nostra giornata a Londra – disse Sirius avviandosi verso lo sportello del guidatore.

-          Sì. Spero che non ti dispiaccia – rispose Sara – Ma ne ho parlato solo con lei – aggiunse subito – e sono sicura che se lo terrà per sé. Non voglio diventare la ragazzina che sta dietro a Sirius Black. Diventerei lo zimbello di tutte le mie compagne.

-          Hmm “stare dietro” – fece Sirius fintamente pensieroso mentre avviava il motore – Mi piace. Mi stai dietro, Sara?

-          No, caro. Sei tu che stai dietro a me, se mai – ribatté la ragazza con una sicurezza tutta nuova – Hai cominciato tu, Sirius.

Il ragazzo rise di nuovo e ingranò la retromarcia, fece manovra e uscì dal parcheggio. Percorsero il primo tratto di strada in silenzio. Sara era decisamente stordita dalla sequenza degli eventi. Aveva davvero baciato Sirius? A quanto pareva sì. La voce del ragazzo la riscosse dai suoi pensieri.

-          Come scusa? – chiese.

-          Ho detto se preferisci prima passare a casa a lasciare il baule – ripeté Sirius.

-          No, per carità. Più tardi vedo mia madre meglio è. A proposito, dove stiamo andando? – chiese Sara, che fino a quel momento non si era neppure posta il problema della destinazione.

-          Adesso andiamo in centro a comprare da bere, poi andiamo a Godric’s Hollow da Lily e James – spiegò Sirius voltandosi per un attimo a guardarla.

-          Davvero? Oh sono così contenta di vedere Lily! Come stanno? E’ una vita che non si fa sentire.

Sirius raccontò le notizie che aveva sugli sposi novelli e sulla loro luna di miele, raccontò a Sara della loro nuova casa e di quanto fossero felici. Le disse che stavano diventando irritanti in modo irrimediabile.

Arrivati in centro Sirius parcheggiò in divieto di sosta davanti ad un negozio di liquori e scese dall’auto.

-          Sei in divieto di sosta – gli fece notare Sara scendendo a sua volta – Faremo prendere a Remus una multa.

Senza darsi la pena di rispondere, Sirius estrasse la bacchetta dalla tasca e con un gesto noncurante cambiò i numeri della targa. Sara lo guardò perplessa ma non commentò, non le pareva il momento migliore per intavolare discorsi sulla legalità.

-          Non preoccuparti – disse Sirius introducendola nel negozio. Quando lui la prese per mano Sara decise che per quella sera non si sarebbe preoccupata assolutamente di niente.

Malgrado la decisione appena presa, quando la ragazza vide un telefono pubblico all’interno del negozio pensò che poteva essere una buona idea avvertire a casa che sarebbe arrivata in tarda serata. Lasciò con rimpianto la mano di Sirius e si diresse verso il telefono. Frugò nel portafogli per trovare qualche moneta Babbana e, quando le trovò, le fece scivolare nella fenditura e compose il numero dello studio di suo padre. Preferiva parlare con lui che con quella iena di sua madre.

-          Studio del Dottor White – rispose la segretaria del padre di Sara.

-          Buona sera, sono Sara White. Vorrei parlare con mio padre – comunicò la ragazza con il suo miglior tono autoritario.

-          Un momento.

Una musichetta irritante la avvertì che la chiamata veniva trasferita al telefono diretto di suo padre, poi una mano sollevò il ricevitore.

-          Pronto? – rispose il dottor White con tono interrogativo.

-          Pronto papà, sono io.

-          Ciao Sara! – esclamò l’uomo – Sei arrivata? Hai bisogno che ti venga a prendere.

Sara rifletté che a volte sembrava persino un padre normale, poi si concentrò per mentire in modo convincente:

-          Non sono ancora arrivata, c’è stato un problema con il treno e probabilmente arriveremo in tarda serata. Comunque non vi preoccupate, mi accompagna a casa un’amica.

