L’appartamento di Sara non vedeva ospiti da mesi, esattamente dall’ultima volta in cui Raymond, il figlio di Rebecca, aveva passato una settimana con lei. La cucina si stava riempiendo del profumo invitante di verdure grigliate. Sara era divertita dallo sguardo sconvolto di Frank, seduto al tavolo rotondo della cucina, intento a sorseggiare una birra. Si guardava intorno come se non avesse mai pensato che anche Sara, come tutti, potesse avere una casa con dei mobili e degli oggetti personali.

Frank e Sara avevano portato il reperto della riesumazione al Ministero che era ormai sera, lo avevano riposto in un contenitore sigillato appositamente per la conservazione e avevano deciso di andarsene a casa e occuparsi delle analisi il giorno seguente.

Parker era riuscito a reperire una copia del giornale che interessava loro all’archivio della Gazzetta del Profeta e c’era voluto del bello e del buono per convincere l’addetta a lasciargliela portare via. Non avevano intenzione di aspettare l’indomani anche per esaminare il giornale e Frank non era disposto a lasciare che il capo lavorasse di nuovo una nottata intera da sola. Così avevano deciso di cambiare un po’ ambiente, per ossigenare il cervello.

-          Non sapevo t’intendessi di cucina – disse Frank ad un tratto.

-          Non sai un sacco di cose su di me – replicò Sara aggiungendo pomodoro a cubetti alle altre verdure.

-          Raccontamene qualcuna allora – propose audacemente il ragazzo – Sono anni che lavoriamo insieme ma della donna che si nasconde dietro l’Auror Capo non so quasi nulla.

-          Sarebbe un racconto lungo e complicato… e noioso. Sono comunque un tuo superiore, non mi conviene che tu sappia troppe cose – commentò la donna scolando nel lavello un incredibile quantità di fettuccine.

-          Almeno mi puoi dire come hai imparato a cucinare.

-          Sì, questo credo di potertelo rivelare – rispose Sara con un sorriso cospiratore. Prima di iniziare a parlare però servì le fettuccine in due piatti e le condì con abbondante sugo alle verdure. Depose un piatto davanti a Frank, quindi si sedette – Buon appetito!

-          Altrettanto… allora dimmi – incalzò Frank impaziente.

-          Ho imparato a cucinare grazie a Emily. Emily è la governante in casa dei miei, ma definirla così è riduttivo. E’ con noi da una vita, praticamente ha cresciuto sia me che mio fratello e mia sorella. E’ una persona fantastica.

-          Aspetta un momento! – esclamò Frank incredulo – Tu hai un fratello e una sorella?!

-          Sì – rispose Sara – Lo trovi così strano?

-          No, è che è insolito pensarti con una famiglia

-          Lo so, è talmente tanto tempo che non mi considero più parte di quella famiglia che fa uno strano effetto pure a me – continuò Sara con una nota amara nella voce.

-          Se avete la domestica dovete passarvela piuttosto bene – rifletté Parker – Come sei finita a fare l’Auror?

-          In effetti, i miei genitori sono sfacciatamente ricchi – confessò la donna con un certo disgusto – Io no di certo – aggiunse poi – Da tempo non compaio più sul testamento.

-          Ti hanno diseredata?! – chiese Frank sconvolto al punto da scordare una forchettata di fettuccine a mezz’aria.

-          Sì, quando sono entrata in Accademia. E’ stato un colpo durissimo per mia madre – scherzò Sara.

-          E come mai hai deciso di entrare in Accademia? – chiese ancora il ragazzo.

-          Ora stai diventando un po’ troppo curioso. Ti ho già raccontato più di quanto volessi all’inizio – rispose Sara.

Era giunto il momento di mettersi al lavoro. Il programma era di leggere e rileggere il giornale da cima a fondo, senza trascurare nulla, neppure le soluzioni dei cruciverba. Il problema maggiore era che non avevano la più pallida di cosa cercare. Mentre Parker suddivideva la Gazzetta del Profeta in diverse sezioni, Sara si accinse a lavare i piatti.

