Per i lettori: oggi, nonostante l'ansia pre-esame che comincia a farsi sentire, sono in vena di aggiornamenti. Sono ansiosa di portarvi al capitolo 9, che fino a questo punto della storia è il mio preferito! Buona Lettura!


L’attività di Sara divenne frenetica. Aveva il bisogno quasi fisico di risolvere quel mistero. Non ne poteva più di dubbi, di supposizioni, voleva delle certezze, ma trovare delle certezze quando quasi tutti i protagonisti di questa storia erano scomparsi era un’impresa ardua.

Lei e Frank Parker erano seduti nella sua auto e sfrecciavano a velocità piuttosto sostenuta alla volta di Azkaban, purtroppo l’unico posto in cui trovare informazioni su quello che avveniva in prigione era la prigione stessa.

Sara aveva lavorato spesso ad Azkaban, quando era recluta era stata tra le prime ad essere mandata a fare le ispezioni di rito al carcere. Per le reclute era una sorta di prova di iniziazione, se riuscivano a reggere ad Azkaban potevano dirsi sufficientemente forti da reggere anche a tutto il resto.

In seguito le era capitato spesso di doverci andare per interrogare i prigionieri e infine aveva indagato sull’evasione di Black e su quella dei dieci Mangiamorte. Ogni volta che le era capitato di doversi recare ad Azkaban non aveva potuto fare a meno di pensare che Sirius era lì o c’era stato. Le prime volte era stato terribile sapere di essere nello stesso edificio in cui c’era lui, poi poco alla volta era riuscita ad anestetizzarsi, sia verso questo pensiero terribile, sia verso i Dissennatori. Per lei il Sirius Black rinchiuso dietro le sbarre era una persona completamente diversa da quella che aveva conosciuto, per cui bastava fingere che si trattasse solo di un caso di omonimia.   

Mentre uscivano dalla città e si addentravano nella campagna, Sara e Frank stavano in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri. In quei giorni, quando Sara lasciava la mente libera di vagare, finiva sempre a rievocare i ricordi degli anni in cui era stata con Sirius, gli anni della sua amicizia con Lily, gli anni di Hogwarts.

Il suo rapporto con Sirius all’inizio era stato piuttosto controverso, dire che non si trovavano simpatici era riduttivo e le cose erano andate sempre peggiorando man mano che la frequentazione era proseguita. Sara ricordava bene l’ultimo periodo, quando aveva saputo che Lily e James si sarebbero sposati.

Era maggio e ad Hogwarts incominciavano a vedersi i primi scorci d’estate. Sara stava finendo il quarto anno e gli esami erano sempre più vicini, così invece di godersi la bella giornata era rinchiusa nella Sala Comune di Grifondoro, china su un enorme tomo di Trasfigurazione. Come al solito aveva occupato il suo tavolo preferito, accanto a una delle grosse finestre. La luce si rifletteva invitante sulle pagine di pergamena del libro, ma non doveva farsi distrarre, era rimasta molto indietro con Trasfigurazione.

Ad un tratto un ombra si fermò sul suo libro e Sara fu costretta ad alzare gli occhi verso la finestra per vedere cosa l’avesse provocata. Un ampio sorriso si aprì sul suo volto quando vide, dall’altra parte del vetro, un grosso gufo bruno con una busta legata alla zampa.

-          Frullo! – esclamò alzandosi per andare ad aprire la finestra.

Frullo era il gufo di Lily, Sara lo fece posare sulla spalliera della sua sedia, mentre la sua amica Rebecca, seduta poco distante, lo guardava con aria di scarsa approvazione. Rebecca non amava molto gli animali, soprattutto quelli dotati di piume. La busta che Frullo aveva portato era piuttosto spessa e aveva l’aria di contenere un sacco di informazioni interessanti, così Sara decise che la Professoressa McGrannitt non l’avrebbe bocciata solo per essersi presa una breve pausa.

Dopo aver slegato la busta, prese nuovamente posto sulla sedia e aprì l’involucro di pergamena. Dentro trovò altre due buste: una di semplice pergamena da lettere e l’altra di una raffinata pergamena azzurra decorata con fili argentati.

Sara sorrise, sospettando il contenuto della busta azzurra. Dagli accenni che Lily si era lasciata sfuggire nelle lettere precedenti poteva trattarsi solo di una cosa, ma prima di rovinarsi la sorpresa prese l’altra busta. Su di essa vi era scritto “Apri prima la busta azzurra”. La ragazza obbedì e all’interno trovò un cartoncino azzurro con gli stessi decori argentati che diceva:

Lily Evans e James Potter
sono lieti di annunciare il loro matrimonio
che si terrà il giorno 10 Giugno
presso la Chiesa di Saint Paul a Londra
alle ore 10.30.
Di seguito alla cerimonia si terrà un piccolo ricevimento.

 

Sara rise tra se, non poteva fare a meno di pensare che, quando aveva conosciuto Lily, lei non poteva sopportare James e ora stava per sposarlo. Era felice per la sua amica, stava per iniziare una nuova vita e da quando stava con James l’aveva vista serena e tranquilla come non mai. Sentiva molto la mancanza della sua amica e temeva che sposandosi la loro corrispondenza sarebbe diventata meno assidua, così come i loro incontri, ma non era il caso di preoccuparsi prima del tempo.

Sara aprì la seconda busta e si sistemò contro lo schienale della sedia, preparandosi a leggere quella che sperava fosse una lunga lettera.

Cara Sara,
Sorpresa!
Ma credo che tu non sarai poi così sorpresa dalla notizia, dopo tutto mi ero già lasciata sfuggire qualcosa. Sono davvero felice! Non puoi neanche immaginare quanto! Non vedo l’ora che sia il dieci di giugno! E tu ci devi assolutamente essere!!!
Io e Jamie abbiamo già parlato con Silente e mi pare propenso ad accordarti il permesso di lasciare la scuola per un giorno. Davvero non posso sposarmi senza la mia migliore amica.
Forse la nostra decisione può apparire avventata, i miei genitori non sono particolarmente d’accordo, ma non voglio passare neppure un attimo senza James, non in questo momento in cui potremmo essere attaccati ad ogni istante.
Se dobbiamo affrontare qualche terribile destino, vogliamo affrontarlo insieme. E quale modo migliore di realizzare questo proposito che  sposarsi?
So che tu capirai e che non mi giudicherai troppo duramente.
Ora passiamo ad argomenti più allegri. Manca così poco al matrimonio e devo fare ancora così tante cose. Se non sbaglio il prossimo fine settimana avrete libera uscita a Hogsmeade. Se venissi al villaggio, mi aiuteresti a sbrigare alcune commissioni? Mi piacerebbe passare una giornata con te. Ti prego non dire di no!
Aspetto la tua risposta prestissimo! Frullo ha ordine di attendere la risposta e di beccarti a morte se non risponderai immediatamente! Per cui fai attenzione!

Fidanzatissimamente tua
Lily

Sara scosse la testa continuando a sorridere, come aveva fatto per tutto il tempo in cui aveva letto. Non perse tempo, afferrò una pergamena e cominciò a scrivere la risposta.

Cara Lily,
CONGRATULAZIONI!
Sono davvero felice per te, benché il tuo stato mentale mi preoccupi un po’. Jamie? Da quando chiami James Jamie? E soprattutto da quando James Potter accetta di farsi chiamare Jamie?
Inoltre mi inquieta leggermente questo abuso di punti esclamativi. E’ un effetto del fidanzamento?
A parte gli scherzi, sono davvero contenta per te, per voi.
Avevo deciso di rimanere a scuola a studiare sabato, ma per il tuo matrimonio posso fare un’eccezione. So che non hai idea di che cosa sia l’organizzazione.
Ci vediamo davanti a Mielandia alle nove, d’accordo?
Un bacio a te e un abbraccio a Jamie!

Sara

La ragazza piegò la lettera in quattro e la legò alla zampa di Frullo.

-          Mi raccomando, consegnala in fretta alla tua padrona, altrimenti penserà che non le ho risposto subito – disse Sara accarezzando Frullo sulla testa. Quindi fece posare il gufo sul braccio e lo accompagnò alla finestra. Il gufo la guardò stringendo gli occhi, poi spiccò il volo.

-          Di chi era la lettera? – domandò Rebecca alzando la testa dagli appunti di Incantesimi.

-          E’ di Lily – rispose Sara avvicinandosi all’amica – Indovina un po’ – continuò poi sventolandole il cartoncino azzurro davanti agli occhi – Lily e James si sposano!

-          Ma dai? – rispose Bex facendo un piccolo balzo sulla sedia – E dire che sembravano non sopportarsi!

-          Eh già, e invece… Ascolta – disse Sara con più serietà – so che avevamo deciso di restare a studiare invece di andare a Hogsmeade, ma Lily mi ha chiesto di accompagnarla al villaggio per fare alcune commissioni per il matrimonio. Ti dispiace se vado?

-          Oh… bè, no. Vai pure – rispose Rebecca lievemente delusa – Chiederò a Bob. Se va al villaggio andrò con lui, se resta a studiare potrei farmi dare una mano.

-          Sei sicura che non sia un problema? – chiese ancora Sara.

-          Vai tranquilla, non c’è problema – replicò Bex questa volta sorridendo apertamente.

Sara aveva spesso l’impressione che Bex fosse un po’ gelosa di Lily. Sara e Rebecca erano state in camera insieme fin dal primo anno, ma avevano legato di più all’inizio del terzo anno, quando Lily aveva già finito gli studi e aveva lasciato Hogwarts. Sara aveva raccontato spesso di Lily alla sua nuova amica, ma aveva deciso di smettere quando aveva avuto l’impressione che le desse fastidio.

Bob invece era una specie di fidanzato di Rebecca. In realtà la cosa non era molto chiara, si prendevano e si mollavano con una certa facilità, attraversavano dei periodi di amore incondizionato e dei periodi in cui quasi non si parlavano. Sara aveva smesso da tempo di cercare di capirci qualcosa, lasciava che l’amica facesse quello che voleva del suo tempo e della sua vita.

Quel giorno Sara si rimise a studiare con uno spirito più positivo, disponendosi ad una settimana di attesa prima della gita ad Hogsmeade.

Il sabato giunse abbastanza rapidamente, Sara aveva così tanto da studiare che le giornate parevano sempre troppo corte. La mattina del giorno fissato si alzò molto presto, quando ancora le sue compagne di stanza dormivano profondamente. Si fece la doccia nel bagno comune cercando di fare il minor rumore possibile, indossò un paio di jeans scuri e una maglia alla marinara con righe orizzontali bianche e blu. Prima di uscire prese la borsa di cuoio, che usava anche per portare i libri nei giorni di lezione, e indossò un leggero giubbotto di seta blu scuro.

Quando scese le scale, in Sala Comune trovò solo poche persone, alcuni che avevano deciso, come lei, di sfruttare appieno la giornata e recarsi al villaggio di buon ora e qualche studente degli ultimi anni che aveva già cominciato a studiare.

I corridoi del castello si presentavano altrettanto sonnolenti e silenziosi, solo in Sala Grande cominciava ad esserci un certo movimento per la colazione. Sara si sedette al tavolo di Grifondoro e consumò una colazione sostanziosa con uova, pancetta, pane tostato imburrato e coperto di marmellata di lamponi e succo di zucca gelato. Non aveva idea di quante cose dovesse fare Lily, quindi non sapeva se si sarebbero fermate per pranzare.

La giornata si presentava serena e soleggiata. Anche se si avvicinava molto a un clima estivo, l’aria del mattino era fresca e tagliente e il giubbotto che Sara indossava non era affatto eccessivo.

Quando arrivò davanti a Mielandia, il negozio aveva appena aperto, il proprietario stava abbassando una tenda colorata sopra la vetrina mentre la moglie sistemava alcuni scacchi di caramelle all’interno.

Lily non era ancora arrivata, così Sara si avviò lungo la strada principale di Hogsmeade e si fermò accanto a una staccionata che racchiudeva un prato. La ragazza si guardò un po’ intorno. Non c’era nessuno in vista, soprattutto non c’erano insegnanti. Così si passò tra una trave e l’altra della staccionata e si nascose dietro l’angolo dell’edificio lì accanto. Frugò rapidamente nella borsa e trovò quasi subito quello che cercava: un pacchetto di sigarette e un accendino. Prese una sigaretta e se la accese con le mani che le tremavano furiosamente, tanto che rischiò di incendiarsi i capelli con l’accendino. Aveva il terrore che qualcuno la vedesse, ma era dall’ultima partita di Quidditch che non si concedeva una sigaretta.

Aveva iniziato a fumare l’estate precedente, l’unica che ne era a conoscenza era Bex, che la accompagnava di tanto in tanto dietro gli spogliatoi del campo di Quidditch per fumarsi una sigaretta. Non era fiera di questo vizio, ma purtroppo aveva provato e le era piaciuto. E ora diventava sempre più difficile rinunciarci.

-          Che cosa stai facendo?!

La voce che la sorprese alle spalle era ben nota a Sara e si voltò con aria colpevole, cercando di nascondere la sigaretta dietro la schiena.

-          Niente! Non sto facendo niente! – esclamò Sara facendo scivolare la sigaretta a terra e schiacciandola con il tallone.

-          Sara! Quando hai iniziato a fumare? – chiese Lily con aria di disapprovazione.

-          Allora, non hai delle commissioni da fare? Andiamo! – disse Sara tornando sulla strada e affiancandosi alla sua amica.

-          Non credere di passarla liscia così – disse Lily stringendo gli occhi con aria minacciosa – Comunque per il momento soprassediamo.

-          Grazie, vostro onore – replicò Sara con un sorrisetto ironico – Dimmi, dimmi, che commissioni devi fare?

-          Devo comprare il vestito.

-          Il vestito? Mi vuoi dire che tu ti sposi tra meno di un mese e ancora non hai scelto il vestito? E sei venuta a cercarlo a Hogsmeade? – domandò Sara incredula.

-          Non voglio comprarlo a Hogsmeade, ma tu verrai con me a sceglierlo a Londra – dichiarò Lily con un sorriso immenso.

Sara rimase per un attimo interdetta, ma Lily la tolse dall’imbarazzo di replicare.

-          Prenderemo il Nottetempo, ci metteremo poco per arrivare a Londra, passeremo la giornata lì e poi, nel tardo pomeriggio, puoi tornare usando ancora il Nottetempo.

-          Se sei convinta tu? – disse Sara un po’ perplessa – Ma se mi fai passare dei guai a scuola boicotto il tuo matrimonio!

-          Stai tranquilla, andrà tutto bene.

Hogsmeade cominciava a riempirsi di studenti in libera uscita. Se non volevano farsi troppo notare dovevano sbrigarsi. Sara sapeva che non sarebbe stato saggio farsi vedere salire sul Nottetempo. Lily si infilò in una strada secondaria ed estrasse la bacchetta, mormorò “Lumos” e tese la bacchetta davanti a sé.

Un enorme autobus viola si stagliò davanti a loro, le porte a soffietto si aprirono e ne scese un vecchissimo bigliettaio di nome Ulric.

-          Buon giorno, sono Ulric, il vostro bigliettaio per oggi. Dove siete dirette? – chiese l’anziano signore con voce inespressiva mentre le ragazze salivano a bordo.

-          Londra, Diagon Alley – rispose Lily con voce chiara.

-          Fanno dodici falci e tre zellini – continuò con voce sempre piatta e monotona.

Lily pagò il biglietto per entrambe, ignorando le proteste di Sara che voleva pagare per sé.

-          Signorine vi prego di accordarvi e prendere posto, dobbiamo ripartire – invitò il bigliettaio – Devo andare in pensione, sono troppo vecchio per queste cose.

-          Ci scusi – disse Sara.

Lei e Lily si sedettero in fondo al bus e poco dopo l’autobus ripartì con un rombo e un forte scoppio. Le ragazze avevano moltissime cose da dirsi, così il viaggio non sembrò così terribile e movimentato come al solito e parve che Londra arrivasse in un attimo.

Il Nottetempo si fermò con un’inchiodata davanti al Paiolo Magico e le ragazze furono praticamente sbalzate fuori. Salutarono il bigliettaio con un sorriso e si avviarono lungo la via.

-          Allora – cominciò Sara – Dove vuoi comprare il vestito?

-          Non saprei… non sarà una cerimonia sontuosa. Abbiamo invitato gli amici più stretti, qualche parente, ma niente di più. Non voglio esagerare – disse Lily gravemente.

-          Bè, ci si sposa una volta sola… si spera… se non ti togli adesso lo sfizio del vestito quando pensi di farlo? – domandò Sara

-          Hai ragione! Guarda! – esclamò Lily indicando un grande negozio con la vetrina zeppa di tulle bianco.

Le due amiche attraversarono la strada e si trovarono davanti a una boutique con un’insegna che recitava “Le spose di Susan – al vostro servizio dal 1923”.

-          Ho sempre sognato di comprare qui il vestito da sposa. Ogni volta che venivo a Diagon Alley con mia madre ci fermavamo a guardare queste vetrine – disse Lily trattenendo il fiato davanti agli abiti esposti dietro il vetro.

-          Benissimo! Entriamo.

Sara precedette la futura sposa dentro il negozio. Una commessa annoiata alzò lo sguardo da una rivista e si alzò in piedi:

-          Buon giorno! – salutò allegramente ridestandosi dal torpore – Io mi chiamo Mary Jane e sono a vostra completa disposizione. Come posso esservi utile?

-          Piacere Mary Jane, io sono Sara e questa è la mia amica Lily. Lily si sposa tra meno di un mese e non ha ancora comprato il vestito. Per di più è la persona più difficile e indecisa che abbia mai conosciuto. Pensa di poter fare qualcosa?

-          Ci possiamo provare – rispose Mary Jane con un sorriso, senza avere l’aria di essere preoccupata.

-          Benissimo! Taglia 42, ci mostri quello che il negozio può offrire.

La commessa si addentrò per alcuni minuti nei meandri del negozio e ne riemerse con una rastrelliera carica dei più svariati modelli.

Lily sparì in un camerino e Sara rimase ad attendere seduta su un divanetto. La ragazza provò decine e decine di abiti senza mai essere soddisfatta, al punto che sia Sara che Mary Jane stavano per perdere le speranze.

-          Questo? Che ne dici? – chiese perplessa Lily uscendo dal camerino.

L’abito era enorme ed elaborato, con una gonna ampia e vaporosa.

-          Lily… - sussurrò Sara avvicinandosi per non farsi sentire dalla commessa – sembri una meringa enorme.

-          Ok. Ricevuto il messaggio.

La ragazza scomparve nuovamente e Sara, disperata, decise di fare un giro per il negozio per distrarsi. C’erano numerosi scaffali e rastrelliere con scarpe, borsette, abiti non solo da sposa, ma anche da cerimonia, ed era tutto bellissimo. L’attenzione della ragazza fu attratta da una rastrelliera carica di abiti molto colorati. Ce n’erano di rossi, rosa pesca, rosa confetto, verde pallido, quello che le piacque di più era color carta da zucchero, molto semplice, lungo al ginocchio, con le spalline sottili e la scollatura drappeggiata.

-          E’ bello vero? – chiese Mary Jane arrivando alle spalle di Sara.

La ragazza sobbalzò al punto che quasi le cadde il vestito di mano. Non credeva di essere osservata.

-          Mi scusi, non volevo spaventarla!

-          Non si preoccupi. Si, in effetti è molto bello – rispose Sara con aria sognante.

-          Perché non lo prova? Per il matrimonio della sua amica sarebbe perfetto – suggerì la commessa.

-          Mi piacerebbe ma è al di sopra delle mie possibilità – disse Sara sbirciando il cartellino del prezzo.

-          Provare non costa nulla! – esclamò Mary Jane – Venga – disse guidando Sara verso un camerino vuoto.

Sara si lasciò convincere a provare l’abito anche se sapeva che non avrebbe potuto comprarlo, era davvero al di sopra del suo budget. Si spogliò e prese il vestito dalla stampella. Se lo fece scivolare addosso facendo molta attenzione a non sgualcirlo, quindi uscì e si guardò allo specchio.

Era perfetto. Sembrava che glielo avessero cucito addosso. Mary Jane comparve nuovamente alle sue spalle, posò a terra un paio di sandali dello stesso colore dell’abito coperti di strass e le porse una stola di seta in tinta bordata di perline.

-          Come faceva a sapere il mio numero? – domandò Sara incredula provandosi le scarpe e drappeggiando la stola sulle spalle.

-          Ho molto occhio – replicò Mary con modestia.

-          E’ bellissimo, non ci sono altre parole – disse Sara osservando lo specchio estasiata.

-          Le sta benissimo! Se vuole posso farle un po’ di sconto. Bè, la lascio, vado a vedere come se la cava la sposa.

-          Sì – rispose Sara assente – le dica che arrivo subito.

Sara si guardò allo specchio ancora un po’. No, non ci doveva neppure pensare. Non se lo poteva permettere. Però forse, facendo qualche sacrificio ce la poteva fare. Aveva tempo di pensarci su. Si cambiò rapidamente e tornò da Lily che si rimirava nello specchio con aria estatica.

-          Questo è assolutamente perfetto! – esclamò appena la vide – Non trovi?

L’abito che indossava era stato confezionato con una stoffa morbida e cangiante, che a seconda della luce assumeva una tonalità bianco perlacea lucente o opaca. Aveva una scollatura profonda ma non sfacciata, il corpetto era aderente e la gonna scendeva morbida a formare un piccolo accenno di strascico. Una giacchina con le maniche a tre quarti e decorata con una finissima passamaneria copriva le spalle.

-          E’ davvero perfetto! – replicò Sara – Dice che ce l’abbiamo fatta? – scherzò poi rivolta alla commessa.

-          Io dico di sì – disse Mary Jane tirando un sospiro di sollievo.

-          Anch’io! – confermò Lily – Ora mancano solo le scarpe.

-          Ferma! Ci penso io! – proclamò Sara che non aveva nessuna intenzione di passare un’altra ora in quel negozio.

Seguita a ruota dalla commessa, Sara si addentrò nel negozio esaminando rapidamente tutte le scarpe. Ad un tratto si bloccò davanti ad un paio di decolleté bianche con il tacco e la punta decorate con paillettes perlate.

-          Queste! – disse alla commessa che scelse la scatola con il numero di Lily e le portò alla sposa perché le provasse.

Quando Lily le vide fu entusiasta della scelta e fu d’accordo a non provare altri modelli. Mary Jane prese nota di alcune piccole modifiche da apportare al vestito, segnò l’indirizzo a cui inviare l’abito e incassò un piccolo acconto.

Mentre stavano per uscire Sara prese una decisione. Attese che Lily fosse fuori portata di orecchie e si avvicinò a Mary Jane.

-          Senta… - cominciò.

-          Mi dica.

-          Se le do un acconto mi può tenere da parte il vestito fino al giorno del matrimonio? Potrei passare la mattina stessa a prenderlo.

-          Ma certo! Sono contenta che abbia deciso di prenderlo. Le sta d’incanto – esclamò la commessa.

Evidentemente due vendite così insieme era parecchio che non capitavano. Sara fece scivolare una banconota in mano alla commessa e si avviò all’uscita con la sua amica.