Mentre suo padre esprimeva costernazione nel saperla ancora in viaggio, Sara sollevò lo sguardo e vide Sirius accanto a lei con due buste piene di birra e bottiglie di vino. Quando riattaccò, lui chiese:

-          Hai chiamato a casa?

-          No, ho telefonato a mio padre al lavoro – spiegò la ragazza – Non volevo che si preoccupassero.

-          Perché gli hai raccontato quella storia del treno? – chiese Sirius aprendo la porta del negozio e tornando verso l’auto.

-          Perché mio padre non approverebbe sapere che sono appena tornata e già me ne vado in giro senza neppure passare a salutare. Mia madre mi darebbe dell’ingrata e dovrei sopportare le battute di mia sorella per settimane. Preferisco raccontare qualche bugia. Allora – disse poi Sara per cambiare discorso, indicando le numerose bottiglie – cosa si festeggia?

-          Il mio compleanno – rispose Sirius casualmente.

L’informazione impiegò qualche istante di troppo a penetrare nel cervello di Sara.

-          Oggi è il tuo compleanno? – chiese poi.

-          Non proprio, è stato qualche giorno fa, ma volevamo aspettarti per festeggiare – disse Sirius.

Lo stomaco di Sara riprese a saltellare insieme alle rane alate e non poté fare altro che sorridere di nuovo in quel modo ebete. Stava diventando imbarazzante.

-          Bé allora devo farti un regalo – riuscì ad articolare infine.

-          Non devi disturbarti – si schermì Sirius. Sembrava persino un po’ in imbarazzo.

-          Invece sì. Dai andiamo! – esclamò Sara prendendolo per mano e trascinandolo lontano dall’auto.

-          Sara, lascia stare. Davvero – cercò di fermarla lui.

Lei gli si piantò davanti  con le mani sui fianchi e disse:

-          Senti, io non lascio perdere, ok? Vuoi farmi fare la figura della maleducata che non ti fa il regalo di compleanno? Non dopo che hai aspettato il mio arrivo per festeggiare.

Se Sara fosse riuscita a ragionare in modo razionale si sarebbe resa conto che entrambi si comportavano come cretini. Sorridevano in continuazione, si tenevano per mano e giravano per i negozi cercando qualcosa di appropriato all’occasione. Se avesse visto la situazione da fuori l’avrebbe trovata sdolcinata fino all’insopportabile, ma essendoci dentro non sentiva altro che felicità ed euforia.

Quando il sole tramontò del tutto stavano entrando forse nel quindicesimo negozio. Sara guardò l’orologio, cominciava a diventare tardi e non aveva ancora trovato qualcosa che la soddisfacesse. Il posto in cui erano entrati era un piccolo negozio di abbigliamento. Vagando tra le rastrelliere Sirius e Sara si divisero, l’uno da un lato e l’altra dall’altro di una fila di abiti ordinatamente appesi. Sirius continuava a farla ridere proponendole delle cose assurde.

-          Che ne dici di questa? – chiese ridacchiando e mostrandole una camicia attillata, di un viola acceso con dei disegni geometrici arancioni.

Sara rise a sua volta, guadagnandosi un’occhiataccia della proprietaria. Poi lo sguardo si posò su un capo di pelle nera. Era l’unico in mezzo a camicie e giacche eleganti. La ragazza si avvicinò incuriosita e scoprì che era un giubbotto di pelle, decisamente adatto per un motociclista; senza pensarci lo prese dalla stampella e lo porse a Sirius:

-          Prova questo.

-          Wow! E’ bellissimo! – esclamò Sirius provando la giacca.

-          Direi che ti sta bene – confermò Sara appoggiata a una rastrelliera mentre il ragazzo si guardava in uno specchio appeso alla parete – Può sostituire quella cosa vecchia e informe che ti ho visto addosso a Hogsmeade.

-          Hei! Non offendere la mia giacca, ne ha passate di cotte e di crude – si infervorò Sirius senza però smettere di esaminare il proprio riflesso.

