Per i lettori: ecco a voi un nuovo capitolo! Mi raccomando, aspetto le vostre impressioni, i vostri commenti, le vostre critiche. Datemi un segno!

-          Kingsley deve sperare che non lo trovi, perché questa volta lo riduco a fettine!!! A fettine SOTTILI!!!

Tonks era decisamente furiosa. Era arrivata a Grimmauld Place sconvolta, urlando che Kingsley le aveva fatto saltare la copertura con Sara, ma a parte quello non erano ancora riusciti a cavarle informazioni utili. Era troppo arrabbiata per parlare in modo coerente.

Sirius lottava per non cadere nel panico. Se la copertura di Tonks era saltata, significava che Sara sapeva di essere controllata. Si volse verso Lily e James, le uniche altre persone presenti in quel momento, implorandoli con gli occhi di fare qualcosa.

Lily, con un’aria preoccupata quanto quella dell’amico, colse la prima pausa nell’invettiva di Ninfadora per cercare di calmarla e farle raccontare l’accaduto.

-          Dora, calmati – disse Lily avvicinandosi e posandole le mani sulle spalle – Siediti e bevi qualcosa. Perché non ci racconti cos’è successo? Intanto preparo una tazza di the.

L’intervento di Lily sembrò prosciugare Tonks di tutta l’energia, che aveva solo un attimo prima. La ragazza si lasciò cadere sulla prima sedia a portata di mano e si coprì il volto con una mano, gettando la testa all’indietro.

-          Un disastro. Non poteva andare peggio di così – disse, sempre nascondendosi gli occhi – Proprio adesso che stavo cominciando ad entrare in confidenza con lei!

Sedendosi di fronte a Tonks, dall’altra parte del tavolo, Sirius si sorprese ad invidiarla terribilmente per aver avuto la possibilità di parlare con Sara.

-          Raccontaci cosa è successo – disse Sirius gentilmente, mentre Lily serviva il the – Dall’inizio.

-          Come vi avevo già raccontato – iniziò la ragazza con un sospiro – ieri mi ha permesso di lavorare con la squadra sul nuovo caso e mi ha portata con lei, per parlare con la sorella della vittima. C’è una cosa però che non vi ho detto.

Lily, James e Sirius pendevano letteralmente dalle sue labbra.

-          Quando siamo uscite dalla casa della vittima, siamo andate con la sua auto al Ministero e, una volta scese dalla macchina, Sara ha avuto l’impressione di vedere qualcuno nel parcheggio. Mi sembrava molto agitata, ha persino tirato fuori la bacchetta come se temesse un attacco. Mi ha chiesto se avessi visto qualcuno e io… le ho mentito. Avevo visto qualcuno, ma non ho confermato i suoi sospetti. Per la precisione quel qualcuno era Kingsley…

-          Che cosa?! – esclamò James – Vi stava seguendo?

-          Sara non l’ha riconosciuto, ma io sì. Forse perché lo conosco meglio. Ho cercato di non farci caso, non volevo pensare che Kingsley si fidasse così poco delle mie capacità da doverci pedinare, ma ho fatto male a lasciar correre.

La ragazza fece una pausa per sorseggiare il the, lasciando il suo pubblico in penosa attesa.

-          Questa mattina abbiamo lavorato sui conoscenti della vittima – riprese la ragazza che, ora che aveva iniziato a raccontare, non sembrava volersi interrompere – abbiamo convocato amici, parenti, colleghi per avere qualche informazione in più. A metà mattinata circa ho visto Sara allontanarsi. È passata da me e Parker solo per dire che sarebbe tornata a parlare con la sorella della vittima e poi si è avviata verso l’uscita del Dipartimento. Sapete, il mio cubicolo nell’open-space è piuttosto vicino all’uscita e ho visto Kingsley uscire subito dopo di lei. Sapevo che questa volta non poteva essere un caso. Ho cercato di fermarlo! Ma prima che potessi raggiungerlo si era smaterializzato! – esclamò Tonks picchiando un palmo sul tavolo – Probabilmente aveva sentito Sara parlare della sua destinazione. Così mi sono smaterializzata anch’io e l’ho raggiunto.

Nessuno adesso aveva la minima intenzione di interrompere e le facce cupe rendevano perfettamente l’idea della gravità della situazione.

-          Quando mi ha vista si è arrabbiato, come se ne avesse alcun diritto! Mi ha detto che non capivo quanto stavo rischiando e che avrei potuto essere nelle mani di una Mangiamorte senza saperlo. Io ho tentato di convincere Kingsley che era impossibile ma non mi ha dato retta. Abbiamo discusso tanto che non ci siamo accorti che Sara stava uscendo dalla casa dei Guilford e lei ci deve aver visti.

-          Maledizione! – esclamò Sirius – Ci credo che pensi che la controlliamo!

-          Ma perché non vi siete smaterializzati? – chiese Lily incredula.

-          È un quartiere babbano, non potevamo così, in pieno giorno. Siamo fuggiti in fondo a un vicolo, ma prima che potessimo smaterializzarci ci ha visti, almeno di sfuggita. Non sono certa che abbia riconosciuto Kingsley ma di certo ha riconosciuto me, perché…

Tonks sembrava sull’orlo delle lacrime, Sirius non sapeva se per la frustrazione o che altro. Non poteva credere che Shakelbolt avesse rovinato tutto in questo modo.

-          Sono tornata in ufficio – riprese la ragazza, con le mani tremanti aggrappate alla tazza di the – e sono arrivata prima perché Sara ha dovuto recuperare l’auto. Quando è arrivata al Dipartimento, mio Dio, è stato… orribile…

A questo punto Ninfadora raccontò, sempre tenendo gli occhi fissi sul tavolo, quello che Sara le aveva detto, dopo averla rinchiusa nel suo ufficio e bloccata con un braccio dietro la schiena.

Sirius aveva la bocca asciutta. Ora erano davvero nei guai, in ogni caso, perché se Sara avesse accettato di far parte dell’Ordine probabilmente non si sarebbe mai fidata di nessuno di loro e, se non avesse accettato, ormai sapeva che Silente stava tramando qualcosa alle spalle del Ministero.

Doveva convenire con Tonks. Era un vero disastro.

-          È un delirio, capite? Io sono finita, lei ha davvero il potere di rendermi la vita impossibile. Proprio adesso che stavo cominciando un lavoro che davvero mi piace!

-          Non disperare – disse Lily con il suo caratteristico buon senso – Sono certa che se Silente parlerà a Sara per spiegarle la situazione, capirà.

-          Ma sai qual è la cosa peggiore? – domandò Tonks, rivolta direttamente a Lily – Stavo davvero cominciando a fidarmi di lei, iniziavo a credere che potesse veramente far parte dell’Ordine, perché è una persona fuori dal comune. Avresti dovuto vederla parlare con la sorella della vittima, non è affatto fredda e altezzosa come tutti pensano. È forte, capace e ha un intuito straordinario per capire le persone.

Lily guardò Sirius con occhi pieni di tristezza. Era la descrizione di Sara più calzante che avessero sentito fino a quel momento.

Sirius aggiunse mentalmente questa alle cose per cui si sentiva in colpa e per cui avrebbe voluto chiedere scusa. Ma fu come la goccia che fece traboccare il vaso. Era finito il tempo di tenersi in disparte. Voleva vedere Sara? Bene, si sarebbe messo all’opera per realizzare questo desiderio.

-          Ormai è fatta – disse seccamente – Adesso bisogna trovare una soluzione.

-          D’accordo – assentì James – Suggerimenti?

-          Dobbiamo contattare Remus. E anche Silente. Subito.

*^*^*^*^*

Quando Frank, dopo più di un’ora da che ne era uscita Tonks, entrò titubante nell’ufficio di Sara, la trovò seduta alla scrivania, la testa bassa e le mani che sorreggevano la fronte. Non muoveva un muscolo, sembrava che neppure respirasse, e non si mosse neppure quando Frank entrò nel suo campo visivo.

-          Hem… Capo? Tutto… tutto bene?

Nessuna risposta.

-          Capo, scusa se ti disturbo ma… ho visto Tonks uscire di qui correndo.

-          Non. Nominarmi. Quella. Tonks. Mai. Più. – disse Sara alzando la testa di scatto – Non la voglio più vedere nemmeno in fotografia. E non ammetterò mai più nessun nuovo membro nella nostra squadra.

Lo sguardo tetro di Sara suggeriva che non era il caso di fare domande. Frank si ritirò in buon ordine, chiudendosi la porta alle spalle e la lasciò nuovamente sola.

*^*^*^*^*

Patronus con messaggi di allarme furono mandati a Silente, a Remus e anche a Kingsley, che doveva rendere conto delle sue azioni.

-          Che cosa vuoi fare? – chiese James sotto voce a Sirius, mentre Lily confortava Ninfadora.

-          Dobbiamo chiarire subito questo malinteso, altrimenti sarà peggio. L’unico di noi che può andare da Sara e convincerla, almeno a starci a sentire, è Remus.

-          Pensi che funzionerà? – domandò Tonks, che aveva sentito le parole di Sirius e cominciava a riprendersi.

-          Sirius ha ragione, Remus è la persona adatta – confermò Lily – Si conoscevano a scuola – spiegò a beneficio della ragazza – e sono sicura che di lui si possa fidare.

-          Remus dovrà spiegarle la situazione – continuò Sirius, che aveva preso il comando – e dovrà chiederle di venire qui, stasera, per la riunione dell’Ordine. Anzi, per avere il tempo di fare tutto dobbiamo ritardare la riunione di qualche ora.

Proprio in quel momento, Molly rientrò con parecchi sacchetti di provviste. La misero brevemente a conoscenza dell’accaduto e insieme mandarono messaggi a tutti i membri dell’Ordine della Fenice per comunicare che la riunione non sarebbe stata alle sei del pomeriggio, come previsto, ma alle otto.

-          In questo modo Remus dovrebbe avere il tempo di parlarle – disse James – Ma dove è finito?

Lupin e Silente arrivarono quasi contemporaneamente, preoccupati dal messaggio ricevuto, furono ancora più preoccupati quando videro le espressioni ansiose che aleggiavano a Grimmauld Place. A Tonks toccò l’ingrato compito di raccontare nuovamente l’accaduto, ascoltando il quale Remus si indignò mentre Silente mantenne la sua espressione imperscrutabile di sempre.

Sirius poi comunicò il piano di azione che avevano messo a punto.

-          So che a te tocca la parte più difficile – disse rivolto a Lupin – ma so anche che saprai cosa dire… Sempre se lei è d’accordo – aggiunse rivolto a Silente.

Nella foga del momento, Sirius stava dimenticando chi era il vero “capo”. D’altra parte si sentiva di nuovo bene nei panni del leader.

-          Mi sembra la soluzione migliore che potessimo trovare – sentenziò il Preside dopo qualche attimo di riflessione – So che la signorina White ha molta stima di te, Remus.

-          Lo spero – rispose Lupin – vista la fiducia che riponete in me, non vorrei deludervi. Soprattutto, prima di decidere cosa dirle, devo decidere come avvicinarla. Cosa mi suggerite di fare? Dovrei aspettarla fuori dal Ministero.

-          Sarebbe meglio non entrare al Ministero se possibile, ma se non dovesse uscire per molto tempo non avresti il tempo di parlare prima della riunione – disse Silente considerando le varie possibilità – Prova ad aspettare per un po’ all’esterno. Se non dovesse uscire, mandale un messaggio via gufo.

Remus annuì, confermando di aver capito le parole di Silente e, senza perdere altro tempo, uscì lasciando Sirius a predisporsi all’ennesima attesa.

L’attesa che accadesse qualosa, a dire il vero, non fu poi così lunga. Kingsley Shakelbolt, per quanto avesse tergiversato il più possibile, non aveva potuto evitare di presentarsi a Grimmauld Place e il suo arrivo fu accolto da un silenzio glaciale. Tutti lo fissavano, fermo sulla porta della cucina, senza neppure respirare a Tonks lo guardava con puro disgusto. Lo sguardo più difficile da sostenere, tra tutti era quello di Silente, Sirius lo sapeva per esperienza personale.

La prima a rompere il silenzio fu Ninfadora

-          Come diavolo hai potuto! – strillò avanzando minacciosa verso di lui – Possibile che tu non abbia pensato alle conseguenze? Che stavi cercando di fare, eh? Si può sapere?

-          Stammi a sentire – rispose Kingsley altrettanto arrabbiato – Ho agito come mi suggeriva la coscienza. Stavi passando troppo tempo sola con la White. E se ti avesse scagliato la Maledizione Imperius? Se ti avesse estorto informazioni sull’Ordine? Lo so che ti fidi di lei, ma io non sono il tipo che si fida così alla leggera!

Prima che Tonks potesse ricominciare a urlare, Silente decise di intervenire.

-          Apprezzo molto le tue intenzioni di proteggere sia l’Ordine che Ninfadora – disse con voce pacata – ma ci terrei a farti notare che, dal tuo comportamento, noi potremmo essere indotti a credere che tu sia sotto la Maledizione Imperius.

Kingsley era ammutolito e, senza cercare di opporsi, osservò Silente che estraeva la bacchetta dalla manica della sua lunga veste blu. Il Preside puntò la bacchetta verso Kingsley mormorò qualche parola, prima di sentenziare:

-          No, non sei sotto l’effetto della Maledizione Imperius e questo è un sollievo. Però voglio che tu sappia che, se prenderai altre iniziative di questo tipo, ne risponderai direttamente a me.

-          Mi dispiace di aver creato problemi – disse Kingsley sollevando lo sguardo su tutti i presenti, come per scusarsi con l’intero Ordine, oltre che con Silente – Se dovesse ricapitare una situazione del genere sarò meno impulsivo.

Il lieve sorriso di Silente ebbe il potere di rasserenare tutti quanti, che ricominciarono ad affaccendarsi, molto più sereni di poco prima.

-          Ancora una cosa, Kingsley – aggiunse Silente – Abbiamo deciso di contattare direttamente la signorina White che, se tutto va bene, parteciperà alla riunione di stasera. Mi aspetto che tu le faccia le tue scuse e ti comporti in modo adeguato verso di lei. Nessuno desidera pericolose tensioni all’interno dell’Ordine.

Kingsley annuì, poi si avvicinò a Tonks per porgere anche a lei le sue scuse per averla messa in difficoltà. La ragazza, non avvezza ad essere infuriata troppo a lungo, lo perdonò con una sonora pacca sulla spalla e un mezzo sorriso.

Sirius, che aveva osservato tutta la scena da un angolo, si accese una sigaretta, tranquillizzato dall’intervento del Preside. Come sempre, Silente aveva la capacità innata di sistemare qualsiasi problema e infondere una grande fiducia nelle persone. D’altro canto non era piacevole vedere un uomo forte coma Shakelbolt comportarsi come un scolaro in punizione, per questo Sirius fu felice di vedere che tutti riprendevano le loro attività normalmente, senza serbare rancore.

Lui stesso doveva ammettere che l’intervento di Kingsley, per quanto poco opportuno, aveva decisamente accelerato i tempi. Ora doveva solo sperare che il suo amico Remus fosse abbastanza convincente.

*^*^*^*^*

Erano passate diverse ore da quando Sara era rientrata in ufficio, ormai era pomeriggio inoltrato e ancora non era riuscita a muoversi dalla sua scrivania. Fissava la porta davanti a se, come se il legno scuro potesse darle qualche risposta, e aveva le sopraciglia aggrottate da talmente tanto tempo che le stava venendo un gran mal di testa.

Perché Silente le aveva messo accanto Tonks? Silente la conosceva, forse non bene, ma doveva sapere che tipo di persona fosse. Perché compiere un gesto che appariva tanto inutile quanto avventato? Era stato tutto calcolato oppure il fatto che Olga fosse rimasta incinta proprio adesso era soltanto un caso? Possibile che Olga fosse parte della cospirazione e la sua gravidanza fosse inventata?

No, no. Quello non era possibile. Olga non avrebbe mai fatto una cosa del genere e, per quanto ne sapesse lei, non aveva mai avuto contatti diretti con Tonks. Probabilmente si era trattato di una coincidenza che Silente aveva saputo abilmente sfruttare.

Restare sola con i suoi pensieri la stava rendendo paranoica, vedeva collegamenti dove non c’e n’era nemmeno l’ombra e le teorie della cospirazione stavano prendendo il sopravvento. Doveva schiarirsi le idee.

Compiendo il primo movimento da almeno un’ora, Sara voltò la testa verso l’orologio appeso alla parete. Le quattro in punto.

Decise subito. Si alzò dalla sedia, raccolse le sue cose e si diresse alla porta. Quando la aprì la confusione del Dipartimento agì come una martellata sul suo mal di testa. No, in quel via vai frenetico di Auror non poteva riflettere. Doveva uscire.

-          Parker – disse affacciandosi in laboratorio, dove Frank stava ancora lavorando.

-          Capo, tutto a posto? – chiese il ragazzo, preoccupato.

-          Si, Frank. Tutto a poto – rispose Sara stancamente – Io esco. Non so se torno prima di domattina. Sei tu di turno stasera?

-          Si, ci sono io. Non preoccuparti, se succede qualcosa ti chiamo.

Sara annuì e si allontanò in fretta, prima che qualcuno potesse fermarla.

Tutto il Ministero le sembrava estremamente caotico, davvero troppo per la stanchezza che sembrava averla assalita all’improvviso. Raggiunto l’Atrium, uscì dall’ingresso visitatori, insinuandosi nel cubicolo che l’avrebbe portata alla sgangherata cabina telefonica.

Il vicolo, umido e poco luminoso, era più adatto all’umore di Sara. Si abbottonò il cappotto grigio fino al mento ed estrasse da una tasca le sigarette e l’accendino. Aspirò la prima boccata ad occhi chiusi, poi si diresse verso l’estremità del vicolo.

Presa com’era dai suoi pensieri, non notò subito la persona ferma dall’altro lato della strada, casualmente appoggiata al muro. Quando lei iniziò a camminare, quella persona si diresse dalla sua stessa parte, mantenendosi però sul marciapiede opposto.