-          Evviva, ora mi sento più leggera! – decretò Lily con un sorriso enorme – Adesso ci vuole qualcosa da mettere sotto i denti.

-          Decisamente – confermò Sara, nonostante l’abbondante colazione.

Poco distante c’era una tavola calda dall’aria accogliente. Le ragazze attraversarono la strada ed entrarono nel locale. Si sedettero al primo tavolo libero e ordinarono due panini super farciti ad una cameriera scheletrica. Quando la cameriera tornò con le loro ordinazioni, le guardò con l’odio di chi vive da anni di sedano gratinato, ma Lily e Sara avevano altro a cui pensare che i disturbi alimentari di una ventenne troppo magra e troppo truccata.

-          Dimmi, donna disorganizzata – cominciò Sara – Come sei messa con i preparativi?

-          Abbastanza bene, per la cerimonia è tutto a posto e i festeggiamenti sono organizzati quasi in ogni dettaglio – rispose Lily con tono pratico.

-          Non era questo che intendevo – la interruppe Sara con un sorrisetto - Non ti puoi sposare senza qualcosa di nuovo, qualcosa di vecchio, qualcosa di prestato e qualcosa di blu. Sul nuovo con il vestito siamo a posto direi. Per il vecchio?

-          Per il vecchio ho la biancheria. Dici che basta?

-          Sì direi di sì – confermò Sara.

-          Mancano il prestato e il blu – confessò la futura sposa.

-          Se permetti vorrei risolverti entrambi i problemi in un colpo solo – disse Sara estraendo un astuccio di velluto nero dalla borsa.

-          Che cos’è? – domandò Lily curiosa.

Sara aprì l’astuccio e lo voltò verso l’amica. Lily rimase senza fiato nel vedere il contenuto: era una splendida collana di zaffiri blu come la notte e brillanti con un bellissimo paio di orecchini in coordinato.

-          Sara ti ringrazio ma non posso accettare – disse Lily spingendo l’astuccio verso la ragazza.

-          Perché no? E’ soltanto un prestito… e starebbe perfettamente con il vestito.

-          Ma è la collana di tua nonna, il tuo pezzo di eredità! – esclamò Lily.

-          Appunto, è il mio pezzo di eredità e probabilmente è anche l’unico pezzo di eredità che riceverò dalla mia famiglia visto come si stanno mettendo le cose. Per cui posso disporne come voglio e ora voglio prestartelo per il matrimonio – ribatté Sara decisa.

-          E’ così drammatica la situazione con tua madre?

-          Non è delle più rosee, minaccia di diseredarmi. E’ per questo che mi sono portata a scuola la collana. Non vorrei che mia madre la vendesse per farmi un dispetto.

-          E perché vorrebbe diseredarti? – domandò Lily incredula.

-          Perché non corrispondo al suo ideale di figlia. Quando sono tornata a Natale c’è stata una delle migliori discussioni di tutti i tempi perché ho osato accennare al fatto che probabilmente finita la scuola mi dedicherò a un lavoro nel mondo della magia – raccontò Sara con voce piatta.

-          E tua madre non l’ha presa bene, immagino. Ma d’altra parte è quello per cui hai studiato.

-          Già – tagliò corto Sara, non aveva nessuna voglia di parlare di sua madre – Allora la prendi o no questa collana?

-          D’accordo – acconsentì Lily e dopo un momento aggiunse – Grazie mille! – e si alzò per andare ad abbracciare Sara.

Sciogliendosi dall’abbraccio, Lily fece un respiro profondo e disse timidamente:

-          Avrei un ultima richiesta da farti.

-          No! Non ci pensare nemmeno! – esclamò Sara con gli occhi spalancati sapendo bene quale sarebbe stata la richiesta.

-          Perché no? Non vuoi fare da damigella alla tua migliore amica?

-          Non è una questione di amicizia – si giustificò Sara – E’ che non ho intenzione di attraversare la navata della chiesa davanti a te, sai quanto detesti mettermi in mostra.

-          Lo so bene – disse tristemente Lily – Ma non sarà un altro il motivo? – chiese poi con un sorriso ironico.

-          Ti assicuro che non c’è nessun altro motivo – confermò Sara fissandosi le mani.

-          Non sarà che non vuoi farmi da damigella perché Sirius è il testimone di James?

-          Assolutamente no, Black non c’entra nulla. Non sapevo neppure che sarebbe stato il testimone di James – replicò Sara rapidamente. Quindi dopo una pausa aggiunse: - Comunque ora che me l’hai detto anche questa potrebbe essere una valida ragione.

-          Io credo che Sirius c’entri eccome e credo anche che sarebbe il momento che voi due la smetteste di fare gli idioti in questo modo – rispose bruscamente Lily.

Mentre scendeva dall’auto, davanti al piccolo molo dove era ormeggiato il traghetto che li avrebbe condotti sull’isolotto di Azkaban, Sara rifletté che Lily aveva avuto anche troppo ragione a dire che avrebbero dovuto smettere di fare gli idioti.

*^*^*^*^*

Le giornate di Grimmauld Place sembravano a Sirius sempre più monotone. Erano tutte identiche l’una all’altra e lui, come ogni mattina, era seduto in cucina a sorseggiare un caffè leggendo la Gazzetta del Profeta. Se non fosse stato per la data impressa sul giornale non avrebbe neppure saputo dire che giorno fosse, forse era ieri o l’altro ieri o domani. Non c’era alcuna differenza.

L’unico sollievo veniva dalle lunghe chiacchierate che faceva con Lily, James e Remus. Sia Sirius che Remus cercavano di godersi questo splendido dono fino a quando sarebbe durato. Ora più che mai Sirius desiderava che le cose fossero andate in modo diverso, ma non poteva cambiare il passato, poteva solo ricordarlo.

Arrivato all’ultima pagina della Gazzetta, lo sguardo gli si posò sulle pubblicazioni dei matrimoni e un mezzo sorriso gli attraversò il viso nel ricordare la festa di fidanzamento di James e Lily.

In realtà non avevano organizzato una vera e propria festa di fidanzamento seguendo i crismi del galateo. Avevano invitato alcuni amici in un locale, all’epoca piuttosto alla moda, e avevano prenotato qualche tavolo.

Lily e James erano impegnati ad accogliere gli invitati che arrivavano man mano, c’erano alcune amiche di Lily, alcuni compagni di scuola di James e naturalmente Remus e Peter. Remus era già immerso in una conversazione animata con una delle amiche di Lily, mentre Sirius era appoggiato al bancone del bar dall’altro lato della sala e osservava la scena con interesse. Ad un tratto una ragazza bionda, piuttosto alta e inguainata in un tubino bianco, attirò la sua attenzione accarezzandogli un braccio. Sirius si voltò verso di lei e la guardò perplesso, poi si riscosse e la attrasse verso di sé.

-          C’è qualcosa che non va? – chiese la bionda.

-          No Mandy, va tutto bene – rispose Sirius.

Mandy era la ragazza del momento ma, nonostante stessero insieme da poco più di un mese, Sirius già faticava a ricordare le ragioni per cui si era messo con lei. Come per farsi perdonare, il ragazzo la baciò appassionatamente attirando gli sguardi invidiosi della maggior parte degli uomini nel raggio di dieci metri.

Quando si staccarono Mandy sorrideva raggiante, ma lo sguardo di Sirius era già altrove. Stava fissando l’ingresso dove era appena entrata una ragazza che gli pareva di conoscere. Aveva lunghi capelli scuri e indossava un abitino nero molto semplice. Subito non la riconobbe, ma quando la vide avvicinarsi a Lily e salutarla calorosamente realizzò: era Sara White.

Non la vedeva dall’estate precedente e si sorprese a pensare che era cambiata molto… e in meglio. Ma non avrebbe dovuto essere a scuola?

Sirius si staccò dal bancone e attraversò la sala tenendo per mano Mandy che saltellava sui tacchi vertiginosi per stargli dietro. Si avvicinò quel tanto che bastava per verificare che si trattasse effettivamente di Sara e per cogliere uno stralcio di conversazione.

-          Sono contenta che tu ce l’abbia fatta! – stava dicendo Lily.

-          Lascia perdere! E’ stata una vera impresa. Ho dovuto promettere a Rebecca tutta una serie di favori per convincerla a coprirmi stasera – replicò Sara.

E così era scappata da scuola. Sirius era sorpreso, non la credeva capace di tanto.

-          Sei scappata? – domandò Lily incredula.

-          Certo! Non pensavi che la McGrannitt mi avrebbe dato il permesso spero?

In quel momento Sara si voltò e vide Sirius a poca distanza. Il ragazzo cercò di assumere un’espressione indifferente, ma senza grande successo.

-          Black, la mamma non ti ha insegnato che è maleducazione origliare – disse aspramente la ragazza.

-          E tua mamma non ti ha insegnato che è contro le regole fuggire da scuola? – ribatté il ragazzo.

-          Senti chi parla – sbuffò Sara e si voltò di nuovo verso Lily cercando di ignorarlo.

A quel punto gli invitati erano tutti arrivati, così i futuri sposi li guidarono verso i tavoli riservati e si formarono tre gruppi attorno ad altrettanti tavoli. Lily e James presero posto al centro e al loro tavolo si sistemarono Sirius con Mandy, Sara che si sedette accanto a Remus e Peter.

All’inizio tutto sembrò andare per il meglio, la conversazione era piacevole e tranquilla. Sirius e Sara praticamente non si rivolgevano la parola ma la cosa non pareva troppo grave.

A metà serata Lily e James si alzarono per andare a chiacchierare anche con gli altri ospiti e lasciarono il tavolo. I bicchieri giacevano sul tavolo vuoti, così Sara disse:

-          Altro giro?

-          Perché no, vado io – disse Remus.

-          No, lascia vado io – replicò Sara alzandosi e raccogliendo i bicchieri vuoti.

Sirius la osservò allontanarsi zigzagando tra i tavoli e non poté fare a meno di notare che alcuni ragazzi si erano voltati a guardarla. Sara si fermò al bancone e chiacchierò un attimo con il barista prima di ordinare. Il ragazzo al di là del bancone continuò a chiacchierare mentre riempiva i bicchieri e questo infastidì Sirius, anche se non avrebbe saputo spiegare il perché.

Per far passare la sensazione di fastidio, Sirius si voltò e si accorse che Remus lo fissava intensamente.

-          Che c’è? – chiese seccato.

-          Niente. Assolutamente niente – rispose Remus alzando le mani come in segno di resa.

Dopo qualche istante Sara era di ritorno con un vassoio carico di bicchieri che depose con delicatezza sul tavolo. Ognuno prese il suo cocktail e Sirius osservò:

-          I miei complimenti, non ne hai versato neppure una goccia. Hai un futuro come cameriera.

-          Oh  grazie per questo benevolo giudizio! – esclamò Sara irritata – Vuoi che mi prostri ai tuoi piedi per il complimento?

-          Non era un complimento era una constatazione – replicò Sirius – Sei sempre così acida? Mi stupisce che non si sciolga tutto quello che tocchi.

-          Sirius… - disse Remus cercando di placare gli animi.

-          Ma no, lascialo dire Remus. Sarai simpatico tu! Ad Hogwarts non siamo mai stati così bene come da quando te ne sei andato – rincarò Sara alzando leggermente la voce – Ci siamo liberati di un rompiscatole e piantagrane da guinness dei primati.

-          Vedo però che tu sei una degna sostituta quanto all’essere piantagrane. Dimmi la verità ci godi a litigare?

Mandy seguiva la discussione con l’aria di una che non capisce quello che sta succedendo, Remus era a disagio e cercava di fermarli prima che la situazione degenerasse, mentre Peter fingeva indifferenza guardando altrove.

-          Ti ricordo che sei stato tu a cominciare – precisò Sara.

-          E tu hai colto la palla al balzo, vero? – replicò Sirius

-          Ho l’impressione che sia tu che godi nel litigare con me, non è vero Black?

-          Sei fuori strada, non sei diversa da mille altre persone, perché dovrei preferire litigare con te che con altri? – ribatté Sirius con un sorrisetto sarcastico.

-          Bene allora non vedo perché continuare questa discussione – concluse Sara.

-          Per una volta siamo d’accordo su qualcosa – confermò Sirius.

-          Comunque Mandy – cominciò Sara rivolgendosi alla ragazza – i miei complimenti per la pazienza. Devi essere una santa per sopportare uno così.

Detto questo Sara si alzò e andò a cercare Lily. Sirius rimase seduto a fissare il bicchiere che teneva in mano. Fu la voce di Remus a riscuoterlo:

-          Cosa ne dici, potrebbe essere arrivato il momento di smetterla.

-          Smetterla di fare cosa? – domandò fingendo ingenuità Sirius.

-          Smetterla di fare gli idioti. Tu e Sara. Stareste meglio voi e starebbero meglio gli altri.

Seduto nella cucina di Grimmauld Place, Sirius dovette riconoscere che Remus aveva avuto perfettamente ragione.

 
Per i lettori: ci avviciniamo ad entrare nel vivo della storia e a conoscere un po' meglio questi personaggi. Buona lettura e COMMENTATE!!!!! :-D



Sara era finalmente a casa. Come ogni volta, prima di abbassare la guardia, controllò che non ci fossero segni di effrazione e che tutto fosse a posto. Erano anni che non riusciva a dormire profondamente, aveva sempre un orecchio teso a captare suoni sospetti e la mano sotto il cuscino stretta sulla bacchetta.

Tolse le scarpe e la giacca, che abbandonò sul divano del salotto, e andò in cucina a prepararsi qualcosa da mangiare.

L’appartamento di Sara era composto da un ampio salotto arredato con comodi divani, tappeti e cuscini; la cucina, posta sulla sinistra, aveva un grande tavolo rotondo al centro e dei pensili in legno chiaro occupavano due delle quattro pareti. Alla destra del salotto invece c’erano il bagno, un piccolo ripostiglio e tre stanze da letto. Una delle camere era riservata a Raymond, il figlio di Rebecca, che di tanto in tanto passava qualche giorno con lei. La seconda stanza era occupata da Sara, mentre la terza, inutilizzata da anni, era diventata una specie di deposito.

L’appartamento era lo stesso che aveva affittato con Rebecca quando se ne era andata da casa. Rebecca e Trisha, la loro coinquilina, erano diventate la famiglia di Sara dal momento che la sua famiglia d’origine, da quando se ne era andata, si era completamente disinteressata di lei.

Sara non avrebbe mai dimenticato la reazione di sua madre Eleanor quando le aveva comunicato che sarebbe andata frequentare l’Accademia degli Auror. Sulle prime la donna non aveva compreso il vero senso dell’affermazione, poi, quando Sara le aveva spiegato in che cosa consisteva il lavoro era scoppiato un pandemonio.

-         Che cosa vorresti fare?! Vorresti diventare una specie di poliziotta? E che cosa ne sarà del nome della nostra famiglia?! Non ti sembra già abbastanza il fatto che ti abbia permesso di frequentare quella specie di scuola per fattucchiere! – aveva cominciato a strillare Eleanor, con i capelli generalmente perfetti che sfuggivano dall’elaborata acconciatura.

Grace e Derek, che erano nelle loro stanze, erano usciti precipitosamente per godersi lo spettacolo che si svolgeva al piano di sotto, nello studio della madre.

-         Ma mamma, non sarei “una specie di poliziotta”! – aveva cercato di spiegare Sara – Nel mondo magico essere Auror viene considerato un onore. Sono davvero pochi quelli che riescono a superare le selezioni per l’Accademia.

-         Non mi hai neppure consultata prima di fare l’esame di ammissione! Non se ne parla. Non ho intenzione di pagare per mantenerti altri tre anni mentre studi chissà quale diavoleria.

-         Bene – aveva gridato Sara ancora più forte di sua madre – Bene! Se è così, non dovrai mantenermi affatto! Me ne vado! Mi pagherò gli studi da sola!

Era uscita sbattendo la porta ed era scappata a casa di Rebecca. Quando aveva realizzato cosa aveva detto sull’onda della rabbia, in parte si era pentita. Come avrebbe fatto a mantenersi agli studi? In parte però si era sentita libera come mai in vita sua.

Suo padre, quando aveva saputo, aveva provato a ricondurla alla ragione e a convincerla a tornare a casa, ma ben presto si era reso conto che non ci sarebbe riuscito, così aveva aiutato Sara come aveva potuto, passandole qualche soldo di tanto in tanto, di nascosto dalla moglie.

Sara era grata a Gerald, gli voleva molto bene ma non poteva dire di avere un vero rapporto con lui. Era sempre stato assente e troppo preso dal lavoro. In questo si assomigliavano molto: il lavoro prima di tutto.

La pasta che aveva riscaldato al microonde ormai era pronta, prese il piatto e si trasferì in salotto. Si sedette sul suo divano preferito e accese la televisione; non che avesse realmente intenzione di seguire un programma ma sentire delle voci le teneva compagnia. Sedendosi, Sara udì un suono cartaceo provenire dal retro dei suoi jeans e improvvisamente ricordò della foto che era ancora nella sua tasca, la estrasse dai pantaloni e la guardò a lungo.

Ritraeva lei e Sirius, mano nella mano, nel giardino della casa di James e Lily. Era stata scattata il giorno del battesimo di Harry.  Guardando Sirius che le sorrideva con affetto, ricordò quel momento e le parve che facesse parte della vita di qualcun altro. Cercava sempre di non pensare a quel periodo meraviglioso per evitare che la nostalgia prendesse il sopravvento, ma quella sera fece un’eccezione e per la prima volta da quando quella storia era iniziata, si concesse di piangere.

*^*^*^*^*

Quando era rientrato dalla sua scappatella, Sirius aveva sperato di scamparsela rifugiandosi nella sua stanza, ma aveva fatto male i suoi conti. Ben presto era arrivato James per vedere come stava, poco dopo li raggiunse Lily e in fine arrivò anche Remus.

Fortunatamente i tre conoscevano Sirius abbastanza da sapere che non amava subire rimproveri troppo prolungati, così, dopo avergli detto quanto pensavano fosse stato incosciente e stupido, avevano sviato la conversazione su un argomento più neutro. Avevano iniziato a parlare di Harry.

Sirius, come spesso faceva, era appoggiato al davanzale della finestra, Lily aveva preso posto sul letto, mentre James e Remus erano seduti su due sedie accanto al caminetto.

-         Mi dispiace che Harry sia rimasto qui così poco… ma d’altronde era giusto che tornasse a scuola – stava dicendo la donna.

-         Fa uno strano effetto – continuò suo marito – fino a poco fa era un bambino di un anno e ora davanti ai miei occhi c’è un ragazzo di quindici anni che ne ha passate di tutti i colori. Non so neppure che cosa dirgli, mi sembra molto più adulto di me.

-         Senza dubbio ha dovuto crescere in fretta, ha incontrato nella sua vita molte più difficoltà di qualunque quindicenne normale, ha già incontrato Voldemort quattro volte ed è sopravvissuto quattro volte. Sono cose che segnerebbero chiunque – replicò Remus.

-         Harry è forte – disse Sirius – E’ una delle persone più forti e coraggiose che abbia mai conosciuto. E’ forte come te, James. Ma meno irresponsabile – concluse sorridendo.

-         Grazie della considerazione, amico mio! – esclamò James ridendo.

-         Voi l’avete conosciuto molto più di noi, perché non ci raccontate qualcosa – propose Lily con uno sguardo che anelava informazioni su suo figlio.

-         Bè, io l’ho avuto come studente per un anno – iniziò Remus – Non dico che sia uno stinco di santo ma ha dimostrato di essere molto maturo per la sua età. Ha affrontato i dissennatori con grande tenacia. Ama il Quidditch proprio come te – disse rivolto a James.

-         Mio figlio non avrebbe potuto essere altro che un grande Cercatore! Quante volte hanno già vinto la coppa?

-         Soltanto al terzo anno – rispose Remus – Ma al secondo anno è stata sospesa, mi hanno detto, e al primo anno Harry non ha potuto partecipare all’ultima partita. In compenso – proseguì l’uomo per lenire la delusione di James – da quando Harry è arrivato a Hogwarts Grifondoro non ha più perso la Coppa delle Case neppure una volta.

-         Uomini! – esclamò Lily irritata – Sempre a parlare di sport, di punti, di trofei! Io preferirei sapere cose più sostanziali su mio figlio, piuttosto che sapere la sua media di punteggio a Quidditch!

-         A proposito Sirius, ottima idea regalargli quella scopa! – disse James incurante del rimprovero di Lily.

Sirius rise, ma non replicò. Rispose invece a Lily:

-         Che ti posso dire? E’ sopravvissuto a dieci anni con i Dursley e credo che valgano come tredici anni ad Azkaban. Riesce a condurre una vita normale, per quanto possibile, anche se l’opinione pubblica oscilla tra il considerarlo un eroe predestinato e un pazzo furioso. Ha visto risorgere Voldemort senza dare di matto e questo è molto più di quanto potessimo pretendere da lui. Ha saputo scegliere molto bene i suoi amici, Hermione e Ron sono eccezionali e fuori dal comune quasi quanto lui. Che altro vuoi sapere?

-         Per ora posso ritenermi soddisfatta – rispose Lily concedendo un ampio sorriso.

-         Che fine ha fatto la Mappa del Malandrino? – chiese James ad un tratto.

-         Ce l’ha Harry – rispose Remus con un sorrisetto enigmatico – Gliel’hanno data George e Fred al terzo anno. Una volta Piton gliel’ha trovata nelle tasche. Funziona ancora piuttosto bene, l’ha insultato come non mai quando ha provato ad usarla.

I quattro scoppiarono in una sonora risata, prima di ricordare che era notte inoltrata e il resto degli abitanti della casa stava dormendo profondamente da ore. Era bello stare così a parlare. Sirius avrebbe voluto che non finisse mai. Ma questi momenti erano sempre velati dalla consapevolezza che non sarebbe durata e che prima o dopo avrebbero dovuto di nuovo dirsi addio. Sirius sperava solo, quando il momento sarebbe giunto, di aver trovato la forza sufficiente per andare avanti.

*^*^*^*^*

Sara aprì lentamente gli occhi. La luce del mattino filtrava dalle imposte e illuminava il salotto dell’appartamento. Si era appisolata sul divano, stringendo la fotografia in una mano. Guardò l’orologio: le sei e trenta.

La donna appoggiò la fotografia sul basso tavolino di fronte al divano e si alzò stiracchiandosi. Era ora di tornare al lavoro. Una doccia calda e un cambio d’abiti le diedero nuovo vigore. Una tazza di caffè bollente completò l’opera.

Mentre si dirigeva verso il garage dove aveva parcheggiato la sua auto, pensava a come la sua vita fosse uguale da circa dieci anni. Casa, lavoro, casa. Nulla di più. A volte si stupiva lei stessa del fatto che non si fosse ancora stufata, ma fare l’Auror le piaceva troppo per rinunciarci. Trovava esaltante avere una nuova sfida ad ogni caso, amava poter assicurarsi che giustizia fosse fatta. Almeno nella maggior parte dei casi era così.