L’acciottolio delle stoviglie le ricordò un’altra serata, in un’altra parte di Londra, in cui aveva lavato i piatti dopo una cena a due.

Era a casa di Remus Lupin. Era una sera d’estate piuttosto afosa, Sara aveva da poco terminato gli esami del M.A.G.O. ed era in attesa dei risultati. Meno di un anno era trascorso dalla morte di Lily e James… e dall’arresto di Sirius. Se Sara era riuscita a sopravvivere e a terminare gli studi lo doveva all’appoggio di Remus e ora, terminati gli esami, era spesso insieme a lui.

-          Cosa pensi di fare ora? – le chiese Remus mentre asciugava e riponeva le stoviglie che lei stava lavando.

-          Intendi cosa penso di fare della mia vita? – replicò Sara – Ancora non lo so. Credo che mi cercherò un lavoro qualunque in un posto qualunque e cercherò di farmi notare il meno possibile.

-          Quindi intendi sprecare le tue capacità? – domandò ancora Remus, quasi con indifferenza.

-          Non credo di avere grandi capacità da sprecare – rispose Sara continuando imperterrita a lavare i piatti.

-          Hai da fare domattina? – chiese il ragazzo cambiando improvvisamente discorso.

-          No, perché? – rispose la ragazza, stupita dal brusco cambiamento.

-          Ti vengo a prendere a casa, alle otto e mezzo.

Sara aveva imparato a non fare troppe domande quando Remus si comportava in questo modo. Così la serata proseguì senza ulteriori accenni al futuro di Sara e verso le undici Lupin riaccompagnò la ragazza a casa, lasciandola sola con la sua curiosità.

La mattina seguente Sara si trovò fuori dal cancello della casa dei suoi genitori alle otto e venticinque ad attendere impazientemente l’arrivo dell’amico. Non aveva idea di cosa avesse in mente, ma si fidava ciecamente di Remus. Probabilmente, qualsiasi cosa fosse, era una buona idea.

Lupin arrivò puntualissimo con la sua vecchia auto, la fece salire e partirono. Quando Sara chiese dove stessero andando non ottenne una risposta soddisfacente, così si rassegnò e attese in silenzio.

Remus fermò l’auto davanti ad un vicolo con una cabina telefonica rossa parzialmente distrutta.

-          Cosa facciamo qui? – domandò la ragazza molto perplessa.

-          Tu sai cosa c’è lì dentro? – chiese per tutta risposta Remus.

-          Certo, è l’ingresso visitatori del Ministero della Magia – rispose Sara cominciando a preoccuparsi. Non capiva dove stessero andando a parare.

-          Esatto – continuò il ragazzo – Oggi alle nove, cioè tra dieci minuti, ci sarà la prova scritta dell’esame di ammissione all’Accademia degli Auror. Qui – proseguì Remus porgendo a Sara una busta – ci sono tutti i documenti compilati per l’iscrizione. Manca solo la tua firma. Ora tu vai lì dentro e fai il test.

Sara fissò con estremo sospetto la busta gialla che Remus le porgeva, poi disse:

-          Tu sei completamente uscito di senno. Io non farò assolutamente niente del genere.

-          Perché no, così hai da perdere? – provò a convincerla Remus - Non sai cosa fare della tua vita, cosa cambia se perdi una mattinata a tentare questo esame? Provaci almeno, se non lo passi non ci hai perso nulla, non hai neppure passato del tempo a studiare. Se invece lo passi non sei obbligata a frequentare l’Accademia. E’ solo un’opportunità.

-          Tu sei fuori di testa! – strillò Sara – Non ti puoi permettere di decidere della mia vita! Non ne hai alcuni diritto!

Sara era furente. Come diavolo si permetteva Remus di metterla in una situazione del genere.