-          Non voglio offendere – rispose Sara ridendo – Però direi che è ora di mandarla in pensione, che dici?

-          Potresti aver ragione.

-          Allora dai qua.

Sirius sfilò la giacca e Sara gliela prese di mano per andare a pagare. Lui cercò di protestare che era troppo per un semplice regalo di compleanno, ma lei lo cacciò dal negozio prima che lui potesse vedere il cartellino del prezzo.

Esaminando la giacca, appoggiata al bancone del laboratorio, Sara ricordò che le era costata tutti i risparmi che le rimanevano nel portafogli. Ma non le importava, in fondo era stata un buon acquisto. Sirius non aveva più voluto indossare altro.

*^*^*^*^*

Dopo la visita di Silente, Sirius non aveva mai smesso di pensare alle parole del Preside. Sara sapeva che lui era il Custode Segreto di Lily e James, quindi probabilmente lo odiava ancora di più di quanto non avesse fatto fino a quel momento.

Bene. Era una splendida notizia.

Prima aveva flebili speranze in una soluzione positiva, ma ora non ne aveva più nessuna. Sirius non capiva Silente: non aveva detto a Sara tutta la verità però voleva coinvolgerla nell’Ordine. A che scopo?

Il pensiero di Sara al Quartier Generale mozzò il respiro a Sirius, ma ormai ci era abituato, gli capitava ogni volta che pensava a lei e succedeva di continuo.

Quando Kingsley e Ninfadora arrivarono a Grimmauld Place Sirius era occupato a nutrire Fierobecco con la sua dose giornaliera di topi morti. Non appena sentì la porta d’ingresso chiudersi alle loro spalle, si precipitò nella grande cucina per sentire gli aggiornamenti.

Attorno al tavolo trovò già schierati Lily e James, Remus e la Signora Weasley, protesi verso i nuovi arrivati come per incitarli a parlare immediatamente.

-          Ciao Sirius – salutò Tonks prima di lasciarsi cadere sulla sedia accanto a Remus. Kingsley invece si limitò ad un cenno del capo e si sedette compostamente.   

-          Ciao – rispose Sirius posando sul tavolo una serie di burrobirre e prendendo posto a sua volta – Ci sono novità? – chiese impaziente.

-          Bè, sì – rispose Tonks – Ma non saprei dire se sono buone o cattive.

-          Sentiamo… - li incalzò James impaziente quanto l’amico.

-          Dunque – iniziò la ragazza – Ci sono voci piuttosto insistenti che dicono che Sara ha riesumato il dito di Peter Minus.

-          Che cosa? – esclamò Remus incredulo – Ma perché?

-          Non se ne conosce la ragione – continuò la ragazza – ma deve aver avuto delle motivazioni davvero valide per chiedere di riesumare i resti di quello che è considerato un eroe nazionale.

Sirius era davvero perplesso. A che diavolo poteva servirle quel dito maledetto?

-          Si sa che cosa ne ha fatto del dito? – chiese per trovare un lume ai suoi dubbi.

-          Oggi ho visto lei e il suo collega, Frank Parker, che armeggiavano in laboratorio – rispose Kingsley dando il suo contributo alla conversazione – Pareva che Parker stesse esaminando il dito, mentre la White era alle prese con dei vestiti.

-          Dei vestiti? – chiese stupita Lily – I metodi ministeriali di indagine mi risultano sempre più incomprensibili.

-          Il fatto è che non sono i metodi del Ministero, sono i personalissimi “metodi White”, come vengono chiamati al Dipartimento – confermò Ninfadora – E’ possibile che fossero i tuoi vestiti – disse poi rivolta a Sirius – quelli che ti hanno sequestrato quando sei stato arrestato.

-          Mi ricordo, portavo un paio di jeans scuri, una maglia nera e un giubbotto di pelle nera.

-          Ecco – esclamò Kingsley – l’ho vista armeggiare proprio con una giacca di pelle nera.