Trattare il caso di Sirius con freddezza le costava sempre più sforzo, ma ne poteva valere la pena. La rivelazione della sera prima continuava a ronzarle in testa e non riusciva a trovare una spiegazione: o Black non aveva ucciso Minus (e a pensare questo il suo cuore batteva più forte ogni volta) o Minus non era affatto saltato per aria. E questo era assurdo, se non era saltato per aria che fine aveva fatto? Come spiegare il suo dito mozzato?

Il traffico del mattino era congestionato come ogni giorno. Per andare in giro in auto Londra era sicuramente meglio di notte. Per fortuna Sara conosceva il meccanico del Ministero, colui che curava le auto ministeriali, ed era riuscita a convincerlo ad apportare alcune modifiche alla sua macchina, in modo che riuscisse a districarsi rapidamente dagli ingorghi. Nonostante abitasse piuttosto lontano, la donna raggiunse il Ministero in un quarto d’ora.

Era ancora presto, ma il Ministero era già pieno di maghi che andavano e venivano. In quel periodo tutti erano carichi di lavoro extra. Quando raggiunse il Dipartimento, Sara si diresse per prima cosa verso il cubicolo di Frank, ma il ragazzo non era ancora arrivato, d’altronde era stata lei a dirgli di arrivare più tardi.

Sara era impaziente di effettuare la seconda simulazione che si era prefissa, voleva far saltare in aria una delle due mani finte che avevano acquistato il giorno precedente mentre con l’altra aveva intenzione di tagliare con un incantesimo soltanto il dito indice. Certo il confronto con le foto poteva essere ritenuto discutibile in tribunale, ma valeva la pena tentare.

Per fare questo però aveva bisogno di un testimone, doveva aspettare Frank.

Mentre aspettava, estrasse il fascicolo in cui erano raccolte le fotografie della scena del delitto. C’era una foto del punto in cui si trovava Black, ritraeva uno scorcio di strada quasi del tutto immobile, se non fosse stato per qualche foglia secca che svolazzava in secondo piano. La seconda foto invece ritraeva il punto in cui si trovava Minus, lì c’era una chiazza di sangue attorno al dito mozzato e alcune gocce di sangue più piccole che sembravano allontanarsi dalla chiazza più grande. Avevano una strana forma, vagamente allungata, ma Sara non avrebbe saputo identificarla meglio. Le piccole gocce di sangue proseguivano sull’asfalto fino a perdersi nei pressi di un tombino.

La donna mise da parte la fotografia e guardò l’orologio, erano quasi le otto, Parker sarebbe arrivato  a momenti. Aprì il primo cassetto della scrivania e estrasse un posacenere e un pacchetto di sigarette aperto, ne estrasse una e se la portò alla bocca. Mentre sollevava la bacchetta per accendere la sigaretta lo sguardo si posò nuovamente sulla fotografia. Sara, per un attimo, fissò intensamente l’immagine poi si riscosse e la sigaretta quasi le cadde dalle labbra. Come aveva potuto essere così cieca?

Estrasse in fretta e furia le fotografie che lei e Parker avevano scattato durante la simulazione e trovò quello che cercava: la foto che ritraeva la zona in cui avevano sistemato il manichino. Il pavimento della stanza era coperto da un lago di vernice rossa, gli schizzi erano arrivati addirittura alla parete della sala che si trovava a parecchi metri di distanza. Nulla a che fare con l’esigua chiazza di sangue della foto della scena del crimine.

Questo avallava sicuramente la tesi secondo cui Minus non era saltato in aria. Non poteva essere che così, a meno che qualcuno non si fosse preso la briga di ripulire la scena prima dell’arrivo dei soccorritori, ma la cosa pareva poco probabile. Se così fosse stato perché lasciare quelle macchie? Non avrebbe avuto senso.

Ma se Minus non era saltato per aria, com’era morto, dove era finito il suo corpo?

Era morto davvero?

Il cuore di Sara le martellava in petto. Se Minus non era morto allora… non aveva neppure il coraggio di pensarlo.

In quel momento Frank entrò nell’ufficio, ignaro delle ultime rivelazioni, salutò allegramente:

-         Ciao Capo! – poi quando vide la faccia sconvolta di Sara chiese – Tutto bene?

La donna non rispose, deglutì ripetutamente e si limitò a guardarlo con gli occhi sgranati indicando le fotografie sparse davanti a lei. Impiegò qualche istante a riorganizzare le idee e a riprendere una salivazione che le consentisse di spiegare. Quando cominciò a parlare, Parker la ascoltò con estrema attenzione restando anche lui sconcertato dalla conferma dei loro sospetti.

Il ragazzo esitò un po’ prima di parlare a sua volta:

-         Sara… ma tu credi… insomma pensi che sia possibile… che… sì, insomma… che Black possa essere… possa essere innocente?

La risposta di Sara cercò di essere il più possibile cauta, ma non poté esimersi dal rispondere:

-         Alla luce di tutto questo… potrebbe… anche essere…

-         E adesso che facciamo?

-         Non siamo precipitosi. Ci sono ancora un sacco di domande senza risposta. Andiamo avanti come avevamo programmato. Innanzitutto facciamo la prova delle mani.

Sara e Frank andarono nuovamente nei sotterranei armati di mani finte, vernice rossa e tutto l’occorrente. Scrissero l’ennesima relazione e scattarono foto su foto, dopo di che procedettero: fecero saltare in aria una delle due mani finte con lo stesso incantesimo della sera precedente. Ne restò veramente poco, niente più di una poltiglia indistinta con qualche brandello più grande. Con la seconda mano invece, Sara eseguì un incantesimo di taglio, il più semplice che conoscesse, indirizzando la bacchetta alla base del dito indice. Il dito si staccò in modo netto, senza arrecare altri danni alla mano.

Frank cercò tra le foto della scena del delitto e trovò quella che riportava il dito di Minus, il tipo di taglio, netto, preciso, quasi chirurgico, era simile in modo quasi inquietante.

-         Questo cosa può significare? – chiese Parker.

Erano seduti al tavolo, nella sala dei sotterranei dove avevano lavorato la sera prima. Sara rifletteva intensamente, gli occhi che saettavano tra i documenti e le fotografie. Possibile che nessuno si fosse accorto di queste incongruenze? Oppure si stava ingannando clamorosamente?

-         Ho solo una vaga idea di quello che potrebbe significare. Ci mancano troppi elementi, procediamo con ordine – propose Sara -  C’è una cosa che non sai – aggiunse poi cautamente - ma mi raccomando, è la più confidenziale tra tutte le informazioni che ti ho detto – rilfettè ancora un attimo, poi si risolse a parlare – Sirius Black era il Custode Segreto dei Potter.

-         Che cosa?!?! – strillò Frank.

-         Shhh! Vuoi farti sentire da tutto il Ministero – sibilò Sara inferocita – Sì, è così. James Potter e Sirius Black erano grandi amici e Black era il loro Custode Segreto. Anche Minus era un amico dei Potter. Fino ad ora si è sempre pensato che Black avesse tradito i Potter, consegnandoli a Voldemort e che Minus, a conoscenza dell’Incanto Fidelius, fosse andato in cerca di Black per vendicarli. Ma da quello che abbiamo trovato si direbbe che Minus non sia affatto morto. Non in quel momento almeno. Dov’è il corpo? E il sangue?

-         Tu come le sai queste cose? – chiese Frank impressionato e perplesso al tempo stesso.

-         Non ti preoccupare, ho le mie fonti. Tu che ne pensi?

-         Penso che il dito sembra stato messo lì apposta per farci credere che Black abbia ucciso Minus. Però non capisco… se Black era il Custode Segreto dei Potter e se non ha ucciso Minus, significa che non è stato lui a consegnarli a Voldemort. Ma allora chi è stato? Come può qualcuno aver aggirato l’Incanto Fidelius? E Minus che fine ha fatto?

-         Questo non lo so, ma prova ad immaginare la scena. E’ notte, i Potter sono appena stati assassinati da Voldemort e il piccolo Harry ha appena compiuto il miracolo di respingere la Maledizione Senza Perdono. Supponiamo che Black non li abbia consegnati a Voldemort, però ha saputo che è successo qualcosa ed è andato a Godric’s Hollow a controllare. Cosa può aver trovato?

-         La casa distrutta, i suoi amici morti – proseguì Frank – Doveva essere sconvolto. Ma Minus come entra in questa storia?

-         Anche lui è amico dei Potter, forse è lì anche lui per vedere se può fare qualcosa. E’ a conoscenza dell’Incanto Fidelius, è convinto che Black li abbia traditi e vuole vendicarli.

-         Ma allora le cose sarebbero andate come abbiamo sempre pensato e Minus sarebbe morto davvero. Potrebbe aver finto la sua morte per fuggire, perché era spaventato? – suggerì Parker.

-         Potrebbe essere, ma la cosa non mi convince – rispose Sara scettica – Se fosse stato per paura perché restare nascosto? Una volta arrestato Black il pericolo per lui non sussisteva più. No, ci deve essere qualcos’altro.

-         Se i Potter erano protetti da un Custode Segreto e Black non li ha consegnati deve averlo fatto qualcun altro. Ma chi? Nessuno a parte il Custode designato poteva rivelare il luogo in cui erano nascosti. A meno che…

-         A meno che non fosse Black il Custode – completò Sara.

-         Pensi che avrebbe potuto essere Minus? – chiese Frank perplesso.

-         Era un amico dei Potter anche lui…

-         Ma la tua “fonte” ti ha detto che il Custode era Black – replicò Parker con una punta di sarcasmo – A proposito, posso sapere di chi si tratta?

-         No.

-         Ti prego… - cantilenò il ragazzo.

-         Se lo dici a qualcuno ti stermino la famiglia – minacciò la donna.

-         Sarò una tomba, avanti chi è?

-         Silente.

-         Hai parlato con Silente? Quando? Perché non me l’hai detto? – domandò il Parker fingendosi offeso.

-         Ci sono andata qualche giorno fa. Non te l’ho detto perché speravo di non dover usare queste informazioni. D’altra parte Silente conosceva bene i Potter e anche Black. Speravo potesse dirmi qualcosa che non sapevo e così è stato – confessò Sara.

-         Potrebbe essersi sbagliato?

-         Non saprei, i Potter potrebbero aver deciso di cambiare Custode senza dire niente a nessuno per maggiore segretezza. In quegli anni la paura più grande derivava dall’impossibilità di fidarsi di chiunque. Può darsi che avessero deciso di non comunicare a Silente la loro decisione.

-         Se il Custode Segreto dei Potter era Minus allora le parti erano invertite! – esclamò Parker.

-         Proprio così… Minus ha tradito i Potter, Black che sapeva che era lui il nuovo Custode è andato a cercarlo e…

-         E Minus si è finto morto per fuggire – completò il ragazzo.

-         E ha fatto saltare in aria una strada intera per incolpare Black – concluse Sara.

Entrambi rimasero in silenzio per un po’. Sara sentiva questa nuova consapevolezza schiacciarla come se avesse un peso sulle spalle. Era una storia assurda, ma quadrava tutto. Quasi tutto. Prima di potersi fermare a riflettere troppo a lungo, disse:

-         Mi sembra una teoria alquanto campata per aria.

-         Già, non abbiamo uno straccio di prova, se non degli indizi che ci dicono che Minus potrebbe non essere morto come abbiamo sempre creduto.

-         Forse abbiamo lavorato troppo di fantasia.

Sara però non ne era così convinta. L’aveva detto per smorzare gli entusiasmi, per ritornare con i piedi per terra e per farci tornare anche Frank. Questa teoria però aveva un senso. Sirius non avrebbe potuto tradire Lily e James, non avrebbe mai messo in pericolo Harry e in fondo Sara l’aveva sempre saputo.

Di certo Voldemort avrebbe cercato Sirius non Peter. Peter era sempre stato il più debole del gruppo, non era certo un segreto, e Voldemort avrebbe pensato che il Custode fosse Sirius. Potevano aver deciso di scambiare i Custodi all’ultimo momento, senza dirlo neppure a Silente. Avrebbe potuto essere un piano geniale.

Ma Peter avrebbe tradito davvero gli amici che lo avevano protetto per anni a scuola e anche dopo? Forse sì, d’altronde lei stessa aveva appena sostenuto che Peter era debole.

Tutto questo però Frank non lo doveva sapere. Gli aveva rivelato già anche troppo.

-         Ci servono delle prove – disse infine – Che confermino o che smentiscano non importa, ma ci serve qualcosa di concreto su cui lavorare.

-         E dopo quindici anni dove le cerchiamo le prove? – chiese Frank

-         Possiamo cercare di capire che cosa ha spinto Black alla fuga innanzi tutto.

-         E come suggerisci di fare?

-         Un prigioniero come Black, tenuto sotto stretta sorveglianza, non ha molti stimoli esterni. Cerchiamo di capire se ad Azkaban è successo qualcosa nei giorni immediatamente precedenti alla sua evasione, qualcosa che avrebbe potuto spingerlo alla fuga.    


 
Per i lettori: in questa FF mi sono concessa qualche licenza sui tempi, sulla cronologia e, mi dispiace doverlo dire, sulle scienze forensi. Lo so che non si può usare la vernice per simulare il comportamento del sangue, lo so. Concedetemi la licenza letteraria. Buona lettura!

Il deposito dei reperti era piuttosto grande, ma Parker non ebbe grosse difficoltà a trovare quello che cercava e fu abbastanza rapido da incrociare Sara nell'ascensore, di ritorno dalla caffetteria.

- Pensi che ci vorrà così tanto tempo? - domandò Frank preoccupato osservando le mani di Sara, piene di tazze di caffè.

- E' sempre meglio essere previdenti.

La donna preferiva il caffè del bar a quello che poteva preparare lei stessa nel bricco, quindi quando ne aveva la possibilità scendeva a comprarselo. Era anche un modo per prendere qualche minuto d'aria. Nonostante le finestre artificiali,  a volte trovava il Ministero claustrofobico.

Sara era molto impaziente di esaminare il contenuto della scatola, ma attese di aver raccontato a Frank le sue idee prima di aprirla. Quella scatola conteneva gli ultimi oggetti che Sirius Black aveva toccato prima di essere arrestato e questo, in qualche modo, faceva sentire Sara a disagio.

- Sono colpito... – disse Frank dopo che la donna gli ebbe esposto le sue idee -  Il dito, i vestiti... La tua analisi psicologica mi piace. In effetti, se ne aveva la possibilità, perché ha aspettato così tanto tempo per scappare? Qualcosa deve aver fatto scattare una molla nella sua mente...

- Bè, per ora non lo possiamo sapere - lo interruppe Sara cercando di riportarlo su una strada più pratica e meno teorica - Cominciamo da quello che possiamo verificare - disse appoggiando una mano sul coperchio della scatola.

Si alzarono entrambi in piedi, a Sara sembrava di stare per profanare qualcosa che avrebbe dovuto lasciar perdere. Nonostante ciò fece appello alla sua professionalità e scacciò ogni sentimento, pose entrambe le mani sul coperchio e lo sollevò. Dentro la scatola c'erano varie buste, di diverse dimensioni, tutte fatte di una pesante pergamena giallo scuro e chiuse da un sigillo in ceralacca  con lo stemma del Ministero.

I due sgombrarono la scrivania ed estrassero tutte le buste, disponendole ordinatamente davanti a loro. Indossarono dei guanti e cominciarono ad aprire le più piccole.

Parker aprì la prima e ne estrasse un semplice portafogli di pelle nera. Quella tra le mani di Sara conteneva invece qualche soldo, documenti e... una fotografia. La donna la intravide appena, aprendo la busta, ma le bastò per riconoscerla. Era una foto di lei e Sirius insieme. Si affrettò a chiudere la busta decretando che non conteneva nulla di interessante.

Una terza busta conteneva un pacchetto di sigarette pieno a metà e un accendino, un'altra ancora presentava un braccialetto d'oro con una targhetta con su inciso "Sirius Black".

L'ultima busta era quella dei vestiti. Sara e Frank li estrassero uno ad uno, c'era una giacca di pelle nera, un maglione con il collo a dolce vita anch'esso nero, un paio di jeans e un paio di anfibi neri.

- Hmm, nero di nome e di fatto... - commentò Parker guadagnandosi un'occhiataccia da Sara.

- Allora, sul rapporto non si parla di tracce di sangue. Vediamo se si sono dimenticati di scriverlo o se non ci sono proprio.

Sara si curvò sul tavolo per osservare da vicino la giacca, era l'indumento più esterno, quindi in teoria il più esposto agli schizzi di sangue. Mormorò "Lumos" accendendo la punta della sua bacchetta. Illuminò la giacca centimetro per centimetro sotto la luce. Ad occhio nudo non si vedeva niente. Parker intanto stava esaminando allo stesso modo i jeans.

Sara spense la bacchetta e mormorò un altro incantesimo:

- Sanguis revelio - disse facendo scorrere la bacchetta su tutta la giacca.

Le uniche macchie di sangue che si vedevano erano alcune piccole gocce sul bavero destro. La donna ripeté l'operazione anche sul retro ma non evidenziò nulla. Passò a controllare il maglione, ripeté gli stessi esami e in questo caso trovò una sorta di striscia di sangue che partiva da metà fino ad arrivare al bordo, come se alcune gocce fossero colate lungo le fibre.

Frank intanto aveva evidenziato delle piccole colate di sangue anche sulla gamba destra dei jeans.

- Che ne pensi? - chiese Parker

- E' poco. Io non ho mai provato a far saltare per aria una persona ma ritengo che il sangue dovrebbe essere molto di più.

Frank cercò tra i documenti e trovò un foglio su cui erano riportate le misure.

- Qui dice che Black e Minus erano a tre metri circa l'uno dall'altro. Potremmo fare una prova.

- Se hai voglia di imbrattarti di vernice rossa... Non siamo neppure sicuri che questo sangue sia di Minus. Potrebbe essere di Black, d'altra parte hanno duellato.

Sara prese il maglione nero e lo sistemò all'interno della giacca, poi mise i jeans al di sotto del maglione. Le gocce di sangue, che erano rimaste evidenziate dall'incantesimo, formavano una striscia unica.

- Questi sono segni di gocciolamento - commentò Frank osservando con interesse la composizione degli abiti - Sembra che a Black sia sanguinato il naso.

- Oppure un labbro... Forza. Organizziamo una simulazione.

Parker uscì per primo dall'ufficio, Sara stava per seguirlo quando improvvisamente si ricordò della foto. Si bloccò sulla porta, tornò verso la scrivania, estrasse la foto dalla busta e se la mise in tasca senza guardarla.

- Capo? Non vieni? - chiese Parker affacciandosi in ufficio.

- Sì, arrivo.



*^*^*^*^*

Sirius era stufo marcio di restare chiuso a Grimmauld Place. Era sera, Molly e Lily stavano riordinando i piatti della cena, James stava giocando una partita a scacchi con Remus. Sirius prese la decisione all’improvviso, si alzò e si avviò verso l’ingresso della casa ignorando James che gli chiedeva dove stesse andando. Scrisse un frettoloso biglietto che lasciò su una mensola, aprì la porta con la sua bacchetta, quindi si trasformò in cane e uscì chiudendosi la porta alle spalle con una zampata.

Felpato respirò la fresca aria autunnale a pieni polmoni e gli parve che Londra non avesse mai avuto un profumo così buono. Decise di allontanarsi da Grimmauld Place prima che qualcuno si accorgesse che era lì fuori e cercasse di convincerlo a rientrare.

Non aveva una meta, voleva solo fare un giro. Si lasciò guidare dall’istinto e dal fiuto, vagando per le strade di Londra e godendosi appieno quelle poche ore di libertà. Sapeva che quando fosse rientrato si sarebbe preso una lavata di capo da Remus e da Lily. James forse avrebbe capito di più il suo desiderio di evasione, ma loro no. Gli avrebbero detto che era un incosciente, che così rischiava non solo la sua sicurezza ma anche quella dell’Ordine intero, ma in quel momento non era importante. Si sentiva di nuovo vivo, si sentiva come quando ancora era una ragazzo e a Hogwarts sgattaiolava fuori dal dormitorio per andare con i suoi amici a correre nella Foresta Proibita.

Dopo qualche tempo rallentò l’andatura, aveva corso come un pazzo fino a quel momento, ma ora era in una zona più frequentata della città e doveva prestare più attenzione. Si era allontanato parecchio da Grimmauld Place, quasi senza rendersene conto.

Si guardò intorno, era in una strada piuttosto ampia, con negozi di vario genere, ristoranti e caffetterie. Sulla strada principale si aprivano alcune vie secondarie e qualche vicolo cieco. Sirius si infilò in un vicolo particolarmente malconcio e buio per riprendere fiato e riflettere con calma sulla strada da percorrere per rincasare. Si rintanò nell’angolo più scuro e fu allora che si accorse che stava accadendo qualcosa.

A metà del vicolo c’era una cabina telefonica con i vetri rotti e coperta dai grafiti. Sirius la osservò attentamente e ad un certo punto vide un lieve luccichio magico all’interno di essa. Due figure sembravano emergere dal pavimento della cabina, erano chiaramente un uomo e una donna.

I due uscirono dalla cabina e, quando passarono sotto la fioca luce dell’unico lampione sopravvissuto, il cuore di Sirius mancò un colpo.

L’avrebbe riconosciuta d’ovunque, era Sara.

Sara e l’uomo si avviarono per il vicolo e Sirius rimase immobile ad osservarli. Era bella come se la ricordava, anzi era ancora più bella di quando aveva sedici anni. Sirius si sorprese a pensare quanto fosse diventata donna, d’altronde erano passati quindici anni, cosa si aspettava? Chissà chi era quello con lei, forse era un collega, magari era il suo fidanzato.

Quando furono al termine del vicolo Sirius si arrischiò ad avanzare di qualche passo. Il desiderio di avvicinarla, di toccarla, di guardarla negli occhi era insopportabile. Solo la sorpresa di trovarsela davanti così all’improvviso lo trattenne dal fare qualcosa di molto avventato.

Felpato vide che l’uomo era più giovane di Sara, aveva ancora l’aria del ragazzino. Lui disse qualcosa e Sara rise di gusto, inclinando la testa all’indietro.

Nel vedere quella scena Sirius provò una terribile fitta al petto. Anche lui un tempo l’aveva fatta ridere a quel modo. Sara e il ragazzo si allontanarono attraversando la strada e Sirius uscì dal vicolo prendendo la via di casa.

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Era sera, Sara e Frank avevano impiegato tutto il giorno a preparare la simulazione. Avevano dovuto chiedere il permesso di utilizzare una delle stanze delle vecchie prigioni, cosa che aveva richiesto la compilazione di un mucchio di documenti, quali dichiarazioni di responsabilità e cose del genere. Poi avevano dovuto procurarsi il materiale adatto, cosa non facile visto che avevano bisogno un manichino di forma umana, sangue finto e cose simili. Per fortuna Sara conosceva alcuni negozi babbani che vendevano, maschere, costumi, scherzi per carnevale e che si rivelarono molto utili. In uno di essi trovarono un macabro manichino che rappresentava un cadavere, sembrava vero, il peso e la struttura umana erano molto ben riprodotte. In un altro negozio invece acquistarono due mani finte che Sara aveva intenzione di utilizzare per un’altra prova. Per il sangue acquistarono alcuni litri di vernice rossa.