-          Io non sto decidendo della tua vita. Quando sono venuto a trovarti a Hogwarts mi hai chiesto di aiutarti. E’ quello che sto facendo, ti sto aiutando. Ora sta a te decidere se accettare o meno il mio aiuto.

Sara non aveva mai visto Remus con quello sguardo, le faceva quasi paura. Era così duro, quasi cattivo. Si vedeva più chiaro che mai il lupo dietro i suoi occhi grigi.

La ragazza sostenne il suo sguardo a fatica, si sentiva egoista ma allo stesso tempo si sentiva tradita. Non aveva di che replicare, era vero che aveva chiesto l’aiuto di Remus, era l’unico che avrebbe potuto capire, ma non credeva che si sarebbe arrivati a questo.

Senza dire una parola la ragazza afferrò la busta con i documenti, scese dall’auto e sbatté lo sportello con rabbia. Mentre si dirigeva a passo di carica verso la cabina telefonica rossa, Sara non sapeva spiegare perché stesse entrando al Ministero ma era certa che se si fosse voltata avrebbe visto Remus Lupin sorridere.

*^*^*^*^*

La visita di Silente fu una vera sorpresa per Sirius, non si aspettava di vedere il Preside a Grimmauld Place, né tantomeno si aspettava che fosse venuto apposta per parlare con lui. Era arrivato di prima mattina e aveva domandato di restare solo con Sirius.

-          Le hanno raccontato della mia uscita fuori programma? – domandò amaramente l’uomo, seduto di fronte a Silente.

-          Sì, me ne hanno parlato – rispose il Preside servendosi del the posto sul tavolo tra di loro.

-          Ed è venuto fin qui solo per questo? – chiese incredulo Sirius, servendosi a sua volta.

-          Non solo, ma devo dirti che il tuo comportamento mi sorprende, oltre che deludermi – rispose Silente guardandolo negli occhi.

-          Ho provato ad accettare questa situazione – si infervorò Sirius – ma non posso continuare a stare qui con le mani in mano.

-          Capisco la tua frustrazione, ma se avremo fortuna la situazione sarà temporanea.

Sirius fissò lo sguardo sul tavolo e replicò con disillusione:

-          Non credo più nella fortuna.

-          Credi almeno in Sara White? – chiese Silente al di sopra della tazza di the.

Sirius alzò lo sguardo aggrottando le sopraciglia e continuò:

-          Mi sta chiedendo se penso che Sara possa scoprire la verità?

-          Non esattamente, ti sto chiedendo se pensi che possa stare dalla nostra parte. Tu sei una delle persone che la conosce meglio. Pensi che avrebbe il coraggio di compromettere la sua posizione, credere sulla parola a quello che le diremo e unirsi all’Ordine?

Il Preside fissò lo sguardo negli occhi del suo vecchio alunno. Sirius non capiva cosa avesse in mente Silente e, senza una ragione precisa, un brivido gli percorse la spina dorsale.

-          Io non la conosco più così bene – decise di rispondere senza compromettersi troppo – Immagino che abbia lottato a lungo per ottenere il suo posto. Ha sempre avuto un forte spirito competitivo. Non so se vorrà pregiudicare la sua carriera.

-          Neppure per te? – continuò Silente osservandolo da sopra le lenti a mezza luna.

Sirius non poté fare a meno di pensare che Silente ci andava giù piuttosto pesantemente.

-          Per me? Perché dovrebbe? Mi crede un criminale.

-          Ne sei sicuro?

-          Cosa significa questo? – chiese incredulo e seccato Sirius.

-          Sara è venuta a trovarmi a Hogwarts, qualche giorno fa – raccontò il Preside – E’ venuta non appena le sono state affidate le indagini. E’ venuta a chiedermi se avessi delle informazioni, mi ha domandato se sapessi qualcosa di differente rispetto a quello che è noto al Ministero.

-          E lei che cosa ha risposto? – domandò Sirius con il cuore che cominciava a battere più forte del normale.