Solo dopo qualche passo l’istinto di Auror prese il sopravvento e Sara si voltò a guardare meglio. Sembrava proprio… ma non poteva essere… In un attimo sembrò che tutta la stanchezza che aveva provato fino a un attimo prima, scomparisse per lasciare di nuovo il posto ad una rabbia cieca.

La sigaretta le cadde dalle mani.

Remus Lupin doveva essere l’ennesimo emissario di Silente messo alle sue calcagna! Incurante della auto che strombazzavano e inchiodavano per non investirla, Sara attraversò precipitosamente la strada.

-          Che diavolo ci fai qui? Ti ha mandato Silente? – sibilò inferocita.

-          Ciao Sara. Anche per me è bello rivederti – disse Remus per tentare di smorzare la tensione.

-          Non scherzare, oggi davvero non è giornata.

Remus probabilmente intuì di aver sbagliato approccio, perché la sua espressione si fece ad un tratto molto seria e disse.

-          In effetti, mi ha mandato Silente. Vuole che ti spieghi come sono andate le cose… se ti va di starmi a sentire.

Silente le aveva dato l’informazione chiave per risolvere il caso Black, poi l’aveva fatta pedinare e ora le mandava Remus. Tutto questo doveva essere in qualche modo collegato a Sirius e, anche se fino a quel momento si era rifiutata di ammetterlo, la cosa che voleva di più era sapere dove fosse Sirius, sapere se stesse bene e, cosa ancor più patetica, se si ricordasse di lei. Ascoltare Remus poteva essere un passo avanti in questa direzione, così annuì e rimase in silenzio. Poi iniziò a camminare.

Remus la seguì senza fiatare fino a che raggiunsero un tratto del lungo fiume. Il traffico di automobili era intenso, ma sul marciapiede non si vedeva un passante per centinaia di metri. Sara si lasciò cadere su una panchina e fece segno a Remus di fare lo stesso.

-          Mi dispiace per quello che è successo, non era nostra intenzione…

-          Nostra? – interruppe Sara, tenendo gli occhi fissi sull’acqua del Tamigi – Tua e di chi?

-          Mia e dell’Ordine della Fenice.

-          Ordine di che cosa? – domandò Sara senza capire.

-          L’Ordine della Fenice – spiegò Lupin – è una società segreta fondata da Silente ai tempi della presa di potere di Voldemort. Vista la situazione, Silente ha pensato di contattare i vecchi membri e coinvolgerne di nuovi.

-          Dunque è la stessa società segreta di cui facevate parte quindici anni fa – affermò Sara, sempre con lo sguardo davanti a sé; non riusciva a guardare Remus negli occhi e non riuscì neppure a meravigliarsi di aver avuto la conferma del ritorno del Signore Oscuro.

-          Si, sai già qualcosa dell’Ordine?

-          Il tuo amico mi aveva accennato qualcosa. Niente di particolarmente dettagliato, ma abbastanza per capire che potesse trattarsi di una cosa del genere.

-          Il tuo amico? – domandò Remus voltandosi verso di lei con un sopraciglio sollevato – Non riesci nemmeno a pronunciare il suo nome?

Sara sentì il suo cuore stringersi e un groppo salirle in gola, così decise di non rispondere. No, non riusciva a pronunciare il suo nome. Aveva dovuto dire il nome “Sirius Black” troppe volte, per lavoro, negli ultimi giorni e ora non riusciva a pronunciarlo come se parlasse di qualcuno che faceva parte della sua vita.

Rimase ostentatamente in silenzio, con lo sguardo rivolto ovunque tranne che verso Lupin, così l’uomo riprese a parlare.

-          L’Ordine ha seguito con interesse il tuo lavoro. Sei stata davvero in gamba a scagionare “il mio amico”.

Sara sbuffò sonoramente e incrociò le braccia davanti al petto.

-          Ho come l’impressione che tu sia arrabbiata – tentò Remus per rompere il mutismo della donna.

Sara si voltò di scatto, guardandolo per la prima volta e perforandolo con un’occhiata glaciale.

-          Arrabbiata? Hai l’impressione che sia arrabbiata? Ti pare che abbia dei motivi per essere arrabbiata? – inveì con un tono di voce sempre crescente.

-          Sara, ti prego…

-          Io non sono arrabbiata! – gridò alzandosi dalla panchina e piazzandosi davanti a lui – SONO FURIOSA! Voi ve ne state lì, dietro le quinte, a tirare le fila del vostro teatrino e lasciate gli altri a sbattere la testa nei muri! E adesso dovrei starti a sentire? Perché? PERCHÈ?

-          Hai ragione – cominciò Remus alzandosi a sua volta – però…

-          Però che cosa? Certo che ho ragione! Come potrei non avere ragione! Non avete scuse, nessuna scusa, per il vostro comportamento!

-          Lo so Sara, ma cerca di capire, che cosa avremmo dovuto fare? – riuscì finalmente a dire Remus.

-          Dirmi la verità per esempio! Io ti ho chiesto più volte se sapessi qualcosa, se avessi informazioni che mi mancavano, se fossi a conoscenza di qualche dettaglio che mi aiutasse a capire! Te l’ho chiesto quindici anni fa! QUINDICI! L’ho chiesto a te e l’ho chiesto a Silente. L’unica risposta che ho avuto è stata “No, non c’è assolutamente niente. Mettiti il cuore in pace”. NIENTE! E ora io ci devo uscire pazza con questa storia del Custode Segreto perché tra tutti avete avuto la bella pensata di tenermi completamente all’oscuro di come stessero le cose. IO NON SONO ARRABBIATA!

Era di nuovo furente come quando aveva cacciato Tonks dal suo ufficio. Come poteva Remus presentarsi così e sperare che lei lo stesse a sentire accettando le sue stiracchiate spiegazioni.

Poiché la donna era senza fiato dopo la sfuriata, Remus riuscì a parlare con più calma.

-           Sara – cominciò lui lentamente – posso capire che tu sia amareggiata e furibonda, ma noi tutti abbiamo creduto di farlo per il tuo bene. Non è stata una mancanza di fiducia nei tuoi confronti. All’inizio non era saggio che Sirius ti dicesse che cosa stava per fare e dopo… che senso avrebbe avuto dirtelo? Che cosa dovevo fare? Dirti che Sirius era il Custode Segreto di Lily e James e causarti ancora più dolore? E per quanto riguarda la faccenda di Peter, io stesso ne sono venuto a conoscenza solo due anni fa.

-          Due anni fa? – domandò Sara ora più calma. Il suo cervello riprese a lavorare a pieno ritmo facendo collegamenti – L’anno in cui hai insegnato a Hogwarts.

Dopo una pausa in cui avvertì nuovamente un’ondata di rabbia crescerle dalle parti dello stomaco, chiese:

-          L’ultima volta che ci siamo visti allora lo sapevi già?

Il suo sguardo era talmente fiammeggiante che avrebbe impaurito anche l’uomo più coraggioso del mondo.

-          No, quella volta ancora non ne sapevo nulla. L’ho scoperto solo verso la fine dell’anno scolastico.

Il fatto che nemmeno Remus sapesse molto della faccenda, placò in parte il senso di ingiustizia che attanagliava il petto di Sara. Cercando di riordinare le idee, domandò:

-          Perché Silente mi ha fatta controllare da Tonks e poi pedinare?

-          Non ti stavamo controllando, non nel senso stretto del termine. Siediti, così ti racconto.

Sara si sedette sulla panchina e fumò l’ennesima sigaretta, mentre ascoltava Lupin raccontare di quando Silente aveva proposto di ammetterla all’Ordine, delle obiezioni che c’erano state, della decisione di affiancarle Tonks per conoscerla meglio e infine dell’intervento di Kingsley Shakelbolt.

Erano un sacco di nuove informazioni da digerire e Sara non sapeva più che cosa pensare. Da un lato si sentiva onorata che Silente avesse proposto di ammetterla nell’Ordine della Fenice, dall’altro sentiva di meritarlo per tutto quello che aveva dovuto passare. Meritava delle risposte.

Era arrabbiata con Tonks per averla ingannata, ma si rendeva conto che la ragazza non l’aveva fatto con cattive intenzioni e, anzi, si era schierata dalla sua parte sostenendone l’affidabilità.

Non poteva che avercela con Kingsley Shakelbolt per averla seguita, ma in un certo senso capiva le sue ragioni: gli avevano tolto il caso Black, facendogli fare la figura dell’incompetente, e ora proponevano di introdurre quella che gli aveva fatto fare la figura dell’incompetente nell’Ordine, così su due piedi.

Dopo averle lasciato il tempo per riflettere, Lupin disse:

-          So che non è una decisione facile da prendere e non posso nasconderti che far parte dell’Ordine della Fenice sia rischioso. L’ultima volta eri troppo giovane, ma questa volta hai il diritto di combattere contro Voldemort attivamente… se desideri farlo.

-          Siete certi che sia tornato? – chiese Sara, sperando inutilmente in una risposta negativa.

-          Sì. Harry l’ha visto risorgere, recuperare il suo corpo… con l’aiuto di Peter Minus.

Harry. Harry Potter. Ancora una volta incrociava il suo destino con quello di Voldemort.

-          Harry. Come sta? È a Hogwarts immagino.

-          Sì, ora è a Hogwarts, ma ha passato parte delle vacanze con l’Ordine. E’ un ragazzo incredibile, non so come riesca a essere ancora vivo e sano di mente con tutto quello che gli è successo.

-          Bé ha dei buoni geni – replicò la donna.

Sara deglutì un paio di volte e respirò a fondo prima di fare la domanda che le interessava davvero, la domanda che aveva in testa fin dal primo istante in cui aveva riconosciuto Lupin.

-          Tu sai dov’è, non è vero?

Non ebbe bisogno di specificare a chi si riferisse, perché Remus capì immediatamente che non stavano più parlando di Harry Potter.

-          Sì, lo so – confermò l’uomo – Ma capirai perché non posso dire di più.

-          E così Harry conosce il suo padrino…

-          Sì, lo conosce anche se non hanno passato molto tempo insieme fino ad ora.

Sara provò improvvisamente un moto di gelosia verso Harry Potter, verso Remus, verso l’Ordine della Fenice. Tutti loro sapevano dell’innocenza di Sirius da più di lei e avevano trascorso con lui tempo che a lei non era stato concesso. Era tutto così tremendamente ingiusto.

-          Non devi decidere in questo istante – riprese Remus, tornando al discorso precedente – Questa sera ci sarà una riunione, alle sette e trenta sarò davanti al Ministero. Se avrai deciso di partecipare ci vedremo lì, altrimenti, se non ti vedrò, saprò che non vuoi far parte dell’Ordine e tu dimenticherai questa conversazione.

Detto questo Remus si alzò e si allontanò, lasciando Sara sulla panchina, con molte più cose a cui pensare di quando ci si era seduta solo una mezz’ora prima.

*^*^*^*^*

Quella mattina, prima che Tonks arrivasse tempestando a Grimmauld Place, Sirius aveva iniziato a sistemare la collezione di libri di suo padre. Adesso, nell’attesa che Remus tornasse con un responso, aveva deciso di continuare, giusto per avere qualcosa da fare.   

Nonostante le premesse, decisamente negative, aveva scoperto di apprezzare quel lavoro. Non c’erano solo libri di magia nera, come aveva temuto, anche se alcuni dei testi erano davvero raccapriccianti. C’erano molti libri di Storia della Magia, raccolte di articoli di giornale, saggi sui più vari argomenti e perfino qualche romanzo.

La biblioteca era sempre stato il regno privato di suo padre, l’unico da cui fosse riuscito a escludere l’ingombrante presenza della moglie, Walburga Black, e portava i segni del gusto e della personalità del Signor Black come nessun’altra parte della casa.

Sirius non poteva dire di aver avuto un rapporto molto profondo con suo padre. In un certo senso il rapporto con sua madre era stato più intenso, anche se completamente negativo. Orion Black, soggiogato dalla moglie, non aveva interferito con l’educazione dei figli e si era mantenuto ai margini della scena. Ora, frugando tra i suoi libri, Sirius scopriva cose su suo padre di cui non aveva avuto la minima percezione.

Remus, tornato a Grimmauld Place per riportare l’esito della sua conversazione con Sara, si affacciò dalla porta aperta della biblioteca, dove Sirius stava suddividendo i libri per argomento.

Nel vedere l’amico, di ritorno dalla sua missione, Sirius si bloccò con un libro tra le mani, stringendolo come se fosse la sua unica salvezza.

-          Niente panico, non ha ancora deciso – disse Lupin per prima cosa – Le ho parlato, sono d’accordo di farmi trovare davanti al Ministero, tra poco più di due ore. Se deciderà di far parte dell’Ordine si farà trovare lì.

Un’altra attesa. Questa storia stava diventando così frustrante da rasentare la tortura.

-          Che cosa ti ha detto? – domandò Sirius depositando il libro su una pila precaria di tomi simili.

-          Non credo di poterti riportare la conversazione parola per parola – disse Remus avanzando cautamente tra i libri impilati sul pavimento – ma la sostanza del discorso è che è estremamente arrabbiata.

Sconfortato, Sirius si lasciò cadere sulla poltrona dietro l’ampia scrivania, che occupava il centro della stanza.

-          Non mi sorprende – disse dopo qualche istante – anche io sarei arrabbiato. Pensi che accetterà? – domandò poi, sollevando gli occhi verso Lupin.

Remus rifletté alcuni istanti prima di decidersi a rispondere, come se stesse cercando le parole giuste. Trascinò una sedia accanto alla scrivania e si sedette di fronte a Sirius, poi parlò.

-          Credo che tu debba sapere delle cose, prima che tu veda Sara. In tutta questa storia, sicuramente tu, Lily e James avete pagato il prezzo più alto, ma per capire come si sia sentita Sara, devi provare a metterti nei nostri panni, nei panni di chi è rimasto qui, libero e in vita, ma senza più niente di quello che aveva conosciuto.

Sirius, preoccupato dal tono serio di Remus, si sporse in avanti per ascoltare con più attenzione.

-          Quando tu sei stato arrestato e Lily e James sono… bè, lo sai… io mi sono sentito perso. Voi eravate la mia famiglia, l’unica rimasta dopo la morte di mia madre. Ero distrutto, niente aveva più senso e non mi sono mai sentito così solo come in quel periodo.

Comprendendo quanto fosse difficile per Lupin parlare di quelle emozioni, Sirius non fiatò e lo lasciò proseguire.

-          Dopo alcuni giorni, mi ero ripreso abbastanza da realizzare che c’era un’altra persona nelle mie stesse condizioni, anzi probabilmente in condizioni peggiori. Così sono andato a Hogwarts a trovare Sara. Credimi Sirius, non sono mai più riuscito a dimenticare il suo volto quando l’ho vista la prima volta. Era così pallida e distrutta da essere irriconoscibile, faticava persino a parlare. Tutte le energie che aveva le ha usate per chiedermi di trascorrere qualche tempo a casa mia, a Londra. Voleva andarsene da Hogwarts e io non ho saputo rifiutare.

-          Ha passato del tempo a casa tua? – chiese Sirius, incapace di trattenersi.

-          Sì. È rimasta da me per diversi mesi. All’inizio non sapevo cosa fare. Non mangiava, non parlava, non dormiva. Temevo che si lasciasse andare fino a morire. Non sapevo se gridare o cercare di consolarla. Poi, pian piano, ne è venuta fuori da sola. Ha ritrovato una sorta di equilibrio, ma per lei è stato tremendamente difficile. Non riusciva a credere che tu fossi colpevole e non sapeva capacitarsi di essersi sbagliata così tanto sul tuo conto. Se è per questo… nemmeno io riuscivo a capacitarmene.

Remus parlava tenendo gli occhi bassi, come se quei ricordi fossero troppo dolorosi per riuscire a sostenere lo sguardo di Sirius.

-          Ho faticato molto per convincerla a tornare a Hogwarts, almeno per completare gli esami del M.A.G.O., e alla fine ci sono riuscito. Sara però non è più stata la stessa. Io, che l’avevo conosciuta bene sia prima che dopo, vedevo chiaramente la differenza. È diventata cinica, dura, con gli altri ma soprattutto con se stessa.

Sirius sentì il familiare senso di colpa prendere il sopravvento, potente come non mai. Cosa le aveva fatto?

-          Immagina che cosa deve essere stato per lei occuparsi del tuo caso, districarsi tra tutte queste menzogne e arrivare finalmente a scoprire la verità. Adesso è arrabbiata con me e con Silente per non averle detto che tu avresti dovuto essere il Custode Segreto di Lily e James. E credo anche che sia arrabbiata perché so da due anni che sei innocente e non le ho detto nulla.

Era molto peggio di quanto avesse creduto. Vedeva il dolore negli occhi di Remus a distanza di anni. C’era lo stesso dolore in quelli di Sara?

-          Però, sai… mi ha chiesto di te. Mi ha domandato se sapessi dove tu fossi. Ovviamente non le ho risposto, ma lei ha capito lo stesso.

Remus fece una pausa e sollevò gli occhi per guardare l’amico in faccia.

-          Non so – disse infine – se sarà abbastanza forte da presentarsi qui stasera. Ma prima o poi accetterà. Le manchi troppo.

*^*^*^*^*

Il sole stava tramontando. Sara era sempre seduta sulla panchina del lungofiume e non sapeva decidere. Un secondo era perfettamente convinta di accettare l’offerta di Remus, il secondo successivo invece voleva mandare al diavolo tutto e tutti, soprattutto Sirius Black, e tornare a condurre un’esistenza normale.

Che poi… normale… non c’era mai stato niente di normale nella sua vita e Sirius Black era stato una costante, perfino quando era rinchiuso in prigione. Sara aveva avuto altre storie. Un compagno di Accademia, uno strano tizio che aveva conosciuto in un bar, poi un collega di lavoro, ma nessuna aveva funzionato perché il suo termine di paragone era troppo elevato.

Aveva separato Sirius Black l’assassino da Sirius Black il suo ragazzo e quest’ultimo era diventato il paragone per tutti gli altri uomini. Inutile dirlo, nessuno reggeva neppure lontanamente il confronto.