Sirius ricordava bene quella giacca. Era stato il primo regalo che Sara gli aveva fatto, per il suo compleanno.

Quel giorno lei era appena tornata da Hogwarts e lui era andato a prenderla in stazione. La ragazza era sorpresa di vederlo lì e questo, in un certo modo, ferì Sirius. Sara dubitava di lui e della sua buona fede, ma aveva tutta l’intenzione di farle cambiare idea.

Nonostante la sorpresa, il sorriso che lei aveva fatto quando l’aveva visto aveva fatto stringere lo stomaco a Sirius. Quando poi Sara l’aveva baciato, vicino alla macchina di Remus, il ragazzo aveva capito che si stava fregando con le sue mani, ma ormai non poteva più farci niente.

Mentre si dirigevano verso il centro di Londra, Sirius le aveva detto che avrebbero festeggiato il suo compleanno a casa di Lily e James e aveva avuto l’impressione che lei fosse risentita per non averlo saputo prima. Sirius si domandò se non avrebbe dovuto avvertirla con una lettera, ma non voleva che stesse ad angustiarsi con storie di abbigliamento e di regali.

Questa parte del progetto però non aveva funzionato. Sara aveva talmente insistito per trovargli un regalo che lui non aveva saputo come fare a rifiutare. Aveva assunto quel tono imperioso metà da professoressa e metà da bambina capricciosa e lo aveva trascinato per negozi, ignorando le sue proteste.

Quando ormai si stava facendo tardi e Sirius cominciava a pensare a qualche scusa da propinare a James per il ritardo, entrarono in un piccolo negozio defilato. Era uno strano misto di abiti sobri ed eleganti e stranezze. Sara era concentratissima nella ricerca e Sirius si divertiva a distrarla mostrandole capi che definire assurdi era riduttivo. Ad un certo punto la ragazza aggirò la rastrelliera che li divideva e porse a Sirius un giubbotto di pelle nera. A quel punto della giornata il ragazzo lo provò più per farle piacere che per vera convinzione, ma quando si guardò allo specchio pensò che Sara aveva colto nel segno. Era proprio il suo stile e non gli stava affatto male. In quell’istante ebbe l’impressione che Sara lo conoscesse molto meglio di quanto pensasse.

-          Allora, ti piace? – chiese.

-          Sì, è bellissimo! Ma non è il caso che spendi così tanto per il mio compleanno – rispose Sirius sbirciando il cartellino del prezzo.

Sarà seguì il suo sguardo e nascose il cartellino prima che lui potesse leggerlo attentamente.

-          Non devi guardare il prezzo! E’ un regalo. Avanti, dai qua. E aspettami fuori mentre pago – ordinò Sara.

-          Agli ordini capo! – si arrese Sirius.

Quando arrivarono alla cassa, che si trovava in prossimità della porta, Sirius fece un ultimo tentativo per dissuaderla dal spendere una cifra che, se anche non conosceva perfettamente, sapeva che non sarebbe stata piccola. Sara però fu categorica, lo cacciò sul marciapiede con una spinta e, non appena pagato, strappò il cartellino e lo gettò nella spazzatura.

-          Ecco fatto! – disse allegramente porgendo a Sirius la busta.

Lui non poté fare a meno di sorridere.

Anche se era luglio l’aria della sera era piuttosto frizzante ed entrambi avevano le braccia scoperte. Tornando alla macchina, Sara estrasse una sciarpa di seta dalla grande borsa che portava appesa alla spalla e se la drappeggiò attorno alle spalle e al collo. Sirius invece tolse il nuovo acquisto dalla busta e lo indossò con naturalezza, come se gli fosse stato cucito addosso.

Tornati all’auto, Sirius modificò nuovamente la targa e si avviarono verso Godric’s Hollow. Mentre viaggiavano accese la radio, che a quell’ora diffondeva solo una forma di pop piuttosto melensa.  

-          Allora, come sono andati gli esami? – chiese Sirius per fare conversazione.