Tornati al Ministero si era trattato di allestire la simulazione, sostenendo il manichino in modo che stesse in piedi e iniettando al suo interno sei litri di vernice rossa. Avevano dovuto lanciare incantesimi protettivi e rinforzanti ai mobili e alle pareti per non distruggere ogni cosa. Infine avevano dovuto descrivere tutto minuziosamente in una relazione e scattare numerose fotografie.

A fine giornata erano esausti, ma non avevano intenzione di rimandare la simulazione al giorno seguente. Prima di procedere però si concessero una pausa e uscirono per andare da Lucilla a mangiare qualcosa.

Passarono dall’Atrium e uscirono in strada attraverso la cabina telefonica. Mentre camminavano Frank disse:

-          Pensa alla faccia di Caramell se sapesse cosa stiamo facendo. Gli verrebbe un colpo a pensare che stiamo mettendo in discussione un caso chiuso quindici anni fa.

Sara rise al pensiero della faccia paonazza di Caramell e pensò che sarebbe stata una grossa soddisfazione trovare la soluzione a tutti gli interrogativi di questo caso.

Quando arrivarono il locale di Lucilla era piuttosto affollato. Lo era sempre, soprattutto quando fuori faceva così freddo. Era uno dei pochi locali magici in zona e molti vi si ritrovavano per bere qualcosa o anche solo fare quattro chiacchiere.

-          Buonasera! – salutò Lucilla con un grosso sorriso.

-          Vorremmo mangiare qualcosa, è possibile? – chiese Frank con un sorriso altrettanto largo. Al ragazzo piaceva farsi viziare da Lucilla, era un po’ come una zia.

-          Prego accomodatevi!

Frank e Sara si addentrarono tra i tavoli finché non trovarono un  tavolo libero accanto a una parete. Non appena si furono seduti Lucilla andò a prendere le ordinazioni.

-          Cosa vi porto ragazzi?

-          Quello che vuoi tu – disse Sara – Ho piena fiducia nelle tue doti di cuoca.

-          Se si fida lei non posso che fidarmi anch’io – replicò Frank.

Lucilla si allontanò e Frank si abbandonò contro lo schienale della sedia di legno.

-          Allora… dimmi la verità… pensi che abbiano sbagliato?

-          Di cosa parli? – chiese Sara guardando il ragazzo con le sopraciglia sollevate.

-          Andiamo Sara sono sei anni almeno che lavoriamo insieme, credo di conoscerti un po’, se stai facendo tutte queste prove è perché non sei convinta delle conclusioni che sono state tratte.

Sara non era colpita dalla perspicacia di Frank. L’aveva scelto per collaborare a quell’incarico anche per questa sua qualità, ma ora si domandava se non avesse intuito troppo del suo coinvolgimento. Prima o poi avrebbe dovuto raccontargli la verità.

-          Bè… . rispose cautamente - Ci sono dei punti che non mi sono chiari e, come tu ben sai, le cose poco chiare non mi piacciono.

Prima di riprendere a parlare Frank prese un respiro più profondo degli altri e abbassò la voce in modo che nessun’altro nel locale potesse sentire.

-          Quello che sto cercando di chiederti è: tu pensi che Black possa essere innocente?

Sara ebbe un attimo di smarrimento, non sapeva neppure lei che cosa pensava. Cercava di pensare il meno possibile e essere obiettiva al massimo, perché avrebbe desiderato con tutto il cuore che Sirius fosse innocente ma se avesse sperato questo avrebbe finito per distorcere le prove per avallare questa tesi.

Per un attimo fu sul punto di raccontare tutta la storia a Frank, ma poi si trattene e rispose più semplicemente:

-          A questo stadio delle cose non penso né che sia colpevole né che sia innocente. O almeno ci provo. Dobbiamo cercare di guardare il quadro generale con distacco senza farci influenzare da quello che è già stato detto e fatto. Fingi che sia un caso come un altro, in cui non c’è ancora nessun colpevole dietro le sbarre.

-          D’accordo. Però tu non me la racconti giusta.

In quel momento Lucilla arrivò con due piatti stracolmi di una deliziosa pasta al forno e le loro bocche furono del tutto assorbite dal cibo. Sara si compiacque tra sé, Frank stava diventando un ottimo Auror, esattamente l’Auror che lei avrebbe voluto prendesse il suo posto se le fosse successo qualcosa. Non si illudeva di scamparla ancora lungo, i Mangiamorte le avevano già rivoltato la casa come un calzino un paio di volte lasciandole simpatici messaggi di morte, indagava sempre sui casi più spinosi, non ultima l’evasione dei dieci Mangiamorte. Avevano tutto l’interesse a toglierla di mezzo.

Quando ebbero finito la cena, pagarono e tornarono in ufficio. Il sotterraneo che una volta serviva da prigione era buio e freddo, ricordava un po’ il sotterraneo di Hogwarts, ma se possibile era ancora più triste.

-          Allora, pronto? – domandò Sara a Parker mentre si sfilava la giacca e la appendeva ad una parete.

-          Certo!

Erano in una stanza piuttosto grande che era servita un tempo come aula di tribunale secondario, al centro era sistemato il manichino che avevano riempito di vernice rossa, sostenuto in piedi da un incantesimo.

-          Ricontrolliamo le condizioni – disse Sara.

-          Allora, il rapporto dice che Black era a circa tre metri da Minus – disse Frank.

Presero un metro a nastro e misurarono tre metri sul pavimento. Nel punto giusto sistemarono uno sgabello.

-          Poi dice che Black è alto un metro e ottantanove centimetri – continuò Parker

-          Quindi ventidue centimetri in più di me – constatò Sara misurando l’altezza dello sgabello – Questo è troppo alto.

La donna fece un segno sulle gambe dello sgabello che indicava i ventidue centimetri, quindi, con un colpo secco di bacchetta tranciò il legno abbassandolo alla misura giusta.

-          Direi che non c’è altro – concluse Frank.

-          Allora possiamo procedere.

Sara e Parker indossarono due tute di tessuto bianco che li coprivano dalla testa ai piedi, quindi Sara salì sullo sgabello e puntò la bacchetta verso il petto del manichino. Parker scattò una foto della donna in posizione, quindi si allontanò di qualche passo.

-          Pronto? – domandò la donna.

-          Quando vuoi…

Sara si concentrò, prese un respiro profondo, quindi scagliò lo stesso incantesimo con cui Black aveva fatto saltare in aria una strada. La stanza si riempì di un’abbagliante luce gialla, il pavimento e le pareti tremarono, si sentì un boato assordante e una forte esplosione.

Poi la quiete. La stanza era piena di fumo denso e scuro.

Frank era stato sbalzato contro la parete dalla violenza del colpo. Per prima cosa andò ad aprire la porta per far uscire il fumo, quindi si avvicinò a Sara che stava distesa a terra anch’essa sbalzata dal suo stesso incantesimo.

-          Caspita! – le disse.

-          Caspita – ripeté lei rialzandosi in piedi – Guardami! Ti pare che i miei vestiti siano nelle stesse condizioni di quelli di Black?

-          Ehm, no – rispose Frank osservando il suo capo imbrattato da capo a piedi di vernice rossa.

Parker prese la macchina fotografica che aveva appesa al collo e scattò varie foto a Sara, davanti, dietro, di lato, poi passò a fotografare la scena. Il manichino era ridotto a una poltiglia piuttosto indistinta. Tutto intorno a quello che era stato il fantoccio c’era letteralmente un lago di vernice vermiglia.

Sara e Frank registrarono ogni cosa, fotografarono, scrissero la relazione più minuziosamente possibile e conservarono tutto quello che avevano utilizzato in buste sigillate e catalogate, non volevano che la simulazione fosse annullata in tribunale. Poi riordinarono il sotterraneo e si sedettero al tavolo che c’era contro una parete.

Era circa l’una di notte.

Sara prese dalla borsa il suo pacchetto di sigarette e ne accese una.

-          Ci voleva una sigaretta – commentò mentre espirava la prima boccata.

-          Se lo dici tu… - Parker disapprovava il vizio di Sara - Dunque, cosa abbiamo concluso? – chiese cambiando discorso.

-          Abbiamo concluso che sui vestiti di Black c’è troppo poco sangue. E questo significa che o non è stato Black a far saltare per aria Minus…

-          …o Minus non è affatto saltato in aria.

*^*^*^*^*

Quando Sirius rientrò a Grimmauld Place trovò, come aveva previsto, Lily e Remus in allarme. Quello che non aveva previsto era l’assalto della signora Weasley e di suo marito. Appena entrato nella cucina fu assalito da tutti quanti che si misero a strillare contemporaneamente.

-          Basta! – urlò ad un tratto – Lo so, sono stato un pazzo, un incosciente, sono stato irriguardoso, irresponsabile e tutto il resto. Non c’è bisogno che mi facciate la predica.

Detto questo sparì nella sua stanza e si sedette sul davanzale della finestra, come faceva anche da ragazzo quando voleva riflettere su qualcosa.

Vedere Sara era quello che desiderava di più da quando era evaso, ma ora che l’aveva vista non sapeva neppure cosa provava. Era stato insieme bellissimo e terribile averla lì a un passo e non poterle parlare, non poterla toccare, abbracciare. Le era sembrata tranquilla, serena, neanche lontanamente sconvolta quanto lo era lui.

Forse era uno sciocco, un illuso. Non doveva farsi speranze che sarebbero state senza dubbio disattese. Sara aveva la sua vita e lui non c’entrava più nulla.   





 
Per i lettori: ... e per farmi perdonare dell'attesa, ecco subito anche il quarto capitolo!

Era piena notte. Londra viveva soltanto in alcune parti, dove c’erano i locali per i giovani e per i turisti. Le altre zone invece erano più tranquille, poco trafficate, silenziose e buie.

A Grimmauld Place Sirius era l’unico sveglio. Era seduto sul davanzale nella sua vecchia stanza, con la finestra spalancata nonostante il freddo pungente. Respirava l’odore della città cercando di sciogliere il nodo che da qualche giorno gli aveva attanagliato lo stomaco. Ogni volta che pensava a Sara o che qualcuno la nominava, il nodo si stringeva ancora un po’, rendendogli difficile pensare, mangiare, respirare. In quindici anni non aveva mai sentito così tanto la sua mancanza, era addirittura peggio di quando era stato arrestato, allora lo shock era stato più forte di tutto. Desiderava ardentemente vederla, parlarle, capire se era cambiata, se l’aveva perdonato o se lo odiava a morte, se era riuscita ad andare avanti con la sua vita o se lui gliel’aveva distrutta.

Nella stessa notte, nella stessa città, Sara vagava con la sua auto. Aveva il finestrino abbassato, l’aria che le sferzava il viso la aiutava a schiarirsi le idee, che erano tante e veramente confuse.

Per tornare da Hogwarts aveva preso il treno, aveva bisogno di tempo per riflettere con calma e il Nottetempo non era certo il mezzo migliore a questo scopo. Arrivata a Londra aveva avvertito Parker che non sarebbe tornata in ufficio. Era andata al suo appartamento e aveva provato a mangiare qualcosa e a distrarsi un po’, senza successo. Non poteva dormire, doveva fare qualcosa.

Così era uscita, aveva preso la macchina e si era diretta verso il Ministero. Gli uffici erano deserti, anche nel Dipartimento c’erano solo i pochi sfortunati destinati al turno di notte. Sara andò spedita al suo ufficio e lo trovò come l’aveva lasciato: pieno di documenti che riportavano il nome si Sirius Black.

Sirius era il Custode Segreto di James e Lily, ancora stentava a crederci. Di tanto in tanto provava a dirlo ad alta voce, per vedere se poteva suonare più reale, ma appariva sempre assurdo, come quando gliel’aveva detto Silente, come ogni volta che rimbombava nella sua testa.

Sara si sedette alla scrivania, prese dal primo cassetto una caraffa, una tazza e un posacenere. Colpì due volte la caraffa con la punta della bacchetta e questa si riempì di caffè nero bollente. Se ne versò una tazza, estrasse dalla borsa le sigarette e ne accese una.

La stanza si riempì dell’odore di fumo e di caffè, un odore che sapeva di casa. Quando si fu sistemata tirò a sé gli incartamenti relativi all’omicidio di Peter Minus. Avrebbe riletto ogni cosa, avrebbe analizzato ogni minimo dettaglio, ci sarebbe stata giorno e notte se fosse stato necessario. Ne sarebbe venuta a capo o sarebbe impazzita nel tentativo.

Per un attimo si immaginò all’Ospedale di San Mungo, nel reparto per le malattie mentali, in una stanza tutta bianca, sdraiata sul letto a fissare nel vuoto. Archiviò l’immagine come irragionevole e cominciò a leggere.

In quei fascicoli c’era di tutto: i rapporti dei primi tiratori scelti giunti sul luogo, le relazioni dei soccorritori, le trascrizioni degli interrogatori dei testimoni, le descrizioni della scena con riportate misure, distanze e varie indicazioni. Ma la cosa più straziante erano le fotografie, dei corpi dilaniati, della strada sventrata, degli alberi su marciapiedi mutilati, di un dito mozzato accanto a un tombino.

Quando l’angoscia diventava insopportabile, Sara beveva qualche sorso di caffè, si ripeteva ossessivamente che era solo un caso come un altro e andava avanti.



*^*^*^*^*



Da quando non riusciva più a dormire Sirius era sempre il primo ad alzarsi. In genere si addormentava per qualche ora, quando il suo corpo, stremato, si imponeva sul cervello precipitandolo in un sonno agitato. Si svegliava sempre sudato e stanco come se non avesse dormito affatto, si trascinava in cucina e lì si preparava un caffè forte e fumava la prima sigaretta della giornata.

Aveva anche ricominciato a fumare. Azkaban l’aveva costretto a smettere, ma da quando era rinchiuso a Grimmauld Place doveva pur occupare il tempo in qualche modo. Fumava le stesse sigarette che comprava sempre prima di essere arrestato.

Prima di essere arrestato.

Da quando era evaso la sua vita gli era sembrata spaccata in due: c'era il prima, quando era un giovane attraente e intelligente con un sacco di sogni e di belle speranze per il futuro, e c’era il dopo, quando era diventato un ricercato perseguitato e braccato. In mezzo non c'era nulla. Un buco nero di tredici anni in cui praticamente non era esistito.

Si passò una mano sugli occhi stanchi e cerchiati. Avrebbe tanto voluto poter tornare indietro e cambiare le cose, raccontare a Sara la verità quando ancora poteva farlo. Se avesse saputo forse lei non lo avrebbe lasciato a marcire in prigione per così tanto tempo, avrebbe capito che lui mai e poi mai avrebbe potuto tradire James e Lily. Ma era inutile recriminare sul passato. Non c'era nulla che potesse fare se non aspettare e sperare.

Sirius tolse la mano dagli occhi quando sentì dei passi sulla scala che portava alla cucina. Lily entrò nella stanza accompagnata dal fruscio della sua vestaglia. Molly e le ragazze le avevano procurato dei vestiti e ne era venuta fuori una strana mescolanza di stili. Ora, sopra un pigiama a quadretti bianchi e azzurri, la donna indossava una pesante vestaglia di lana grigia.

L'uomo si sforzò di sorriderle nel darle il buon giorno, ma l'effetto non dovette essere quello desiderato, perché lei chiese:

-          Tutto a posto?

No, non era tutto a posto. Anzi non c'era proprio niente a posto e non sopportava quasi più di sentirsi chiedere continuamente come stava, come si sentiva e se andava tutto bene.

-          Sì tutto a posto – mentì – Come mai già in piedi a quest'ora? - chiese poi.

-          Mi sono svegliata e non riuscivo più a riprendere sonno, così ho pensato di venire a fare quattro chiacchiere con un vecchio amico.

-          Sapevi che ero sveglio? - domandò l'uomo stupito.

-          Ti ho sentito scendere le scale – spiegò lei – Sinceramente, come ti senti?

-          Un vero schifo – rispose Sirius, questa volta con sincerità.

-          Mi dispiace...

-          Non è colpa tua.

-          In parte sì. E non mentirmi dicendo che non è vero perché lo pensi anche tu.

-          Non nego che avrei voluto che le cose fossero andate diversamente. Ma la colpa non è vostra, è mia perché non avrei dovuto fidarmi di Peter, è mia perché avrei dovuto dire a Sara come stavano veramente le cose invece di scaricarla senza troppe spiegazioni, è mia perché non sono stato in grado di difendervi anche se avevo giurato di farlo a costo della vita, è mia perché non sono riuscito a dimostrare che ero innocente.

-          Non è vero – disse Lily poggiando una mano sul braccio di Sirius – Sirius guardami.

L'uomo alzò gli occhi, che fino a quel momento aveva tenuto fissi su una venatura del legno del tavolo.

-          Non è colpa tua. Devi credermi. Mi credi?

Sirius annuì, non sapeva come sarebbe suonata la sua voce se avesse provato a parlare. Era peggio della rabbia e della frustrazione che aveva provato i primi tempi a Grimmauld Place, si sentiva vuoto.

-          Non è colpa tua – ripeté la donna – e non è neppure colpa di Peter o di Silente. E' colpa di Voldemort, è solo colpa sua. La responsabilità non è altro che sua. Non ti angustiare così, tu ci hai difeso a costo della vita. Hai sacrificato la tua libertà e il futuro che potevi avere con Sara per aiutare noi e io e James non ti saremo mai abbastanza grati, a prescindere da come siano andate le cose. Sì, forse avresti dovuto dire a Sara la verità. Ma hai agito in un certo modo perché pensavi fosse la cosa migliore. Volevi solo proteggerla. Tu hai agito come ritenevi giusto per ciò non colpevolizzarti così. Devi darti una scrollata e tornare a essere l'uomo forte che ricordo.

Lily aveva parlato con un calore che Sirius non sentiva da molto tempo. Sarebbe stato magnifico poter credere alle sue parole.

-          Vorrei poterti credere – le disse dando voce ai suoi pensieri – Vorrei davvero, ma mi riesce difficile pensare di aver agito per il meglio.

-          Sirius, ci ho provato con le buone – disse Lily ritraendo la mano dal suo braccio – ora passo alle cattive. Smettila di compatirti, smettila di deprimerti e prendi in mano la tua vita. E' vero ora come ora non puoi fare molto, è vero tredici anni sono passati tra le mura di Azkaban, ma ti rimane ancora molto tempo davanti. Puoi fare in modo che la tua vita sia migliore di così. Per cominciare potresti iniziare a sperare che Sara riesca a scoprire la verità. Non ti permetterò di sottovalutare così le capacità della mia migliore amica. E quando ti senti giù pensa che c'è chi sta peggio di te, perché non potrà vedere crescere suo figlio né invecchiare con suo marito.

Sirius si sentì egoista e meschino e se possibile si sentì ancora peggio di prima, ma Lily aveva ragione.

-          Mi dispiace Lily, non volevo essere così egoista. Hai ragione, devo cercare di riprendermi.

-          Bravo! Così ti vogliamo! Vedrai, le cose andranno per il meglio.

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La prima impressione fu quella che l’ufficio, durante la notte, si fosse coricato. Sara impiegò qualche istante a capire che era lei ad aver appoggiato la testa sulla scrivania. Si tirò su di scatto e un foglio le rimase appiccicato alla guancia. Lo staccò con un misto di rabbia e frustrazione e lo rimise sopra gli altri. Evidentemente si era addormentata. Guardò l’orologio, erano le sette, l’ultima volta che ricordava di aver controllato l’ora erano le cinque passate. Doveva aver dormito un paio d’ore.

Sara si alzò dalla sedia con i muscoli indolenziti, si stiracchiò mentre si avviava verso la porta aggirando mucchi di giornali e documenti. Quella notte si era riletta gran parte di quello che aveva sulla strage di Godric’s Hollow, rapporti, interrogatori, articoli di giornale. Mentre leggeva aveva annotato le cose più interessanti sul blocco che usava sempre per prendere appunti. C’erano tante piccole cose che la lasciavano perplessa, inezie per lo più, ma se le si osservava nel quadro generale assumevano un’importanza decisamente maggiore. E dopo aver saputo che Sirius era il Custode Segreto dei Black tutto appariva diverso.

Aprendo la porta Sara vide un Dipartimento appena sveglio, proprio come lei. Gli ultimi Auror del turno di notte stavano per uscire e arrivavano i primi del turno di giorno. La donna approfittò di questa calma per occupare il bagno. Nel bagno c’era una lunga fila di armadietti, ognuno con una sigla sopra, Sara aprì il suo e ne estrasse un asciugamano, un bagnoschiuma e alcuni vestiti. Si infilò nella doccia più lontana dalla porta e aprì l’acqua. Il getto d’acqua calda che la investì riuscì a svegliarla e a ridarle un po’ di lucidità. Chiuse gli occhi mentre l’acqua le scorreva tra i capelli, sul viso, sulle spalle e da lì scendeva su tutto il corpo. Era il momento adatto per riordinare un po’ le idee.

La situazione qual’era? A Godric’s Hollow, quindici anni prima, la stessa notte in cui James e Lily Potter erano stati uccisi da Voldemort e il piccolo Harry aveva salvato il mondo magico dall’oblio, si era consumata una tragedia.

Una potente fattura scagliata da un mago aveva fatto saltare in aria una strada intera uccidendo tutti i passanti nel raggio di cento metri e un altro mago. Apparentemente sembrava che il mago ad aver scagliato la fattura fosse Sirius Black. Accecato dalla rabbia per la caduta di Voldemort aveva compiuto un ultimo gesto di follia. Peter Minus, l’altro mago presente sulla scena, aveva cercato di fermare Black ed era stato tragicamente ucciso. Di lui si era trovato solo un dito indice.  

Sirius Black era il Custode Segreto dei Potter, aveva tradito il giuramento fatto rivelando a Voldemort il nascondiglio di James e Lily, Minus, a conoscenza dell’Incanto Fidelius, aveva trovato Black dopo aver saputo che lui aveva tradito e  i due avevano lottato. La strage era solo una conseguenza del loro duello.

Questa era la spiegazione più logica.

La prima incongruenza era nelle parole di Silente. Quando lei aveva domandato se Sirius avesse tradito Lily e James, lui aveva risposto “Io non ho detto questo”. Che diavolo significava? Che Sirius non aveva tradito? Che non era il Custode Segreto dei Potter?

Ma questa era solo la prima delle domande senza risposta. La seconda era a proposito degli effetti personali di Black. C’era una lista, fra i documenti, che riportava tutti gli indumenti e gli oggetti trovati addosso a Black al momento dell’arresto con una minuziosa descrizione. Era descritto ogni dettaglio, comprese le macchie di terra, cenere e simili. Ma non erano descritte le macchie di sangue, non erano proprio menzionate, come se non ci fossero. I casi di omicidio non cadono in prescrizione, quindi gli indumenti di Black dovevano essere ancora in archivio. Sarebbe andata a dare un’occhiata appena possibile.