Adesso tutti i tasselli del puzzle, che davvero sembrava senza fine, stavano andando al loro posto. Tutti i dettagli sembravano combaciare. Quello che Remus le aveva raccontato spiegava molte cose del passato e quasi tutte quelle del presente. Per esempio, ora Sara sapeva di non aver immaginato l’occhiata di intesa tra Kingsley Shakelbolt e Ninfadora Tonks fuori dall’aula in cui si era tenuta l’udienza per il caso Black.

Sapeva di potersi fidare di Remus. Era l’unico che l’avesse aiutata sempre, capita quando piangeva perché sentiva la mancanza di un pluriomicida, sostenuta quando aveva deciso di lasciare Hogwarts e aiutata a tornarci quando era stata pronta. Lei si era appoggiata a Remus Lupin con tutto il suo peso senza curarsi dei suoi sentimenti, del suo dolore, e lui non aveva mai protestato. Questa era vera amicizia.

Quando Sara era entrata all’Accademia, la sua vita era diventata talmente frenetica che non aveva tempo per altro che non fossero lo studio e il lavoro. Col tempo aveva visto Remus sempre meno, poi avevano preso solo a telefonarsi, infine anche le telefonate erano cessate. Erano legati indissolubilmente da una grande amicizia, ma la presenza l’uno per l’altra era causa di ricordi troppo dolorosi.

Eppure Sara aveva sempre saputo di poter contare su di lui e non aveva esitato a cercarlo quando ne aveva avuto veramente bisogno. Era accaduto quando Sirius era evaso da circa una settimana.

Durante le iniziali ricerche a tappeto, in cui tutto il Ministero era stato coinvolto, Sara era stata inviata ad Azkaban per i rilievi nella cella dell’evaso. Entrare nella stanza che Sirius aveva occupato per tredici anni era stato tremendamente difficile ma, utilizzando la corazza di cinismo che si era costruita con tanta attenzione, Sara era riuscita a portare a termine il suo lavoro.

Dopo qualche giorno però aveva chiesto al Capo di poter tornare a lavorare sui vecchi casi. Con se stessa diceva che comunque c’era così tanta gente a cercare Sirius Black che la sua presenza non sarebbe servita a molto.

La notizia dell’evasione di Sirius Black inizialmente l’aveva sconvolta, non sapeva come gestire la cosa. Sarebbe andato a cercarla? E in quel caso che cosa avrebbe dovuto fare lei? Consegnarlo alle autorità? O farlo a pezzi con le sue mani?

Ma più di tutto c’era una cosa che la tormentava: lei sapeva che Sirius era un Animagus, lo aveva sempre saputo, e sospettava fortemente che proprio quel potere gli avesse consentito di evadere. Però ancora non l’aveva detto a nessuno. Come poteva ammettere di conoscere un criminale tanto bene da sapere un simile segreto? Che cosa ne sarebbe stato della sua carriera? L’avrebbero accusata di intralcio alla giustizia o peggio di complicità? Che cosa doveva fare?

L’unica persona che avrebbe potuto aiutarla a rispondere a questa domanda era l’unica altra persona al mondo a sapere che Sirius Black sapeva trasformarsi in un cane: Remus Lupin. Così una sera, terminato l’orario di lavoro, si era presentata a casa sua.

-          Ciao Sara, che piacere vederti! – disse Remus, fermo sulla porta – Vieni entra!

Erano anni che non si vedevano, ma Remus l’accolse come se si fossero visti appena il giorno prima. Sara si sentiva strana a ricorrere nuovamente all’aiuto di Remus ma l’accoglienza calorosa le aveva dato coraggio. Si erano abbracciati sulla porta di casa, dopo di ché erano rientrati e si erano seduti a parlare.

-          Allora, come vanno le cose? – chiese Sara mentre Remus riempiva il bollitore.

-          Bene, ultimamente molto meglio.

L’uomo prese un foglio di pergamena da un portadocumenti e lo porse a Sara. Era una lettera, vergata in una calligrafia stretta e sinuosa che portava in calce la firma di Albus Silente. Sara la lesse rapidamente sgranando gli occhi.

-          Quindi da ora in poi dovrò chiamarti “Professor Lupin”? – disse restituendo la lettera a Remus – In fondo sono stata la tua prima allieva.

-          Hmm… no, credo che tu possa continuare a chiamarmi Remus. Aiutarti a preparare gli esami del M.A.G.O. non è stato poi un vero lavoro, sei sempre stata una studentessa particolarmente dotata.

Sara sorrise ed entrambi rimasero in silenzio per un po’, sprofondati nei ricordi. Ricordando improvvisamente il motivo della sua visita, la donna tornò seria e chiese:

-          Non ti immagini perché sono qui?

-          Sì, lo immagino – rispose Remus posandole davanti una tazza di the e sedendosi a sua volta – Come stai?

-          Bene. Oddio insomma, un po’ sotto sopra. Ma potrei stare peggio. Ormai credo di averla superata – rispose la donna titubante.

-          Certo – replicò Lupin scrutandola da sopra la tazza con uno sguardo non altrettanto convinto quanto le sue parole.

-          C’è una cosa che mi preoccupa – continuò Sara visto che l’amico non sembrava intenzionato a dire altro. Fece un respiro profondo e disse – Io e te sappiamo che Sirius è un Animagus. E’ probabile che per questo sia riuscito a evadere. Tu l’hai mai detto a nessuno?

-          No, io non l’ho detto ad anima viva – rispose Remus sorseggiando il the – E tu?

-          Nemmeno io. Hai intenzione di farlo? Pensi di dirlo a Silente? In fondo andrai a lavorare a Hogwarts, forse dovrebbe saperlo.

-          Non credo che lo dirò – disse Remus gravemente, dopo aver riflettuto un istante – Significherebbe ammettere che quando ero a scuola andavo in giro a fare bravate quando invece avrei dovuto rimanermene alla Stamberga Strillante. Non voglio dare questa impressione a Silente,  non ora che nonostante tutto mi ha dato un lavoro.

Una parte di Sara inspiegabilmente fu sollevata dalla notizia che Remus non avrebbe detto nulla e aveva l’impressione che anche Lupin avesse riflettuto sulla questione.

-          Sono certa che sarai un ottimo insegnante – disse infine la donna strappando un sorriso all’amico – Sai io non posso compromettermi dicendo che Sirius Black è un Animagus, nella migliore delle ipotesi mi prenderebbero per pazza e nella peggiore mi sbatterebbero al suo posto ad Azkaban. Intanto non credo che cambierebbe qualcosa, che potrebbe fare il Ministero? Mettersi a controllare ogni cane nero d’Inghilterra?

Aveva parlato precipitosamente, cercando allo stesso tempo di suonare convincente e di giustificare la sua decisione. Attese col fiato sospeso che Remus parlasse.

-          Anche io credo che non cambierebbe nulla – interloquì Lupin con tono convincente – In fondo per quello che ne sappiamo Sirius potrebbe essere evaso usando qualche magia nera imparata da Voldemort.

Sentire queste parole le fece più male di quanto avrebbe creduto possibile, probabilmente non si sarebbe mai abituata ad associare Sirius a Voldemort, ma era esattamente quello che aveva sperato di sentirsi dire. Aveva bisogno che qualcuno le dicesse che stava facendo la cosa giusta e nessuno meglio di Remus avrebbe potuto farlo.  

Ripensando a quella conversazione Sara convenne che probabilmente Remus diceva la verità, all’epoca non sapeva ancora com’erano andate effettivamente le cose tra Sirius e Peter Minus.

Una parte di lei, che risiedeva in un punto non ben identificato del suo stomaco e che aveva a che fare con l’istinto, le diceva a gran voce che sarebbe andata comunque a cercare Sirius. Aveva bisogno di altre risposte. Tanto valeva accettare questa opportunità.

Un’altra parte di lei, annidata nella parte raziocinante del suo cervello, diceva invece che era una pessima idea. Era pericoloso, folle, incosciente. Stava mettendo a repentaglio la sua carriera, tutto quello che aveva faticosamente costruito, il rispetto che si era guadagnata al Ministero. Tutto questo per cosa? Perché da adolescente era stata tanto stupida da innamorarsi?

Il Tamigi, che scorreva placido davanti ai suoi occhi, non le avrebbe dato alcuna risposta.

Sara chiuse gli occhi e cercò di immaginare se stessa nell’atto di tornare a casa, preparare la cena, andare a dormire e dimenticare tutto quanto. Sola. Lo scenario era così desolante che quasi le venne da piangere.

Riaperti gli occhi, controllò l’orologio da polso. Mancavano pochi minuti all’appuntamento con Remus.

Senza più pensare, Sara si alzò dalla panchina e si mise a correre verso il Ministero della Magia.

*^*^*^*^*

Quando Remus uscì, per andare all’appuntamento con Sara, Sirius si trovò da solo, schiacciato dall’ansia e dal senso di colpa. Il desiderio di vedere Sara era diventato un dolore fisico che Sirius non riusciva più a sopportare.

Quando arrivò al piano di sotto, trovò Molly e Lily che si affaccendavano ai fornelli per preparare il cibarie per la cena, che sarebbe seguita alla riunione. James e Arthur intanto stavano sistemando la poca documentazione a proposito dell’Ufficio Misteri che l’Ordine aveva a disposizione.

Il progetto di Voldemort di rubare la profezia a proposito di Harry stava procurando molti problemi all’Ordine, soprattutto perché avevano pochi mezzi per impedirlo. Avevano istituito dei turni di sorveglianza all’Ufficio Misteri per accertarsi che nessuno si avvicinasse alla profezia, ma era davvero troppo poco. Avrebbero dovuto controllare meglio gli ingressi, proteggerli in qualche modo, occorreva sapere chi e quando aveva accesso a quelle sale, tutte cose impossibili da sapere a quello stato delle cose. Non avevano neppure una pianta dell’Ufficio Misteri. Ma esisteva poi? Era tutto così segreto.

Queste riflessioni allontanarono per qualche istante i suoi pensieri da Sara, ma non appena Sirius colse lo sguardo apprensivo di James, la donna ricominciò prepotentemente ad occupare la sua mente.

Sirius si spostò dall’uscio della stanza e si mise ad aiutare James e Arthur, tanto per avere qualcosa da fare. Quando ebbero terminato si sedette accanto all’amico e si accese una sigaretta, procurandosi un’occhiataccia da Molly.

-          Come stai? – chiese amichevolmente James.

-          Bene – rispose, nonostante sentisse un pugno gelido stretto all’interno del petto – Sto bene davvero, James – aggiunse vedendo lo sguardo perplesso del suo interlocutore – La mia innocenza è stata finalmente dimostrata e i giornali non parlano d’altro, ho di nuovo il mio migliore amico, che cosa potrei chiedere di più?

*^*^*^*^*

Sara arrivò trafelata e senza fiato, col cuore che le batteva direttamente in gola, appena in tempo per vedere Remus Lupin comparire da dietro un angolo.

-          Alla fine hai deciso di accettare – disse l’uomo con un sorriso.

-          Sai, credo di non avere molta scelta dopotutto – disse Sara cercando di riprendere fiato – Mi dispiace per essermi tanto arrabbiata, prima – disse poi, titubante.

Non era colpa di Remus, tutto quello che era accaduto e non si meritava di essere accusato ingiustamente. Avrebbe potuto arrabbiarsi in seguito, con chi di dovere.

-          Non ti preoccupare, sei giustificata – rispose Lupin con un sorriso – Sara… mi sei mancata.

-          Anche tu, amico mio.

Il sorriso di Remus era così rassicurante che, per un attimo, l’ansia di Sara si ritirò in buon ordine e le diede modo di domandare:

-          Allora, dove dobbiamo andare?

Remus prese a camminare in direzione di una strada secondaria poco frequentata. Quando furono sufficientemente lontani da orecchie e occhi indiscreti si voltò e disse:

-          Direi che è meglio usare la Materializzazione, la tua auto potrebbe dare nell’occhio. Siamo molto sorvegliati.

-          D’accordo, ma dove dobbiamo andare? – chiese ancora Sara.

-          Ti guiderò io.

Senza aggiungere altro Remus la afferrò saldamente per un braccio e si preparò a smaterializzarsi. Sara si concentrò non sulla destinazione, che non le era nota, ma su Remus, cercando di costringere ogni particella del suo corpo a seguire l’amico, ovunque stesse andando. Dopo pochi istanti avvertì la familiare sensazione di essere prima compressa da ogni lato e poi risucchiata, vide immagini indistinte sfrecciare attorno a lei poi, all’improvviso, la terra ferma fu nuovamente sotto i suoi piedi.

Sara si guardò intorno, erano in una strada male illuminata, costellata da entrambi i lati da ville addossate le une alle altre. Alcune apparivano in pessime condizioni, come se non fossero abitate, altre invece avevano un’aria ordinata e curata. La donna cercò dei punti di riferimento per orientarsi. Era ancora a Londra, lo sapeva perché il tragitto della Materializzazione era stato piuttosto breve e lo sapeva perché anche quella zona aveva l’odore tipico della città, un inconfondibile miscuglio di umido e di smog. Ma a parte questo non aveva idea di quale quartiere si trattasse.

-          Dove siamo? – domandò sussurrando a Remus.

Non sapeva perché ma quel luogo la induceva a parlare sottovoce. Per tutta risposta l’uomo frugò nella tasca della giacca e estrasse un piccolo foglietto di pergamena. Glielo porse dicendo che era da parte di Silente e Sara lo aprì impaziente.

“Il Quartier Generale dell’Ordine della Fenice si trova al numero 12 di Grimmauld Place”

-          Silente è il Custode Segreto del Quartier Generale – spiegò Remus.

-          No, basta Custodi Segreti! – scherzò Sara che evidentemente non aveva perso del tutto il senso dell’umorismo.

-          Ora che hai letto il messaggio sai dove si trova, ma non puoi rivelarlo a nessuno. Memorizza quello che c’è scritto e concentrati.

Sara obbedì, tornando seria, diede un’ultima scorsa al biglietto prima che Remus lo distruggesse e si concentrò. Fu un’apparizione davvero strana, una villa che prima non c’era si materializzò tra le due case adiacenti come se fosse spuntata dal suolo. Accanto alla porta un numero in ottone comunicava che si trattava del numero dodici e l’inquietante batacchio a forma di serpente intrecciato aveva probabilmente la funzione di scoraggiare eventuali seccatori.

E così ora faceva parte dell’Ordine della Fenice e di lì a poco avrebbe rivisto Sirius. Lo stomaco le si strinse per l’ennesima volta quel giorno, respirare normalmente cominciava ad essere complicato e il fisico della donna protestava per la stanchezza. Tutta l’ansia di quei giorni la rendeva esausta.

-          Prima di entrare ti devo dire una cosa – esordì Remus invitandola a sedersi accanto a lui su uno dei gradini che conducevano all’ingresso.

-          O Dio mio, che altro c’è? – domandò la donna sedendosi titubante.

Quante altre rivelazioni sarebbe stata in grado di sopportare? Remus sembrava a disagio, molto più di quanto non fosse stato in precedenza, e Sara si preoccupò.

-          Remus, ti prego. Prima che mi scoppino le coronarie, dimmi che cos’altro devo sapere.

Lupin prese fiato e, guardando Sara dritta in faccia, iniziò a raccontare.

-          Vedi, un po’ di tempo fa, diciamo qualche mese, è successa una cosa davvero strana. Eravamo nella soffitta, qui a Grimmauld Place, a fare le pulizie e…

Remus raccontò quello che era successo durante l’estate, di come ci fosse stato quello strano scoppio che aveva portato con sé Lily e James Potter. Le spiegò le supposizioni di Silente a proposito di questo fenomeno e le comunicò che i Potter erano ancora lì, poco oltre quella porta di legno scuro.

Al termine del racconto Sara era completamente attonita. Aveva gli occhi sgranati fissi su Remus e la bocca leggermente aperta per lo stupore. Non poteva credere alle sue orecchie. Lily e James erano tornati! Aveva creduto che nulla sarebbe più riuscito a sconvolgerla e invece, ancora una volta, si era sbagliata. E si era sbagliata di grosso. E adesso? Come avrebbe potuto affrontare anche questo?

Sara spostò lo sguardo verso la strada, poi si voltò per guardare l’uomo negli occhi. Adesso aveva le labbra serrate e la fronte corrugata.

-          Ti prego dimmi che è solo uno scherzo di cattivo gusto – disse supplichevole.

-          Ti assicuro che non è uno scherzo – replicò l’altro senza scomporsi.

-          Voi volete farmi morire – disse Sara alzandosi improvvisamente – Io comincio ad avere una certa età! State cercando di farmi venire un infarto.

Remus ridacchiò ma non disse niente. Sara prese a camminare avanti e indietro nel vialetto davanti al numero 12, facendo scricchiolare la ghiaia sotto le scarpe da ginnastica.

Ci mancava solo quella!

Era già stato difficile riconciliarsi con l’idea che Sirius non fosse un criminale, ora doveva anche fare i conti con il ritorno alla vita di due amici morti quindici anni prima. Come diavolo poteva entrare in quella casa? Sembrava che tutto il suo passato di fosse radunato lì. Sara continuò a riflettere mentre camminava e Remus la lasciò fare, probabilmente sapeva che non era una notizia facile da digerire.

Alla fine la donna si fermò e scrutò la porta della casa con sospetto. Ormai era lì, non poteva più decidere di tornare indietro. Inspirò profondamente ed espirò tenendo gli occhi chiusi, cercando di recuperare un briciolo di autocontrollo.

-          Remus, fammi un favore. Se ci sono altre cose, altre rivelazioni sconcertanti… ti prego, aspetta fino a domani. Stasera non sono in condizione di tollerare altro.

Remus annuì con aria divertita e si alzò a sua volta.

-          Va bene – disse infine  la donna più a se stessa che a Lupin – Andiamo.

-          Un’ultima cosa – aggiunse Remus – Nessuno sa della storia che c’è stata tra te e Sirius, tranne me, James e Lily. Per ora riteniamo sia più saggio che non si sappia, d’accordo?

Sara annuì, come in trance. Ok, altre complicazioni? Tutto qui? Ottimo, sempre più facile da gestire.