-          Bene, li ho passati tutti discretamente. Senza infamia e senza lode – rispose Sara smettendo di guardare fuori dal finestrino – Posso fumare?

-          Certo – rispose il ragazzo estraendo il posacenere dal cruscotto e aprendo un po’ il finestrino.

Sara tuffò una mano in quella borsa che sembrava senza fondo e ne emerse con un pacchetto di sigarette e un accendino argenteo. Estrasse una sigaretta, la portò alle labbra e la accese con gesti da fumatrice consumata.

-          Da quanto fumi? – chiese il ragazzo.

-          Da un po’ – rispose Sara laconica.

-          Avverto una nota di reticenza nelle tue risposte. C’è qualcosa che non va?

-          No, assolutamente no! – disse la ragazza voltandosi per sorridergli – Ho cominciato più o meno un anno fa, ma a Hogwarts per ovvi motivi ho fumato davvero poco. Questo pacchetto mi dura da mesi.

-          Scusa, dove andavi a fumare a scuola? – si informò Sirius incuriosito.

-          In genere dietro gli spogliatoi del campo da Quidditch. È un’attività interessante. Oltre a togliermi lo sfizio di una sigaretta scopro sempre un sacco di cose – rivelò Sara con aria di mistero.

-          In che senso?

-          Nel senso che c’è un buco nella parete e si sentono tutte le conversazioni che vengono fatte negli spogliatoi. Cosa non si dicono certe persone dopo gli allenamenti!

-          È così che sai sempre tutto di tutti? – continuò Sirius sorpreso.

-          Diciamo che questa è una parte. Tante cose le vengo a sapere semplicemente guardandomi intorno.

Sirius aveva notato, negli anni in cui entrambi erano ancora a Hogwarts, che Sara era sempre informatissima su tutto e su tutti. Per esempio sapeva sempre con quale delle tante ragazze lui stava o fingeva di stare, se gli piaceva davvero o se la stava solo prendendo in giro. E quando si trovavano a discutere, o forse era meglio dire litigare, queste informazioni le davano sempre quel certo vantaggio che le concedeva l’ultima parola.

Quando finalmente arrivarono a casa di Lily e James, le due amiche si abbracciarono e cominciarono subito a chiacchierare. Lily le mostrò la nuova casa, poi iniziò il racconto del viaggio di nozze. Sirius invece si ritirò in cucina con James, Remus e Peter.

-          Buon compleanno amico mio! – disse James aprendo quattro birre e distribuendole per brindare.

Le bottiglie si toccarono con un tintinnio e i quattro amici bevvero un sorso.

-          Allora – iniziò James – come va con Sara?

-          Oh, non cominciare – si schernì Sirius. Aveva già parlato di Sara con James e non aveva un ricordo positivo della conversazione.

Nelle due settimane dal loro appuntamento a quel giorno, Sirius aveva pensato spesso a Sara e ne aveva parlato altrettanto spesso, tanto che i suoi amici cominciavano a preoccuparsi. James gli aveva chiesto se stesse ammattendo a perdere la testa per una ragazzina e il tono con cui l’aveva detto aveva irritato moltissimo Sirius. Per questo aveva cercato, da quel momento in poi, di parlare di Sara il meno possibile davanti a James, non sopportava le sue battutine e le sue allusioni.

Lily naturalmente aveva perorato la causa dell’amica. Gli aveva detto che quel continuo pensare a Sara era normale, che era normale a un certo punto sentire il bisogno di fermarsi, ma soprattutto Lily l’aveva ascoltato parlare e parlare di quello che provava senza interromperlo e senza fare battute.

Remus era stato oltremodo paziente. Il viaggio di ritorno da Hogsmeade gli aveva dato l’occasione per riflettere e Sirius si era… spaventato. Cosa stava facendo? Si stava imbarcando in una storia in quel momento in cui la vita di tutti i membri dell’Ordine della Fenice era appesa a un filo. E per di più si stava imbarcando in una storia con una ragazza che andava ancora a scuola.