-          Le ho detto che era previsto che tu fossi il Custode Segreto di Lily e James.

Sirius sentì lo stomaco contrarsi dolorosamente, una parte di lui avrebbe voluto che Silente se ne andasse e non dicesse più una parola, un altro lato di lui invece voleva sapere di Sara, qualunque cosa il Preside fosse in grado di dirgli.

-          Cos’altro le ha detto? – chiese infine.

-          Nient’altro – replicò laconicamente Silente.

Le ultime flebili speranze abbandonarono Sirius. Ora Sara non solo credeva che fosse un pazzo assassino, ma anche un traditore. Come poteva pensare che lui fosse innocente adesso, come avrebbe fatto a trovare la verità?

Sirius si passò una mano sul viso e poi nei lunghi capelli neri. Non aveva il coraggio di guardare Silente, così parlò tenendo gli occhi bassi, verso il tavolo.

-          Non riesco a capire la sua logica, Professore.

-          Senza questo elemento non avrebbe mai potuto venire a capo del mistero – rispose prontamente il Professore – E immagino che tu capisca per quale ragione non potevo dirle come sono andate veramente le cose.

-          Mi perdoni, ma al momento questa ragione mi sfugge – disse Sirius con una nota di sarcasmo non troppo velata.

-          Ma è ovvio! – esclamò Silente – Come avrebbe fatto Sara a giustificare queste conoscenze? Ho fiducia piena in Sara, ho fiducia nelle sue capacità e soprattutto nei suoi sentimenti.

-          Non vedo come potrebbe vedere la strada giusta – disse Sirius cercando di non pensare a quelli che avrebbero potuto essere i sentimenti di Sara in quel momento.

-          Già il fatto che sia venuta a parlare con me è indicativo di qualche dubbio, di qualche perplessità. L’Auror White di solito non si ferma fino a che non ha chiarito ogni cosa.

Sirius alzò lo sguardo e indagò il viso del Preside. Sembrava credere davvero in quello che diceva. Dal canto suo lottava per non cadere nella depressione ma anche per non illudersi. Cedere all’illusione sarebbe stato estremamente consolante, ma una speranza disillusa sarebbe stata peggio della depressione immediata.

Silente aveva ragione, Sara non era tipo da arrendersi.

Ricordava ancora quando avevano toccato l’argomento “famiglia Black” per la prima volta. Sirius non amava parlarne e le sue risposte sull’argomento erano vaghe ed elusive, ma Sara non si accontentava di questo. Lo aveva tormentato, tempestandolo di domande fino a quando non aveva ceduto e le aveva raccontato ogni cosa della sua infanzia, di sua madre, di suo fratello e della sua fuga da casa. Solo quando si dichiarò soddisfatta e ritenne che ogni tassello fosse al suo posto lo lasciò in pace.

Era passata circa una settimana dal matrimonio di Lily e James e gli sposini erano in Luna di Miele. Sirius aveva passato la settimana a pensare a quello che era successo con Sara; aveva avuto molto tempo per riflettere, infatti l’Ordine della Fenice gli aveva affidato un banale compito di sorveglianza e pedinamento ed aveva attraversato i più diversi stati d’animo. Dapprima aveva pensato di aver fatto un’idiozia enorme, che rapporto sperava di avere con Sara White? Era ancora una ragazzina e lui si stufava molto in fretta, perché farla soffrire inutilmente? D’altro canto però l’invito di Sara ad andarla a trovare a Hogsmeade continuava a ronzargli in testa e c’era una piccola parte di lui che non vedeva l’ora di buttarsi in questa sfida. In fondo Sara era la prima ragazza che aveva così a lungo resistito al suo fascino.

Sabato mattina Sirius rientrò nel suo appartamento alle cinque, dopo che Remus gli aveva dato il cambio al pedinamento. L’unica cosa che aveva in mente era quella di farsi una doccia e buttarsi a letto, ma quando si fu lavato e rivestito non aveva più sonno.