L’uomo si alzò e aprì la porta con un colpo di bacchetta. Sara sentiva ogni muscolo ogni nervo del corpo in preda a una tensione mai provata prima. Lo sforzo di tenersi in piedi e muovere qualche passo verso la casa sembrava disumano, senza rendersene conto cominciò a tremare. Quando varcò la soglia e si trovò nell’ingresso buio e polveroso del Quartier Generale sentì di aver oltrepassato un punto di non ritorno. Ora avrebbe dovuto semplicemente stare a vedere come si sarebbero messe le cose.

*^*^*^*^*

Dalla cucina, che si trovava ad un livello leggermente seminterrato rispetto all’ingresso, Sirius udì il familiare scatto della porta. Si alzò di scatto dalla sedia e tese spasmodicamente le orecchie per cercare di capire se i passi che si sentivano appartenessero a una o due persone.

Anche Lily aveva sentito lo scatto della porta e pareva nervosa. L’atmosfera nella cucina era cambiata drasticamente, sembrava che anche le pareti trattenessero il respiro.

Nell’ingresso intanto Remus si premette un dito sulle labbra per indicare a Sara di fare silenzio. Lei fece un cenno d’assenso per dimostrare di aver capito, in ogni caso non sarebbe riuscita a emettere alcun suono. Ora non solo lo stomaco era contratto, ma anche la gola sembrava non rispondere a dovere ai comandi del cervello. La situazione rischiava di diventare imbarazzante.

Sara seguì Remus giù per una breve rampa di scale, in fondo alla quale c’era una semplice porta di legno. L’uomo la aprì per introdursi all’interno della stanza e, dopo il buio dell’ingresso, la luce proveniente dai candelabri alle pareti e dal caminetto abbagliò Sara, costringendola a stringere gli occhi.

-          Ciao ragazzi – salutò Remus.

Le voci che risposero al saluto erano così familiari da toglierle il respiro: la voce dolce di Lily, il tono sempre lievemente beffardo di James e soprattutto l’inconfondibile voce roca di Sirius. Il cuore di Sara batteva talmente all’impazzata che dovette controllarsi per non premersi le mani sul petto. Ad un tratto si rese conto che Remus la guardava invitandola a entrare. La donna fece un respiro, profondo quanto la sua ansia glielo concesse, e avanzò di qualche passo per entrare nella luce di quella che sembrava una grande cucina.

Quando trovò il coraggio per alzare gli occhi dal pavimento, il cuore che prima aveva rumoreggiato così intensamente sembrò fermarsi. Erano davvero loro, c’erano James, Lily… e Sirius… che la guardavano in silenzio.

Sara quasi non riusciva a respirare, figuriamoci a parlare. Ferma accanto alla porta fece scorrere lo sguardo da Lily, in piedi accanto a James, fino a Sirius.

Le bastò un sbirciata per vedere quanto era cambiato, era evidentemente segnato da tutte le disgrazie che avevano caratterizzato la sua vita, ma nell’occhiata che l’uomo le restituì Sara riconobbe il ragazzo di cui era stata innamorata e improvvisamente trovò impossibile sostenere il suo sguardo.

Sara guardò nuovamente Lily, era proprio lei non c’era dubbio. Capelli rossi, occhi verdi, viso innocente, quasi da bambina… ed era giovanissima. Sara si sorprese a pensare che adesso era lei quella più vecchia delle due.

La scena era bizzarra e stranamente immobile, la donna sapeva che era il momento di dire qualcosa, ma non aveva idea di che cosa. Per fortuna qualcuno che prima non aveva notato venne in suo soccorso spezzando la tensione del momento.

-          Auror White! – esclamò una donna che fino a un attimo prima era stata rivolta verso i fornelli – E’ un vero piacere conoscerla, sono Molly Weasley – disse avvicinandosi per stringerle la mano.

Sara riuscì a riprendere un minimo di padronanza di sé, sufficiente a fare qualche passo e a stringere la mano alla donna. Ai margini del suo campo visivo avvertì il movimento di Lily che sussurrava qualcosa al marito e allo stesso modo percepì l’immobilità di Sirius che non smetteva i fissarla.

-          Piacere Signora Weasley – disse cercando di suonare naturale.

-          Mi chiami Molly, la prego.

-          E allora lei mi chiami Sara – replicò l’Auror sciogliendo la tensione in un sorriso sincero, quella donna le era simpatica.

Arthur, che fino a quel momento era rimasto seppellito sotto il giornale, si unì alla moglie nel dare il benvenuto a Sara e Sirius li osservò con un misto di sollievo e invidia bruciante. Era sollevato perché grazie alla presenza dei Weasley sembrava che Sara si stesse sciogliendo un po’, ma invidiava l’immediata confidenza che avevano acquistato con lei quando lui non era neppure riuscito a salutarla.

A Sirius era parso che il suo ingresso in cucina avesse illuminato la stanza ancor più di quanto facessero le candele. Non appena aveva varcato la soglia i suoi occhi erano stati completamente catturati da Sara e ancora non era riuscito a distogliere lo sguardo da lei. L’aveva pensata, l’aveva sognata ogni giorno senza eccezione negli ultimi quindici anni e ora era lì davanti a lui. Niente a che vedere con la visione fugace nel vicolo del Ministero, adesso poteva guardarla davvero. Osservò i lineamenti del volto: non erano cambiati poi di tanto, erano più adulti, forse un po’ più severi, ma si vedeva ancora la ragazzina che era in lei. E Sirius la trovava bellissima.

Chissà che cosa pensava lei? Lui certo non somigliava più al ragazzo che era stato, non dopo tredici anni ad Azkaban. Forse lo trovava così cambiato da essere irriconoscibile. Sirius non avrebbe saputo dirlo, quando era entrata i loro occhi si erano incrociati per qualche istante ma Sara aveva distolto lo sguardo quasi immediatamente. E ora era stata monopolizzata dai Weasley.

-          Sa, signorina White – stava dicendo Arthur.

-          Sara – lo corresse gentilmente la donna che ancora sorrideva. Sirius non riusciva a capire come Arthur non fosse abbagliato da quel sorriso.

-          Sara – proseguì lui – mi ha messo davvero alle strette quando è venuta a chiedermi del topo di mio figlio.

-          Mi dispiace, non volevo metterla in difficoltà – rispose Sara.

Per Sirius udire quella voce che aveva amato così tanto era come sentire la musica più bella del mondo. Avrebbe voluto scavalcare il tavolo con un balzo, stringerla tra le braccia e implorarla di perdonarlo, ma probabilmente Silente avrebbe giudicato eccessivamente rivelatore un gesto del genere.

-          Arthur, puoi andare a vedere cosa fa Tonks al piano di sopra? Io devo scendere nello scantinato a controllare le provviste – disse Molly dopo qualche istante.

Non appena Molly e Arthur furono usciti dalla stanza Sara avvertì un movimento repentino e, prima che potesse rendersene conto, Lily le aveva buttato le braccia al collo e l’aveva stretta in un abbraccio stritolatore.

-          Oh Sara! Sono così felice di vederti! – esclamò la donna senza sciogliere l’abbraccio. Evidentemente aveva deciso di approfittare dell’attimo in cui non c’erano occhi e orecchie indiscreti.

-          Anche io sono felice di vederti! – esclamò Sara.

Aveva uno spaventoso nodo in gola, ma giurò a se stessa che non avrebbe pianto. Restituì l’abbraccio all’amica e, con il mento appoggiato alla sua spalla, lasciò vagare lo sguardo prima su James, che appariva divertito, poi su Sirius.

Ogni volta che si concedeva uno sguardo all’uomo sentiva una stretta allo stomaco. Osservandolo di sottecchi le parve che non fosse particolarmente contento, sembrava anzi rabbuiato quasi arrabbiato. Forse la sua presenza lo infastidiva.

Questo pensiero fece crescere il nodo che Sara sentiva premere in gola, ma ricacciò indietro le lacrime e si staccò da Lily. Tenendole le mani sulle spalle si costrinse a distogliere gli occhi da Sirius e a posarli sul viso dell’amica. 

-          E così… - iniziò a dire in evidente imbarazzo – siete qui. È, come dire, una sorpresa.

-          Hai reagito meglio di Sirius e Remus se è per questo – intervenne James ridacchiando – Loro quando ci hanno visti ci hanno legato come due salami.

-          Ma io ero preparata, Remus mi aveva avvertito. Se vi avessi incontrati senza neppure un minimo di preparazione avrei avuto una reazione decisamente… scomposta.

Dopo questo scambio di battute scese un silenzio imbarazzato, rotto quasi immediatamente dal ritorno dei coniugi Weasley che annunciarono l’imminente arrivo degli altri componenti dell’Ordine della Fenice.

Lily cominciò a tempestare Sara con un milione di domande e la trascinò a sedere ad un’estremità del tavolo. Era così strano parlare di nuovo con Lily, soprattutto dopo aver impiegato tanti sforzi per accettare l’idea della sua morte. Ma dopo appena pochi minuti di chiacchiere a Sara sembrava di aver parlato con Lily appena qualche giorno prima.

-          Sei stata incredibile, sai? Abbiamo letto delle indagini e dell’udienza sul giornale. Sei stata davvero incredibile.

-          Non ho fatto niente – si schermì Sara.

-          Niente? Bè, se questo è niente…

Nonostante fosse molto presa dalla conversazione, Sara non poté esimersi dal notare che Sirius era seduto davanti a lei e i suo occhi vagavano verso l’uomo molto più spesso di quanto non fosse opportuno. Stava cercando con tutte le sue forze di comportarsi il più normalmente possibile, ma quasi nessun muscolo del suo corpo rispondeva correttamente ai comandi e doveva attuare uno sforzo di concentrazione per impedire alle mani di tremare e per non dimenticare di respirare.

Quando Lily aveva fatto accomodare Sara, Sirius si era seduto di fronte a lei con un gesto del tutto naturale. D’altronde quello era il posto che occupava sempre, all’angolo del tavolo più distante dalla porta, perché non avrebbe dovuto sedersi lì?

Sara stava parlando con Lily, Sirius supponeva che avessero molte cose da raccontarsi ma l’indifferenza che Sara stava mostrando nei suoi confronti non poteva che addolorarlo. Ma che cosa si era aspettato poi? Lily parve intuire il suo disagio e, approfittando della presenza di Molly, si allontanò dal tavolo per avvicinarsi nuovamente ai fornelli.

Proprio mentre Sirius pensava che il silenzio imbarazzato tra lui e Sara fosse inevitabile, la donna alzò lo sguardo verso di lui e gli rivolse un sorriso appena accennato. Sirius si sentì come se gli avessero svuotato il corpo di tutti gli organi e nonostante i pensieri funesti non poté fare a meno di restituire il sorriso a Sara. L’unica cosa che gli venne in mente di dire fu:

-          Ciao…

Banale, scontato. Forse anche un po’ stupido. Possibile che dopo quindici anni non avesse niente di meglio da dirle?

-          Ciao – rispose lei trasformando il sorriso caloroso in un sorrisetto sarcastico.

Teneva i gomiti appoggiati al tavolo e il mento appoggiato sulle mani e lo scrutava al con qualcosa di simile al divertimento. Ora che avevano iniziato a scalfire il ghiaccio Sara si rese conto che Sirius era imbarazzato almeno quanto lei. Bastò questa piccola consapevolezza a farla sentire in colpa. Sirius non avrebbe dovuto essere in imbarazzo, avrebbe dovuto essere arrabbiato con lei, lei che era stata la sua ragazza e non aveva creduto neppure per un secondo che potesse essere innocente, lei che l’aveva lasciato a marcire in prigione, lei che ci aveva impiegato quindici anni per farsi venire qualche dubbio.

E invece la guardava con le sopraciglia aggrottate e con quegli occhi incredibili carichi di aspettativa, come se temesse la sua reazione. Sara aveva talmente tante cose da dire che, in quel momento, non gliene venne in mente neanche una e rimase imbambolata a guardarlo.

Sirius a sua volta si domandava come fosse possibile che Sara riuscisse a tollerare di stare nella stessa stanza con lui, dopo tutto quello che le aveva fatto. Avrebbe voluto ringraziarla e chiederle scusa per tutto, ma non era un discorso che si sentisse di fare così, davanti a tutti.

Mentre loro erano impegnati a non parlarsi, la cucina di Grimmauld Place si era pian piano riempita e i nuovi arrivati, seppur fingendo di essere impegnati in diverse conversazioni, osservavano Sara con un misto di curiosità a diffidenza. La donna li osservò a sua volta e realizzò con una certa sorpresa che conosceva diversi di loro.

Naturalmente c’erano Ninfadora Tonks e Kingsley Shakelbolt. C’era Mundugus Fletcher, che in alcune occasioni era finito nella stanza degli interrogatori con Sara. C’erano alcune persone che conosceva di vista, ma di cui non sapeva il nome.

Mentre la fissava rapito, Sirius si rese conto che Sara stava ridacchiando. Era un comportamento inspiegabile e non riuscì a trattenersi dal chiederle:

-          Cosa c’è che ti fa ridere?

Sara sentì la ormai familiare stretta allo stomaco quando Sirius le rivolse la parola e, sperando di non apparire eccessivamente adorante, si voltò di nuovo verso di lui e rispose:

-          Mi sono sempre domandata per quale ragione un Auror preparato e abile come Shakelbolt fosse così a corto di idee da supporre che tu fossi in Tibet. Ora è tutto più chiaro. Ha sempre lavorato per voi. Quindi è per questa stessa ragione che era così preoccupato quando lo hanno sollevato dal caso per affidarlo a me.

-          Esattamente – commentò Sirius senza dilungarsi. L’unica cosa che voleva era che Sara continuasse a parlare.

-          Francamente era una cosa che davvero non riuscivo a capire – riprese Sara, aveva scoperto che parlare a raffica era più semplice che restare in silenzio – Personalmente se mi avessero tolto dalle mani una simile gatta da pelare sarei stata solamente contenta – continuò sfoderando di nuovo il sorriso sarcastico.

La via dell’ironia aveva già funzionato una volta con Sirius, chissà che non funzionasse ancora.

-          Io non posso che essere felice che Kingsley sia stato sollevato da questa incombenza – replicò Sirius ridacchiando a sua volta. Poi, guardando Sara più intensamente, disse – Grazie.

-          Ho fatto solamente il mio dovere – minimizzò Sara sperando ardentemente di non arrossire.

Santo cielo, che fine aveva fatto il suo ferreo autocontrollo?

Persa negli stupefacenti occhi di Sirius, Sara aveva quasi dimenticato dove si trovasse e perché fosse lì. Aveva dimenticato persino che la sua migliore amica era tornata dal passato e se ne ricordò solo quando Lily si sedette accanto a lei. Nella cucina, eletta a Sala Riunioni, il brusio calò improvvisamente e Sara distolse riluttante lo sguardo da Sirius per verificare cosa avesse causato quel repentino cambiamento.

L’ingresso di Silente aveva dato inizio alla riunione. Il Preside si sistemò al centro del lungo tavolo e abbracciò la congregazione con un solo sguardo limpido.

-          Buona sera a tutti – disse con la sua voce bassa e calma.

Sara aveva quasi dimenticato quale carisma emanasse Silente e quale potere avesse nel rapire il suo uditorio.

-          Benvenuta Auror White. Sono contento che abbia deciso di unirsi all’Ordine – le disse con un sorriso.

-          Grazie a lei per avermi dato la possibilità di essere qui – rispose Sara.

-          Prima di cominciare con le novità vorrei farle un breve riassunto della situazione – continuò il Preside – Come immagino saprà, all’Ufficio Misteri al Ministero della Magia sono conservati alcuni degli aspetti più segreti del mondo magico. A noi interessa particolarmente la Stanza delle Profezie. In questa stanza sono custodite le memorie di tutte le profezie sentenziate da che il Ministero esiste e fra queste ve n’è una che riguarda Harry Potter.

Sara ascoltava Silente sforzandosi di assorbire ogni minima informazione, ma le occorreva tutta la concentrazione di cui disponeva per non tornare a guardare Sirius.

-          L’autrice di questa profezia è Sibilla Cooman, l’attuale docente di Divinazione a Hogwarts. Sappiamo che Voldemort conosce parte del contenuto di questa profezia ed è estremamente interessato a conoscere il resto. Per questo attualmente uno dei nostri impegni principali è controllare che la profezia non venga rubata. A questo scopo abbiamo istituito dei turni di guardia.

Una profezia a proposito di Harry Potter. Sara moriva dalla voglia di sapere il contenuto della profezia, ma non si arrischiò a chiederlo. Magari più avanti…

Tonks estrasse dalla sua borsa una serie di fogli pieni di tabelle con giorni e orari, dovevano essere i turni di guardia.

-          Al momento abbiamo qualche difficoltà a coprire certi orari – disse la ragazza porgendole le tabelle.

Sembrava terribilmente imbarazzata, forse temeva che Sara l’avrebbe aggredita di nuovo, ma lei non era il tipo da fare piazzate. Forse le avrebbe parlato dopo la riunione. Sara afferrò le tabelle e iniziò ad esaminarle con le sopraciglia aggrottate.

Sirius era rapito dalla sua concentrazione, sembrava così… professionale. Una differenza abissale rispetto a pochi attimi prima, quando era così titubante e imbarazzata. In quel momento emanava sicurezza e autorità.

Dopo che la donna ebbe dato le sue disponibilità, Tonks si riappropriò delle tabelle e iniziò a completarle con il nome di Sara. Intanto Silente riprese a parlare:

-          Bene, possiamo procedere. Abbiamo novità sulle mappe dell’Ufficio Misteri?

-          Purtroppo no – rispose Kingsley – Sappiamo che ce n’è una sola copia, custodita nell’archivio privato del Ministro e quindi quasi inarrivabile. Non possiamo rischiare di chiedere un autorizzazione ufficiale, desteremmo troppi sospetti.

Mentre Kingsley parlava, Sara non poté fare a meno di pensare alla figura furtiva che aveva visto, prima nel parcheggio del Ministero e poi fuori dalla casa dei Guilford. Ora che sapeva la verità, si stupì di non averlo riconosciuto prima. Al pari di Tonks, anche Kingsley sembrava a disagio e guardava ovunque tranne che nella direzione di Sara.  