Senza pensare, arrivato a Londra, Sirius si precipitò da Remus. Lasciò la moto davanti al cancelletto metallico e attraversò il piccolo cortile. Remus abitava in una casetta di quattro stanze, due a piano terreno e due al piano superiore. Il ragazzo bussò con energia attendendo che l’amico andasse ad aprire.

Quando la porta si aprì, Sirius vide il viso sorridente di Remus con una lieve sfumatura di sorpresa.

-          Sirius! Va tutto bene?

-          Sì, ti devo parlare. Posso entrare? – chiese Sirius concitatamente.

-          Certo – rispose Remus scostandosi per farlo passare.

Una volta in casa, Remus si sedette sul divano in salotto mentre Sirius prese a passeggiare avanti e indietro mentre parlava. Raccontò a Remus della giornata con Sara e alla fine del resoconto disse:

-          Remus, sto diventando pazzo! Non posso farlo…

-          Non puoi fare… cosa esattamente? – chiese Remus con l’aria di uno che conosce la risposta.

Sirius si bloccò come se le sue stesse parole lo avessero meravigliato, fece un respiro profondo e si sedette accanto all’amico sul divano. Che cosa non poteva fare? In fondo lo sapeva bene che cosa, ma era riluttante ad ammetterlo perfino con se stesso, ammetterlo con qualcun altro era anche peggio. Però aveva bisogno di dirlo ad alta voce per comprendere davvero l’entità della cosa.

-          Non posso… innamorarmi… di Sara – disse guardando l’amico negli occhi.

Remus soppesò per un attimo le parole, distolse lo sguardo e si mordicchiò il labbro inferiore prima di parlare:

-          Sirius, credo che… ormai… tu… sia già innamorato.

Sirius si alzò di scatto, si coprì il volto con le mani e si passò le dita tra i capelli neri. Non erano esattamente le parole che sperava di sentirsi dire. Sapeva che Remus aveva ragione, in fondo ne era consapevole anche lui, ma avrebbe voluto sentirsi dire che sì, sarebbe stata una buona idea troncare subito la cosa per evitare di soffrire e di farla soffrire.

In un secondo momento Sirius rifletté che per una risposta del genere Remus non era la persona più indicata, ma fu grato all’amico della sincerità.

E poi si era trovato lì, a festeggiare il suo compleanno con i suoi amici più cari e con Sara. Era stato uno dei compleanni migliori della sua vita. Avevano bevuto, mangiato, scherzato e riso fino alle lacrime. Sara era stata fantastica, aveva saputo ascoltare e ridere al momento giusto, ma anche intervenire e raccontare. Sirius era rapito, non aveva mai conosciuto una ragazza come lei. Perché non si era mai accorto di che persona fosse in realta?

Al momento di tornare a casa, Sirius e Sara salutarono gli amici e si avviarono verso l’auto di Remus. Sara si accomodò sul sedile passeggero e Sirius si mise alla guida. Il viaggio di ritorno verso Londra fu piuttosto silenzioso; quando arrivarono in città Sara cominciò a dargli indicazioni.  

-          Ecco, puoi fermarti qui – disse ad un tratto la ragazza.

Sirius fermò l’auto davanti a un imponente cancello di ferro battuto da cui partiva una strada lastricata. La villa non era visibile dalla strada, ma se ne intuiva la sagoma attraverso gli alberi del parco.

-          Complimenti per la casetta! – esclamò Sirius dando un’occhiata alla proprietà.

-          Sì, non è male. Ma sono le persone che ci abitano che non sono entusiasmanti – replicò Sara guardando verso la casa – Ti ringrazio per la splendida serata – aggiunse poi voltandosi nuovamente verso Sirius.

-          È stato un piacere. Dove ti lascio? – chiese il ragazzo indicando il cancello.

-          Non ho le chiavi per aprire il cancello. Lasciami pure qui, faccio la strada a piedi – disse la ragazza.

-          E ti porti il baule in braccio? – osservò Sirius – Ti accompagno alla porta – disse scendendo dall’auto e avviandosi verso il bagagliaio.