Si lasciò cadere pesantemente sul divano e accese una sigaretta, cercando di distrarsi ma con scarsi risultati. I suoi pensieri non facevano che vagare verso Hogwarts, calandolo in una fastidiosa inquietudine. Non capiva per quale motivo si sentisse così, l’effetto che quella ragazza produceva su di lui lo spiazzava e lo faceva arrabbiare con se stesso. Come poteva essere che quella ragazzina monopolizzasse così i suoi pensieri? Era solo perché lo incuriosiva, oppure c’era qualcosa di più?

La sigaretta era consumata fino al filtro. Sirius la spense con rabbia in un posacenere colmo, posato sul tavolino del salotto. Si alzò dal divano.

Aveva una sola cosa da fare: andare a Hogsmeade e cercare di capire.

Indossò la giacca nera che portava sempre, afferrò le chiavi della sua moto e uscì dall’appartamento sbattendo la porta. Il viaggio in moto ebbe il potere di calmarlo. Non doveva essere così irritato, non c’era nulla di cui preoccuparsi. E poi non era lo stato d’animo più appropriato per avere a che fare con un caratterino come quello di Sara.

Atterrò al villaggio che erano quasi le nove del mattino. Parcheggiò la moto in un vicolo e si diresse verso la via principale. Solo in quel momento Sirius rifletté che forse sarebbe stato meglio avvertire Sara, mandarle un gufo quantomeno. Ora non sapeva dove cercarla né se sarebbe andata davvero a Hogsmeade. Si sentì uno stupido, ma ormai era lì, tanto valeva aspettare.

Percorse due volte avanti e indietro la via principale del villaggio, poi si fermò in fondo al paese e si sedette sulla staccionata che delimitava un prato.

Dopo qualche minuto gli studenti cominciarono a riversarsi nelle vie di Hogsmeade, evidentemente avevano avuto il via libera. Sirius cominciò a scandagliare i visi alla ricerca di Sara. Mentre passavano notò alcune ragazze che dovevano essere dell’ultimo anno che lo indicarono e poi si voltarono per ridacchiare. Non per la prima volta si rese conto davvero di quanto quelle ragazze fossero stupide e superficiali.

Superandole con lo sguardo, Sirius la vide: eccola lì, Sara. Era molto carina, indossava un abito nero con una fantasia di piccoli fiori rossi, sulle spalle era appoggiato un giubbotto di jeans e ai piedi aveva un paio di scarpe da tennis nere. Mentre Sirius la osservava Sara si voltò dalla sua parte. Quando lo riconobbe gli sorrise, salutò l’amica con cui stava passeggiando e si incamminò verso di lui. Le ragazze ridacchianti, che erano poco lontane, quando videro Sirius sorridere a Sara strabuzzarono gli occhi e si allontanarono per elaborare la sconfitta.

-          Ciao! – la salutò Sirius scendendo dalla staccionata con un balzo.

-          Allora sei qui… - constatò Sara fermandosi davanti a lui.

-          Sì, ti devo un giro in moto o sbaglio? – rispose Sirius.

-          Già… senti, devo chiederti una cosa… - esordì la ragazza facendosi seria.

-          Dimmi pure – disse Sirius altrettanto seriamente.

-          Possiamo andarcene da qui? Subito. Sento gli occhi delle mie allegre compagne piantati tra le scapole – confessò Sara – E’ peggio di una radiografia.

Sirius notò che effettivamente parecchi sguardi erano diretti dalla loro parte, ma non poté fare a meno di ridere. Era davvero così poco abituata all’attenzione degli altri?

-          Stai ridendo di me, Black? – domandò Sara con aria truce.

-          No… no, scusa… - rispose il ragazzo cercando di ricomporsi.

-          Smettila di ridere! – ingiunse Sara.

-          Non sto ridendo! – esclamò Sirius cercando di non sghignazzare sotto i baffi.

-          Oh, d’accordo. Resta pure lì a divertirti – replicò la ragazza facendo per andarsene.