Un’altra cosa molto strana era la fotografia del dito tagliato di Peter Minus. Tutte le foto della scena mostravano oggetti e… persone… sfilacciate. Gli alberi che costeggiavano i marciapiedi sembravano candele bruciate a metà, l’enorme buca nell’asfalto era frastagliata, ma quel dito no. Sembrava tagliato di netto, quasi in modo chirurgico. Poteva essere una coincidenza, ma era un altro punto su cui riflettere.

Non erano le sole cose che Sara trovava poco convincenti. Oltre agli aspetti “tecnici” c’erano quelli umani. Sara non avrebbe potuto usare queste argomentazioni in un rapporto ufficiale tantomeno in tribunale davanti al Winzengamot, ma non poteva fingere di non aver conosciuto Sirius e la persona che aveva conosciuto non si sarebbe comportata così. Non avrebbe tradito gli amici, non avrebbe ucciso degli innocenti, non avrebbe smesso di lottare.

Sirius aveva sempre professato la sua innocenza, ma aveva aspettato tredici anni per scappare. Perché? Ogni volta che pensava all’evasione di Black, Sara sentiva una morsa di senso di colpa. Lei sapeva come era evaso, era chiaro che aveva usato il suo potere di Animagus, lo stesso potere che probabilmente usava per nascondersi. Ma non aveva mai parlato, avrebbe significato ammettere che aveva conosciuto Black, raccontare del suo passato e lei detestava parlare del passato. Per di più rischiava un accusa di intralcio alla giustizia, come minimo, se non di complicità con un criminale. Se qualcuno avesse scoperto della sua relazione con Sirius Black sarebbe stata licenziata in tronco. Così si era convinta a non parlare, continuando a ripetersi che intanto non sarebbe cambiato niente nell’esito delle ricerche.

Black era rimasto buono nella sua cella per tredici anni, poi un bel giorno aveva deciso di evadere. Sembrava che all’improvviso qualcosa l’avesse spinto a prendere questa decisione. Doveva scoprire cos’era.

Sara aveva troppe cose per la testa, se non altro però aveva un piano d’azione. Era meglio di niente.

Uscì dalla doccia avvolta nell’asciugamano, lo spogliatoio era deserto. Si vestì rapidamente e asciugò i capelli bagnati con un getto d’aria calda che fece uscire dalla punte della bacchetta.

Quando uscì nel Dipartimento erano le otto e quasi tutte le scrivanie erano occupate. Cercò Parker e lo trovò alla scrivania di Shira, la segretaria del Dipartimento.

- Frank smettila di flirtare – disse avvicinandosi.

- Non stavo flirtando! Buon giorno, capo! Non stavo flirtando!

- Non chiamarmi capo – Sara lo prese da una parte – Questa notte ho lavorato un po’…

- Questa notte? – domandò il ragazzo stupito.

- Sì questa notte. Mi sono venute in mente alcune cose. Vai al deposito e prendi gli effetti personali che hanno sequestrato a Black al momento dell’arresto. Io vado a prendere il caffè, ci vediamo nel mio ufficio.

Sara si allontanò lasciando Frank al suo flirt. Le mancava il periodo della sua vita in cui anche lei poteva permettersi di concedersi qualche sfizio. Mentre si avviava all’ascensore era soprappensiero, così urtò una persona che stava uscendo dalle porte scorrevoli.

- Scusi. Mi dispiace tanto! – esclamò una ragazza piuttosto alta con eccentrici capelli rosa acceso.

- No, scusi lei – replicò Sara guardandola.

Quando i loro sguardi si incrociarono, la ragazza assunse un’espressione terrorizzata e se ne andò quasi correndo. Sara non capì il motivo di quella reazione, ma non si preoccupò troppo. Aveva lavorato con Ninfadora Tonks e le era sembrato che la ragazza, per quanto fosse un’Auror promettente, non avesse tutte le rotelle al posto giusto.

Con un sospiro entrò nell’ascensore e premette il pulsante per l’Atrium. Per la giornata che l’aspettava il caffè era assolutamente necessario.



*^*^*^*^*



La giornata a Grimmauld Place, per chi non aveva missioni da compiere all'esterno, procedeva sempre più o meno nello stesso modo: colazione, pulizie, pranzo, pulizie, pausa, cena.

Lily, James, Remus e Sirius, dopo un'altra giornata di questo tipo, avevano trovato rifugio in un salotto al primo piano. Su una parete campeggiava l'albero genealogico della famiglia Black. Sirius si era seduto in modo da dargli le spalle. Non sopportava di vederselo davanti. Aveva provato a disfarsene ma una qualche fattura lo teneva indissolubilmente ancorato al muro.

- E' tutto così strano - disse James - Siamo insieme, come è sempre stato, almeno per me e Lily, ma è come se mancasse qualcosa.

- Ma, in effetti, manca qualcosa James - intervenne Lily - A noi mancano quindici anni che invece loro hanno vissuto.

- Non che siano stati i quindici anni migliori della mia vita - replicò Sirius con un sorrisetto amaro - Darei qualunque cosa per poter tornare indietro e cambiare le cose.

- Ma forse è stato meglio così - continuò Lily.

- Ma che dici? - domandò Remus guardandola come se fosse pazza.

- Forse capisco quello che intendi - disse James guardando sua moglie - Se noi non fossimo… morti… Harry non avrebbe sconfitto Voldemort.

- Francamente, non per sminuire il vostro sacrificio, ma non vedo cosa ci abbiamo guadagnato visto che ora è tornato – sbottò Sirius scrollando il lunghi capelli scuri che gli coprivano gli occhi.

- Tempo innanzi tutto - rispose saggiamente Remus - Abbiamo avuto modo di capire tante cose, di riorganizzarci, di prepararci.

- A mio modo di vedere non siamo più preparati di vent'anni fa - continuò l'altro deciso a fare del disfattismo. Sirius provava una sorta di piacere perverso nel colpevolizzarsi.

- Amico mio, capisco che tu sia arrabbiato… - cercò di calmarlo James.

- Arrabbiato? Io, arrabbiato? Perché dovrei esserlo. Ho passato tredici anni in prigione per colpa di un ratto di fogna che credevo un amico e ora quella che quindici anni fa era la mia ragazza sta cercando di sbattermi di nuovo in cella. In effetti non c'è nulla che non va.

Quando si arrabbiava Sirius appariva molto simile all'enorme cane nero che diventava da Animagus. Sapeva di essere ingiusto, sapeva che non aveva senso prendersela con loro. Ma ogni tanto doveva sfogarsi.

- Hai già dimenticato quello che abbiamo detto questa mattina, Sirius? - lo ammonì Lily con un'aria che gli ricordò molto quella della McGrannitt.

- No, non l’ho dimenticato - rispose l'uomo sentendosi di nuovo in colpa.

- Non puoi fare così - continuò lei - E poi chi ti dice che Sara stia cercando di rimandarti in prigione. Dici di aver pensato molto a lei, ma evidentemente ne hai un ricordo distorto. Ti ricordi che fosse una che si arrende facilmente?

- No – replicò Sirius seccamente; ecco che si ritornava a parlare di Sara ed ecco quel nodo allo stomaco che si stringeva un’altra volta.

- Se la conosco appena un po', sono convinta che non si darà pace finché non avrà chiaro ogni dettaglio. E per chiarire ogni cosa deve per forza scoprire la verità.

- Sì, vedrai che troverà la strada giusta - disse Remus calorosamente mettendo una mano sulla spalla dell'amico - Non ricordi quanto filo da torcere ti ha dato?

Se se lo ricordava? Quei ricordi erano nitidi come se fossero avvenuti da pochi giorni. Ricordava quanto quella ragazza schiva e stranamente matura lo avesse subito colpito. Ricordava di aver deciso di tenersene alla larga perché poteva portare guai. Ma la cosa non era stata facile quanto avrebbe pensato. Sembrava che questa Sara White avesse fatto molta amicizia con Lily Evans e in quel periodo James cercava di essere sempre dove c'era anche Lily. Di conseguenza Sirius e Sara si incrociavano spesso.

Per di più, sembrava fatto apposta, la incontrava sempre nei corridoi, anche quando James non era a caccia di Lily.

Sirius rammentò un episodio in particolare, avvenuto pochi mesi dopo l'inizio delle lezioni. Fin dal loro primo incontro non si erano trovati simpatici e ogni volta che si parlavano ne veniva fuori un continuo lanciarsi frecciate. Se capitava che uno dei due, o entrambi, fossero particolarmente nervosi si arrivava anche ad insulti più pesanti.

Quella volta Sirius e gli altri erano appena usciti da lezione di Trasfigurazione, erano carichi di compiti per la settimana successiva ed erano estremamente affamati. Si dirigevano a passo di marcia verso la Sala Grande pregustando un delizioso pranzetto quando, svoltando un angolo, Sirius scontrò contro qualcosa che sembrò saltare in aria.

Quando si ricompose si accorse che quel qualcosa era Sara White, che camminava a testa bassa con le braccia cariche di libri. Questi nella confusione si erano sparsi per tutto il pavimento.

- Ehi, guarda dove vai ragazzina! - sbottò Sirius mentre lei si chinava a raccattare tutti i libri.

- Piuttosto sei tu che dovresti guardare dove metti i piedi Black - rispose lei acida, voltandosi per lanciargli uno sguardo carico di disprezzo.

- Oh, oh, la ragazzina ribatte!

- Stupito? Pensavi che non esistessero esseri umani in grado di tenerti testa, caro signor Onnipotente? Ebbene, ti sbagli di grosso! In ogni caso io ho un nome, sei pregato di usarlo quando ti rivolgi a me.

Sirius era rimasto leggermente spiazzato da una risposta così pronta ma finse indifferenza e si preparò al contrattacco.

- Sicura di essere finita nella casa giusta? Ho l'impressione che saresti stata meglio tra i Serpeverde, visto che non fai altro che sputare veleno.

- E tu non dovresti essere tra i Grifondoro se non hai abbastanza fegato di staccarti dalla tua scorta neppure per andare in bagno - replicò a ragazza accennando con la testa a James, Remus e Peter che aspettavano alle sue spalle.

Mentre i due discutevano si era radunata una piccola folla in corridoio. Le schermaglie di Sara White e di Sirius Black erano diventate famose in poco tempo ed assistervi era considerato un privilegio. I ragazzi erano sconcertati che una ragazzina, per di più del primo anno, si permettesse di dire certe cose a Black. Le ragazze erano divise tra l'invidia, in quanto Sirius rivolgeva la parola a Sara seppur per prenderla in giro, e lo shock nel vedere che lei sembrava non sfruttare quella fortuna che metà della popolazione femminile di Hogwarts avrebbe dato qualunque cosa per avere.

- Andiamo, smettetela - intervenne Remus per calmare gli animi. Si chinò per aiutare Sara a raccogliere i libri e disse, rivolto a Sirius – Non vorrai perderti il pranzo per una cosa così sciocca.

Sirius non rispose e si voltò dall'altra parte verso James, ma sentì distintamente che, prima di andarsene con le braccia nuovamente cariche di libri, Sara disse:

- Grazie Remus, tu sei la sola persona come si deve qui in mezzo.

Sì... Sara gli aveva dato parecchio filo da torcere.



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Per i lettori: ecco il terzo capitolo! Stiamo per entrare nel vivo della storia... prestissimissimo il quarto capitolo! Buona lettura!

Sara e Frank uscirono dall’ufficio della donna chiudendo la porta alle loro spalle.

-          Facciamo così, tu vai a prendere del caffè, tantissimo caffè, e io vado in archivio – propose Sara.

-          D’accordo, ci rivediamo nel tuo ufficio – rispose Parker.

Sara prese un respiro e si avventurò verso l’uscita dell’open space. Era ormai pomeriggio inoltrato. Il turno di giorno era finito e il Dipartimento era meno frenetico. Nonostante questo Sara si muoveva tra i cubicoli dell’open space cercando di evitare gli altri Auror. Davvero non aveva nessuna voglia di parlare in quel momento.

L’archivio si trovava allo stesso piano dell’ufficio del Primo Ministro. Chissà se il capo aveva detto a Caramell che aveva affidato il caso Black a lei. Forse quando l’avrebbe saputo si sarebbe pentito di aver fatto togliere il caso a Shakelbolt, il Ministro la considerava poco più di una piantagrane.

L’archivio del Ministero era protetto da un complesso sistema di sicurezza ed era suddiviso in più livelli. Il primo livello era accessibile a tutti comprese le reclute, conteneva per lo più materiale necessario per lo studio e la preparazione dei nuovi arrivati. Il secondo livello era accessibile a tutti tranne le reclute. L’accesso al terzo livello era consentito solo agli Auror di terzo grado e così via. Le informazioni che servivano a Sara erano considerate tra le più riservate ed erano contenute al quarto livello. Solo il Ministro, il suo capo e i pochi Auror di quarto grado potevano accedervi.

Sara aveva ottenuto la promozione al quarto livello solo un anno prima. Il terzo grado le dava la possibilità di gestire una piccola squadra di Auror di secondo e primo grado e, dopo la promozione, avrebbe potuto ambire ad avere una squadra più grande, composta dalle sottosquadre degli Auror di terzo grado ma aveva preferito rimanere con il suo piccolo gruppo. Una squadra troppo grande avrebbe significato una marea di burocrazia e troppo poco tempo per compiere effettivamente il lavoro operativo, che era quello che lei amava.

Dopo aver percorso alcune rampe di scale Sara giunse nel corridoio giusto. Lì si aprivano solo due porte una imponente e massiccia dalla quale si accedeva alle stanze del Ministro e una più piccola, dello stesso colore delle pareti con una strana serratura. La serratura presentava un foro a cinque punte. Sara estrasse dalla tasca una chiave molto particolare, fatta apposta per quella serratura. Esistevano poche copie di quella chiave, custodite dagli Auror di grado più elevato. Tutti gli altri, quando ne avevano bisogno, dovevano farne espressa richiesta ai superiori.

La chiave entrò nella serratura senza sforzo e scattò con un suono limpido e metallico. Sara fu accolta nella prima stanza da una voce femminile che diceva:

-          Archivio di livello 1. Benvenuta Sara White.

-          Buon giorno – rispose Sara.

La camera era ingombra di scaffali carichi di fascicoli, fogli sparsi, raccoglitori, giornali. Sul fondo c’era una porta con scritto in lettere dorate “Secondo Livello”. Sara si avvicinò e fece per aprire ma la voce la fermò:

-          Si prega di procedere al riconoscimento prima di accedere alla stanza successiva.

Sarà obbedì sbuffando, appoggiò la mano destra sulla porta e attese.

-          Riconoscimento completato. Archivio di livello 2. Benvenuta Sara White.

-          Grazie.

La seconda stanza era del tutto simile alla prima con una porta sul fondo con su scritto “Terzo Livello”. Sara si avviò decisa verso la porta e vi appoggiò la mano destra. La porta si illuminò leggermente e la voce ripeté:

-          Riconoscimento completato. Archivio di livello 3. Ben…

-          Sì, sì, lo so che sono la benvenuta. Possiamo procedere con un po’ più di rapidità.

-          Non se la prenda così – disse la voce – Io sono solo una voce, faccio quello che mi è stato ordinato.

-          Senti Voce, sono qui quasi ogni giorno, dovresti conoscermi ormai! – sbottò Sara.

-          E’ soltanto per fare quattro chiacchiere di tanto in tanto – disse la Voce spalancando la porta successiva senza richiedere ulteriori riconoscimenti – E’ piuttosto ripetitivo essere una voce.

-          Posso immaginare – rispose Sara più comprensiva mentre attraversava la stanza per raggiungere l’ultima parte dell’archivio.

La donna cercò un po’ tra gli scaffali prima di trovare ciò che le interessava. Sullo scaffale contrassegnato con una grossa B c’erano tre faldoni interi dedicati alla famiglia Black, uno per Bellatrix Lestrange, uno per Regolus Black e due per Sirius Black. Sara estrasse la bacchetta e sollevò dallo scaffale solo i fascicoli sulla famiglia Black e su Sirius in particolare, ignorando gli altri due.

Uscì dalla stanza tenendo il carico di informazioni sospeso davanti a sé e proseguì fino alla prima stanza mentre le varie porte si chiudevano alle sue spalle.

-          Grazie per la collaborazione – disse Sara rivolta alla Voce.

-          Prego! E’ sempre un piacere. Arrivederci Sara White.

Sarà lasciò l’archivio sorridendo tra sé e si diresse verso l’ascensore. Non aveva intenzione di fare tutte quelle scale carica di fascicoli. Quando le porte dell’ascensore si aprirono ne uscì Percy Weasley.

-          Signorina White – disse quello pomposamente.

-          Signor Weasley – replicò lei sperando che non la bloccasse con inutili chiacchiere.

-          Cosa la conduce da queste parti?

Ecco, come non detto.

-          Come può vedere sono appena stata  in archivio. Arrivederci – cercò di tagliare corto Sara salendo sull’ascensore.

-          Prima che vada, il Ministro ha saputo che le è stato affidato il caso Black. Confidiamo tutti che il suo lavoro sia all’altezza.

Sara lo guardò come si guarda uno scarabeo stercorario, non si diede neppure la pena di rispondergli. Non riusciva a capacitarsi del fatto che quell’individuo sciocco e arrogante fosse il figlio di Arthur Weasley, una persona di una gentilezza squisita.

Quando arrivò al piano del Dipartimento si diresse verso il suo ufficio senza più cercare di evitare i colleghi e ignorò completamente Phil Tarrentin che cercava di fermarla per chiederle chissà cosa.

Nel suo ufficio trovò Parker seduto alla scrivania con otto tazze di caffè.

-          ­Non mi dirai che dobbiamo leggerci tutta quella roba?! – domandò inorridito.

-          E invece sì…

-          Ma… ma... i fascicoli sull’evasione di Sirius Black li hai scritti quasi tutti tu!

-          Potrebbe esserci sfuggito qualcosa. Io comincerò dalla famiglia al completo. Tu studia a fondo il soggetto specifico. Al lavoro!

*^*^*^*^*

Le vacanze di Natale erano terminate e Harry e tutti i ragazzi erano partiti proprio quella mattina. Per Sirius era stato straziante vedere i saluti tra il suo figlioccio e James e Lily. Negli occhi del ragazzo c’era il rimpianto tremendo di non poter restare con i suoi genitori, anche se la promessa di lunghissime lettere lo aveva in parte confortato. Sirius l’aveva accompagnato fino alla porta, lo aveva abbracciato e gli aveva detto:

-          Ti prometto che quando tornerai per le vacanze di Natale saranno ancora qui.

Harry non aveva detto nulla, ma aveva sorriso, poi aveva seguito gli altri alla volta di King’s Cross.

Ora Sirius, Remus, James e Lily sedevano nella cucina di Grimmauld Place e sembrava che non fosse passato neppure un giorno da quando erano stati tutti insieme l’ultima volta.

-          E così Sara è diventata un’Auror – disse Lily affrontando cautamente l’argomento.

-          Già – rispose laconicamente Sirius.

James e Lily sembravano ancora ragazzi. In effetti lo erano. Lui invece si sentiva stanco e più vecchio di quanto non fosse in realtà.

-          Chi l’avrebbe detto – intervenne James – Sembrava più il tipo che avrebbe fatto l’impiegata o qualcosa del genere, non l’Auror Capo.

Sirius non era del tutto d’accordo. Già a undici anni aveva qualcosa di estremamente combattivo, qualcosa di affascinante e inquietante insieme.

Ricordava bene la prima volta che l’aveva vista. A Hogwarts. Lui e gli altri stavano per cominciare il sesto anno, erano arrivati da poco a scuola, affamati come lupi e si erano assiepati nella Sala Grande insieme a tutti i compagni. James, Remus, Sirius e Peter erano seduti all’estremità del tavolo di Grifondoro più distante dal tavolo dei professori. Non erano ancora sistemati che già confabulavano a proposito delle prime uscite serali che avrebbero fatto. Da quando, l’anno prima, erano diventati Animagi per aiutare Remus, tutto era cambiato in meglio.

Quando tutti i ragazzi si furono sistemati in Sala Grande, la professoressa McGrannitt fece entrare una lunga fila di spaventatissimi ragazzi del primo anno. Sirius si sorprese a pensare che fino ad un paio d’anni prima lui e i suoi amici seguivano lo Smistamento con estremo interesse, soprattutto per adocchiare le nuove arrivate. Ora invece era molto più coinvolgente parlare di avventure notturne che osservare un branco di bambini terrorizzati. Perché in confronto a loro erano quello: bambini.

Passando accanto a loro la McGrannitt li guardò con disappunto, così i ragazzi smisero di parlare e si misero ad osservare lo Smistamento.

Uno ad uno i ragazzi e le ragazze sottostarono al giudizio del Cappello Parlante, alcuni tremavano, altri faticavano ad arrivare allo sgabello senza inciampare. Sirius ricordava perfettamente il momento del suo smistamento. Seduto sotto il Cappello supplicava di non finire a Serpeverde come il resto della sua famiglia, qualunque altra cosa sarebbe andata bene, anche Tassorosso, ma non Serpeverde. E il cappello l’aveva accontentato.

Sirius stava di nuovo per voltarsi verso James e ricominciare a parlare, quando la sua attenzione fu attratta dalla ragazzina che stava salendo i gradini verso il Cappello Parlante. Sara White, così aveva detto la McGrannitt. Lei sembrava diversa dagli altri, sembrava più grande. Non tanto per l’aspetto fisico, ancora acerbo e tipico della preadolescenza, quanto per lo sguardo, l’atteggiamento. Era l’unica a non apparire terrorizzata, anzi sembrava serena e tranquilla. Prima che i suoi occhi scomparissero sotto la falda del Cappello Parlante, Sirius la vide guardarsi intorno con interesse e con un vago sorriso sulle labbra.

Il ragazzo non seppe dire se fosse una tranquillità derivante dalla totale inconsapevolezza dell’importanza dello Smistamento, oppure se fosse vera e propria sicurezza di sé. In ogni caso qualcosa in quella ragazzina lo incuriosiva e lo preoccupava al tempo stesso.

Il Cappello Parlante impiegò parecchio per decidere ma poi strillò “GRIFONDORO!”. Il tavolo esplose in un applauso di benvenuto, come per tutti gli altri, e Sirius non capì perché quella decisione lo irritasse.

Questi pensieri però furono questione di pochi attimi, dopo di che fu completamente assorbito dalla conversazione con i suoi amici, e si dimenticò di Sara White.

La ragazza ricomparve nel suo campo visivo durante la cena. James non faceva che continuare a voltarsi a guardare Lily Evans e ad un certo punto Sirius notò che Sara era seduta accanto a lei. Parlavano animatamente, come se si conoscessero da tempo e Sirius non poté fare a meno di notare che Sara era l’unica dei suoi compagni ad avere intavolato una conversazione animata con uno studente più grande.

Mentre parlavano Lily indicò un punto sopra la sua spalla e Sara si voltò a guardare. Il ragazzo distolse immediatamente lo sguardo sentendosi in imbarazzo.