-          Ho controllato e ricontrollato tutti gli archivi. Non ci sono altre mappe, è inutile – stava dicendo, sconsolato.

-          Forse un modo per arrivare a quell’archivio c’è – disse Sara quasi senza pensare.

Probabilmente stava esagerando, era l’ultima arrivata e non vedeva perché avrebbero dovuto darle retta, ma aveva agito d’impulso come avrebbe fatto con un qualunque caso ufficiale. Silente la invitò a continuare e lei si sentì rincuorata anche se aveva gli sguardi di tutti puntati addosso.

-          Nel mio ufficio ho ancora tutta la documentazione su… - esitò per un attimo, stava per dire sul caso Black ma non le parve opportuno - … sul mio ultimo caso – si risolse a dire infine – Potrei dire a Caramell che sarebbe più prudente custodirla nel suo archivio e andare a dare un’occhiata.

-          Se crede di poterlo fare senza compromettere la sua posizione potrebbe essere un’idea risolutiva – concordò Silente – ma la prego di non mettersi nei guai. Più persone ad alto livello abbiamo all’interno del Ministero meglio sarà per tutti.

-          Non si preoccupi – rispose Sara sfoderando il sorrisetto che riservava al suo Capo per convincerlo delle sue capacità.

Sirius era piuttosto sconcertato dalla piega che avevano preso le cose. Sara era nell’Ordine da meno di un’ora ed aveva già la sua prima missione. Aveva sempre saputo che era intelligente, determinata, forte ma aveva un ricordo piuttosto netto di una Sara totalmente riluttante a mettersi al centro dell’attenzione e ora era esattamente quello che stava facendo.

Davvero era cambiata a tal punto?

Da quel punto in poi la riunione proseguì come al solito e Sirius si lasciò distrarre più volte. I suoi occhi erano calamitati da Sara e, malgrado le raccomandazioni di mantenere la segretezza, non riusciva a controllarsi, al punto da guadagnarsi alcune occhiatacce da Remus e una gomitata nelle costole da James. Con Sara lì a Grimmauld Place la sua felicità era completa. Non poteva chiedere nient’altro.

Anche Sara faticava a mantenere l’attenzione sulla riunione dell’Ordine e alcune volte si sorprese a controllare se Sirius la guardasse. La presenza di Sirius l’aveva ritrasformata in un’adolescente incasinata. Com’era possibile?

A riunione conclusa i membri dell’Ordine si alzarono e si divisero in gruppetti per chiacchierare. Ninfadora Tonks si avvicinò a Sara con aria colpevole. Sirius era dispiaciuto che il rapporto tra Sara e Tonks fosse stato compromesso e temeva che non sarebbe stato facile sistemare le cose.

-          Mi… mi dispiace – disse la ragazza nervosamente – Non avrei voluto ingannarti ma… beh, credo che Remus ti abbia spiegato… insomma…

-          Non ti preoccupare – disse Sara seccamente – So che ti sei trovata in una situazione difficile.

Capiva il disagio della giovane Auror e, anche se ancora un po’ arrabbiata, non voleva che il suo ingresso nell’Ordine della Fenice fosse segnato dalla tensione. Per lo stesso motivo, mosse qualche passo verso Kingsley. Voleva appianare le divergenze anche con lui, prima che l’imbarazzo diventasse così radicato da essere insormontabile.

Vedere Sara che andava a parlare con Kingsley sorprese, non solo Sirius, ma anche Lily, James e Remus, che seguirono la loro conversazione con vivo interesse.

-          Shakelbolt.

-          White.

-          Mi pare di aver capito che non ti fidi di me – disse Sara inclinando il capo da una parte e stringendo gli occhi.

-          La prudenza non è mai troppa – replicò Kingsley, visibilmente in difficoltà.

-          Spero che non ci saranno problemi d’ora in avanti – aggiunse la donna, rilassando lo sguardo – Non vorrei attaccarti per sbaglio, la prossima volta.

Intuendo che l’Auror stava scherzando, Kingsley fece un mezzo sorriso e disse:

-          Non ci sarà una prossima volta, credo di aver sciolto ogni riserva.

Sollevata di aver rotto il ghiaccio, sia con lui che con Tonks, Sara tornò a voltarsi verso Sirius. La stava ancora fissando, ma la sua espressione non era più così cupa, sembrava divertito.

-          Ora sta a me chiederti cosa ti diverte.

-          Stavo solo notando che sei l’attrazione della serata – rispose Sirius, alzandosi dal suo posto per avere gli occhi a livello di quelli di Sara.

Ricordando improvvisamente che lei e Sirius dovevano fingere di non conoscersi, Sara distolse lo sguardo, cercando di concentrarsi su qualcun altro. Mentre tutti chiacchieravano tranquillamente, come se fino a poco prima non avessero parlato del più pericoloso mago di tutti i tempi, Molly Weasley aveva ricominciato a preparare la cena.

-          Sara lei è dei nostri? – domandò Molly felice di avere qualcuno di nuovo da rimpinzare.

-          Molto volentieri, Molly. Posso dare una mano in qualche modo?

In quell’istante Sirius comprese il valore inestimabile di una persona come Molly Weasley, che metteva tutti a proprio agio.

Dal canto suo, Sirius si sentiva completamente rincretinito e non riusciva nemmeno a formulare un pensiero coerente. Riusciva solo a fissare Sara, seguendo i suoi movimenti mentre apparecchiava la tavola insieme a Lily e mentre aiutava Molly a disporre pentole e piatti da portata sulla tovaglia bianca.

Durante la cena, Sara riprese il posto davanti a Sirius e chiacchierò amabilmente con Lily e Remus. Di tanto in tanto gettava un’occhiata a Sirius, sempre con un sorriso a fior di labbra.

-          Davvero? – stava domandando in quel momento la donna – Severus Piton fa parte dell’Ordine?

-          Silente ha insistito – disse James come se per lui l’insistenza di Silente fosse, non solo inspiegabile, ma assolutamente ripugnante.

-          James, ti prego. Cerca di comportarti da adulto almeno tu, visto che lui non lo fa – esclamò Lily esasperata.

Sembrava che non fosse cambiato niente, che tutto fosse rimasto congelato a quindici anni prima. Ma Sara sapeva che non era così e la realtà tornò bruscamente a riscuoterla.

Proprio mentre Sirius stava architettando un modo per parlare con Sara senza destare eccessivi sospetti, il cellulare della donna squillo prepotentemente.

-          White – rispose con voce neutra – Frank, dimmi… No, non sono a casa… Questo davvero non ti riguarda… Sì, dico sul serio. Falla finita. Che cosa è successo? … Ah, ecco… Dove? …e perché hanno chiamato noi? …accidenti, ancora! D’accordo arrivo subito… no, ci vediamo direttamente lì. Porta l’attrezzatura.

Chiudendo lo sportello del cellulare con uno scatto secco, Sara si alzò, anche se molto a malincuore.

-          Devo andare – disse rivolta a nessuno in particolare, ma lasciando che gli occhi saettassero verso Sirius – Il dovere chiama!

-          Così presto? – si lamentò Lily, dando voce anche al disappunto di Sirius – Tornerai domani? – chiese la donna supplichevole.

-          Sì, certo! Se tutto va bene tornerò con le mappe dell’Ufficio Misteri.

-          Sara, fa attenzione – intervenne Remus – Non correre rischi inutili, d’accordo?

Sirius era furioso con se stesso. Era così inebetito da non riuscire nemmeno a parlare? Sara invece si maledisse. Si comportava come se nulla fosse e invece forse avrebbe dovuto essere meno chiacchierona, Sirius era così taciturno.

-          Buona notte – disse, concedendosi di guardarlo negli occhi un po’ più a lungo di quanto avrebbe consigliato la prudenza.

-          Buona notte.

Sapere che l’avrebbe rivista l’indomani scaldò Sirius come nemmeno il miglior whiskey avrebbe saputo fare e la scena a cui assistette, prima che lei lasciasse Grimmauld Place, lo rese orgoglioso di lei.

Sara aveva voltato le spalle alla cucina, dopo aver salutato e ringraziato i Weasley per l’accoglienza, e stava per salire le scale per tornare in ingresso, quando si bloccò sul primo gradino e si voltò di scatto.

-          Auror Tonks. Chiamata dal Ministero – disse con voce autoritaria – Tu non vieni?

La ragazza non se lo fece ripetere due volte. Prese la giacca dalla spalliera della sedia e si precipitò alle calcagna di Sara.


 
Per i lettori: finalmente ce l'ho fatta! Questo capitolo ha richiesto un sacco di tempo e l'ho cancellato e riscritto un'infinità di volte. Ancora adesso non sono completamente soddisfatta, ma spero ugualmente che vi piaccia. 
Buona lettura!

XV

In seguito a recenti indagini e accertamenti, è emerso che Sirius Black, ricercato di categoria prioritaria, è stato ingiustamente detenuto e... 

Con la presente si comunica alle autorità competenti che le ricerche dell’evaso Sirius Black sono sospese, in quanto... 

È stato recentemente accertato che Sirius Black, evaso dal carcere di massima sicurezza di Azkaban, non è colpevole dei crimini che gli sono stati attribuiti. In ragione di questo...

Sara abbandonò la testa sulla scrivania. Era la terza volta che scriveva e poi cancellava il comunicato per le autorità babbane a proposito dell’innocenza di Sirius Black. Il Ministero Babbano e Scotland Yard dovevano essere informati, ma Sara non riusciva a trovare le parole giuste. Probabilmente non era nello stato d’animo adeguato per scrivere quel comunicato, in quel momento provava talmente tante emozioni contrastanti che la maggior parte delle sue energie era concentrata a dipanare quella matassa.

Era certamente felice di aver finalmente scoperto la verità su Sirius e sull’assassinio di Lily e James, era soddisfatta di aver portato a conoscenza del mondo magico questa verità, ma c’era dell’altro. Queste belle sensazioni erano venate di amarezza e di rabbia. Continuava a chiedersi ossessivamente perché nessuno le avesse mai raccontato nulla di tutto questo. Se avesse saputo forse avrebbe potuto dimostrare prima l’innocenza di Sirius. Forse.

Per di più si sentiva vuota e senza scopo, come se avesse esaurito la missione per cui si era preparata durante tutti quegli anni. Non sapeva che cosa fare, che direzione far prendere alla sua vita. Si era aspettata, forse erroneamente, un segno, un cambiamento di qualche tipo, qualcosa che le desse un suggerimento. Ma a due giorni dal processo si trovava nella più completa impasse.

Passandosi le mani sul volto, Sara cercò di recuperare un po’ di lucidità e di concentrazione per terminare il comunicato, ma un leggero bussare alla porta la distrasse nuovamente.

-          Avanti – disse stancamente. Dalla porta fece capolino Olga, la più giovane componente della sua squadra, nonché l’unica altra donna. Per lo meno non erano di nuovo giornalisti decisi a strapparle un’intervista sul caso Black.

-          Ciao capo, scusa se ti disturbo. Hai un momento? Dovrei parlarti…

Olga pareva estremamente seria e vagamente a disagio. Sara la invitò ad entrare e la fece accomodare in una delle due sedie sistemate davanti alla scrivania.

-          Ascolta, non ho voluto parlartene prima perché sapevo che avevi altre cose per la testa ma… Beh, prima o poi devo dirtelo quindi tanto vale che sia prima.

Olga pareva veramente in imbarazzo, si torceva le mani in grembo e guardava ovunque tranne che verso Sara, come se dovesse comunicarle qualcosa di spiacevole.

-          Olga, c’è qualcosa che non va? – chiese la donna sinceramente preoccupata.

-          No, no va tutto bene. Davvero. Solo che quello che devo dirti non ti piacerà – la ragazza prese un respiro profondo prima di continuare, poi disse – Sara, sono incinta e io e Adam abbiamo deciso di sposarci.

Dopo di che la ragazza trattenne il fiato attendendo una reazione. Sara rimase per qualche istante pietrificata. Quella si che era una notizia ed era anche un bel problema. Olga aveva appena raggiunto il grado ottimale di competenza nel suo lavoro ed ecco che doveva essere sostituita. Sara non si sarebbe mai e poi mai sognata di lasciare in servizio attivo una donna incinta, era troppo pericoloso. Un conto era rischiare la vita di un’Auror, un altro era rischiare quella di una madre e di suo figlio.

Cercò di ricomporsi abbastanza da non essere scortese, poi disse:

-          Allora credo di doverti fare le mie congratulazioni - la voce era amichevole, ma l’espressione del viso mal si accordava con le parole.

-          Lo so, Sara. So cosa pensi del matrimonio e dei figli per un Auror, però ti giuro che non era programmato. È successo e basta. Non vorrei crearti problemi, ma mi pareva corretto informarti.

Rendendosi improvvisamente conto di essersi comportata da egoista, Sara scosse il capo e rispose:

-          Non ti preoccupare. È solo che è stata una notizia… improvvisa. Ma non c’è nessun problema. Posso assegnarti al lavoro d’ufficio fino a quando non nascerà il bambino e poi, quando deciderai di tornare, se deciderai di tornare, il tuo posto sarà qui ad aspettarti.

-          Allora non… non sei arrabbiata?

Sara si alzò dalla sedia e aggirò la scrivania per andare ad abbracciare Olga. In fondo la sua squadra era come una famiglia.

-          Non sono arrabbiata, sono molto felice per te! Davvero! – disse con il sorriso più ampio che le riuscì di mettere insieme.

Olga, visibilmente sollevata, ricambiò l’abbraccio poi uscì dall’ufficio per tornare al suo lavoro. Sara tornò a sedersi e si prese la testa tra le mani. Aveva desiderato dei cambiamenti? Eccoli serviti su un piatto d’argento.

*^*^*^*^*

-          Perché dovrebbe essere un problema ammettere Sara a far parte dell’Ordine? Tutti voi avete appena ammesso che un’Auror nella sua posizione potrebbe fornire un apporto fondamentale!

-          Lily, non abbiamo idea se possiamo fidarci di lei. È molto vicina al Capo del Dipartimento degli Auror e al Ministro. Come facciamo a credere a quello che dice? Come possiamo sapere che non passerà informazioni su di noi al Ministero?

-          Ma andiamo Kingsley! – replicò Remus mentre Lily scuoteva la testa arrabbiata – Ha appena scagionato Sirius Black, ricercato numero uno da due anni, quando Caramell sosteneva che era il basista dei dieci Mangiamorte evasi. Non penso che Caramell avesse questo in programma quando ha deciso di sollevare te dal caso. Non credi che sia perlomeno infastidito?

-          Chi può sapere con certezza perché la White abbia agito in questo modo? – riprese Kingsley senza smuoversi dalla sua posizione – Magari vuole convincerci a fidarci di lei per poi consegnarci al Ministro.

La discussione andava avanti su questi toni da almeno un’ora, dal momento in cui Silente, al termine della riunione, aveva sollevato la questione se coinvolgere Sara White nell’Ordine della Fenice.

Quando aveva saputo delle intenzioni di Silente, Sirius aveva sentito immediatamente nascere una folle e irragionevole speranza che lei, dopo tutto, potesse non odiarlo in modo irreparabile. Subito a seguire era venuto il panico: se davvero l’avesse rivista, come avrebbe dovuto comportarsi? Tuttavia non sembrava che l’arrivo di Sara a Grimmauld Place si sarebbe concretizzato molto presto. Quella discussione tra il partito pro e il partito contro poteva durare all’infinito.

Solo poche ore prima, Silente era arrivato a Grimmauld Place per discutere con Lily, Sirius, James e Remus e li aveva riuniti nel salotto al primo piano. Aveva annunciato loro l’intenzione di chiedere, durante la riunione di quella sera, se l’Ordine fosse d’accordo ad ammettere Sara White. Lily e Remus erano stati immediatamente entusiasti dell’idea, mentre Sirius era troppo stordito dalla sequenza di eventi degli ultimi due giorni per reagire in modo coerente anche a questa notizia.

Di comune accordo avevano deciso che sarebbe stato meglio, almeno all’inizio, tenere nascosti all’Ordine i precedenti di Sara e Sirius. Avrebbero semplicemente comunicato che Sara e Lily si erano conosciute ad Hogwarts, senza specificare quanto profonda fosse stata la loro amicizia.

Così, mentre gli altri discutevano animatamente, Sirius si teneva fuori dal dibattito, fingendo che l’esito della discussione non gli interessasse. In realtà aveva l’impressione che, se avesse potuto raccontare quello che sapeva di Sara, che persona fosse in realtà, molti scettici si sarebbero convinti. Ma Silente era stato categorico. Mantenere il riserbo.

Dopo aver ascoltato l’opinione di tutti coloro che avevano voluto esprimerla, Silente alzò una mano per tacitare le proteste:

-          Signori, mi sembra di comprendere che non tutti siano d’accordo sul metter a parte la signorina White dei nostri piani. Fino a quando tutti non saremo d’accordo non possiamo muovere passi in questa direzione. È essenziale che tra i membri dell’Ordine ci sia la massima fiducia – ignorando alcuni mormorii di dissenso, Silente proseguì – per questo vi propongo questa soluzione. Faremo in modo che Ninfadora affianchi la signorina White nel suo lavoro allo scopo di raccogliere maggiori informazioni sul suo conto.

Un silenzio assorto e pensoso accolse la proposta, silenzio che fu interrotto dalla stessa Tonks:

-          Per me va bene, ma come suggerisce di avvicinare Sara White?

-          Sono certo che riflettendo troveremo un modo – replicò Silente sorridendo con gli occhi da sopra gli occhiali a mezza luna.

*^*^*^*^*

Dopo aver rinunciato a scrivere il comunicato per Scotland Yard, Sara aveva iniziato a riflettere sul problema. Non poteva lasciare che Olga continuasse a lavorare, ma non poteva neppure caricare Frank e Roger di ulteriore lavoro. L’unica soluzione era addestrare qualcuno che potesse sostituire Olga temporaneamente. E chissà che non potesse diventare un membro permanente della squadra.