-          Aspetta! – la fermò Sirius prendendola per un polso – Perdonami non volevo essere scortese – disse, finalmente serio.

Sara si voltò e lo squadrò duramente. Sirius guardò con attenzione in quei profondi occhi scuri per capire se fosse veramente arrabbiata. Fu lei a rompere il silenzio per prima:

-          Ascolta Black, io non so perché sei qui oggi. Ma se ti sei preso il disturbo di fare tutta questa strada solo per prendermi in giro puoi anche tornartene da dove sei venuto.

In quell’istante Sirius comprese, quasi senza rendersene conto, che quella non era solo una sfida, c’era qualcosa di più e lui non aveva alcuna intenzione di lasciarsi sfuggire questo qualcosa.

-          Non sono venuto qui per prenderti in giro, no di certo.

Sara non replicò e Sirius capì che la ragazza non aveva alcuna intenzione di rendergli le cose più facili rompendo il silenzio. Il messaggio era chiaro: “hai fatto il danno, poni rimedio”.

-          Ho parcheggiato la moto in quel vicolo – disse infine – Andiamo?

Sara riflette qualche secondo, poi gli concesse un mezzo sorriso. Si incamminarono in silenzio verso la moto e, quando la raggiunsero, Sirius indossò il casco e ne porse uno alla ragazza. Se Sara rimase sorpresa dalle dimensioni e dalle stranezze del mezzo non lo diede a vedere, si allacciò il casco sotto il mento e, quando Sirius si fu sistemato, salì dietro di lui.

-          Ok, Black. Possiamo andare – disse la ragazza.

-          Va bene – ma prima di partire Sirius disse – Puoi farmi un favore? Chiamami Sirius.

-          D’accordo… Sirius – replicò leggermente titubante la ragazza.

-          Dimenticavo – aggiunse Sirius accendendo il motore – questa moto vola.

Appena ingranata la prima la moto iniziò a sollevarsi da terra, Sirius sentì Sara stringersi a lui e sorrise.

Per quella giornata aveva deciso di portarla a Londra, lontano dagli sguardi indiscreti di Hogsmeade e di Hogwarts. L’avrebbe riportata al castello in tempo per la cena e nessuno avrebbe saputo che si era allontanata tanto. 

Trascorsero la mattinata passeggiando tra i negozi e chiacchierando. Sirius fu piuttosto sorpreso dalla facilità che trovava nel conversare con Sara, scoprì in questo modo che la ragazza aveva senso dell’umorismo e aveva le idee chiare su molti argomenti.

Quando si fece ora di pranzo Sirius la condusse in un piccolo ristorante Babbano, piuttosto nascosto ma di ottima qualità. Il cameriere che li accolse li fece accomodare ad un tavolo accanto ad una finestra luminosa. Mentre veniva servito il pranzo Sirius disse:

-          Allora anche tu abiti a Londra. In che zona?

Sara gli disse il quartiere e il ragazzo esclamò:

-          Però! Zona di lusso.

-          Già – fu la laconica risposta della ragazza.

-          Non mi sembri particolarmente contenta – osservò Sirius.

-          No, infatti non lo sono. Ma non è la zona il problema, figuriamoci – spiegò Sara – il problema è quello che abitare in quella zona comporta. L’eleganza, il lusso, l’ostentazione. Mia madre poi è fissata con le sue convinzioni, ha convinzioni per ogni cosa, sul cibo, sull’abbigliamento, sull’istruzione, sulle compagnie. E guai al mondo a contraddirla, rischi di essere esposto al pubblico ludibrio.

-          In un certo senso ti posso capire – ammise Sirius pensando che con le convinzioni di sua madre avrebbe potuto scriverci un’enciclopedia.

-          Davvero? Non l’avrei mai detto. In che senso puoi capire? – indagò Sara ansiosa di saperne di più.