Un momento? Imbarazzo? Lui imbarazzato? Fu in quel momento che comprese che Sara White sarebbe stata una persona da cui difendersi, una continua fonte di guai.

*^*^*^*^*

Erano due giorni che Sara e Frank erano chiusi nell’ufficio della donna a leggere una montagna di scartoffie e non avevano ancora trovato nulla che non sapessero già. Sara cominciava a spazientirsi, detestava perdere tempo.

Alle dieci del mattino del terzo giorno di inutili letture, decise di abbandonare Parker tra le scartoffie e mettere in pratica un’idea che le era balenata la sera prima, mentre andava a dormire. Voleva andare a parlare con Albus Silente. Poteva essere una scelta azzardata, non sapeva neppure se Silente sarebbe stato in grado di dirle qualcosa di nuovo, però valeva la pena tentare.

Lasciò a Frank le redini dell’ufficio e partì. Il treno era fuori discussione e con la sua macchina ci avrebbe messo tutto il giorno, così decise di prendere il Nottetempo. Estrasse la bacchetta dalla tasca e mormorò “Lumos” tendendola oltre il marciapiede. In pochi istanti comparve un enorme bus a tre piani viola melanzana.

-          Buon giorno! Mi chiamo Stan Picchetto e sarò il vostro… – salutò allegramente un ragazzo pallido e brufoloso saltando giù dal bus.

-          Buon giorno – tagliò corto Sara – Per Hogsmeade.

-          Sì. Sono diciotto falci.

Sara pagò e andò a sedersi il più lontano possibile da Stan, prima che lui potesse farle qualunque domanda. Il viaggio fu tremendo e come sempre punteggiato di scrolloni e scossoni, ma nel complesso non fu troppo lungo.

Quando scese dal Nottetempo, nella via principale di Hogsmeade, inspirò profondamente l’aria di quel posto. Il villaggio era molto tranquillo, in giro c’erano i pochi abitanti che entravano e uscivano dai negozi o tornavano alle loro case.

Sara camminò lentamente verso i cancelli di Hogwarts assaporando ogni ricordo che le era tornato alla mente. Lì aveva conosciuto un sacco di persone fantastiche, che le avevano insegnato tanto sull’amicizia, e aveva incontrato anche un sacco di persone orribili che le avevano insegnato a essere forte. Lì aveva conosciuto Lily, James, Remus… e Sirius. Lì aveva conosciuto la sua amica Rebecca, con cui aveva condiviso il dormitorio a scuola e poi l’appartamento a Londra, una volta terminati gli studi.

Quando arrivò davanti al pesante cancello quasi smise di respirare per le emozioni contrastanti che quel luogo suscitava. Ma lei era un’Auror, non una qualunque donnicciola sentimentale! Tirò su le spalle, sollevò il mento ed entrò nei territori di Hogwarts con passo sicuro.

Avvicinandosi al portone ripeté mentalmente il discorso che aveva deciso di fare a Silente, ammesso che lui avesse deciso di riceverla. Forse avrebbe fatto meglio ad avvertire del suo arrivo. Giunta davanti al portone di legno, afferrò una maniglia e fece ruotare la porta sui cardini. All’esterno c’era un venticello freddo, ma nell’ingresso Sara fu avvolta da un piacevole tepore. Quel posto era sempre così identico a se stesso che, nel guardarsi intorno, le si serrò lo stomaco e rimpianse di non avere con se gli occhiali da sole per nascondere lo sguardo.

-          Lei chi è? – domandò una voce gracchiante che Sara ricordava bene.

-          Buon giorno Mastro Gazza – salutò la donna cercando di sorridere – Sono Sara White, vorrei parlare con il Preside se fosse possibile.

L’uomo la squadrò con sospetto poi chiese:

-          Di che cosa deve parlare al professor Silente?

-          E’ una questione riservata, se non le dispiace.

-          Aspetti qui.

Gazza si allontanò imbronciato senza dire altro e Sara rimase nuovamente sola nel Salone d’Ingresso. Passeggiando avanti e indietro notò che la porta della Sala Grande era aperta, così si avvicinò per dare un’occhiata. Era completamente vuota, così come i corridoi. I ragazzi dovevano essere tutti a lezione.

A Sara venne in mente la prima volta che era entrata in quella sala.

Era il primo giorno del suo primo anno e non era mai stata così felice. Gli altri ragazzi erano eccitati e spaventati dalla prova ignota che avrebbero dovuto superare. Lei non sapeva niente di tutto ciò, non conosceva la storia e la fama delle quattro case, non sapeva cosa aspettarsi da quella scuola ma non le interessava. Sarebbe stato sicuramente meglio di quello che aveva lasciato alle sue spalle.

Vista dall’esterno la sua vita sarebbe potuta apparire perfetta, ma per lei era diventata insopportabile. Sara era di origini babbane: suo padre era un brillante chirurgo londinese, proveniente da una famiglia molto ricca e altolocata; sua madre, di origini più modeste, l’aveva sposato più per interesse che per amore. Dopo il matrimonio lui aveva continuato il suo lavoro di medico mentre lei aveva preso le redini del patrimonio di famiglia diventando una delle più brillanti manager di tutta Londra. Erano sfacciatamente ricchi e già di per sé questa cosa infastidiva terribilmente Sara. Anche se aveva solo undici anni sapeva che lo sfoggio di ricchezza che ostentava sua madre era arrogante oltre che maleducato.

Sara aveva una sorella maggiore, Grace, e un fratello minore, Derek. Grace era la copia di sua madre: bellissima, alta, bionda, occhi azzurri. Era solo un po’ più stupida. Derek era il figlio maschio, “l’erede al trono”, quindi il cocco di mamma. Lui aveva ragione sempre, incondizionatamente, e dall’alto dei suoi sei anni dettava legge.

Sara era il tentativo mal riuscito dell’erede maschio dopo la prima figlia femmina. Era un esperimento andato male. Assomigliava di più a suo padre: capelli scuri, occhi scuri, era sicuramente più intelligente della sorella. Ed era una strega.

Questa scoperta era stata il colpo fatale nel rapporto già precario tra lei e sua madre Elinor. Elinor aveva sempre avuto una predilezione per Grace e Derek e aveva sempre considerato Sara “non all’altezza”. All’altezza di cosa non era mai stato chiarito. Scoprire che era una strega era stato quasi impossibile da accettare.

Gerald, il padre di Sara, da quando aveva capito che tipo di donna aveva sposato, si era buttato anima e corpo nel lavoro rimanendo ai margini della famiglia. Era con lui che Sara andava più d’accordo, ma non c’era quasi mai e Sara si era sempre sentita terribilmente sola. Quando aveva saputo di essere una strega aveva pensato che forse, da qualche parte, avrebbe trovato un posto in cui si sarebbe sentita accettata per quello che era e non per quello che gli altri avrebbero voluto che lei fosse.

All’inizio Elinor si era opposta, non voleva che sua figlia diventasse una specie di fattucchiera e non sopportava che Sara, proprio Sara, fosse la più dotata tra la sua prole. In quel caso però l’intervento di Gerald era stato determinante, per la prima volta da che Sara aveva memoria si era opposto alla moglie e così lei era approdata a Hogwarts.

Il Cappello Parlante l’aveva smistata a Grifondoro. Sembrava il tavolo più vivace e questo piacque subito a Sara. Quando si avviò verso il tavolo per sedersi, quasi tutti i posti erano occupati. Era rimasto solo un posto libero accanto ad una ragazza con i capelli rossi e splendidi occhi verdi e Sara si sedette lì.

-          Ciao! Benvenuta a Grifondoro! Io sono Lily Evans – si era presentata la ragazza tendendole la mano.

Sara si era presentata a sua volta e avevano iniziato a parlare. Lily le aveva raccontato delle quattro case e delle loro storie e la ragazzina si era sentita onorata di essere stata scelta per Grifondoro, avevano parlato delle lezioni, dei professori, degli altri compagni. Ad un certo punto Lily le aveva detto:

-          Vedi quei quattro ragazzi seduti al capo del tavolo?

-          Sì – aveva risposto Sara guardando in quella direzione.

-          Ecco, sono i più arroganti e spocchiosi di Grifondoro, in particolare James Potter e Sirius Black.

Non era stata la prima volta che Sara aveva sentito il nome di Sirius. Ne aveva già sentito parlare sul treno da due ragazze più grandi che avevano diviso lo scompartimento con lei. Si era fatta un’idea piuttosto precisa di come dovesse essere quel tipo, ma ancora non aveva idea di quanto avrebbe influenzato la sua vita.

-          Prego da questa parte.

La voce di Gazza riscosse la donna dai suoi ricordi. Seguì il custode fino all’ufficio del Preside, in un lungo corridoio apparentemente simile a tanti altri, dove c’era una scultura di pietra piuttosto brutta. Quando vi si pararono davanti, la scultura si spostò rivelando una scala a chiocciola che saliva verso l’alto.

-          In cima alla scala – disse solo Gazza prima di girarsi e andarsene.

Sara salì sulla scala, che prese a salire da sola come una scala mobile, e si fermò davanti alla porta. Bussò due volte e, invitata da una voce all’interno, entrò.

-          Buon giorno Professor Silente – esordì la donna leggermente in imbarazzo – Mi perdoni se sono piombata qui senza preavviso.

-          Buon giorno! Non si preoccupi signorina White, è sempre un piacere vederla – disse il Preside con calore alzandosi dalla scrivania per stringere la mano a Sara.

Tranquillizzata dall’accoglienza positiva, Sara si accomodò su una delle due sedie davanti alla scrivania del Preside e cominciò a parlare.

-          Forse immagina il motivo della mia visita…

-          Forse, ma in ogni caso perché non me lo dice lei?

-          So che lei è molto ben informato riguardo all’attività del Ministero, non voglio sapere né come né perché abbia determinate informazioni, non mi interessa e mi fido del suo operato, per questo ritengo che lei sappia già che mi è stato affidato il compito di dare una svolta alle ricerche di Sirius Black e dei dieci Mangiamorte evasi – proseguì Sara tutto d’un fiato.

-          Mi erano giunte delle voci – disse Silente vago.

-          Credo che possa immaginare che cosa significhi per me occuparmi di questa cosa, sa bene quello che ho passato.

-          Lo so, me ne ricordo bene – confermò il Preside.

-          Ho bisogno di scavare a fondo, il più a fondo possibile in questa storia perché così una volta che avrò finito forse riuscirò a non pensarci più. Sirius ha fatto una cosa orribile, più che orribile, talmente orribile che non ho abbastanza parole per definirla. E il tutto è peggiorato dal fatto che tra le persone che ha ucciso ci fosse anche uno dei suoi migliori amici. Ci ho pensato moltissimo, ho cercato di capire come la persona che ho conosciuto abbia potuto fare una cosa del genere ma non riesco a trovare una spiegazione logica. Non riesco a trovare neanche una spiegazione illogica a dire il vero. Così volevo sapere se c’è qualcosa che io non so e che lei potrebbe dirmi a questo proposito.

In realtà non era questo il discorso che Sara si era preparata da fare ad Albus Silente, ma le parole erano venute fuori spontaneamente.

Vide il Preside tentennare. Non era un buon segno.

-          Ci sono molte cose che potrei dirle – iniziò Silente – ma non tutte sarebbero utili alla sua causa. E’ vero, ha bisogno di scavare a fondo in questa storia, ma deve farlo con le sue forze se davvero vuole che il dolore svanisca. Quindi io non le posso dare tutte le risposte che vorrebbe, le risposte che potrei darle.

Allora Silente aveva delle risposte. E non gliele voleva dire. Aveva voglia di prendere a testate la scrivania, ma si trattenne per educazione.

-          E quali delle informazioni in suo possesso ritiene di potermi dare? – domandò Sara con una punta di irritazione.

-          C’è una cosa che non sai – Silente era passato dal lei al tu, bruttissimo segno – Ricordi, nell’ultimo periodo prima della loro uccisione, Lily e James erano particolarmente braccati? Gli davano la caccia giorno e notte, in tutto il paese. Avevo suggerito loro una forma di protezione molto drastica, l’Incanto Fidelius. Sai come funziona?

-          Sì… - rispose la donna mentre i suoi battiti acceleravano. Che cosa c’entrava la morte di Lily e James adesso?

-          Bè, ecco… Sirius era stato scelto per essere il Custode Segreto dei Potter. Quando furono uccisi Peter andò a cercare Sirius e lui l’uccise facendo saltare in aria la strada con tutti quei babbani. O almeno questo è quello che sembra.

Oh.

Wow.

Oh Dio.

E questo che voleva dire?

Che Sirius aveva consegnato il suo migliore amico e sua moglie a Voldemort?

Oh mio Dio.

Era molto peggio di quanto avesse pensato. Molto, molto, molto peggio.

-          Sara? – chiese dolcemente Silente dopo alcuni istanti di silenzio da parte della donna.

-          Sì? – chiese Sara con un sorriso spiritato e inquietante.

-          Stai bene?

-          Sto meravigliosamente. Mi ha appena detto che l’uomo di cui ero innamorata quindici anni fa ha tradito la mia migliore amica e suo marito consegnandoli a Voldemort. Non potrei stare meglio – con la voce più acuta del normale e gli occhi lucidi. Mai come in questo momento aveva rimpianto gli occhiali da sole.

-          Io non ho detto questo – replicò il Preside criptico.

Sara chiuse gli occhi e scosse la testa, poi li riaprì come per accertarsi di essere sveglia. Era la conversazione più surreale che avesse sostenuto nella sua vita recente.

-          Come sarebbe a dire “non ho detto questo”? Cosa significa? – chiese Sara stringendo gli occhi e sporgendosi verso Silente.

-          Mi dispiace ma non posso dirle di più.

Sara rimase a bocca aperta. Forse Silente era veramente impazzito. Forse aveva ragione Caramell quando diceva che la vecchiaia lo aveva colpito al cervello e non distingueva più la realtà dalla fantasia.

Sara si alzò dalla sedia, ostentando una atteggiamento calmo che non le apparteneva, si alzò, ringraziò il Preside per la sua disponibilità e gli strinse la mano. Uscendo lui le fece i suoi migliori auguri e Sara dovette reprimere nuovamente l’istinto di sbattere la testa al muro.

Scese la scala a chiocciola e uscì nel corridoio. Man mano che procedeva verso l’uscita camminava sempre più velocemente tanto che a un certo punto quasi si trovò a correre.

Sirius era il Custode Segreto dei Potter. E non gliel’aveva mai detto. Nessuno gliel’aveva mai detto. Né Remus, né Silente. Nessuno. E cosa diavolo significava quello che aveva detto Silente? Era un incubo, un incubo terribile e lei non vedeva l’ora di svegliarsi. Ma non poteva.

I corridoi della scuola non erano più deserti, erano pieni di ragazzi che andavano a pranzo nella Sala Grande. Sara cercò di calmarsi e di camminare più lentamente. Quando uscì all’aperto respirò profondamente, si appoggiò al muro del castello e si accese una sigaretta. Alzò gli occhi verso il cielo. Era una giornata limpida e fredda come solo fuori città si riuscivano a vedere, il cielo era talmente azzurro che sembrava disegnato.

Sara si guardò intorno. In fondo al parco si scorgeva il campo di Quidditch, la donna ricordò con affetto tutte le partite a cui aveva assistito, facendo un tifo sfegatato, preparando striscioni e intonando canti di incitamento. A dispetto dell’ora non era vuoto. Piccole figure vestite di oro e di rosso sfrecciavano sopra le tribune. A quanto pareva la squadra di Grifondoro aveva già cominciato gli allenamenti. Forse non era una buona idea, ma la tentazione di andare a dare un’occhiata era molto forte.

Sapeva che Harry Potter faceva parte della squadra, le notizie sulle sue prodezze, sportive e non, erano andate ben oltre il parco di Hogwarts. Sara si avvicinò al campo. Sembrava che fosse in corso una riunione tattica a bordo campo. Sul lato degli spogliatoi, i componenti della squadra erano disposti in cerchio e discutevano animatamente. Tra di essi c’era un ragazzo con i capelli neri, gli occhiali rotondi e gli occhi verdi. Era cresciuto molto dall’ultima volta in cui l’aveva visto, ma sostanzialmente non era poi così diverso da come lo ricordava Sara.

Harry si voltò verso l’ingresso del campo, come se si sentisse osservato, e per un attimo i loro sguardi si incrociarono. Poi Sara distolse il suo voltando le spalle al campo e avviandosi verso l’uscita del parco.      
  

 
Per i lettori: se vi è piaciuto il primo capitolo, sarete curiosi di sapere come continua la storia. Se non avete letto il primo capitolo, potete trovarlo nel post precedente, proprio in questa pagina. In ogni caso aspetto i vostri commenti!!! Al termine di ogni post, trovate l'opzione "aggiungi commento" o "add comment"... beh. UTILIZZATELA senza remore! Buona lettura!

Il Dipartimento degli Auror brulicava di attività ad ogni ora del giorno: gli Auror professionisti andavano e venivano continuamente, gli Auror Guida istruivano le nuove reclute dell’Accademia muovendole in piccoli branchi, messaggi svolazzavano senza sosta da una scrivania all’altra.

Sara teneva spesso la porta del suo ufficio aperta, in parte perché detestava il continuo bussare dei colleghi, in parte perché le piaceva osservare quel brulichio incessante. Le ricordava i formicai che c’erano nel giardino della villa dei suoi genitori e che si divertiva ad osservare, quando era bambina, nei lunghi pomeriggi estivi. Ogni volta che aveva bisogno di riflettere si sedeva alla scrivania e lasciava che il movimento del Dipartimento la avvolgesse completamente.

Aveva appena dato al capo la conferma che avrebbe accettato il caso Black. Ora doveva decidere come agire, ma non c’era pista che non avesse vagliato per trovare Black subito dopo la sua evasione, che altro poteva fare?

Mentre rifletteva, vide Kingsley Shakelbolt dirigersi verso l’ufficio del capo. Probabilmente era stato convocato per essere sollevato dall’incarico, infatti poco dopo Sara lo vide tornare verso la sua scrivania, scuotendo la testa con aria estremamente preoccupata.

Sara non era abituata a starsene con le mani in mano, dopotutto qualcosa poteva fare. Si alzò dalla scrivania e andò al cubicolo di Frank Parker.

-          Allora sei tornata… - disse il ragazzo.

-          Sono tornata. Olga e Roger? – chiese la donna.

-          Stanno lavorando all’omicidio Jason.

I Jason erano una famiglia, padre, madre e tre figli, trovati morti nella loro casa. Niente segni di effrazione, poche tracce e un terribile bagno di sangue. Erano stati torturati prima di essere uccisi. Il signor Jason era un dipendente del Ministero, chissà quali informazioni avevano cercato di estorcergli. E soprattutto, chissà se ci erano riusciti?

Probabilmente sì, altrimenti non l’avrebbero ucciso.

-          Bene – disse Sara – Devo andare a parlare con loro, tu aspettami nel mio ufficio. Arrivo tra poco.

-          E’ successo qualcosa? – chiese Parker preoccupato.

-          Non esattamente. Tra poco ti spiego.

Sara si diresse verso il lato opposto del Dipartimento. In una stanza rettangolare con un grande tavolo al centro, Roger Klyne e Olga Vukavich erano intenti a etichettare e catalogare una serie di reperti.

-          Ciao Sara! – salutò Olga.

-          Capo – disse invece Roger con un cenno della testa.

-          Io e Parker dovremo occuparci di un altro caso per un po’, voi continuate come al solito – disse Sara.

-          A cosa lavorate? – chiese Olga.

-          Per il momento è meglio che non lo sappiate. Magari ve lo dirò più avanti – rispose Sara sorridendo con aria di mistero.

-           Hei? Com’è che Frank si becca i casi più intriganti e noi la routine? – interloquì Roger.

-          Sono lamentele quelle che sento? Se farete un buon lavoro su questo caso… di routine, come lo chiami tu, potrei mettere una buona parola per voi per quella promozione di cui parlava il capo – suggerì Sara con aria cospiratoria.

La donna si avviò verso l’uscita e prima di andare disse:

-          Mi raccomando fate i bravi e non fatemi fare brutte figure.

-          Agli ordini capo! – risposero all’unisono Roger e Olga.

Sara si allontanò e tornò verso il suo ufficio, con un mezzo sorriso, ben sapendo che i suoi collaboratori erano Auror molto capaci e perfettamente in grado di cavarsela.

Quando entrò, chiudendosi la porta alle spalle, trovò Frank Parker che la aspettava seduto su una delle due sedie, davanti alla scrivania.

Frank aveva cominciato a lavorare con lei quando era ancora una recluta e Sara era un’Auror Guida. Quando l’avevano promossa e le avevano affidato una squadra, il primo membro che aveva scelto era stato Parker. Olga e Roger erano invece il frutto di un’accurata selezione tra tutte le richieste che aveva ricevuto in seguito.

-          Andiamo subito al punto – esordì Sara sedendosi davanti a Frank – Il capo mi ha proposto di occuparmi di un caso. Potrebbe essere un colossale buco nell’acqua, che ci costringerebbe a dimetterci per non coprire il Dipartimento di vergogna, oppure potrebbe essere il caso dell’anno.

-          E il caso sarebbe? – domandò il ragazzo proteso in avanti verso la scrivania per la curiosità.

-          Il caso Black.

-          Ah – Frank ci pensò un attimo – Il caso Black in che senso?

-          Nel senso che il caso Black non è più affidato a Shakelbolt ed è affidato a me. Devo trovare Black e i dieci Mangiamorte evasi oppure dimostrare che le due evasioni non c’entrano l’una con l’altra e trovare in ogni caso undici criminali che al momento potrebbero essere ovunque nel mondo. Una bella sfida,vero? Non posso occuparmene da sola, ma se non te la senti posso sempre rivolgermi a qualcun altro.

Frank soppesò la proposta per un attimo, grattandosi il mento e fingendosi pensieroso poi dopo qualche secondo accettò:

-          Perché no – disse - Solo… da dove suggerisci di cominciare?

Sara sospirò, appoggiando i gomiti alla scrivania.

-          In archivio ci sono faldoni su faldoni relativi alla famiglia Black e a Sirius Black in particolare. Suggerirei di cominciare da lì. Solo un avvertimento… massima riservatezza! Non ho nessuna voglia di avere giornalisti, sciacalli e Percy Weasley alle calcagna.

-          Ricevuto! Quando cominciamo?

-          Che domande… Immediatamente!

*^*^*^*^*

Sirius aveva lo stomaco chiuso, gli occhi sbarrati e la bocca asciutta come se avesse mangiato sabbia. Lily e James? Non era possibile, forse aveva esagerato con il Whiskey Ogden Stravecchio  di Mundugus la sera prima. Eppure anche gli altri li vedevano. I ragazzi erano sconvolti. Harry sembrava sul punto di svenire. Molly fissava il pavimento polveroso. L’unico ad aver mantenuto un minimo di presenza di spirito sembrava essere Remus.

Lupin si avvicinò ai due legati e con un lieve tocco di bacchetta fece svanire le corde. Quindi porse il braccio prima a Lily poi a James aiutandoli a rimettersi in piedi.