Dopo aver preso la decisione, fu un attimo comunicare le sue intenzioni al Capo e alla squadra stessa. Entro sera l’intero Dipartimento era a conoscenza della modalità per presentare la richiesta.

Sara non era mai felice quando doveva addestrare qualcuno. Fino a pochi anni prima era stata Auror Guida, adibita all’addestramento delle reclute dell’Accademia in aggiunta alle mansioni ordinarie, ma, appena aveva potuto, aveva lasciato quell’incarico. Era sempre in difficoltà quando doveva rapportarsi alle reclute. Da un lato non avrebbe voluto essere dura con loro, dall’altro però sapeva che, affinché imparassero qualcosa, non aveva alternative che mostrarsi dura e implacabile.

Sara diceva spesso che il compito di un Auror Guida era assicurarsi che le reclute arrivassero vive al termine del primo anno. Un solo errore poteva costare la vita anche ad Auror esperti, per le reclute era ancora peggio, perché uscivano dall’Accademia convinti di sapere tutto e invece non sapevano assolutamente niente del mestiere.

Adesso si trattava solo di avere pazienza, aspettare i colloqui e sperare che si presentasse qualcuno anche solo vagamente competente.

*^*^*^*^*

Quella stessa sera, a Grimmauld Place, Tonks si presentò a cena con un’aria quanto mai soddisfatta. Sirius si chiese vagamente a cosa potesse essere dovuta ma, prima che potesse fare domande, la ragazza informò tutti che aveva trovato un modo per avvicinare Sara White.

-          È una notizia fresca di oggi pomeriggio. Pare che Olga, la collaboratrice di Sara, sia incinta e per questo verrà assegnata al lavoro d’ufficio. Sembra anche che la White abbia chiesto al Capo di poter inserire qualcuno nella squadra in sostituzione di Olga. Se Silente è d’accordo pensavo di propormi per il posto. Sarebbe il modo perfetto per saperne di più su di lei!

La notizia suscitò in Sirius il solito miscuglio di sensazioni contrastanti. Una parte di lui era affamata di informazioni su Sara, voleva sapere il più possibile e non gli importava la fonte delle notizie. Un’altra parte di lui invece detestava profondamente l’idea di imbrogliare Sara. Non se lo meritava. Non le aveva dato fiducia, quando invece ne avrebbe avuto tutto il diritto. Aveva dovuto scoprire la verità nel modo più difficile, districandosi tra menzogne e sotterfugi. E adesso continuavano a ingannarla, a usarla senza dirle esattamente come stavano le cose. Non era giusto, non era corretto. Sirius credeva che ogni bugia e ogni raggiro in più, assottigliassero sempre di più le probabilità che Sara decidesse di unirsi all’Ordine. Ma nessuno, a parte Remus e Lily, sembrava condividere la sua opinione. Tutti volevano prove per potersi fidare di Sara, ma come avrebbe potuto lei fidarsi di loro?

*^*^*^*^*

Erano passate solo poche ore dall’annuncio che l’Auror Capo White stava cercando qualcuno per la squadra e la donna si era presa giusto il tempo di andare a casa per una doccia e una dormita. Impalata sulla porta del suo ufficio, una tazza di caffè in una mano, gli occhiali da sole scivolati sulla punta del naso e la bocca aperta per lo stupore, Sara osservava la scrivania: era letteralmente seppellita sotto plichi e plichi di carta.

-          Shiraaaa! – strillò Sara ancora ferma sulla porta.

La ragazza arrivò con tutta la rapidità che le consentivano i tacchi vertiginosi e si fermò accanto a Sara con un sorriso.

-          Che cos’è tutta questa roba? – domandò alla ragazza sgranando gli occhi.

-          Sono le domande per il posto nella tua squadra! – rispose semplicemente Shira.

-          Tu… tutte quante?

-          Si, tutte quante – confermò semplicemente sventolando una mano - Le ho trovate sulla mia scrivania questa mattina e ho pensato di metterle qui.

Orripilata, Sara congedò Shira e poi si mise a cercare una superficie libera su cui appoggiare il suo caffè. Sembrava che Shira avesse utilizzato ogni spazio a disposizione.

A malincuore Sara si sedette e attaccò la prima colonna di domande. Il volume di carta era così spropositato perché ogni Auror aveva inserito le valutazioni di Hogwarts e dell’Accademia, le relazioni sui casi risolti, attestati, note di merito, referenze e raccomandazioni. Lei si era limitata a chiedere un curriculum con nome e cognome e qualche informazione di base!

Olga, Frank e Roger, che dovevano aiutarla a vagliare le domande per decidere chi ammettere al colloquio, la trovarono che si aggirava per l’ufficio suddividendo le domande.

-          Qual è il criterio di suddivisione? – domandò Roger sollevando davanti agli occhi la prima pagina del plico più vicino a lui.

-          Sto dividendo le domande in base al numero di pagine. Quelle oltre le dieci pagine non le prendo nemmeno in considerazione.

-          Eppure sembrano essere le più divertenti – disse Frank, che armeggiava intorno alla colonna più voluminosa – Senti questo: ottima conoscenza delle procedure ministeriali, MAGO di massimo livello in Trasfigurazione, Incantesimi, Pozioni, Difesa contro le Arti Oscure, Erbologia, Divinazione, Babbanologia, Astronomia, Cura delle Creature Magiche, Antiche Rune, Aritmanzia. Diplomato all’Accademia degli Auror con il massimo dei voti. Giudicato dal professor Purdy il miglior studente che abbia mai avuto.

-          Se è tutto vero ha preso perfino più MAGO di Sara – commentò Roger.

-          Come mai non abbiamo conosciuto prima questo genio? Dove è stato tutto questo tempo? – disse ironica Olga – Comunque possiamo sempre chiedere informazioni a questo professor Purdy…

-          Che è morto l’anno scorso dopo lunga e onorata carriera – disse Sara.

Dopo che la risata generale si fu placata, tutti si misero al lavoro ed entro l’ora di pranzo avevano selezionato una trentina di domande che sembravano promettenti: niente meriti esagerati, buone competenze, ottimi risultati negli studi e sul campo, pochi fronzoli. Sara avrebbe preferito scegliere una donna per l’incarico, per mantenere inalterati i rapporti all’interno della squadra, ma se non fosse stato possibile avrebbe dovuto accontentarsi.

Con l’aiuto dei ragazzi e di Olga, il lavoro di lettura delle domande si era rivelato molto più piacevole e molto più breve del previsto. Nel pomeriggio inviarono una lettera ai candidati migliori, per comunicare l’orario del colloquio, che si sarebbe tenuto il giorno seguente.

Il giorno dopo, all’ora stabilita, una lunga fila di Auror nervosi e con le mani sudate si dipanava dall’ingresso della sala riunioni del Dipartimento.

Capire se una persona fosse adatta o meno a un incarico in dieci minuti di colloquio non era impresa semplice, soprattutto se i candidati si comportavano tutti come tanti soldatini di latta, rigidi e impersonali.

Sara, dopo le prime domande di rito sugli studi, l’esperienza lavorativa e gli interessi, faceva a tutti alcune domande specifiche sulle indagini. Per la maggior parte le risposte erano desolanti. Possibile che non ci fosse un solo Auror dotato di un po’ di fantasia?

Quando Ninfadora Tonks si presentò al colloquio, un campanello d’allarme suonò nella testa di Sara. Da quando l’aveva vista scambiarsi occhiate furtive con Shakelbolt fuori dall’aula del tribunale, non aveva smesso di arrovellarsi sulla questione. Finalmente, leggendo la scheda personale di Tonks, Sara capì perché quel nome le fosse familiare: era la figlia di Andromeda, la cugina di Sirius e lui aveva nominato spesso la cugina e suo marito, Ted Tonks.

Era un caso che lei si presentasse per quel posto proprio in quel momento? O c’era sotto dell’altro? Ma la domanda vera era: se c’era sotto dell’altro, come fare per scoprirlo?

La ragazza sembrava molto nervosa, mentre si sedeva al centro del tavolo della sala riunioni, esattamente di fronte a Sara, che la osservava con un sopraciglio sollevato.

-          Buon giorno, sono Ninfadora Tonks – si presentò.

-          Buon giorno – rispose Sara – Se per lei va bene salterei i convenevoli. So dalla sua scheda che il suo operato al Ministero è ottimo. Vuole dirmi perché ha scelto di presentarsi per questo incarico?

Sara si preparò a sentire la solita tiritera. “Vorrei questo incarico per imparare”. “Vorrei questo incarico per crescere professionalmente”. “Ho sempre desiderato lavorare con la sua squadra”. La solita broda da leccapiedi.

-          Trovo che sia una opportunità unica per imparare aspetti nuovi del mio lavoro e…

-          Eccoci – mormorò Sara a mezza voce mentre Tonks continuava il suo discorso.

Probabilmente la ragazza notò lo sguardo esasperato dell’Auror Capo, perché a un tratto si interruppe.

-          …a dire il vero, ci sarebbe anche un'altra ragione.

Il tono della ragazza incuriosì Sara, che si voltò verso Frank e Roger, posizionati alla sua sinistra, con uno sguardo interrogativo. Con un gesto della mano invitò Tonks a continuare.

-          Ho fatto una scommessa con un collega dei Tiratori Scelti. Non credeva che avrei avuto il coraggio di presentarmi per questo lavoro.

-          Il coraggio? – domandò Sara incredula – E’ una sostituzione per maternità, non una condanna a morte.

-          No, non è una condanna a morte… magari ai lavori forzati.

Frank e Roger scoppiarono a ridere di gusto, mentre Olga si limitò a sorridere voltandosi dall’altra parte.

Alcune ore dopo, terminati i colloqui, Sara decise di parlare separatamente con Olga, Roger e Frank per conoscerne le opinioni.

-          Non saprei davvero – disse Parker grattandosi un sopraciglio – Sembra strano dover scegliere qualcuno per sostituire Olga. E so perfettamente che non riusciremo a trovare qualcuno che lavori bene quanto lei.

-          Non possiamo aspettarci un clone di Olga – replicò Sara stringendosi nelle spalle – però qualcosa dobbiamo fare. C’è troppo lavoro e in tre non riusciremmo a portarlo a termine.

-          Proprio dovendo scegliere, esclusi gli uomini, la più adatta mi sembra l’Auror Tonks. La Willis è troppo insicura e la Bedfield troppo arrogante. Tonks potrebbe essere abbastanza sveglia da imparare in fretta.

Roger e Olga avevano espresso pareri simili e avevano individuato in Tonks la migliore candidata. Sara dal canto suo era disposta a correre il rischio si ammettere in squadra la cugina di Sirius, pur di sapere se questo desiderio di lavorare in squadra era frutto del caso.

Presa la decisione, Sara compilò tutti i moduli necessari e li portò al Capo, che era barricato nel suo ufficio dietro una scrivania carica di scartoffie. Quando la vide entrare, sollevò lo sguardo.

-          Altra carta, meraviglioso – commentò sarcastico, indicando a Sara la pila dove depositare i documenti – A proposito, White. Quest’anno non potrà scamparsela.

-          Di cosa sta parlando? – domandò la donna, senza capire.

-          Le reclute. Negli ultimi anni si è rifiutata di ammettere le reclute nella sua squadra, ma quest’anno dovrà sceglierne almeno due. Sono stato chiaro?

Sara non poté fare a meno di pensare “Attenta a quello che vuoi ragazzina, perché tu certamente lo otterrai”. Altri cambiamenti in arrivo. Evviva.

Uscita dall’ufficio del Capo, con la testa piena di preoccupazioni su quanti problemi le avrebbero dato le nuove reclute, Sara si diresse a passo di marcia verso il cubicolo di Ninfadora Tonks. Si affacciò oltre la parete e disse seccamente:

-          Cominci domani. Ti aspetto qui alle sei.

Senza aggiungere altro si allontanò con un mezzo sorriso dipinto sul volto. In fondo un po’ di divertimento nel maltrattare le reclute si poteva trovare.

*^*^*^*^*

-          Ce l’ho fatta!

Fu la prima cosa che Ninfadora strillò entrando nella cucina di Grimmauld Place quella sera.

-          Comincio domani alle sei.

-          Del mattino? – domandò Sirius incredulo mentre rimestava in un paiolo posto sul fuoco.

Ora che la sua innocenza era stata provata e riconosciuta, Molly aveva deciso che non c’erano più ragioni per essere depresso, taciturno, intrattabile e poco collaborativo; così l’aveva messo al lavoro. Dal canto suo, Sirius non trovava più quella casa così deprimente, ora che non era più una prigione, e l’idea di renderla meno cupa era davvero allettante.

-          Si, alle sei del mattino – confermò Tonks – Me lo aspettavo. Dicono che il primo test per i nuovi arrivati sia una prova di resistenza.

-          Con Miss-dormo-due-ore-per-notte-e-sono-fresca-come-una-rosa? Sarà un gran divertimento – commentò Kingsley sarcastico.

-          Proprio non riesci a fartela piacere Sara, vero? – intervenne Lily, che stava sbucciando delle patate.

-          Non è che non mi piaccia – rispose l’Auror – È un’ottima Auror, ma non riesco a fidarmi. Stiamo mettendo Tonks nelle sue mani come se niente fosse. Potrebbe essere in combutta con il Ministro, potrebbe addirittura essere una Mangiamorte e avere chissà quale piano.

-          Kingsley, ancora! Ne abbiamo già parlato. Sara non può essere una Mangiamorte – disse Lily accalorandosi.

Sirius rimase voltato a fissare il paiolo in cui stava mescolando, cercando di mantenere la sua espressione imperscrutabile, lasciando che Lily e Remus si occupassero della difesa di Sara. 

*^*^*^*^*

Mentre cercava per l’ennesima volta di spiegare a un cocciuto collega che le impronte digitali di un incensurato non potevano in alcun caso trovarsi nei fascicoli del Ministero e che quindi le impronte trovate sulla sua scena del crimine erano, per il momento, inutili, Sara osservava Ninfadora Tonks con la coda dell’occhio. L’Auror era intenta a pulire meticolosamente i banconi del laboratorio e Sara poteva vederla attraverso le vetrate.

Da quando, quasi una settimana prima, Tonks aveva iniziato a lavorare con la squadra, Sara aveva cercato di mettere alla prova i suoi nervi, la sua pazienza e il suo orgoglio, come faceva sempre con le reclute.

Il primo giorno avevano trascorso la mattinata in laboratorio, dove Sara le aveva spiegato le procedure e le analisi di base che eseguivano sui diversi campioni. In pausa pranzo Tonks era tornata alla sua scrivania e Sara l’aveva vista scrivere furiosamente su un quaderno; probabilmente prendeva appunti per non dimenticare niente.

Al pomeriggio le aveva affidato il compito più noioso che le era venuto in mente: l’inventario dei materiali. La giovane però non aveva battuto ciglio, si era messa di buona lena a lavorare e alle nove di sera si era presentata da Sara con l’inventario completo tra le mani.

Il giorno seguente, convocata di nuovo alle sei del mattino, Tonks fu messa alla prova sulle analisi che Sara le aveva spiegato il giorno prima. Ancora si applicò al compito affidatole senza chiacchiere, senza proteste e facendo tutto molto bene.

Sara la osservava con un mezzo sorriso, domandandosi se tutto questo zelo fosse reale o simulato. Ma il trial non era finito qui. Nei giorni seguenti Sara le affidò prima il compito di riordinare tutte le carte dei casi risolti, ma non ancora archiviati, poi le affidò la pulizia del laboratorio.

Terminato di discutere con il collega cocciuto, Sara si avvicinò alla porta del laboratorio. Era il momento di lasciarle intendere che aveva superato la prova.

-          Tonks.

-          Sì? – disse la ragazza emergendo dalle profondità di un armadietto con uno straccio in mano.

-          Vieni a pranzo con noi?

La ragazza si aprì in un sorriso e annuì.

*^*^*^*^*

La biblioteca di famiglia stava dando a Sirius qualche grattacapo. Era situata in una delle grandi stanze al primo piano della casa, al di sotto di quella che era stata la camera da letto dei genitori. La stanza era polverosa e buia, ma probabilmente sarebbe bastato dare una bella pulita ai vetri colorati delle finestre per renderla immediatamente più luminosa. Tutte le pareti erano tappezzate con pesanti scaffalature di legno scuro e ogni spazio, anche il più piccolo, era occupato da libri, vecchi giornali e dai quaderni che suo padre aveva compilato diligentemente per tutta la vita.

In piedi al centro della stanza, Sirius si stava grattando la testa, incapace di decidere cosa fare di tutta quella roba. I volumi, un tempo di gran pregio, erano malconci e richiedevano interventi radicali per poter essere salvati. D’altra parte mettere le mani tra quei libri poteva riservare brutte sorprese. Molti erano dedicati alle Arti Oscure e spesso suo padre aveva camuffato gli scritti più compromettenti utilizzando copertine di noiosi libri di storia o Antiche Rune.

Sirius teneva pochissimo a preservare gli averi della famiglia Black e, in un momento di scoramento, aveva addirittura proposto di buttare via tutto quanto, ma non ne aveva avuto il coraggio. Quando l’aveva accennato, Hermione era rimasta tanto scandalizzata e terrorizzata da finire quasi in lacrime alla prospettiva e anche Remus era visibilmente impallidito. Per mesi Sirius aveva rimandato la decisione, ma adesso era il momento di decidere e lui non aveva nessuna voglia di mettere le mani in quel disordine muffito.

-          Speri che fissandoli a lungo, questi libri scompaiano?

La voce di James raggiunse Sirius dal vano della porta. Evidentemente non l’aveva sentito entrare.

-          Sto cercando di decidere come fare per farli sparire senza che Remus se ne accorga. Dici che potrei buttarli un po’ per volta nel cassonetto in fondo alla strada? Magari nottetempo, col favore delle tenebre…

James sorrise ma non rispose e prese a sua volta a guardare i libri allineati alle pareti.

-          Probabilmente – disse dopo qualche tempo – una volta ripuliti potresti ricavarci qualcosa vendendoli. Se proprio non li vuoi tenere, almeno puoi cercare di guadagnarci.