-          Preferirei cambiare discorso, non amo parlare della mia famiglia – disse Sirius per cavarsi dall’impaccio. L’ultima cosa che voleva era impelagarsi in una conversazione con sua madre come protagonista.

-          Allora perché hai tirato fuori l’argomento se non ne vuoi parlare? – rincarò Sara scrutandolo al di sopra di un bicchiere di vino bianco.

-          Io non ho tirato fuori l’argomento. Tu l’hai tirato fuori – rispose il ragazzo sulla difensiva.

-          Perché ti arrabbi tanto? – domandò innocentemente la ragazza – Non sarai una di quelle persone che tirano il sasso e nascondono la mano. È una cosa da vigliacchi.

-          Mi stai dando del vigliacco? – sibilò Sirius.

La conversazione stava decisamente prendendo una brutta piega e Sirius non voleva finire a litigare al primo appuntamento. Un momento… primo appuntamento? Era già passato dal considerarlo un tentativo al considerarlo un appuntamento?

-          Non ti sto dando del vigliacco, non ti scaldare così  per favore – disse Sara con tono più disteso.

Il pranzo proseguì senza ulteriori intoppi e Sirius credette che la discussione fosse conclusa lì. Ma ancora non conosceva a fondo Sara. Nel pomeriggio decisero di fare una passeggiata a Diagon Alley e concedersi un gelato come i Babbani non avevano idea che esistesse. Fu seduti nella gelateria Florian, davanti a una gigantesca coppa alla ciocconocciola affogata in una vellutata ai frutti di bosco, che Sara ripartì all’attacco sul tema famiglia.

-          Tu sei figlio unico? – chiese a bruciapelo.

Sirius la studiò per un istante con il cucchiaio fermo a mezz’aria prima di decidere che ad una domanda di questa entità poteva tranquillamente rispondere.

-          No, ho un fratello. Si chiama Regulus.

-          Ah già! – esclamò Sara – Che sciocca, Regulus Black di Serpeverde. E’ due anni avanti a me se non erro. E dimmi, è lui la pecora nera della famiglia o sei tu?

-          Cosa ti fa credere che uno di noi sia una pecora nera? – domandò il ragazzo preoccupato dall’acume di Sara.

-          Il fatto che siate agli antipodi. Uno a Grifondoro e l’altro a Serpeverde, uno spavaldo e l’altro più schivo, uno al centro dell’attenzione e l’altro più in ombra.

-          Sono colpito da questa analisi – replicò Sirius sarcastico – In linea di massima la pecora nera sono io.

-          Lo immaginavo – disse Sara in tono quasi trionfante mentre affondava nuovamente il cucchiaio nel gelato.

Sirius attese prima di chiedere perché. Aveva una certa voglia di vedere cosa avrebbe fatto lei se avesse lasciato cadere completamente il discorso. Ma dallo sguardo acceso della ragazza comprese che non avrebbe desistito con tanta facilità, così si arrese e domandò:

-          Perché lo immaginavi?

-          Perché altrimenti non vedo come avresti potuto capire il mio punto di vista – spiegò lei semplicemente - Ricordi il discorso che facevamo prima? Bene, anche io sono la pecora nera della famiglia. Ho sempre detestato gli amici di mia madre, non ho mai partecipato a ricevimenti e feste a meno di non essere costretta, non ho intenzione di sposare un ricco avvocato e fare la mantenuta per il resto dei miei giorni, non mi piace impiegare otto ore a prepararmi prima di uscire a comprare il giornale e, cosa da non sottovalutare, sono una strega. Questo è il massimo dell’onta che potevo fare a mia madre. Se capisci il mio punto di vista significa che la tua esperienza è simile alla mia. Scommetto che vieni da intere generazioni di Serpeverde.

Sirius cercò di non dare a vedere quanto fosse sconcertato da queste rivelazioni. Aveva sempre immaginato Sara in una bifamiliare, con una famiglia normale ma felice, con genitori orgogliosi e con poche preoccupazioni per la testa. E invece scopriva che le loro esperienze non erano poi così diverse.