-          Insomma! Ma che diavolo vi prende?! Che succede? Dove siamo?! Cos’è questo posto? Chi sono queste persone? – domandò d’un fiato James.

La sua fame di informazioni era più che giustificabile. Ma cosa si risponde a un amico morto quindici anni prima che compare nella tua soffitta mentre tu reggi un piumino da polvere?

Silenzio.

-          Ragazzi, è uno scherzo? – domandò più dolcemente Lily – Se è uno scherzo non è poi molto divertente. Ho lasciato Harry da solo sul pavimento del salotto!

Al sentir nominare Harry, Sirius fu colpito dal pensiero che probabilmente il ragazzo non aveva mai sentito le voci dei suoi genitori. Sorprendentemente il primo ad agire fu proprio Harry. Si alzò lentamente dal pavimento, muovendo con cura le gambe malferme. Si avvicinò a sua madre e la guardò intensamente, con la testa leggermente piegata da un lato, mentre lei era ancora rivolta verso Remus. Le sfiorò un braccio con la mano, come se volesse accertarsi della sua consistenza fisica.

A quel contatto Lily si voltò e sobbalzò per la sorpresa:

-          Buon Dio! Sei identico a…

-          Sono Harry – disse il ragazzo in un sussurro appena udibile.

-          Harry? Harry chi? – chiese James voltandosi a sua volta verso il ragazzo.

-          Harry Potter.

James sbiancò e Lily dovette afferrarsi al braccio del marito per non cadere. Un rumore proveniente dal piano di sotto riportò tutti alla realtà, sembrava che Grattastinchi stesse litigando ancora con il Libro Mostro dei Mostri.

Sirius riuscì a riscuotersi dallo stato ti trance in cui era piombato e fece un passo in avanti entrando nel cono di luce di una finestra.

-          James… - esordì non sapendo bene come continuare.

-          Caspita! Sembri invecchiato di quindici anni! – esclamò James voltandosi verso l’amico.

-          In effetti… più o meno...

Quello che seguì fu una lunga conversazione, tanto lunga che ad un certo punto tutti si trovarono seduti in cerchio sul pavimento. Prima dovettero accertarsi che fossero veramente Lily e James e non qualche trucco architettato dai Mangiamorte; tuttavia i due risposero senza esitare a tutte le domande poste da Sirius e Remus.

Harry si teneva a una certa distanza dai suoi genitori ma li guardava come se non avesse mai visto nient’altro nella sua vita. Apparivano come due giovani di circa ventidue anni, l’età che avevano quando Voldemort li aveva attaccati, l’età che avevano quando Harry aveva poco più di un anno.

Sirius e Remus si alternarono nelle spiegazioni, per quanto tutta la situazione fosse surreale e per molti aspetti inspiegabile. Raccontarono che si trovavano quindici anni avanti rispetto a loro, che quello era diventato il quartier generale dell’Ordine della Fenice, che il ragazzo così simile a James era loro figlio.

La prima decisione che presero fu quella di contattare Albus Silente. Sembrava la cosa più saggia da fare. Il Preside arrivò in un lampo e a lui toccò l’ingrato compito di raccontare a James e a Lily la parte più dolorosa della loro storia. Sirius e Remus non se l’erano sentita di raccontare loro la verità su Voldemort, su Peter Minus e su Harry. Non sapevano in effetti se fosse o meno una buona idea.

Mentre Silente colloquiava con i Potter, gli altri si erano riuniti in cucina e discutevano dell’accaduto senza per altro venirne a capo. Solo Harry rimaneva silenzioso, seduto ad un angolo del lungo tavolo di legno.

-          Come stai? – chiese Sirius porgendogli una burrobirra.

-          Bene – rispose il ragazzo con tono piatto prendendo la bottiglia.

-          Sicuro?

-          Sì.

Non era mai stato molto bravo a confortare il prossimo. Non era nemmeno sicuro che fosse necessario confortare Harry, ma di certo doveva essere scioccato. Sirius lo guardò per qualche secondo: il ragazzo non aveva toccato la burrobirra, fissava il muro di fronte a sé con aria inespressiva. Sirius stava cercando qualcosa da dirgli quando Silente rientrò nella stanza. Tutti si voltarono verso di lui. Il Preside guardò Harry e gli disse:

-          Harry, i tuoi genitori ti aspettano.

Harry si alzò come un automa, sempre con quello strano sguardo negli occhi, e uscì dalla stanza. Silente invece si sedette a capo del tavolo e attese che tutti si sistemassero prima di parlare. A Sirius sembrava quasi di essere tornato a Hogwarts ad assistere ai discorsi del Preside in Sala Grande.

-          Per prima cosa, la riunione dell’Ordine di stasera non sarà rinviata. Gli altri membri devono essere messi al corrente dell’accaduto, per quanto sia difficile determinarne la causa. In secondo luogo, come potrete immaginare, la questione è estremamente riservata. Non so dare una spiegazione di quanto successo, non ho memoria di avvenimenti simili e di solito la mia memoria è ottima. La spiegazione più plausibile è un accavallamento spazio temporale. Immaginate il tempo e lo spazio come una grande coperta: è come se un lembo si fosse ripiegato su se stesso formando una piega. Lily e James sono stati spostati dal loro spazio, Godric’s Hollow, e dal loro tempo. Non è escluso che qualcosa o qualcuno dal nostro tempo si sia spostato a quello di Lily e James.

-          Cosa pensa di fare in proposito? – domandò Molly.

-          Gli incantesimi di modificazione spazio temporale sono molto complessi e le informazioni sul loro funzionamento sono difficili da reperire. Non pretendo di essere un esperto in materia, dovrò studiare un sistema opportuno per rimandare Lily e James nel loro tempo.

-          Ma… come? Non… non potrebbero restare? – chiese timidamente Ron.

-          Sarebbe bello, ma non è possibile – rispose Silente con dolcezza – Non è mai una buona cosa cambiare il passato, non sappiamo che ripercussioni potrebbe avere sul presente o sul futuro. E in ogni caso che vita potrebbero avere Lily e James? Non potrebbero certo ricomparire così, dovrebbero vivere nascosti, altrimenti tutti coloro che hanno perso delle persone care vorrebbero cambiare il passato.

Sirius si sentì sopraffatto dal peso di quelle parole. Non poteva tollerare di avere di nuovo il suo migliore amico e poi di doverlo perdere un’altra volta. Non si era ancora abituato all’idea di averlo lì e già doveva pensare a quando non ci sarebbe più stato. Sirius non osava immaginare che cosa provasse Harry in quel momento e che dolore terribile sarebbe stato quando Lily e James se ne sarebbero andati.      

Albus Silente si fermò per la riunione dell’Ordine della Fenice. Quando cominciarono l’Ordine era al completo, tranne che per Kingsley. Aveva avvertito che sarebbe arrivato con qualche minuto di ritardo. L’argomento principale naturalmente furono James e Lily Potter. Erano tutti sconvolti e eccitati da questa novità ma Silente non volle che li incontrassero subito, non voleva che fossero assaliti da troppe domande.

Kingsley Shakelbolt era arrivato quando la riunione era cominciata da poco. Prima di concludere la seduta Silente chiese se ci fossero comunicazioni e Kingsley prese la parola:

-          Oggi mi hanno sollevato dalle ricerche di Sirius – disse con gravità centrando subito il punto della situazione.

La dichiarazione sollevò un coro di proteste scandalizzate.

-          Ma perché? – domandò Tonks – Hanno scoperto qualcosa di nuovo? Non avranno davvero capito dov’è Sirius. Vero? – aggiunse preoccupata.

-          Non lo so – replicò Kingsley – Non mi hanno dato molte spiegazioni. Mi hanno detto solamente che il mio lavoro non è stato abbastanza soddisfacente e che il caso è stato affidato a Sara White.

Sirius, che fino a quel momento aveva seguito la conversazione come se la cosa non lo riguardasse affatto, all’udire quel nome si ridestò. Sara White? White? Sara? Aveva capito bene? Chiese a Kingsley di ripetere il nome. Sì, aveva capito bene.

Sirius tremava impercettibilmente. Sara era un’Auror e lui non lo sapeva. Si voltò verso Lupin per vedere se anche lui fosse altrettanto sconvolto alla notizia, ma quello che incrociò non era uno sguardo di stupore bensì uno sguardo colpevole. Allora lui sapeva! E non gli aveva mai detto nulla!

-          Io ho lavorato con la White – intervenne nuovamente Tonks – E’ una dei migliori Auror che ci siano al Dipartimento.

-          In effetti la scelta è piuttosto logica – continuò Kingsley.

-          Perché? – domandò Sirius avido di informazioni. Possibile che a Remus non fosse venuto in mente di dirglielo? Possibile che nessuno l’avesse nominata prima?

-          Beh era stata lei ad essere incaricata di indagare sulla tua evasione, lei e la sua squadra. Hanno setacciato Azkaban e dintorni per giorni interi per cercare qualche traccia.

-          E poi che è successo? – chiese Lupin.

-          Poi è successo che le tracce erano poche, le idee ancora meno. Oltre a setacciare il paese con i Dissennatori c’era ben poco da fare e il caso è stato affidato a me.

-          Girava voce che sia stata proprio la White a chiedere di essere sollevata dall’incarico – disse Ninfadora – E questo è molto strano.

-          Non ne sono del tutto certo ma da come mi ha parlato il capo del Dipartimento credo che la richiesta di sospendermi dall’incarico sia partita dal Ministro – spiegò ancora Kingsley.

-          Non ci ha fatto un bell’affare allora – intervenne Arthur Weasley – Sara White è una piantagrane e fa quello che le pare senza curarsi della politica.

L’atmosfera era quanto di più strano Sirius avesse sperimentato in quella casa. Si sentiva come catapultato nel passato. Prima James e Lily e ora Sara. E non era del tutto certo che la cosa gli piacesse. Guardò nuovamente Remus e gli fece un cenno per indicargli di seguirlo in un’altra stanza.

Sirius salì le scale fino ad arrivare alla vecchia stanza di sua madre. Fierobecco era languidamente accoccolato sul letto, Sirius fece un profondo inchino, prese dall’armadio un enorme sacco di topi morti e chiuse la porta alle spalle di Remus, che fece un inchino a sua volta. Lupin si sedette su una sedia in un angolo, Sirius invece prese a misurare la stanza a grandi passi, gettando di tanto in tanto un topo a Fierobecco.

-          Tu lo sapevi? – chiese Sirius a bruciapelo – Sapevi che Sara era un’Auror e che aveva indagato sulla mia evasione?

Remus sospirò e rispose fissando le assi del pavimento:

-          Sapevo che era diventata un’Auror, sapevo da qualche notizia sporadica dei giornali che aveva fatto una buona carriera. Ma non avevo idea che si fosse occupata della tua evasione.

-          Perché non me l’hai mai detto? – domandò Sirius con rabbia – Non pensavi che avessi il diritto di saperlo!

-          Sirius… - cominciò Lupin alzandosi dalla sedia e facendo un passo verso l’amico - Tu non hai mai parlato di lei, non l’hai mai nominata, non hai fatto domande, pensavo che preferissi non parlarne.

Sirius sapeva che Remus aveva ragione, non gli aveva mai chiesto nulla. Era vero che preferiva non parlarne anche se aveva pensato a Sara ogni giorno negli ultimi quindici anni. Sentir pronunciare il suo nome aveva riaperto ferite che pensava di essere riuscito a chiudere. Credeva di aver archiviato Sara come ricordo, un ricordo meraviglioso distrutto in pochi istanti, ma pur sempre un ricordo. E invece non era così, gli sembrava di essere tornato ai primi tempi di prigionia ad Azkaban. Il pensiero della sua innocenza e il fortissimo desiderio di spiegare la verità a Sara lo avevano tenuto sano di mente. Sapeva di aver commesso un grosso errore con lei. E ora Sara si occupava del suo caso.

-          L’hai mai cercata? – chiese Remus con voce pacata.

-          Non ho mai avuto il coraggio, ero un evaso! Lo sono ancora… Non sapevo come avvicinarla e poi come avrebbe potuto credermi…

-          Non dimenticarti che è Sara, non una persona qualunque.

-          Non l’ho affatto dimenticato.

 
Premessa: vi pregherei di tenere presente, leggendo questa fan fiction, che ho iniziato a scriverla moooolto tempo fa e che, inizialmente, non doveva neppure essere destinata al pubblico. Siate clementi :-D Buona lettura!

Sara White era preoccupata. Sedeva nell’ufficio del suo capo, su una poltroncina sistemata davanti alla scrivania. Teneva le gambe accavallate e una copia della Gazzetta del Profeta spiegata davanti a se. I suoi occhi castani scorrevano rapidi sulle parole di un articolo in prima pagina. Man mano che procedeva nella lettura, la ruga di perplessità che si era formata sulla sua fronte diventava sempre più profonda. Quando ebbe terminato la lettura dell’articolo, chiuse il giornale con uno scatto e mormorò tra sé:

-          Idioti!

Sara guardò l’orologio che portava al polso. Il capo era in ritardo, evidentemente l’incontro con il Ministro stava andando per le lunghe. Il capo non era mai in ritardo.

La convocazione che aveva ricevuto quella mattina era stata inaspettata, aveva un che di ufficiale che non le piaceva. Quel giorno Sara era arrivata al Ministero più tardi del solito, la sera prima era rientrata dal lavoro a notte fonda e non si era presentata in ufficio fino alle otto e trenta. All’ingresso del Dipartimento degli Auror aveva trovato Shira alla sua scrivania, intenta a laccarsi le unghie di verde acido. Shira era, come definirla? La segretaria del Dipartimento? La centralinista? Qualcosa del genere. Appena aveva visto Sara comparire sulla soglia, l’aveva fermata:

-          Ciaooo Sara! – aveva esclamato con la sua vocetta, talmente acuta da rompere un vetro – C’è un messaggio del capo. Dice che potrebbe essere un po’ in ritardo – poi aggiunse in un sussurro cospiratorio – è andato dal Ministro!

Ancora vagamente assonnata, Sara aveva risposto con un semplice cenno del capo e aveva preso il foglietto che Shira le porgeva. Incamminandosi verso il suo ufficio, l’aveva aperto. C’erano scritte solo poche parole: La attendo alle 9.00 nel mio ufficio. Importante.

E così, alle nove e un quarto Sara era nell’ufficio del suo capo a domandarsi cosa ci fosse di così importante. O meglio a domandarsi quale delle mille cose che stavano succedendo in quel periodo fosse la più importante.

Era davvero un momento nero, come Sara non ne aveva mai visto in dieci anni di servizio da Auror. Innanzi tutto stavano accadendo un sacco di strani avvenimenti: scomparse inspiegabili, fughe di notizie, strani movimenti. Per di più Albus Silente e Harry Potter andavano in giro a dire che Voldemort era tornato. Come se tutto ciò non bastasse erano da poco evasi dieci tra i più pericolosi Mangiamorte ospitati ad Azkaban. E nessuno aveva la più pallida idea di dove fossero finiti.

Sara aveva sempre avuto grande fiducia in Albus Silente, ma credere che Voldemort fosse tornato era più di quanto i suoi nervi potessero sopportare. Da qualche tempo a quella parte però si stava convincendo che questo terribile ritorno fosse la spiegazione più plausibile a quanto stava succedendo nel mondo magico. Era terribile da credere, ma se era la verità sarebbe stato opportuno prepararsi al peggio, piuttosto che chiudere gli occhi e voltarsi dall’altra parte.

Il Ministro Caramell cercava di negare l’evidenza o forse si era davvero convinto che Silente fosse impazzito a causa degli anni. In ogni caso le spiegazioni stiracchiate che dava alla stampa erano sempre meno credibili, non stavano in piedi, per nessuno se non per lui stesso e per Percivald Weasley, il suo leccapiedi di fiducia.

L’articolo che aveva appena terminato ne era un esempio lampante…

Il capo entrò nell’ufficio interrompendo il flusso di pensieri della donna. Sara si alzò per salutare:

-          Buon giorno – disse con sorridendo, ma il sorriso morì sulle sue labbra non appena vide il volto corrucciato del capo – Cosa succede? – domandò facendosi seria.

Il capo aggirò la scrivania e si sedette sulla sua poltrona, di fronte a Sara. Prima di parlare la guardò con gravità per un momento, poi iniziò:

-          Ho appena ricevuto una lavata di capo con i fiocchi dal Ministro. Ne immagina il motivo? Se non lo immagina glielo dico io! – esclamò cominciando a far fluire la rabbia e la frustrazione che aveva dovuto tener nascoste davanti a Caramell – Il motivo sono quei maledetti Mangiamorte evasi. Caramell dice che non stiamo facendo abbastanza, che stiamo qui a grattarci il mento mentre quelli fuggono indisturbati, che non possiamo far fare una tale figuraccia al Ministero…

-          Conosco le argomentazioni di Caramell, capo – interruppe Sara, temendo che la cosa potesse proseguire per ore – Ma ho indagato io stessa su questa cosa, non hanno lasciato alcuna traccia se non i segni dell’evasione. Usciti dai confini protetti di Azkaban si sono smaterializzati senza lasciare alcuna indicazione su una possibile destinazione.

-          Ho provato a spiegare al Ministro che abbiamo fatto il possibile ma non abbiamo elementi su cui lavorare. Mi ha dato retta? Crede che mi abbia dato retta? Signorina White crede, in tutta sincerità, che mi sia stato a sentire?

Sara ricordava a stento l’ultima volta in cui il capo era stato così arrabbiato ed era stato quando un collega aveva quasi fatto saltare per aria il Dipartimento con dei fuochi d’artificio sperimentali trafugati dal Dipartimento per i Giochi e gli Sport Magici.    

-         Hem... no, ho paura di no. Ma, in sostanza, Caramell cosa vuole che facciamo?- domandò Sara calibrando le parole per cercare di contenere l'ira del capo.

Il capo inspirò profondamente e quando riprese a parlare il suo tono era calmo come sempre anche se gli occhi mandavano ancora scintille.

-         Caramell dice che dobbiamo trovare i dieci Mangiamorte, sostiene che è necessario “far vedere che si sta facendo qualcosa”...

-         Già, sempre la solita vecchia storia. E come suggerisce di fare, il signor Ministro?

Ora era Sara ad arrabbiarsi: era stata lei la prima ad essere mandata ad Azkaban dopo l'evasione, era stata lei a fare i primi rilievi con la sua squadra ed era stata lei a condurre le indagini. Sentiva la propria competenza messa in discussione ed era una cosa che trovava intollerabile, soprattutto dopo tutta la fatica che aveva fatto per arrivare a diventare Auror Capo.

-         Il Ministro sostiene la tesi secondo cui l'evasione dei dieci Mangiamorte sarebbe collegata all'evasione di Sirius Black – il capo spiò l'espressione di Sara, che era improvvisamente cambiata in una maschera di pietra – Condivido il suo disappunto...

-         Disappunto? Io speravo che queste assurdità fossero solo una storiella da raccontare alla stampa! Non mi dirà che il Ministro crede veramente a questa storia? Ha letto la prima pagina della Gazzetta del Profeta? - Sarà prese il giornale che aveva chiuso poco prima e prese a declamare con disprezzo - “Così si spiega l'evasione dei Mangiamorte. Il Primo Ministro Cornelius Caramell, intervistato dai nostri inviati, ha rivelato che le prime indagini hanno portato a concludere che l'evasione dei Mangiamorte è strettamente legata a Sirius Black. “I prigionieri non potevano in alcun modo evadere senza un aiuto dall'esterno e l'unico che avrebbe potuto fornirglielo è Sirius Black” ha dichiarato il Ministro...”

Ma stiamo scherzando! E' ridicolo. Ho spiegato io stessa al Ministro, e mi ci sono volute due ore buone, che le due evasioni non possono essere collegate. Ci sono troppe differenze! Una è un’evasione singola, l’altra un’evasione di massa. Black non ha lasciato tracce, invece questi Mangiamorte hanno forzato magicamente le celle. E poi qualcuno dovrebbe spiegarmi come avrebbe fatto Sirius Black a raggiungere Azkaban senza essere visto. A nuoto? Le uniche imbarcazioni che portano alla prigione sono controllate da noi.

-         Sono tutte cose che io e lei sappiamo perfettamente, ma che il Ministro si rifiuta di credere. Caramell sostiene che trovando Black riusciremmo a trovare i Mangiamorte – ribadì il capo.

-         Stupido idiota...- sbottò Sara.

-         Signorina White si controlli, si ricordi che qui anche i muri hanno le orecchie – la ammonì il capo.

Sara cercò di riprendere il controllo, quindi riprese a parlare con più calma:

-         In tutto questo non capisco una cosa. Che cosa c'entro io? Se il punto è trovare Sirius Black abbiamo già qualcuno impegnato nelle ricerche, no? Mi pare che Kingsley Shakelbolt non abbia mai deluso le aspettative nelle missioni che gli sono state affidate.

-         Il fatto è che dopo due anni dall'evasione di Black ancora non ci sono risultati e il Ministro comincia a dubitare di Shakelbolt e di conseguenza di me. Mi ha imposto di togliere il caso a Kingsley e di affidarlo a qualcun altro.

Sara sentì un brivido percorrerle la spina dorsale. No, per favore. Per favore, per favore!

-         Ritengo che la persona più adatta a svolgere il compito sia lei – disse infine il capo.

Aveva detto esattamente quello che Sara temeva. Ma lei non poteva, non poteva proprio occuparsi di questo caso. Era già stato sufficientemente difficile occuparsi dell'evasione di Sirius Black ed era stata così felice quando le ricerche erano state affidate a qualcun'altro.

-         Ma... che cosa... che cosa pensa che possa fare io che Shakelbolt non ha già tentato? E poi sa perfettamente come la penso. Black non c'entra assolutamente niente con questa storia.

-         Faccia quello che crede: trovi Black, trovi i Mangiamorte oppure dimostri che non c'entrano nulla l'uno con gli altri. Se vuole riapra il caso sulla strage di Godric’s Hollow, ma faccia qualcosa. Ho piena fiducia nelle sue capacità.

Sara non rispose, si fissava le mani cercando qualcosa da dire. Non poteva chiederle questo, possibile che non ci fosse una scappatoia? Il capo la guardava, aspettando una risposta.

-          E’ assolutamente sicuro che non ci siano alternative? Non c’è proprio nessun’altro? Chiunque altro che possa occuparsi di questa cosa al posto mio? Che ne dice di Michael Chilton? È un Auror Capo estremamente capace.

-          Sono consapevole delle capacità di Chilton ma lui, come la maggior parte dei nostri uomini migliori, è impegnato e lei si è occupata sia dell’evasione di Black che dei Mangiamorte. Chi meglio di lei, signorina White?

Già, chi?

Sara si alzò e il capo fece altrettanto. Prima di andarsene disse:

-          Ci devo pensare. Non le prometto niente, sia chiaro.

Il capo si limitò a sorridere e lei uscì con passo meno sicuro di quanto avrebbe voluto.