-          L’idea di mettere in circolazione tanti testi sulle Arti Oscure non mi entusiasma, ma probabilmente hai ragione. È sempre meglio che darli alle fiamme, devo solo aspettare un momento più propizio. Eri venuto qui per parlare di libri? – domandò poi Sirius.

-          In realtà ero venuto a chiamarti, è arrivata Tonks. Vuoi sentire gli ultimi aggiornamenti?

Sirius si irrigidì impercettibilmente ma James, che lo conosceva bene, se ne accorse ugualmente.

-          Non credo sia nulla di sostanziale, ma pensavo ti avrebbe fatto piacere avere… notizie di prima mano.

Anche Sirius conosceva bene James e non gli sfuggì la sfumatura sarcastica della sua voce.

-          Dimmi la verità – disse voltandosi verso l’amico – tu la pensi come Kingsley?

-          No! – si schermì James sollevando le mani – Però – aggiunse dopo un attimo di esitazione – sono preoccupato per te.

-          Per me? – esclamò Sirius – Non temere, se non sono ancora diventato matto, non lo diventerò più, credimi!

-          Non è questo, è solo… Sirius, non vorrei che restassi deluso. Io e Sara non siamo mai andati molto d’accordo, è vero, però me la ricordo bene e la donna di cui sento parlare in questi giorni mi sembra incredibilmente diversa.

-          Hai paura che mi faccia delle illusioni e che resti scottato – disse Sirius semplicemente.

-          Sì.

Non che Sirius non avesse preso in considerazione la cosa. Lui stesso ci aveva pensato e ripensato. Ma aveva deciso che preferiva restare terribilmente deluso, piuttosto che continuare questa estenuante altalena. Sospirando, Sirius si voltò nuovamente verso i libri.

-          Domani comincerò a dare un’occhiata a tutta questa roba. Ora andiamo a sentire le ultime novità.

*^*^*^*^*

Mentre sbocconcellavano panini, preparati dalle abili mani di Lucilla, il telefono cellulare di Sara prese a squillare. Anche il Ministero aveva dovuto cedere e adeguarsi alle tecnologie Babbane di comunicazione, molto meno vistose di gufi e civette e sicuramente più pratiche degli aeroplanini di carta, che andavano a meraviglia per le comunicazioni interne, ma creavano spiacevoli inconvenienti per le comunicazioni esterne, soprattutto se ti raggiungevano in una strada affollata o mentre eri in coda al supermercato.

-          White… Sì… No, ho finito… Dove? …e quanto tempo fa? D’accordo. Arriviamo subito.

Quando ebbe interrotto la comunicazione e ingoiato l’ultimo boccone di panino, Sara spiegò brevemente il contenuto della telefonata.

-         Omicidio, la vittima è un mago ma vive in un quartiere Babbano. Voi tornate al Ministero – disse rivolta a Olga e Roger – Andremo io, Parker e Tonks. Prima scena del crimine con la nuova squadra – disse poi a Tonks – nervosa?

-         No – rispose sinceramente la ragazza.

-         Bene. Hai problemi con i cadaveri in avanzato stato di decomposizione?

-         No – disse ancora, questa volta un po’ meno sinceramente.

Sara non mancò di notare l’occhiata che Tonks aveva lanciato ai resti del suo pranzo, forse rimpiangeva di averlo consumato. Bé, qui non si trattava più di metterla alla prova, bisognava lavorare sul serio.

Dopo aver fatto tappa al Ministero per prendere le necessarie attrezzature, Sara, Frank e Tonks si avviarono verso uno dei tanti quartieri residenziali ai bordi di Londra. Le automobili di Scotland Yard erano ferme davanti ad una piccola abitazione a due piani, assolutamente identica a tutte le altre nella via, insieme ad una ambulanza e ad un veicolo dei Vigili del Fuoco.

-          Fantastico – commentò Frank – Abbiamo un sacco di compagnia.

Fermarono l’auto a pochi passi dalle altre e, non appena scesi, furono accolti da un agente che sembrava più anziano, più nervoso e più irritabile di tutti gli altri.

-          Voi siete “gli esperti”? – domandò senza salutare e senza presentarsi, con una voce roca e sarcastica.

-          Si, siamo gli esperti – disse Sara, inducendo l’uomo a spostare gli occhi da Frank a lei – E io sono il capo degli esperti – aggiunse per mettere le cose in chiaro.

-          Lei?

-          Sì, io. E lei è il capo dei “non esperti”, presumo – disse Sara senza premurarsi di aspettare una risposta – Mi aspetto la piena collaborazione da parte di tutti i suoi agenti… e anche da parte sua.

-          Si aspetti pure quello che vuole – replicò l’altro – Quello che avrà però potrebbe essere un’altra faccenda.

Avere a che fare con la Polizia aveva sempre degli svantaggi, quando si incontravano individui del genere poi era ancora peggio. Cercando di mantenere la calma, Sara disse:

-          Perché non comincia raccontandoci com’è andata?

-          È andata che i vicini hanno telefonato a noi per lamentarsi della puzza malefica che esce da quella topaia. È stato Wilson a raccogliere la chiamata. Wilson! Wilson, vieni qui!

Un agente piuttosto giovane e timoroso si avvicinò titubante.

-          Racconta agli “esperti” com’è andata – disse con una roca risata, prima di allontanarsi.

Sperando che l’agente Wilson fosse più malleabile, Sara ripeté la sua domanda e il ragazzo cominciò:

-          La prima segnalazione è arrivata ieri, ma il centralino non l’ha smistata immediatamente ritenendo che non ci fossero ancora gli estremi per un intervento. Poi questa mattina hanno telefonato in tre, le famiglie che abitano nelle due case adiacenti e la famiglia nella casa di fronte, lamentandosi dell’odore insostenibile che si sentiva passando davanti al giardino della casa. Queste tre segnalazioni sono state inoltrate ai Vigili del Fuoco, che hanno mandato Tolber e Mills a controllare. Loro poi hanno avvertito noi, che siamo arrivati circa tre ore fa.

-          Tolber e Millis hanno trovato il corpo? – chiese Frank

-          Sì – confermò l’Agente

-          Hanno toccato qualcosa? – domandò poi Sara.

-          Solo l’erba del prato che hanno calpestato, hanno detto che non c’era bisogno di avvicinarsi troppo per accertarsi della morte.

-          E voi avete toccato qualcosa?

-          Siamo entrati in casa in tre, per perquisire l’abitazione e accertarci che non ci fosse nessun’altro e per cercare un documento di identità. Quando abbiamo cercato l’identità del morto nel database abbiamo ricevuto una telefonata dalla Direzione Generale, che diceva di aspettare il vostro arrivo. La vittima è Elton Guilford, 47 anni, celibe. Vive qui con la sorella che al momento risulta essere fuori città.

Sara e Frank si scambiarono un’occhiata, ci sarebbe stato da divertirsi. Cinque perfetti estranei erano entrati sulla scena del crimine, l’avevano perquisita ed erano rimasti lì per ore. Sarebbero stati fortunati a trovare qualcosa.

Allontanandosi di qualche passo dall’Agente, Sara affidò a Frank il compito di ascoltare e raccogliere le dichiarazioni di tutti quelli che erano entrati sulla scena e poi contattare la sorella della vittima. Lei e Tonks invece si fecero guidare fino al corpo.

Al di là di una bassa cancellata in ferro battuto, c’era un piccolo giardino molto curato che si estendeva per qualche metro ai due lati del vialetto, che conduceva all’ingresso principale. Sotto le finestre del piano terra, una aiuola piena di folti cespugli cercava, senza molto successo, di nascondere parte delle crepe nel muro della facciata. Già a distanza di parecchi metri, si poteva percepire l’intenso odore caratteristico della decomposizione e Sara, mentre attraversava il giardino, vide Tonks mettersi una mano davanti alla bocca.

Il corpo era disteso fra il muro e i cespugli, a destra della porta d’ingresso, completamente nascosto alla vista. Era in avanzato stato di decomposizione, il che lasciava intendere che fosse lì da parecchi giorni, ma il Guaritore dell’obitorio avrebbe potuto essere più preciso.

Sara si inginocchiò accanto al corpo e iniziò ad ispezionare la zona, mentre Tonks attendeva istruzioni. C’erano diverse impronte di scarpe nel terreno fangoso, ma sembravano troppo confuse per poterne ricavare qualcosa, in ogni caso valeva la pena tentare. Il corpo invece era davvero troppo malridotto per poter ricavare altro che sommarie informazioni.

-          Chiama il Guaritore Faith al San Mungo e dì che possono venire a prenderlo – disse Sara rivolta a Tonks – Poi chiama gli Obliviatori, che si occupino di questi qui – aggiunse accennando con il capo ai poliziotti – E fai il calco di queste impronte. Io vado a dare un’occhiata all’interno.

L’interno dell’abitazione era angusto ma ordinato, arredato con gusto anche se in modo semplice. la prima porta a sinistra dava su una cucina, immacolata tranne che per un piatto contenente gli avanzi di un pasto. Diverse mosche svolazzavano sul piatto, doveva essere lì almeno da tanto tempo quanto la vittima.

La porta a destra invece si apriva sul salotto, dove la situazione era decisamente diversa e mostrava inequivocabili segni di colluttazione. Una tazza era in pezzi sul pavimento, il tappeto chiaro era macchiato di quello che probabilmente era stato the, ma la chiazza era asciutta. Alcuni fogli strappati della Gazzetta del Profeta erano sparsi sul pavimento. La finestra, che si apriva sopra il punto in cui avevano rinvenuto il cadavere, era aperta e le tendine bianche svolazzavano verso l’esterno.

Forse l’uomo stava bevendo un the e leggendo il giornale quando era stato sorpreso dal suo assassino; ma a giudicare dalle impronte all’esterno avrebbero potuto anche essere più assassini. La tazza si era rotta perché gli era scivolata dalle mani per lo spavento? Oppure aveva cercato di opporre resistenza?

Dal momento che il corpo della vittima si trovava all’esterno e la colluttazione era iniziata all’interno, era probabile che avesse opposto una qualche resistenza, almeno che avesse tentato di fuggire. Sara si voltò a guardare la porta che aveva appena varcato. La pare interna, quella rivolta verso la stanza, era graffiata e ammaccata.

Sara immaginò la scena: una o più persone che entrano di soprassalto nella stanza, Guilford che lascia cadere la tazza e il giornale. Forse ha con se la bacchetta, forse no, ma il suo primo istinto è quello di lanciarsi verso la porta, la sua unica via d’uscita. L’assassino però blocca la porta e Guilford la colpisce e la graffia nel tentativo di aprirla. Preso dal panico l’uomo cerca scampo verso la finestra aperta.

Date le condizioni del corpo, non era facile stabilire subito la causa del decesso ma se l’assassino era un mago, doveva trattarsi di Maledizioni Senza Perdono. Forse Guilford era già morto prima di raggiungere la finestra ed era stato gettato in giardino in seguito; forse invece era riuscito ad uscire, ma non era andato molto lontano.

La cosa che più preoccupava Sara era l’assoluta indifferenza degli assassini riguardo alle tracce che si erano lasciati dietro. Il corpo innanzi tutto era relativamente facile da trovare, le impronte nel fango poi erano molte e ben visibili sebbene confuse e Sara era certa che, se le avesse cercate, avrebbe trovato numerose impronte digitali nella stanza.

Perché queste persone (ormai Sara era convinta che fossero più di uno) non si erano preoccupate di cancellare le tracce? Avevano avuto tanta fretta di andarsene? Per quale motivo? Guilford viveva con la sorella e lei era fuori città. Piuttosto era come se non si curassero di essere scoperti, come se sapessero che le forze dell’ordine non avevano alcuna possibilità di catturarli, come se si sentissero al di sopra delle conseguenze delle loro azioni. Il delitto in se aveva qualcosa di strano.

Sara non sapeva molto sulla vittima, ma si fece un’idea su come potesse essere la vita dei Guilford facendo un giro per la casa. A giudicare dalle fotografie, poche e datate, in cui erano ritratti molto giovani, nessuno dei due si era sposato né aveva figli. La casa era ordinata ma certo non abitata da chi navigasse nell’oro. In cucina aveva intravisto una radio e, benché vivessero in un quartiere babbano, non c’era traccia di televisore, solo moltissimi libri e giornali.

Il signor Guilford e sua sorella non parevano condurre una esistenza che potesse attirare compagnie pericolose, eppure il signor Guilford era finito cadavere nel suo stesso giardino. Perché? Che cosa aveva fatto? Cosa volevano da lui?

Dopo aver completato il giro della casa, Sara tornò al piano di sotto e trovò Frank e Tonks che avevano da poco terminato i loro compiti.

-          La sorella di Guilford, - iniziò Frank - Margaret Guilford, 43 anni, nubile, era a Newark-on-Trent in visita da un’amica. È stata avvertita e sta arrivando. Un Auror andrà a prenderla in stazione e la porterà direttamente al Ministero.

-          Bene – disse Sara – Si sa qualcosa dal San Mungo?

-          Si, il Guaritore Faith arriverà tra poco per portare il corpo all’obitorio – rispose prontamente Tonks, che pareva sollevata di essersi potuta allontanare dal fetore del giardino – Gli Obliviatori sono arrivati e sono già al lavoro – aggiunse poi – dovrebbero riuscire a fare allontanare i poliziotti babbani in poco tempo. Il calco delle impronte è asciutto, catalogato e imbustato.

-          Ottimo – disse Sara – Possiamo continuare, a partire da questa stanza.

Il lavoro era lungo ma necessario. Tutti e tre si disposero a cercare tracce, prelevare impronte, scattare fotografie, in ciascuna delle stanze della casa, concentrandosi soprattutto sul salotto. Lì trovarono ancora alcune impronte di scarpe, stavolta più nitide, sul pavimento di legno lucido. Le impronte erano tante, ma bisognava distinguere quelle dei Guilford e dei poliziotti da eventuali impronte estranee. Per il resto non rinvennero granché.

Il lavoro procedette spedito e silenzioso, interrotto solo dai barellieri del San Mungo giunti per prelevare il corpo e portarlo all’obitorio dell’ospedale. Sotto al cadavere trovarono la bacchetta dell’uomo, dunque Sara vide confermata la sua ipotesi, aveva cercato di difendersi in qualche modo.

A pomeriggio inoltrato, una telefonata avvertì Sara che Margaret Guilford era arrivata al Ministero.

-          Frank, ce la fai a finire da solo? Vorrei che Tonks mi accompagnasse a parlare con la sorella della vittima.

Mentre il ragazzo assicurava che non ci sarebbero stati problemi, Sara vide una strana espressione sul volto di Tonks, ma non riuscì a capire se si trattasse di sospetto o sollievo. Nell’attesa che la ragazza raccogliesse le sue cose, Sara uscì in strada e si accese una sigaretta. La via era quasi deserta, tranne che per le auto del Ministero e un anziano signore a passeggio con il cane. I mezzi babbani se n’erano andati da tempo e la zona era tornata piuttosto silenziosa.

Voltandosi verso l’estremità opposta della strada, dove si trovava un piccolo parco giochi con alcuni alberi, Sara ebbe la sensazione di scorgere qualcuno, l’ombra di un uomo alto e imponente, ma fu questione di un attimo talmente fugace che poteva tranquillamente esserselo immaginato.

-          Eccomi, sono pronta – disse Tonks arrivando alle sue spalle, mentre la donna cercava ancora di vedere in lontananza.

Non era il momento di farsi prendere dalla paranoia, non c’era proprio nessuno in quel parco giochi.

Le due Auror si diressero verso l’auto di Sara e partirono per tornare al Ministero. Tonks era taciturna, appariva pallida e vagamente contrariata.

-          Ti sei occupata di molti omicidi, fino ad ora? – chiese Sara dopo qualche minuto, per spezzare la tensione.

-          A dire la verità, non molti. Grazie alle mie capacita di Metamorfomago mi hanno utilizzata più spesso per le missioni operative che per le indagini.

-          Sì, immagino che possa essere una qualità molto utile per certe operazioni. Come trovi il cambiamento? – chiese poi Sara, visto che Tonks continuava a restare in silenzio.

-          È radicale, ma interessante. Mi piace questo modo di lavorare, così meticoloso e analitico. Da la sensazione di avere le cose sotto controllo.

-          Purtroppo le cose non sono quasi mai sotto controllo – disse Sara amaramente – ma ci piace fare del nostro meglio.

Dopo qualche altro istante di silenzio, Tonks aveva ancora la stessa enigmatica espressione. Sara quindi decise di tentare un’altra strada, pensando che avesse male interpretato la sua decisione.

-          Non ti ho allontanata dalla scena del crimine perché penso che tu non sia in grado di lavorare da sola o perché voglio tenerti sotto controllo. Semplicemente vorrei che perfezionassi anche questo aspetto del lavoro. Trattare nel modo giusto con i parenti delle vittime è fondamentale.

La ragazza parve vagamente più rilassata e disse:

-          In effetti non mi è capitato spesso. Suppongo che non sia semplice.

-          Si impara, col tempo.

-          Si dice che tu sia particolarmente abile in questo – aggiunse Tonks con ritrovata sicurezza – Sembra che i parenti delle vittime abbiano la tendenza a fidarsi di te e a parlare liberamente.

-          Già – disse Sara ridacchiando – però posso attribuirmi ben poco merito per questo! Mi è sempre successo, anche da ragazzina. Perfino persone che conoscevo pochissimo venivano da me a raccontarmi tutti gli affari loro, senza farsi problemi e soprattutto senza che io avessi mai chiesto niente.

Nel frattempo erano arrivate al Ministero. Sara parcheggiò l’auto nel sotterraneo e scesero in fretta per raggiungere l’entrata che dal parcheggio portava all’Atrium. Nell’avanzare tra le auto di ordinanza del Ministero e quelle dei dipendenti, Sara si gettò un’occhiata alle spalle ed ebbe nuovamente l’impressione di vedere l’ombra di qualcuno, questa volta più concreta.

Si fermò e si voltò di scatto, con la bacchetta sguainata di fronte a sé. Tonks, pochi passi più avanti, si girò a sua volta e, con una certa sorpresa, si affiancò a Sara.

-          Che succede? – domandò tenendo la mano pronta a raggiungere la bacchetta.