-          Tu parli sempre di tua madre. Tuo padre invece? – domandò infine cercando qualcosa da dire.

-          Mio padre è una presenza positiva ma aleatoria nella mia vita. Non è che ci sia un granché da dire. Ok, io ho confessato. Ora tocca a te – disse Sara con un ampio sorriso.

-          Tu non molli mai vero? – chiese il ragazzo esasperato.

-          No e soprattutto non ho intenzione di mollare con te. Devo fartene purgare troppe. Quindi o ti decidi a parlare oppure continuerò a tormentarti.

Sirius fece un sospiro di rassegnazione. Il gelato era terminato e lui sembrava non avere scelta. La cosa che lo stupiva di più era che si sarebbe infuriato a morte con chiunque altro avesse osato torchiarlo a quel modo, anche con James Potter. Con Sara invece era diverso. Sarà stata colpa di tutto quello zucchero che aveva appena assunto, oppure del modo in cui lei gli sorrideva mentre gli faceva le domande più spinose. Anche a distanza di più di un decennio Sirius non avrebbe saputo dirlo. Fatto sta che cominciò a parlare.

Raccontò di sua madre, despota familiare che ce l’aveva a morte con lui. Raccontò di suo padre, che viveva completamente all’ombra della moglie. Raccontò di suo fratello Regulus, il figlio perfetto che lui non era stato capace di essere. Poi parlò della sua fuga da casa, di come avesse trovato rifugio dalla famiglia di James e a Hogwarts e di come, da allora, non avesse più parlato con nessun membro della famiglia. Le disse dell’eredità di suo zio e le parlò a lungo di sua cugina Andromeda, l’unica parente per cui valesse la pena spendere qualche parola in più.

Parlò fino a quando non fu ora di riaccompagnare Sara a Hogwarts e lei non batté ciglio, ascoltò con interesse come se quelle storie riguardassero lei personalmente. Non fece commenti e non gli diede consigli. Lo ascoltò e basta.

Prima di risalire sulla moto e intraprendere il viaggio di ritorno, Sara disse:

-          Visto? Non è stato poi così terribile parlarne.

Sirius si limitò a sorridere. Non avrebbe mai ammesso che, dopo quella chiacchierata, si sentiva sollevato. Non avrebbe mai ammesso che temeva che quel lato non proprio esaltante della sua vita avrebbe potuto allontanare Sara.

Salirono sulla moto volante e ripercorsero la rotta che avevano seguito al mattino, fino ai cancelli di Hogwarts. Quando arrivarono stava scendendo la sera e gli ultimi ritardatari erano già sulla via del castello.

-          Devo sbrigarmi o Gazza non mi farà più entrare – esclamò Sara slacciando in fretta il casco e restituendolo a Sirius – Grazie della giornata, sono stata benissimo.

-          Anche io sono stato bene – rispose Sirius avvicinandosi a lei – Mi piacerebbe ripetere – propose con un sorriso che avrebbe fatto squagliare le ginocchia a tutte le ragazze di Hogwarts.

-          Piacerebbe molto anche a me – replicò Sara, arrossendo appena – Sarò impegnata con gli esami tutta la settimana e poi dovremo attendere i risultati. Tra un paio di settimane però tornerò a Londra per l’estate.

-          Fammi sapere quando arrivi. Vengo a prenderti alla stazione – disse Sirius estraendo un frammento di pergamena dalla tasca e scribacchiandoci sopra il suo indirizzo – Mandami un gufo – aggiunse porgendole la pergamena.

Per la prima volta nell’arco della giornata pareva che Sara avesse esaurito le parole. Sirius decise di essere clemente e di toglierla dall’imbarazzo. Si chinò verso di lei, le pose le mani sulla vita e la baciò piano. Fu un bacio molto più lungo di quello che si erano scambiati dopo il matrimonio di Lily e James, di sicuro non fu il migliore, ma senza dubbio fu il loro primo vero bacio.



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