Il ragazzo tirò fuori il baule di Sara e chiuse la macchina di Remus. Sara prese una maniglia del baule e lo aiutò a trasportarlo fino ad un portoncino accanto al cancello principale. Trascinarono il baule per tutto il vialetto e lo depositarono in cima alla scalinata che conduceva al portone.

Sara titubò per un attimo davanti al portone, ma Sirius non aveva nessuna intenzione di andarsene, non ancora almeno.

-          Ti va di fare due passi? – chiese Sirius indicando i vialetti che si addentravano nel giardino.

-          Certo! – rispose Sara con entusiasmo.

Si incamminarono lentamente, senza prestare realmente attenzione alla strada che stavano percorrendo. All’inizio camminarono a qualche passo di distanza, poi si avvicinarono. Sirius non era preparato a sostenere situazioni di quel genere. Le ragazze con cui era uscito fino a quel momento pendevano dalle sue labbra e non si perdevano in tanti preamboli. Con Sara era diverso, non sapeva fino a che punto poteva spingersi, non riusciva a interpretare i suoi pensieri.

Mentre pensava queste cose Sara sfiorò la sua mano e lui colse l’occasione per avvicinarsi e passarle un braccio attorno alle spalle. Lei gli mise un braccio attorno alla vita e, sempre camminando lentamente, si appoggiò a lui.

Ad un tratto Sara si fermò, con lo sguardo fisso davanti a sé. Aveva un’espressione che a Sirius non piaceva, troppo seria, quasi triste.

-          Cosa stiamo facendo? – chiese Sara continuando a guardare dritto davanti a sé.

-          Stiamo passeggiando – rispose Sirius fingendo di non capire quello che la ragazza intendeva.

Lei si voltò a guardarlo con un sopraciglio sollevato e decise che sarebbe stato meglio essere serio.

-          Non ne sono sicuro – disse voltandosi a guardala – ma credi di essere sulla buona strada per... insomma... diciamo con un eufemismo che non sono più così ostile verso di te come prima.

Sara sollevò gli occhi con aria scettica, come se non credesse davvero alle sue orecchie. Sembrò soppesare le parole per qualche istante, poi disse:

-          Meno ostile – un mezzo sorriso comparve sulle sue labbra – Se questo è essere meno ostile sono curiosa di scoprire cosa succederebbe se cominciassi a piacerti davvero. Secondo te stiamo commettendo un errore? – chiese poi, più seria.

-          No – rispose Sirius attirandola a sé – Non credo. Sai, anche io sono curioso.

Come rispondendo a un comando, il loro volti si avvicinarono e le labbra si sfiorarono. Lo sguardo di Sirius non riusciva a spostarsi dagli occhi di Sara, scuri come pozzi senza fondo. Sembrava che le loro labbra sapessero esattamente cosa fare di loro spontanea volontà. Si baciarono, fermi in mezzo al giardino di Villa White, per un tempo che parve loro infinito.

Quando finalmente si separarono, nessuno dei due poté fare a meno di sorridere. Sirius accompagnò Sara al portone, quindi la salutò e tornò verso l’auto di Remus felice come non lo era da tempo.


  


Your comment will be posted after it is approved.


Leave a Reply.

    In questa pagina...
    In this page...

    In questa pagina ho deciso di inserire le mie fan fiction, per ora in Italiano. 

    I personaggi e le situazioni presenti nelle fanfic di questo sito sono utilizzati senza alcun fine di lucro e nel rispetto dei rispettivi proprietari e copyrights. 


    All the characters and situations in these fanfictions are used non-profitmaking and in respect of the owners and copyrights. 
    url=http://www.hpquiz.it][img]http://www.hpquiz.it/test/materie/pozioni.gif[/img][/url]

    Archives

    Settembre 2012
    Agosto 2012
    Luglio 2012
    Giugno 2012

    Categories

    All
    Black & White
    Fan Fiction
    Harry Potter