-          Tu hai visto nessuno, quando siamo scese dalla macchina? – domandò Sara a bassa voce, continuando a scrutare il buio del parcheggio sotterraneo.

-          No – rispose Tonks, scuotendo la testa – Perché?

-          No… niente. Uno dei problemi di questo lavoro è che alla lunga ti rende paranoico.

Sara ripose la bacchetta e si impose di calmare il battito, che ormai era alle stelle. Insieme entrarono al Ministero e raggiunsero il Dipartimento degli Auror, dove Margaret Guilford attendeva seduta su una scomoda panchina nel corridoio di accesso. Era una donna alta e asciutta, con i capelli neri tagliati molto corti e un’espressione severa. Sedeva con la schiena dritta appoggiata contro il muro e teneva tra le mani un fazzoletto, che doveva aver utilizzato fino a poco prima.

-          Signora Guilford?  Sono l’Auror Capo White e questa è l’Auror Tonks. Le hanno già comunicato che…

-          Sì – interruppe la signora con tono secco – Elton è stato trovato morto nel giardino di casa nostra.

-          È così. Venga, parliamo nel mio ufficio.

Sara e Margaret Guilford, seguite da Tonks, si diressero verso l’ufficio. Sara sedette su una delle due sedie poste davanti alla scrivania e offrì l’altra alla signora, mentre Tonks rimase in piedi.

-          Mi dispiace molto per suo fratello e mi dispiace di averla convocata qui.

-          Non c’è problema, immagino che vogliate… qualche informazione – rispose la signora fissando un punto imprecisato della giacca di Sara.

-          So che ha fatto un lungo viaggio prima di arrivare, gradisce un caffè o un the? – disse Sara alzandosi e aggirando la scrivania per raggiungere il cassetto dove teneva due bricchi. Li estrasse entrambi e li colpì con la punta della bacchetta. Uno prese a riempirsi di caffè bollente e un di the.

-          Un the andrebbe benissimo, grazie.

Sorseggiando rispettivamente caffè e the, Sara e Margaret Guilford parlarono a lungo del fratello Elton. Era fidanzato? No. Lavorava? Si, per una casa editrice di riviste di magia. Aveva molti amici? No, non molti. Frequentazioni assidue? No, affatto. Problemi con qualcuno? Litigi? Discussioni? Con maghi? Con babbani?

-          Ascolti, mio fratello era una persona tranquilla, riservata, sedentaria. Amava i libri più di ogni altra cosa. Immagino che abbia visto casa nostra. È piena di libri da scoppiare. Non ha mai fatto altro che leggere, scrivere e lavorare. Il suo amore per i libri è stato tale che non è mai stato capace di tenersi l’amore di una donna per più di qualche mese. Non ha mai dato fastidio a nessuno. Elton era un filosofo: piuttosto che scontrarsi con qualcuno si arrovellava per mesi per cercare una soluzione alternativa. Io lo capisco, per me è stata la stessa cosa con la musica. Ho studiato musica per tutta la vita e non ho mai fatto altro: pochi amici, pochi svaghi, ma mi andava bene così e anche Elton era contento della sua vita così com’era.

Sara ascoltò con attenzione il discorso appassionato della sorella di Elton Guilford, senza interrompere. La prima impressione che aveva avuto, che quel delitto fosse strano, senza apparente movente, si faceva sempre più forte.

-          Signora Guilford – disse Sara con partecipazione – lei conosceva Elton meglio di chiunque altro e io mi fido della sua impressione. Tuttavia un delitto deve avere un movente e, per adesso, dobbiamo tenere aperte tutte le porte. La sua abitazione dovrebbe essere libera entro poche ore. Vorrei che controllasse se manca qualcosa, per ora non possiamo escludere che si sia trattato di furto.

-          A casa nostra non c’è nulla che valga la pena rubare, ma controllerò. Mi sembra tutto assurdo – disse la donna, dando il primo segno di cedimento emotivo dall’inizio della conversazione – Nessuno avrebbe potuto avercela con Elton. Chi poteva volerlo morto?

Sara ancora non aveva una risposta, ma assicurò alla signora che avrebbe fatto il possibile per scoprirlo. Accompagnandola all’uscita, Sara incaricò due Auror di accompagnarla a casa, di perquisire l’abitazione e di restare fino al giorno successivo a sorvegliare la casa.

-          Se avesse bisogno di qualcosa, se le venisse in mente qualche informazione mi chiami pure a qualsiasi ora del giorno e della notte – disse Sara porgendole un biglietto.

-          Grazie, è stata molto gentile.

Quando Margaret Guilford si fu allontanata, scorata da due Auror, Tonks, che fino a quel momento si era tenuta in disparte, si avvicinò a Sara.

-          Avevano ragione – disse Tonks.

-          Chi?

-          Quelli che dicevano che la gente si fida di te spontaneamente. Questa in mezz’ora ti ha raccontato la storia della sua vita e quella del fratello. Io avrei dovuto stare per ore a fare domande e a interpretare silenzi reticenti.

Sara scrollò le spalle e tornò verso l’ufficio.

-          È stata una giornata lunga – disse senza voltarsi – Vai a casa, ci vediamo domani alle otto.

*^*^*^*^*

-          E questo è quanto – disse Tonks, seduta al tavolo della cucina di Grimmauld Place, quando ebbe finito di raccontare la sua giornata.

Sirius aveva ascoltato attentamente, con i nervi a fior di pelle, temendo ogni istante di sentire qualcosa che Sara aveva detto o fatto e che potesse essere male interpretato. Ma niente, assolutamente niente, era stata irreprensibile per tutto il giorno e nessuno, nemmeno Kingsley, sarebbe riuscito a trovare qualcosa che non andava.

Sirius non poté trattenersi e sorrise. Voleva che Sara entrasse a far parte dell’Ordine. Voleva vederla, aveva bisogno di parlarle e se ne fregava altamente se qualcuno trovava strano che lui sorridesse.

-          Tu che impressione ti sei fatta? – domandò Arthur Weasley a Tonks – Ora che la conosci meglio, cosa ne pensi?

-          Sono sempre convinta che potremmo fidarci. Mi sembra a posto, lavora con passione e non ha detto una sola parola che possa essere intesa come sostegno al Ministro o peggio a Voldemort.

-          Bene, questo dovrebbe sistemare gli scettici – disse Lily guardandosi intorno – A proposito, dov’è Kniglsey?

-          Questa sera non si è ancora visto – rispose la Molly – Tonks tesoro, ti fermi a cena con noi? Ho fatto il pasticcio di carne.

Tonks impallidì leggermente prima di rispondere.

-          Ti ringrazio Molly. Mi fermo a cena, ma non credo di farcela a mangiare carne, non dopo la scena del crimine di oggi.

*^*^*^*^*

Il giorno seguente, al Dipartimento degli Auror, Sara, Frank e Tonks passarono la giornata a interrogare amici, conoscenti, colleghi, vicini, negozianti, tutti coloro che avevano in qualche modo avuto a che fare con la vittima, senza peraltro ricavare niente di decisivo.

Tutti dicevano più o meno le stesse cose. Era un gran lavoratore, una persona a modo, nessuna discussione, mai nessun contrasto. No, non conoscevano nessuno che potesse avercela con lui. No, ultimamente non si era comportato in modo strano.

Olga invece aveva il compito di trovare un senso a tutte le impronte digitali rinvenute nel salotto e nel resto della casa, ma anche da quel lato non c’erano molte novità. La maggior parte delle impronte appartenevano a Elton e Margaret Guilford, alcune ai poliziotti che avevano perquisito l’abitazione e le poche impronte estranee non avevano corrispondenza nei database del Ministero.

Quell’indagine non stava andando da nessuna parte.

Seduta alla scrivania, davanti alle deposizioni di tutte le persone interpellate, Sara si passò le mani tra i capelli. Non vedeva appigli, non trovava nessun indizio da seguire. Zero assoluto.

Per di più non era riuscita a sbarazzarsi della sensazione di essere seguita, quell’ombra nel parcheggio e nel parco giochi la tormentavano dal giorno precedente. Forse si trattava soltanto di uno scherzo della sua immaginazione, forse era solo stanca. Oppure qualcuno la stava pedinando? Chi poteva avere interesse a spiarla, a controllarla?

Per schiarirsi le idee, Sara decise che sarebbe andata a trovare Margaret Guilford e questa volta ci sarebbe andata da sola.

Quando raggiunse la sua auto nel parcheggio, controllò scrupolosamente l’eventuale presenza di ombre non meglio identificate, ma non trovò traccia di pedinatori. Dopo aver interrotto tutti gli incantesimi di protezione che abitualmente gettava sulla macchina, Sara si mise al volante e si diresse verso l’abitazione dei Guilford. Nonostante cercasse di tranquillizzarsi, continuando a ripetersi che non c’era nessuno a seguirla, non poté fare a meno di controllare ossessivamente lo specchietto retrovisore, ma nel traffico di Londra era difficile capire se qualcuno ti stesse seguendo o se stesse semplicemente andando dalla tua stessa parte.

Attraversando il vialetto d’ingresso, Sara notò che il giardino davanti alla casa della signora Guilford recava ancora i segni del recente passaggio di Polizia e Auror. I due Auror di guardia erano sistemati in un auto dall’altro lato della strada e le fecero un cenno, vedendola arrivare.

Sara bussò lievemente e Margaret Guilford aprì la porta quasi immediatamente.

-          Ah, è lei! – disse a mo di saluto – Prego si accomodi.

-          Mi dispiace disturbarla, speravo di poterle fare ancora qualche domanda – disse Sara entrando.

-          Si, certo. C’è qualche novità? – domandò la donna, poi aprendo la porta della cucina disse – Se non le spiace la faccio accomodare qui. Non ho ancora avuto il coraggio… bè, non ho ancora avuto modo di riordinare il salotto.

Seduta al tavolo della cucina, con una tazza di the davanti, Sara si domandò quanto dovesse sentirsi sola Margaret senza il fratello e con la paura che qualcuno tornasse anche per lei. Era fondamentale scoprire il movente dell’omicidio, per stabilire se anche lei fosse effettivamente in pericolo.

La signora Guilford aveva l’aria stanca e sciupata di chi non ha dormito quasi per niente, ma ricevette Sara con estrema cortesia e rispose a tutte le sue domande. In realtà non c’erano molte domande nuove che potesse porle, ma voleva sapere qualcosa in più su Elton Guilford.

-          Mi duole di non poterle dire molto di più di quanto le abbia detto ieri.

-          Non si preoccupi, ogni dettaglio può essere utile. Volevo chiederle una cortesia – aggiunse Sara sperando di dare un senso a quella visita – potrei dare ancora un’occhiata alla stanza di suo fratello?

-          Ma certo – rispose la donna alzandosi e facendole segno di seguirla.

Salirono la stretta scala fino al piano di sopra e Sara entrò nella stanza, che aveva già visitato il giorno precedente. Anche qui, le pareti erano ingombre di mensole cariche di libri, un letto singolo occupava l’angolo della stanza più lontano dalla porta e un piccolo armadio si trovava invece subito a destra.

Rimasta sola, Sara si avvicinò alla scrivania sotto la finestra e si sedette. Era un buon posto per lavorare in tranquillità, luminoso e silenzioso perché la finestra affacciava sul retro dell’abitazione, lontano dalla strada. Una pila di quaderni immacolati era posizionata a destra, mentre quaderni e fogli scritti erano impilati a sinistra. Il cassetto centrale conteneva penne e boccette di inchiostro, una agenda e una cartellina rossa.

Sara estrasse l’agenda e la cartellina. Nella prima erano annotati meticolosamente appuntamenti e scadenze in una calligrafia piccola e ordinata. Nella cartellina invece erano contenuti scontrini e ricevute insieme a un rendiconto di entrate e uscite. Forse esaminando l’agenda e le spese della vittima si poteva ricavare qualcosa.

Sara si alzò e scese al piano di sotto, dove trovò Margaret ad attenderla. Mostrandole l’agenda e il resto chiese il permesso di portarli al Ministero, anche se in realtà non avrebbe avuto bisogno di domandare.

-          Spero di poterle dare al più presto qualche notizia – disse Sara riponendo i nuovi reperti nella sua borsa – Nel frattempo stia tranquilla, qui di fronte ci sono due Auror a sorvegliare la casa. Non deve preoccuparsi.

Congedandosi, si domandò quanto fosse effettivamente in pericolo quella donna e se si potesse fare qualcosa di più ma in quel momento non c’erano ragioni sufficienti per predisporre maggiore sorveglianza e il Dipartimento era già abbastanza a corto di personale.

Era quasi ora di pranzo e la strada era un po’ più animata del giorno precedente. Diverse mamme con bambini si dirigevano probabilmente verso le rispettive case, qualche signora con la spesa si affannava trasportando sacchetti, alcuni anziani erano seduti su una panchina a chiacchierare e nessuno sembrava prestare attenzione alla casa in cui, solo il giorno prima, era avvenuto un omicidio. Gli Obliviatori avevano fatto un ottimo lavoro, come sempre.

Il quadro era quello di una perfetta tranquillità, ma Sara si guardò intorno inquieta. Gli occhi tornavano magneticamente al punto in cui aveva visto quell’ombra, tanto che decise di andare a dare un’occhiata al parco giochi.

Camminava lentamente, per non attirare l’attenzione. Il parco giochi era un piccolo spiazzo erboso circondato da alberi, con alcune altalene, uno scivolo e una buca piena di sabbia. In quel momento era deserto e dava l’idea di essere il posto più sicuro del mondo.

Con un sospiro, Sara si voltò per tornare alla sua auto e fu in quel momento che lo vide. Lo stesso uomo alto e imponente che spariva nel vicolo tra due case poco più avanti.

Questa volta ne era certa. Non l’aveva immaginato!

Con la mano nella tasca interna della giacca stretta sulla bacchetta, Sara corse in quella direzione, stavolta incurante dei passanti che si erano voltati a guardarla. Arrivò al vicolo appena in tempo per vedere il bordo del mantello dell’uomo sparire dietro l’angolo, ma non fu tutto. Nei brevi istanti in cui fu in vista, Sara scorse un lampo rosa shocking.

Era Tonks! Non poteva essere che lei. Quel colore di capelli era assolutamente inconfondibile. Col cuore che martellava, Sara si lanciò all’inseguimento. Possibile che la ragazza fosse in combutta con il pedinatore? Allora anche lei era stata messa lì a controllarla!

Quando raggiunse il termine del vicolo, non c’era nessuno in vista. Maledizione!

I due Auror che stavano di guardia alla porta dei Guilford arrivarono trafelati.

-          Auror White! Tutto a posto?

-          Sì, non preoccupatevi – disse Sara senza fiato – Mi era sembrato… ma mi sono sbagliata…

Non poteva dire nulla, come faceva ad essere sicura che anche quei due non fossero in combutta con il pedinatore?

Più in fretta che poté, Sara tornò alla sua auto e guidò come una pazza fino al Ministero. Era furiosa. Furiosa con se stessa per non aver capito che Tonks la stava prendendo in giro e furiosa con chiunque la stesse controllando. Perché? Che cosa volevano da lei?

Arrivata al Dipartimento trovò Tonks seduta tranquillamente alla sua scrivania, anche se un po’ scompigliata. Probabilmente si era smaterializzata poco dopo che l’aveva vista e aveva avuto il tempo di tornare in ufficio e sistemarsi alla scrivania.

Quando la vide arrivare, con gli occhi fiammeggianti, la ragazza si fece piccola sulla sedia e assunse un’aria colpevole; probabilmente aveva capito che c’era qualcosa che non andava. Sara si avventò su di lei e la fece alzare trascinandola per un braccio. Sempre tenendole stretto il braccio, la spinse verso il suo ufficio dove sbatté la porta con uno schianto e la chiuse a chiave.

-          Sara… io non capisco…

Senza darle il tempo di dire altro, Sara la afferrò per un braccio, glielo torse dietro la schiena e la bloccò sulla scrivania tenendola ferma con il proprio peso.

-          Stammi a sentire, mi hai preso per deficiente? Credi che non ti abbia vista, insieme a quel tizio che mi segue? Ora, se vuoi uscire viva da qui mi dici per conto di chi mi state controllando e perché.

-          Ma io… credimi non… davvero non capisci… – Tonks parlava con voce soffocata mentre ancora era bloccata contro la scrivania – Io non volevo… davvero però…

-          Però cosa? – sibilò Sara sempre più furibonda – Forse non mi hai capito. Dimmi SUBITO per chi lavori e che cosa volete da me. ADESSO!

Sara tremava di rabbia. Come osavano, chiunque fossero? Lasciò andare il braccio della ragazza, arretrò di due passi ed estrasse la bacchetta. Quando Tonks si alzò trovò la bacchetta di Sara sospesa all’altezza del naso e alzò le mani in segno di resa.

La mano che teneva la bacchetta era ferma, le nocche bianche tanta era la forza con cui stringeva l’impugnatura. Col volto contratto dalla rabbia, Sara faceva davvero paura e la ragazza si decise a parlare.

-          Silente. È stato Silente a chiedermi di mettermi in contatto con te.

-          Metterti in contatto?! Mi state SORVEGLIANDO! Che storia è questa? – Sara cercava di trattenersi dall’urlare, per evitare che tutto il Dipartimento sentisse.

-          È la verità!

-          Non raccontarmi idiozie, continui a credermi stupida? Ho parlato personalmente con Silente pochi giorni fa, perché avrebbe dovuto chiedere a te di controllarmi?

-          Mi… mi dispiace – balbettò Tonks tenendo d’occhio la punta della bacchetta di Sara – Io non sono autorizzata… non posso davvero… non posso dirti di più ma…

-          FUORI!!! – questa volta Sara gridò a pieni polmoni – Esci dal mio ufficio, non farti più vedere nella mia squadra e, se riesci, non farti più vedere al Ministero perché sappi che d’ora in poi la tua vita qui sarà impossibile.

Tonks uscì di corsa, pallida e stravolta, e appena la porta si fu chiusa alle sue spalle, Sara crollò in ginocchio sul pavimento con il volto nascosto tra le mani.


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