*^*^*^*^*

Sirius Black era seduto nella cucina del numero 12 di Grimmauld Place. Sorseggiava una tazza di caffè mentre leggeva la Gazzetta del Profeta, appoggiato alla mensola del camino che occupava parte della parete. Il suo amico Remus Lupin, seduto a un capo del tavolo, scriveva freneticamente su una pergamena. Gli unici rumori che si sentivano erano il frusciare delle pagine del giornale e lo scricchiolio della piuma sulla pergamena.

In casa stavano ancora tutti dormendo, era molto presto. Solo Arthur Weasley era già uscito per recarsi al Ministero. Molly, la moglie di Arthur, si sarebbe alzata a momenti e allora la cucina sarebbe stata piena dello scoppiettio del fuoco, dell’acciottolio di stoviglie e del profumo di deliziosi manicaretti.

Sirius, giunto a un paragrafo particolarmente interessante, esplose in una risata senza allegria. Remus alzò lo sguardo dal suo lavoro e chiese:

-          Cosa c’è di così divertente?

-          Senti qua: Così si spiega l'evasione dei Mangiamorte. Il Primo Ministro Cornelius Caramell, intervistato dai nostri inviati, ha rivelato che le prime indagini hanno portato a concludere che l'evasione dei Mangiamorte è strettamente legata a Sirius Black. “I prigionieri non potevano in alcun modo evadere senza un aiuto dall'esterno e l'unico che avrebbe potuto fornirglielo è Sirius Black”. Non posso fare a meno di trovarlo divertente.

Remus si limitò a scuotere la testa alzando gli occhi al soffitto e riprese a scrivere. Sirius ripiegò il giornale, nauseato da quelle sciocchezze, e si sedette al tavolo.

Era l’ennesima giornata che passava lì dentro senza fare nulla. Si limitava a vagare da una stanza all’altra, collaborando di tanto in tanto alle operazioni di pulizia e riordino. Non osava ammetterlo per non apparire ingrato, ma preferiva di gran lunga vivere nella grotta ai bordi di Hogsmeade piuttosto che in quella casa piena di ricordi spiacevoli. Gli pareva di essere fuggito da una prigione solo per farsi rinchiudere in un’altra. E il ghigno che aveva Severus Piton ogni volta che lo guardava stava diventando intollerabile. Silente lo trattava come se fosse stato un bambino cattivo sorpreso a rubare le caramelle, ma lui era un uomo, un uomo che ne aveva viste e passate tante, forse troppe, nella sua vita. Aveva sofferto, lottato, aveva avuto la libertà a un soffio da lui e ora niente di tutto questo sembrava avere più importanza. Veniva lasciato con Molly e i ragazzi alle prese con grembiule e piumino. Era molto più di quanto potesse sopportare.

Sirius fu riscosso dalle sue amare riflessioni dall’arrivo di Molly.

-          Buon giorno! – salutò la donna sorridente.

Remus rispose con calore al saluto, mentre Sirius parlò appena. Anche l’atteggiamento di Molly lo indisponeva, lo trattava come uno dei suoi figli, ma lui aveva rinunciato all’idea di una madre molto tempo prima.

-          Gradite qualcosa per colazione? – domandò la donna mentre cominciava ad armeggiare con pancetta, uova e pane da toast.

-          No grazie, abbiamo già dato – disse Remus indicando le due tazze di caffè.

Molly sbuffò impercettibilmente e dopo pochi istanti pose davanti ai due uomini un piatto di toast imburrati coperti di marmellata di albicocche. Sirius sentì di dover partecipare alla conversazione in qualche modo e mentre addentava un toast chiese la prima cosa che gli venne in mente:

-          Allora la riunione è per stasera?

-          Sì, subito prima di cena, come al solito. Giusto, Molly?

-          Già, ma temo che ceneremo piuttosto tardi. Non ho idea dell’ora in cui potrebbe tornare Arthur dal lavoro. Dopo la convalescenza ha trovato un sacco di lavoro arretrato da sbrigare in ufficio.

L’aggressione che Arthur aveva subito al Ministero, nonostante lo avesse debilitato, lo aveva reso ancor più determinato nello svolgere il suo compito per l’Ordine della Fenice. Per questo aveva insistito per tornare al lavoro il più presto possibile.

Poco dopo l’arrivo di Molly, sulla soglia della cucina, comparvero i gemelli Fred e George, Ron e Harry, tutti scompigliati e con gli occhi gonfi di sonno.

-          Mamma perché dobbiamo alzarci così presto? Siamo in vacanza! – mugolò Fred mentre si trascinava sulla sedia di fronte a Remus.

-          Già è vero! – confermò Ron – E poi perché le ragazze non sono ancora qui?

-          Per rispondere a entrambi: primo dobbiamo finire di riordinare questa casa e c’è ancora un mucchio di lavoro da fare. Secondo le ragazze non sono ancora qui perché ieri sera, mentre voi giocavate a Sparaschioppo, mi hanno aiutato fino a tardi per ciò dormiranno un’ora in più.   

La risposta della signora Weasley era senza possibilità di repliche, così i ragazzi presero a mangiare la loro colazione in silenzio. Sirius notò che cercavano di prolungare il più possibile la durata del pasto, probabilmente per ritardare il momento di mettersi al lavoro. Da quando erano tornati a Grimmauld Place per le vacanze di Natale, Molly aveva rimesso anche loro all’opera per riordinare la casa.

-          Allora Molly, qual è l’arduo compito che ci proponi oggi? – domandò l’uomo.

-          La soffitta non è stata ancora toccata – rispose la donna fingendo di non cogliere il sarcasmo nella voce di Sirius – così pensavo che potremmo mettere un po’ d’ordine lì.

-          Bene! Fantastico! Un antro polveroso è l’ideale per trascorrere una così bella giornata! – sbottò George.

La signora Weasley ignorò le proteste e sollecitò i ragazzi a sbrigarsi. Terminata la colazione si alzarono e si diressero verso la soffitta. Molly terminò di rassettare e, mentre si avviava, domandò:

-          Sirius, puoi aiutarci? Con il tuo aiuto sarà più facile decidere cosa conservare e cosa eliminare.

-          Forza… rimango anch’io ad aiutare. Potrebbe essere divertente – esclamò Remus precedendo la risposta dell’amico. 

A quanto pare Sirius non aveva scelta. Così si avviò scettico verso la soffitta, maledicendo quello che si preannunciava come un altro giorno da incubo.

*^*^*^*^*

La scritta a lettere dorate sul vetro della porta diceva “Sara White – Auror Capo”. Sara non aveva impiegato molto tempo per ottenere quella scritta e tutto quello che essa comportava. Rispetto a molti colleghi, aveva bruciato le tappe e ad appena trentuno anni era giù un Auror Capo. Ciò significava avere una squadra da gestire, avere un ufficio con quattro pareti e una porta anziché un cubicolo nell’open space e avere un sacco di responsabilità supplementari.

Sara aveva consacrato la sua vita al lavoro, da quando era entrata all’Accademia non aveva più fatto altro che lavorare, lavorare e ancora lavorare. Per un certo periodo aveva tentato di conciliare una sorta di vita privata con la sua professione ma poi aveva dovuto scegliere. E aveva scelto la carriera. Il Dipartimento era diventato la sua ragione di vita. Sara White sarebbe esistita come Auror oppure non sarebbe esistita affatto. Aveva guadagnato la sua posizione e quella scritta sulla porta facendo una gavetta snervante, accettando qualunque incarico, compresi quelli che non avrebbe voluto accettare.

L’unica possibilità che aveva era considerare il caso Black nulla più di un altro incarico spiacevole ma necessario. Per accettare questo però aveva bisogno di riflettere con calma. Considerò per un attimo la possibilità di rinchiudersi nel suo ufficio, ma non sarebbe servito. Troppa gente sarebbe andata comunque a disturbare le sue riflessioni. Così abbassò la maniglia della porta, entrò e prese la borsa che aveva abbandonato sulla scrivania. Prima di uscire dal Dipartimento si affacciò nel cubicolo più vicino al suo ufficio:

-          Non ci sarò per un po’ – comunicò Sara ad un ragazzo biondo chino su una scrivania ingombra di fogli, cartellette e faldoni.

-          Ciao capo! – rispose lui sollevando lo sguardo – Dove vai?

-          Non ti riguarda e non riguarda neppure nessun' altro qui dentro. Non ci sarò per un po’. Se qualcuno mi cerca uccidilo con un colpo alla nuca.

-          Ok capo.

Sara si allontanò dal cubicolo senza rispondere. Frank Parker lavorava con lei da molti anni ormai e la conosceva meglio della quasi totalità dei colleghi. Questa conoscenza faceva sì che sapesse quando era il momento di non fare domande. E quello era uno di quei momenti.

Mentre camminava lungo i corridoi del Ministero, Sara aveva lo sguardo perso nel vuoto e fu solo grazie all'abitudine che raggiunse l'esterno. Una volta fuori si trovò nel vicolo in cui era situata la cabina telefonica, tramite la quale si accedeva al Ministero. Che fare? Dove andare? Non riusciva a ragionare con lucidità.

Fece un profondo respiro e cercò di calmarsi. Frugò per un po' nella borsetta e ne estrasse un pacchetto di sigarette e un accendino. Fumava le stesse lunghe sigarette ormai da quasi vent’anni ed erano la sua valvola di sfogo. Ne estrasse una dal pacchetto, la accese stringendola tra le labbra e aspirò la prima liberatoria boccata di fumo.

Sara era perfettamente conscia del fatto che fumare le faceva male, ma era altrettanto convinta che non sarebbe stato il fumo a ucciderla, sarebbe arrivato prima qualcosa o qualcun'altro. Essere un Auror Capo stava diventando sempre più pericoloso, anche se cercava di limitare al minimo la notorietà era come girare con un bersaglio appeso alla schiena. Se le sigarette avessero fatto in tempo ad ucciderla prima di un Mangiamorte si sarebbe potuta ritenere fortunata. Fumando cominciò a camminare e a pensare.

Sirius Black.

Erano passati quindici anni ma non l'aveva dimenticato, come avrebbe potuto? Mai nella vita aveva sofferto tanto, mai era stata così delusa da una persona. Lo shock per la morte di Peter Minus e l'arresto di Black l'avevano quasi uccisa, per non parlare della morte di Lily e James. In quel periodo la felicità e l'euforia del mondo magico per la sconfitta di Voldemort non erano riuscite a scalfire lo strato di gelido ghiaccio che era calato sul cuore di Sara. Ancora dopo tanti anni si domandava come avesse fatto ad andare avanti con la sua vita.

Quasi senza rendersene conto arrivò davanti al caffè dove spesso si rifugiava nelle pause dal lavoro. A quell'ora del mattino il locale era quasi deserto: era tardi per la colazione, troppo presto per il pranzo. Sara entrò e salutò calorosamente Lucilla, una signora circa quarantacinquenne che gestiva il caffè. Ordinò un caffè nero con qualche biscotto e andò a sedersi nel suo tavolo preferito, in un angolo poco illuminato e il più lontano possibile dall'ingresso.

Non sapeva cosa fare. Come poteva accettare quel lavoro così alla leggera? Sarebbe riuscita a fare i conti con il passato, avrebbe retto a vedersi piombare addosso tutti i ricordi più terribili della sua vita? Sarebbe stato come lavorare con un Dissenatore seduto sulle ginocchia. Aveva bisogno di parlarne con qualcuno.

Sara tuffò nuovamente la mano nell'enorme borsa e ne estrasse un cellulare. Scorse rapidamente la rubrica fino a trovare il numero giusto. Lo compose e attese una risposta.

-         Pronto?

-         Pronto Rebecca. Sono Sara.

-         Ciao carissima! Dimmi tutto! Sono così felice di sentirti, non ti fai mai viva!

-         Hai ragione ma sono un po' presa dal lavoro ultimamente...

-         Ultimamente? Sono mesi che ti vedo solo di sfuggita nei corridoi.

-         Ascolta...sei libera per pranzo?

-         Sì, dove ci vediamo?

-         Da Lucilla. Appena puoi. Io sono già qui...

-         Sara... è successo qualcosa?

-         Ancora no, non ti preoccupare. Però ho bisogno… del consiglio di un'amica.

-         D'accordo. Allora ci vediamo dopo. Cercherò di arrivare il prima possibile.

Sara chiuse la comunicazione con un mezzo sorriso. Rebecca era la sua migliore amica fin dai tempi di Hogwarts. Era l'unica persona con cui avrebbe potuto parlare di questa cosa senza paura di essere giudicata. Sara trascorse il resto della mattinata da Lucilla, chiacchierando con la barista, leggendo da cima a fondo la Gazzetta del Profeta, bevendo un caffè dopo l'altro e fumando un quantitativo indecente di sigarette.

Rebecca fu più rapida del previsto e prima dell'ora di pranzo Sara la vide precipitarsi nel locale, accaldata per aver camminato di fretta e con una lunga ciocca di capelli biondi che sfuggiva dalla coda di cavallo.

-         Scusa! Non sono riuscita a liberarmi prima. Il mio capo mi ha incastrato in un corso di aggiornamento sulle Passaporte – disse Rebecca tutto d'un fiato.

Rebecca lavorava all'ufficio di Controllo del Trasporto Magico. Aveva cominciato a lavorare lì poco dopo il conseguimento dei MAGO e non se ne era più andata.

-         Non ti preoccupare Bex. Anzi, scusami tu per averti chiamato così all'improvviso.

-         Allora, raccontami – ingiunse Rebecca senza preamboli.

Sara fece un respiro profondo, accese l’ennesima sigaretta e ordinò altro caffè. Poi iniziò a raccontare cercando di non tradire la sua angoscia alla prospettiva di questo lavoro. Rebecca la lasciò parlare senza interromperla, ascoltando attentamente e sorseggiando un tè al gelsomino. Quando Sara ebbe terminato disse:

-         Bè? Che ne pensi? Che dovrei fare? Fra parentesi, sono informazioni riservatissime, se ti sfugge anche solo un fiato su questa storia sono un'Auror finita.

-         Non ti preoccupare – replicò Bex – So essere una tomba. Io sinceramente non so che dirti.

-         Non so davvero come comportarmi. Non riesco nemmeno a pensare.

-         Non so se sia una buona idea accettare questo incarico. Però ti conosco troppo bene per non sapere che continuerai a tormentarti. Sono anni che non fai che rimuginare su questa storia. Forse è meglio se vai fino in fondo e poi non ci pensi più. Quando sarai arrivata sul fondo non potrai fare altro che risalire e allora forse riuscirai una volta per tutte ad andare avanti con la tua vita.

Sara guardò l'amica. Probabilmente aveva ragione. In fondo non doveva essere poi così terribile, aveva da tempo imparato a fare i conti con il lato criminale di Sirius Black. Forse, una volta conclusa quella storia, sarebbe riuscita a non pensarci più. E comunque non aveva niente da perdere.

Valeva la pena tentare.

Quando Sara rientrò in ufficio, dopo avere parlato a lungo con Bex, il suo sguardo non era più perso nel vuoto. Era fisso sulla meta.

Per prima cosa andò nell'ufficio del suo capo. In quel momento non c'era ma non aveva tempo di aspettarlo. Ora che aveva deciso voleva cominciare il più presto possibile, così prese un pezzetto di pergamena e scarabocchiò solo una parola e la sua firma : “Accetto. S. White”.

*^*^*^*^*

Il lavoro nella soffitta era lunghissimo e terribilmente noioso. La stanza era semi buia, polverosa e terribilmente calda. Per non parlare della quantità di ciarpame che la famiglia Black aveva accumulato lassù nel corso delle generazioni. Dopo poco dall'inizio del lavoro Ginny e Hermione si erano unite a tutti gli altri e le operazioni procedevano in uno strano silenzio, reso spesso dalla polvere e interrotto solo da qualche occasionale esclamazione di stupore o di disgusto a seconda del reperto rinvenuto.

A Sirius in fondo non dispiaceva così tanto essere lì. Non era come combattere i Mangiamorte, ma la fatica lo distraeva dalla frustrazione e provava un sottile piacere nell'ammucchiare gli averi della sua famiglia in grossi sacchi della spazzatura.

Per pranzo avevano consumato velocemente dei panini, accompagnati da succo di zucca gelato, poi avevano ripreso a lavorare. Molly sembrava posseduta dal fuoco sacro della pulizia.

Fu nel primo pomeriggio che cominciarono ad accadere cose strane.

-         Hei! Chi è stato? - esclamò Harry a un tratto.

-         Che succede? - chiese Ron che era chino sullo stesso scatolone di libri di magia nera.

-         Qualcuno mi ha colpito sulla schiena – rispose il ragazzo.

-         Harry caro, non c'è nessuno dietro di te. Forse sei solo stanco, perché non ti riposi un po'? - suggerì la signora Weasley con tono materno.

Sirius e Remus si scambiarono un'occhiata perplessa, ma non fecero commenti e proseguirono a smistare un enorme ammasso di indumenti di vario genere.

Qualche tempo più tardi Hermione chiese a Ginny di passarle uno straccio per pulire uno scaffale che finalmente era stato svuotato, ma quando la ragazza si avvicinò alla scatola dei detersivi fu sbalzata all'indietro, come se ci fosse stata una parete di gomma trasparente, e cadde atterrando sul sedere.

-         Ma che diavolo sta succedendo? - domandarono all'unisono Fred e George – Non è normale! – proseguì George.

Inquietati da quegli strani fenomeni Sirius e Remus estrassero le bacchette e si accinsero a perlustrare la soffitta. Anche Harry tirò fuori la sua, ma prima ancora che fosse completamente al di fuori della tasca dei jeans, Sirius disse:

-         Mettila via, non vorrai fare magie fuori dalla scuola.

Harry sbuffò, ma obbedì e i due uomini presero a esaminare la stanza palmo a palmo, mentre tutti avevano sospeso le loro attività per osservare. Pareva essere tutto a posto, ma proprio quando tutti stavano per rimettersi al lavoro accadde la cosa più strana. Il pavimento cominciò a tremare leggermente, mentre tutti estraevano le bacchette. Poi smise di tremare e sembrò liquefarsi al centro della stanza, come se si trattasse di una tavoletta di cioccolato. Le ragazze strillarono mentre si ritraevano contro il muro. Molly afferrò Ron per il bavero della camicia mentre scivolava sul pavimento fluido. Una fortissima folata di vento spalancò porte e finestre e quella che sembrava l'onda d'urto di un'esplosione sbalzò tutti all'indietro facendoli cadere sul pavimento, come Ginny poco prima. L'esplosione arrivò dopo l'onda d'urto: si sentì un forte rombo e poi uno scoppio che riempì la stanza di un denso fumo verde azzurro.

Dopo, la quiete.

-         State tutti bene? - strillò Lupin.

-         Sì...più o meno...- furono le deboli risposte che giunsero da angoli non precisati della soffitta.

-         Ma.. ma... che cosa è stato? - domandò la signora Weasley con evidente preoccupazione.

-         Fuori le bacchette! – intimò Sirius – Tutti quanti! Maggiorenni e non – precisò poi.

Lupin e Sirius furono i primi a riaversi, mentre il fumo cominciava a dissiparsi uscendo dalle finestre aperte. Avanzarono fianco a fianco, le bacchette puntate avanti a loro verso il punto da cui si era sprigionato il fumo, lo stesso in cui si era deformato il pavimento. Qualcosa si muoveva nella cortina nebbiosa. Sembravano due figure.

-         Fermi! - gridò Sirius mentre le due ombre assumevano contorni più distinti. Sembravano umani.

Come spinti da una sola mente, Sirius e Remus esclamarono un incantesimo e sottili corde andarono ad avvolgersi attorno ai due intrusi. I due caddero a terra legati come salami, esclamando per l'attacco a sorpresa.

-         Ahi!

-         Ma che modi!

Sembravano un uomo e una donna.

-         Chi siete? – domandò Sirius. La penombra della soffitta gli impediva di vedere distintamente i volti.

-         Sirius? Sei tu? – domandò una voce maschile. All'udire quella voce Sirius si sentì mancare e la sua presa sulla bacchetta vacillò.

-         Non può essere...- mormorò Remus.

-         C'è anche Remus – disse la voce femminile – Vi pare questo il modo di trattarci? - chiese poi irritata.

Le espressioni degli occupanti della stanza variavano dallo sconcertato all'inorridito. Molly e i ragazzi erano così sconvolti da quell'apparizione che si erano persino dimenticati di rialzarsi dal pavimento. Sirius non sembrava in grado di proferire parola. Era bloccato con la bacchetta a mezz'aria e il suo volto assumeva gradatamente un colorito sempre più terreo.

Il fumo ormai era del tutto svanito e la poca luce della soffitta era più che sufficiente per riconoscere l'uomo e la donna. Lui aveva capelli neri arruffati e un paio di occhiali tondi sul naso. Lei aveva lunghi capelli rossi e due incredibili occhi verdi.

Lily e James Potter erano a Grimmauld Place.

 

      



 
Credo di dovere una spiegazione a tutti voi sul perché di questa pagina. Lo so, non vi aspettavate che facessi parte della schiera di scrittori di fan fiction, ovvero coloro che sfruttano i personaggi creati da altri per inventare storie proprie.
O forse ve lo aspettavate?
In ogni caso, è vero: sono una fan di Harry Potter. Una di quelle puriste che detestano gli adattamenti cinematografici e hanno letto e riletto ogni libro della serie fino a conoscerne ogni minimo dettaglio. 
Questa saga mi ha accompagnato dai dodici ai diciotto anni e continua ad essere un'opera che rileggo con piacere.
Come tutte le saghe però ha dei punti oscuri, degli spiragli lasciati aperti, delle situazioni insolute, delle domande senza risposta.
E, secondo voi, poteva una mente malata come la mia non cercare di chiarire l'oscuro, spalancare gli spiragli, risolvere l'insoluto e rispondere alle domande?
No... e infatti in questa pagina troverete il risultato delle mie elucubrazioni. 
La prima (e forse l'unica) fan fiction che inserirò è intitolata "Black & White" (i titoli non sono il mio forte) e prende le mosse dal quinto capitolo della saga: Harry Potter e l'Ordine della Fenice.
Quindi... fan di Harry Potter, UNITEVI, LEGGETE E COMMENTATE!!!
Grazie.
I owe you an explanation about this page in my site. I know, you didn't expect me to be a fan fiction writer, someone who uses someone else's characters to write her own stories.
Or maybe you expected this from me?
Anyway it's true: I'm an Harry Potter fan. One of those purists who despises screen adaptations and who read the books thousands of times.
This saga has stayed with me since I was 12 and it's still something I read with pleasure.
However this saga, as others before, has its obscure sides, its glimmers, its unresolved situations,  its unanswered questions.
A brainsick person, as I am, can't resist the perspective of clarifying the obscure, of opening wide the glimmers, of solving the unsolved, of  answering open questions. 
In this page you'll read the result of my thoughts.
The first (and maybe the only) fan fiction I'm going to publish here is called "Black & White". It starts from the fifth episode of the saga: Harry Potter and the Order of the Phoenyx. 
So... Harry Potter fan, JOIN TOGTHER, READ AND COMMENT!!!
Thank you. 

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    In questa pagina ho deciso di inserire le mie fan fiction, per ora in Italiano. 

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